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Innamoriamoci della Sacra Scrittura! Essa ha per Autore Dio che, con la potenza dello Spirito Santo solo, è resa comprensibile (cf. Dei Verbum 12) attraverso coloro che Dio ha chiamato nella Chiesa Cattolica, nella Comunione dei Santi. Predisponi tutto perché lo Spirito scenda (invoca il Veni, Creator Spiritus!) in te e con la sua forza, tolga il velo dai tuoi occhi e dal tuo cuore affinché tu possa, con umiltà, ascoltare e vedere il Signore (Salmo 119,18 e 2 Corinzi 3,12-16). È lo Spirito che dà vita, mentre la lettera da sola, e da soli interpretata, uccide! Questo forum è CONSACRATO ALLO SPIRITO SANTO e sottolineamo che questo spazio non pretende essere la Voce della Chiesa, ma che a Lei si affida, tutto il materiale ivi contenuto è da noi minuziosamente studiato perchè rientri integralmente nell'insegnamento della nostra Santa Madre Chiesa pertanto, se si dovessero riscontrare testi, libri o citazioni, non in sintonia con la Dottrina della Chiesa, fateci una segnalazione e provvederemo alle eventuali correzioni o chiarimenti!
 
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LE CENTO RISPOSTE

Ultimo Aggiornamento: 01/09/2009 12:26
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01/09/2009 12:19

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17 "Che il Papa debba essere chiamato "Santo Padre" ? (Mt. 23:9; Gv. 17:11).

Se i cattolici chiamano "Santo Padre" il capo della Chiesa universale, quale verità della Bibbia rinnegano e mettono in pericolo? Non fanno lo stesso anche gli Anglicani che chiamano "Sua Grazia" il loro Primate, e gli Ortodossi orientali "Sua Beatitudine" il loro Patriarca? E Gesù stesso non dice "beato" Pietro in Matteo? (Lc. 16:17).

Tanto qui come alla domanda 26 gli Evangelici citano Matteo (23:9) per condannare l'uso cattolico del termine "padre" per i ministri sacri. Tralasciano però - come spesso fanno - di indicare il contesto della frase.

Dal contesto dell'intero discorso di Gesù risulta chiaro che Egli vuole qui solo correggere l'abuso che di questo termine facevano i membri della sinagoga: amavano farsi chiamare "padri" ma poi erano ben lontani dal dimostrarsi tali. Non intende

affatto quindi abolire il retto uso di quel titolo, ma impartisce una lezione di umiltà, come fa altrove nel Vangelo.

Tanto meno Gesù intendeva proibire alle guide della comunità di nutrire per i loro fratelli anche il nobile sentimento dell'amorevole paternità spirituale, a imitazione di quella di Dio, "dal quale ogni paternità in cielo e sulla terra prende nome" (Efes.3:15).

Da quest'ultimo passo biblico non è difficile anche comprendere che soltanto Dio è il Padre per antonomasia: gli altri sono padri (naturali e spirituali) in quanto partecipano di questa sua sublime dignità. Precisamente come avviene anche per la santità: Dio solo - come si afferma nell'Apocalisse (15:4) - è santo; eppure tutti i cristiani vengono chiamati nella Bibbia santi.

Nessuna meraviglia, per conseguenza, che venga chiamato "Santo Padre" il Papa, Vicario di Cristo e capo dell'intera cristianità.

18. Che il Papa possa canonizzare dei santi, cioè dichiarare "santi" certuni per farli venerare o invocare? (II Cor. 1:1; Filip. 1:1; Col. 1:1)

Che i cristiani siano tutti considerati e detti santi nei passi biblici citati nella domanda e in genere nella Scrittura, non toglie che di alcuni di essi se ne possa proclamare in modo speciale la santità.

In questo infatti consiste la canonizzazione in uso nella Chiesa cattolica. Per essa sono "santi" quei fedeli che, dopo rigoroso esame e processo canonico, risultano avere esercitato, in grado eroico, le virtù cristiane, e sono - con terminologia tecnica - i venerabili, i beati e soprattutto i santi canonizzati.

Proclamare "santo" non significa altro che riconoscere ufficialmente l'eroicità delle sue virtù, che le ha, cioè, esercitate in maniera decisamente superiore a quella dei fedeli ritenuti virtuosi. Eroicità che, se convalidata anche una prima e una seconda volta da Dio stesso con miracoli in senso stretto, e cioè ritenuti tali dalla scienza e dalla fede, la Chiesa con giudizio di ultima ed irrevocabile istanza inscrive nel catalogo dei santi a favore di un fedele precedentemente beatificato. Con tale atto essa dichiara che il santo canonizzato è realmente in cielo e perciò lo presenta alla venerazione e all'imitazione di tutti come modello o ideale, riflesso e attuazione concreta, nel proprio campo, dell'unico supremo ideale e modello che è Cristo.

Proclamando "santo" un fedele, la Chiesa non intende affermare né che egli sia, nella virtù o nell'azione, più grande o più piccolo degli altri santi canonizzati; né che sia più santo di quelli non canonizzati o che mai saranno canonizzati, né che abbia raggiunto la perfezione assoluta, perchè questa appartiene solo a Dio. La Chiesa intende lo sottolineare ed evidenziare la straordinaria santità che uno dei suoi figli ha raggiunto con l'esercizio eroico delle virtù e senza indulgere volontariamente a nessuno peccato deliberato.

Saprebbero dire i fratelli evangelici dove nella Bibbia venga proibito alla Chiesa di far questo?

19. Che il Papa debba avere un regno temporale, essendo, "Sovrano dello Stato della Città del Vaticano" e con soldati e guardie armate e pretendere impero politico su tutte le nazioni della terra? (Gv. 18:36).

Certamente non si può "provare con la Bibbia che il Papa debba avere un regno temporale", ma neanche è escluso che in certe circostanze storiche, per il bene comune, possa averlo. Non può infatti sfuggire agli storici che tale potere temporale - pur nella sua contingenza - sia stato un valido strumento della Provvidenza del quale Dio si è servito per dominare la storia e piegare gli eventi all'avanzamento della Chiesa nel mondo.

Quanto all'odierna Città del Vaticano, si tratta di uno stato simbolico "44 ettari con circa 500 abitanti! ", difeso da guardie armate di... alabarde folkloristiche!

Forse gli autori dell'opuscolo non hanno neppure il senso delle proporzioni della storia, del simbolismo...

Il citato testo di S.Giovanni (18:36) pone giustamente la distinzione tra regno terreno e regno spirituale, dal momento che gli Ebrei li identificavano aspettando il Messia come liberatore politico e restauratore di un regno universale con capitale Gerusalemme.

Non è certamente questo lo scopo del Vaticano. Se il Papa è così ascoltato anche all'ONU non lo è evidentemente perchè Sovrano temporale di 500 persone, anche se l'esserlo giustifica il suo intervento in importanti sessioni internazionali e le relazioni

con gli Stati, a vantaggio anche delle altre religioni (cfr.ad es. gli appelli al Papa da parte degli Ortodossi russi) per la tutela della libertà di coscienza.

Circondato da un personale appena sufficiente per l'ordinario servizio di amministrazione e di rappresentanza, indispensabile a un organismo sopranazionale come la Chiesa cattolica con proprie gerarchie e basi missionarie in tutte le parti del mondo, il Papa in quanto tale, non può cercare domini territoriali ("Il regno mio non è di questo mondo"): e fu una pesante croce l'abbinamento - nella stessa persona - del potere temporale e di quello spirituale in un'epoca ormai superata.

Nelle due domande successive viene contestato :

20. "Che il Papa possa scomunicare chiese e individui, sciogliere dal giuramento di fedeltà ai loro re popoli interi e che re, imperatori e presidenti di repubbliche debbano essere soggetti a lui?

21. Che il Papa "possa minare l'unità, la libertà e l'indipendenza delle nazioni, specialmente dell'Italia? ".

Nell'opuscolo - facendo processo a un passato ormai lontano - ci si dimentica di dire che simili interventi pontifici avvenivano in circostanze storiche essenzialmente diverse, quando, cioè, tra Chiesa e Stato vi era perfetta alleanza e lo Stato era impegnato a mettere la forza materiale a servizio della Chiesa per difenderla e proteggerla.

Tutta la società era allora cristiana e la vita cristiana si identificava con quella civile, sicché i delitti contro la Chiesa e contro la fede erano delitti contro lo Stato, l'ordine pubblico e la tranquillità sociale. E' in questa concezione storica che bisogna inquadrare anche l'istituto della sacra Inquisizione.

Se quindi nel medioevo il Papa ha fatto talvolta ricorso alla drastica misura della scomunica e perfino a quella di sciogliere i sudditi dal giuramento di fedeltà al proprio sovrano - oggi non più concepibile - ciò non fu per avidità di "supremazia politica", ma perchè il sovrano stesso - ribellandosi alla Chiesa - aveva sconvolto l'ordine sociale con disagio e grave conflitto di coscienza per i sudditi costretti a servire e ad aiutare un Principe fedifrago nei suoi impegni verso la Chiesa.

Consapevole che ogni autorità procede da Dio (Rom. 13: 1), il Sommo Pontefice interveniva, in tali casi, con il "Potere delle Chiavi" e, scomunicando il Monarca infedele, dichiarava sciolto - cioè non vincolante - il giuramento di fedeltà dei sudditi nei suoi confronti.

Non meno infondata è l'accusa di avere il Papa "minato l'unità, la libertà e l'indipendenza d'Italia", solo per aver osato di protestare dinanzi al mondo cattolico, di essere ingiustamente spogliato degli Stati pontifici, patrimonio della Chiesa e garanzia della sua indipendenza da qualsiasi Stato. Tale inderogabile esigenza di autonomia e integrità fu sancita nei Patti Lateranensi dell'11 febbraio 1929, con i quali fu riconosciuto il minuscolo e simbolico Stato della "Città del Vaticano".

A fare uso dell'indulgenza - nella Chiesa primitiva - fu anche S. Paolo: nella sua prima ai Corinzi (5:5) egli consegna a satana (scomunica) un pubblico peccatore, che era di grave ostacolo nella comunità dei fedeli, peccatore che poi, ravvedutosi e pentito, egli stesso assolve condonandogli la pena inflittagli (II Cor. 2:6-10).

Nei tempi di persecuzione avveniva di frequente (e S. Cipriano ne riporta parecchi esempi) che, a distanza dei martiri che andavano al supplizio e in vista dei loro meriti, veniva rimessa, in tutto o in parte, la pena al peccatori pentiti.

Le indulgenze vengono concesse dalla Chiesa attingendo al tesoro spirituale che è costituito dai meriti sovrabbondanti di Cristo, della Vergine e dei Santi, che, in quanto penosi, hanno valore espiativo dinanzi alla giustizia di Dio.

Che la Chiesa abbia il potere di concedere indulgenze è logica conseguenza del governo su tutti i fedeli che Cristo le ha affidato, governo che importa necessariamente - come per lo Stato riguardo ai propri cittadini - la potestà di far leggi, di giudicare, di punire ed anche di condonare pene. Se Cristo, infatti, ha dato a Pietro e poi anche agli Apostoli e quindi anche ai loro successori il potere di legare e di sciogliere, di rimettere o ritenere i peccati, ha dato principalmente anche il potere di condonare la pena dovuta al peccato, del quale è essa conseguenza.

L'episodio di Zaccheo, pubblicano e peccatore (Lc. 14), ci insegna come siano indispensabili, per la remissione totale, non solo il pentimento e il mutamento di condotta, ma anche le opere riparatrici del male operato: "Do ai poveri - dice Zaccheo - la metà dei miei beni, e se qualcuno ho frodato gli restituisco il quadruplo". E Gesù: "oggi si è realizzata la salvezza per questa casa! ". Zaccheo non comprò il perdono del

peccato col denaro, ma col pentimento e la conversione. Il denaro servì ad espiare la pena conseguente al peccato di sfruttamento del prossimo.

In modo analogo la Chiesa accorda ai fedeli pentiti le indulgenze ( = remissione della pena) a condizione che vengano compiute - in tale stato di ravvedimento - determinate opere meritorie, quali preghiere, digiuni, pellegrinaggi di penitenza, elemosine, contributi per opere benefiche.

Fra queste opere benefiche fu computata anche (ed era giusto) la ricostruzione della Basilica vaticana perchè divenisse - nella sua magnificenza incomparabile - punto di convergenza di tutti i popoli sulla tomba di Pietro.

Lutero gridò allo scandalo: In tutta l'Europa si vendono le indulgenze; Roma è tutta un marciume! ... Non ricordò - non volle ricordare - che un giorno Gesù nel gazofilacio guardando il frequente deporre di offerte per il Tempio, osservò una vedova che metteva due soli spiccioli i quali costituivano non il superfluo ma il necessario per lei poverissima: "Questa vedova - disse compiaciuto - ha dato più di tutti gli altri insieme". Essa aveva infatti espiato con grande generosità (al pari di Zaccheo) la pena del peccato al cospetto di Dio. Affermiamo ciò perchè il Tempio di Gerusalemme - riedificato meravigliosamente e mantenuto con i sacrifici di tutti - era immagine ipostatica del corpo stesso di Gesù, onde l'offerta al tempio toccava la persona di Cristo stesso.

Se tali e così solide sono le fondamenta delle indulgenze, non valgono certo a frantumarle eventuali lontani abusi - tutt'altro che dimostrati imputabili non alla dottrina della Chiesa, ma alla fragilità umana degli esecutori ecclesiastici. Una delle forme più note e solenni di concessione di indulgenza, che la Chiesa pratica è quella giubilare, di cui fu già figura il Giubileo cinquantenario ebraico, in cui ognuno tornava in libertà, se l'aveva perduta, e in possesso dei suoi beni se ne era stato spogliato.

Il Giubileo fu stabilito nel 1300 da Bonifacio VIII ogni cento anni, periodo di tempo che in seguito fu ridotto prima a 50 e poi a 25 anni. Esso ha lo scopo di risvegliare nelle coscienze il desiderio della penitenza e della riparazione per i peccati commessi e di rendere più ampia l'elargizione dell'indulgenza e più facile ed agevole il modo di acquistarla.

Il carattere penitenziale e di rinnovamento nella gioia (iubilare = gioire, esultare) è posto in evidenza dalla predicazione stesso di Gesù nella Sinagoga di Nazareth (Lc. 4:18), ove legge un brano di Isaia (61:2): "E' l'anno accetto al Signore il giorno della retribuzione, della liberazione, della remissione, della vista ai ciechi ......

Durante l'Anno Santo i pellegrini non si recano a Roma per "visitare il Papa", ma per pregare sulle memorie dei Martiri della Fede e visitare i luoghi più insigni della pietà cristiana.

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