QUESTO FORUM E' CONSACRATO ALLO SPIRITO SANTO... A LUI OGNI ONORE E GLORIA NEI SECOLI DEI SECOLI, AMEN!
 
Innamoriamoci della Sacra Scrittura! Essa ha per Autore Dio che, con la potenza dello Spirito Santo solo, è resa comprensibile (cf. Dei Verbum 12) attraverso coloro che Dio ha chiamato nella Chiesa Cattolica, nella Comunione dei Santi. Predisponi tutto perché lo Spirito scenda (invoca il Veni, Creator Spiritus!) in te e con la sua forza, tolga il velo dai tuoi occhi e dal tuo cuore affinché tu possa, con umiltà, ascoltare e vedere il Signore (Salmo 119,18 e 2 Corinzi 3,12-16). È lo Spirito che dà vita, mentre la lettera da sola, e da soli interpretata, uccide! Questo forum è CONSACRATO ALLO SPIRITO SANTO e sottolineamo che questo spazio non pretende essere la Voce della Chiesa, ma che a Lei si affida, tutto il materiale ivi contenuto è da noi minuziosamente studiato perchè rientri integralmente nell'insegnamento della nostra Santa Madre Chiesa pertanto, se si dovessero riscontrare testi, libri o citazioni, non in sintonia con la Dottrina della Chiesa, fateci una segnalazione e provvederemo alle eventuali correzioni o chiarimenti!
 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

CHE COS'E' L'APOLOGETICA?

Ultimo Aggiornamento: 02/09/2009 08:00
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
Post: 1.208
Sesso: Maschile
02/09/2009 07:53

tratto dall'Enciclopedia di Apologetica - quinta edizione - traduzione del testo APOLOGÉTIQUE Nos raisons de croire - Réponses aux objection

 

Convenienza dell'apologetica. - È noto a tutti che una conoscenza approfondita del Cristianesimo esige l'apologetica. Forse non tutti i cristiani colti hanno letto per intero i frammenti di Pascal, ma sanno che l'opera principale della sua vita fu una dimostrazione della verità del Cristianesimo condotta in guisa tale che all'empio ed all'indifferente essa lascia soltanto la scelta tra l'adesione al Vangelo e l'ammissione della propria follia; essi sanno pure che l'impegno di Pascal nel provare che Gesù Cristo è Dio, non è un atto isolato, ma che altri lo avevano già fatto prima di lui e altri continueranno a farlo. Probabilmente i più trovano ciò tanto naturale che non riescono nemmeno a concepire una religione che non presenti le prove della propria verità. Siamo tanto abituati a vivere in un'atmosfera di ragione e di scienza da sembrarci naturale e indispensabile che ogni pretesa di dominio sugli uomini presènti i titoli giustificativi. Al catechismo o nelle prediche abbiamo inteso argomenti che miravano a provare che Dio esiste, che Gesù Cristo autenticò la sua missione con i miracoli. Chi non frequenta la Chiesa, anche se non avrà letto in qualche libro, avrà almeno sentito alla radio, da qualche predicatore che conosce bene la storia e la filosofìa, l'esposizione del Cristianesimo in modo da soddisfare le esigenze critiche. In definitiva l'apologetica non è una questione per nessuno di noi, che vediamo in essa una funzione necessaria della religione.

Ma la maggior parte della gente non se ne occupa e dice che " i preti a difendendo la loro religione fanno il loro mestiere, e, supponendo che i teologi continuino a servirsi di argomenti invecchiati, non hanno mai scorso una sola pagina di un libro d'apologetica. La più grande tragedia odierna è vedere cóme il mirabile risveglio scientifico dei cattolici resta completamente ignorato dall'uomo della strada e anche da quasi tutta la borghesia. Si resta completamente ignoranti in fatto di religione, perché ci si contenta della spiritualità profana distribuita a buon mercato dalla scienza, dalle riviste e dai giornali; però si considera naturale che la religione si difenda con argomenti che non ci si da la pena di studiare. Si dovrebbe ammirare stupiti questo fatto: il primo argomento apologetico è che la religione cattolica, unica tra tutte le religioni, abbia un'apologetica. Cerchiamo pertanto di rispondere a questi interrogativi: che cos'è propriamente un'apologetica? perché il cattolicesimo ne ha una? e quale il suo compito esatto?

CAPITOLO I - CHE COS'È L'APOLOGETICA?

Tutti sanno che l'apologetica è una preparazione alla fede; chi ne ha un'idea un po' più distinta, sa anche che l'apologetica consiste nel provare che si deve credere.

Dio si è comunicato agli uomini volendoli elevare fino a sé ed essere la loro ricompensa; si è comunicato non con l'azione comune che mantiene nell'esistenza sia il mondo materiale e sia l'uomo, ma si è comunicato con la parola. Egli si è rivelato, e perciò vuole che l'uomo ascolti la sua parola. Anche il lettore più superficiale nel Vangelo incontra ovunque l'idea della fede. Gesù guarisce i malati perché essi e gli spettatori credano; manda gli apostoli a predicare la buona novella e ad annunciare che chiunque crederà sarà salvo. Il libro degli Atti racconta quello che fecero e insegnarono gli Apostoli per diffondere la fede; le lettere di San Paolo, specialmente quella ai Romani, spiegano la necessità, la natura e le opere della fede, che è alla base della vita cristiana. La fede era già richiesta nell'Antico Testamento, dove appare soprattutto come obbedienza, poiché, per obbedire agli ordini che Dio dava per mezzo dei profeti, era necessario credere alla sua potenza, alla sua bontà e alle sue promesse. Anche l'Islam, avendo attinto il più della sua dottrina dall'Antico Testamento, è una religione della fede.

Credere in Dio è un fatto che si compie nell'anima dell'uomo e non c'è fatto o stato più profondo, perché mette l'uomo in rapporto con le condizioni eterne della sua esistenza e interessa la sua salute. D'altronde, dice Gesù, a nessuno viene a me se non lo attira il Padre " (Gv., 6, 44), poiché la fede è l'opera di Dio e nello stesso tempo è anche l'azione dell'uomo, che impegna tutte le facoltà della sua anima e tende ad assicurargli il possesso di Dio che Egli stesso attua nell'uomo. La fede è quindi un incontro tra Dio e l'uomo. Fin qui, tutti i cristiani sono indistintamente d'accordo. Ma questo non è tutto. Della fede religiosa, definita così imprecisamente, sono possibili due interpretazioni: quella cattolica, che, come vedremo, include la nozione di apologetica; e quella protestante, che la esclude. Sarà possibile capire meglio la natura della fede cattolica nella luce del contrasto, che sorge dal previo esame della natura della fede protestante.

OFFLINE
Post: 1.208
Sesso: Maschile
02/09/2009 07:54

CAPITOLO II - LA FEDE SOPRANNATURALE E LA POSSIBILITÀ DELL'APOLOGETICA

§ 1. - Tesi protestante: la fede, incontro di Dio con lo spirito solo. Dottrina dei primi riformatori. - Com'è noto, la Chiesa, per i riformatori, non è un'istituzione sacra, dotata di autorità divina, ma una società profana, certamente voluta da Dio. dal momento che per sua volontà il Vangelo deve essere annunciato, ma che, come lo Stato o qualsiasi altra associazione puramente umana, non ha il diritto di legare le coscienze. Perciò, non è la maestra che precede la fede, ma l'espressione che la segue. Tra l'anima del protestante e Dio, non ci deve essere alcun intermediario, perché il fedele, ricevendo i libri ispirati e comprendendoli secondo dò che gli insegna il testimonium Spiritus Sancii internum, crede che Gesù Cristo è il Salvatore e che per Lui possiede la salute inamissibile.

Questa concezione luterana e calvinista in realtà pone come intermediario indispensabile i Libri Santi, ritenuti come verità assoluta. Per secoli i teologi della riforma insegnarono anche l'ispirazione letterale della Scrittura, finché la critica storica e la filosofia idealistica tedesca non abbatterono questa teoria. Anche la logica interna del protestantesimo sviluppava le sue conseguenze: la Bibbia è un libro scritto, una data realtà; quindi, come può avere il diritto di assoggettare le anime a qualche cosa di creato? Se cosi fosse, la lettera ucciderebbe la religione dello spirito. Lasciando da parte gli Anglicani, che sono in una situazione più complessa, oggi tra i protestanti il fedele è in rapporto diretto con Dio e la predicazione di una Chiesa o la lettura del Vangelo, che suscitano la fede, sono soltanto l'occasione dell'incontro tra Dio e l'anima, cioè della fede, che è strettamente personale e strettamente spirituale. Ormai, la teologia esclude l'apologetica, che un tempo era giustificata dalla necessità di stabilire l'autenticità e l'ispirazione della Scrittura, ma ora non ha più senso, perché Dio solo parla all'anima sola.

Evoluzione del protestantesimo: Schleiermacher e i teologi del secolo XIX. - Questo vuoi forse dire che Dio si rivela ad ogni fedele come si era rivelato agli Apostoli? che ripete a ciascuno di coloro che Egli chiama quello che ha detto nella Bibbia? o che si unisce ad ognuno con grazie eminenti di orazione, come quelle di cui vennero favoriti tanti santi cattolici? La storia e l'esperienza comune dimostrano abbondantemente che non è cosi; e d'altronde, il protestantesimo subiva troppo l'influsso della filosofia che non gli lasciava rinnovare il montanismo o Gioacchino da Fiore; quindi, trovò più semplice spiegare l'incontro personale dell'uomo con Dio identificandolo con ciò che di fatto provano le anime religiose, e facendo della fede una sola cosa con l'esperienza religiosa dei singoli. Dopo Schleiermacher, la teologia protestante del secolo XIX, fu orientata soprattutto in questo senso in Germania e in Francia, ove ebbe il suo rappresentante in Augusto Sabatier. Una tale teologia non ammette nessuna apologetica, dal momento che la mia fede è quello che provo io quando penso a Dio; il mio sentimento religioso, per esprimersi, genera le concezioni che si chiamano dommi e che riconosco nelle pagine della Sacra Scrittura. I dommi sorgono dalla fede anziché comandarla. Siccome nella religione nulla è anteriore alla fede, ogni tentativo di giustificare la fede in nome della ragione è un'empietà, e in nome della storia è una sciocchezza, poiché a chi ha l'esperienza del divino, è ridicolo darne la prova. Oggi, i teologi protestanti sono i primi a stupire che una tale dottrina abbia potuto dominare il mondo della riforma per un secolo. Infatti, se la fede consiste nei fenomeni soggettivi che avvengono in me; se ciò che Dio mi dice è unicamente quello che della sua parola io credo di percepire nella mia coscienza, non c'è criterio che mi permetta di distinguere la fede da una qualsiasi opinione profana o di affermare che Dio mi si è manifestato. Solo una filosofia panteista che identifichi Dio con l'universo mi permetterebbe di affermarlo; ma, in questo caso, tutti i fenomeni sono egualmente divini e non c'è più ragione di assegnare un campo speciale alla religione.

 

II protestantesimo contemporaneo ritorna a una concezione "estrinsecista " della fede. - In questi ultimi anni, tra i seguaci della riforma, sono sorte numerose teorie leggermente differenziate, però tutte concordi nel sostenere in modo assoluto che la fede è un incontro strettamente personale con Dio. Malgrado l'ingegnosità dei loro autori, non possono aprire nuove vie e si riducono sostanzialmente a negare che l'incontro con Dio avvenga in modo cosciente, e la fede che non ha nessun sostegno storico e razionale, priva perfino di quanto ha di realtà soggettiva, resta completamente a sospesa in aria n; e, in questo caso, è inutile dirlo, scompare perfino la nozione di apologetica, che viene addirittura considerata come un relitto del paganesimo greco; oppure considerano l'incontro con Dio in quanto ha alcuni segni dei fenomeni psicologici, pur non consistendo essenzialmente in essi. È facile vedere che questa posizione è instabile e anche insostenibile. Se la fede è un rapporto personale con Dio e si manifesta con segni nella coscienza, non c'è dubbio che questi segni devono essere opera di Dio, e allora, bisogna tornare alla teologia dell'esperienza religiosa di Schleiermacher; oppure i fenomeni religiosi saranno senza fondamento, senza valore, non verificabili, ed eccoci alla teologia di Barth. Ad ogni modo, in ambedue i casi, la fede è l'incontro in cui Dio ci dice la sua Parola, e quindi la fede riconosce e discerne la Parola di Dio nella Scrittura e l'apologetica è sempre un non senso. In definitiva, la Riforma oggi è spezzata in due: per i a modernisti ", come si diceva quarantanni fa, la Rivelazione è immanente e sgorga dalla natura; per gli " estrinsecisti ", la Rivelazione proviene talmente dal di fuori, che non trova nulla di corrispondente nella natura umana, che schiaccia.

Prendiamo, un po' a caso, una delle innumerevoli Glaubenslehren, La vita religiosa, dice il Lehmann, comincia quando l'uomo pone il problema della propria esistenza (1). Secondo Erich Schader, noi siamo orientati verso Dio dal desiderio della felicità, dalla nostra insoddisfazione per le cose finite, dalla tendenza a darci a grandezze superiori a noi stessi e a dominare la natura; e accetteremo la fede nascente in noi, come soddisfazione dei nostri desideri e delle nostre tendenze. Però è bene inteso che la fede non è fondata su nessuna prova, ma ci si dice che è confidenza, adesione a una parola estranea per un'affermazione decisiva; è ragionevole, piena di promesse, Buona Novella che ci salva dalla miseria, ci trasporta nella vita eterna e s'impossessa di tutto noi stessi (2). La razionalità della fede è la sua esenzione dall'illusione, la conoscenza della morte e del peccato. Relativamente a Dio, la fede consiste nel riconoscere un'autorità superiore a noi stessi, come pure nel riconoscere la propria assoluta dipendenza e nel trovare la salute e la vita eterna in quest'affermazione.

(1) Der Glaube, eine Untersuchung der evangelischen Religiosilàt, Karlsruhc, Brau, 1928.

(2) Glaubenslehre fùr Gebitdete, Gutcrsloh, Bertelsmann, 1933. Teoria quasi identica in Martin Schulze, Grwdriss der evangelischen Dogmatik, pp. 45-46 (Kònigsberg, 1931). Veduta generale sulle teorie protestanti sulla fede e bibliografia in Theodor OdenwalD, Proteslanliscke Theologie, Ueberblick und EinfOhrung, pp. 7-17 e 66-97, Berlin-Leipzig, Walt-er de Gruyter 1923 (Sammlung Gòscheni.

 

La fede è oscurità, rischio totale, salto nelle tenebre, e cercarle un fondamento scientifico significa sopprimerla, perché si esercita in un campo dove la ragione dice soltanto: ignoramus, ignorabimus. Lehmann giunge a dire che la fede è assolutamente indipendente dalla storia, e perfino che la questione dell'esistenza storica di Gesù non ha una particolare importanza per essa (3). In realtà, chi crede sperimenta che la fede compie la promessa, perché da la nuova vita.

Altri autori descrivono la fede in modo più complesso. Secondo SchSder, la fede, in quanto è confidenza personale e attiva in Dio invisibile e nel suo Cristo, ci immette sotto la sovranità di Dio e l'influsso efficace di Cristo (4). Schàder fa vedere il carattere esistenziale, sociale, totale, incondizionato della fede, e ne sviluppa le manifestazioni psicologiche. Ma per nessun teologo la fede dipende dalle prove razionali o dalle constatazioni storielle; ma, sempre secondo Schader, che cita una frase di S. Paolo nell'Epistola ai Filippesi (3, 12), consiste a nell'essere afferrati da Gesù Cristo " (5).

La teologia dialettica spinge fino in fondo questo principio dei riformatori: nulla tra Dio e l'uomo. Di qui, trae la conseguenza: nulla di umano, nulla di creato nella Rivelazione. Tanto il teologo che esprime la Parola di Dio, come il fedele che pensa i dommi, li trasforma in una costruzione umana, poiché la parola di Dio non è qualche cosa di espresso o di esprimibile, ma Spirito: Dio è sempre soggetto, mai oggetto. "Amico mio, dice Carlo Barth in una conferenza, io ho fatto ciò che ho potuto per avvertirti che la mia espressione e la mia negazione non hanno la pretesa di essere la verità di Dio, ma di testimoniare la verità di Dio, che è al centro oltre ogni si e ogni no " (6). Quindi, per essenza, la fede è superiore ad ogni misura razionale. Lungi dal prendere le parole dei Pastori o della Scrittura come suscettibili di prove, " non ci facciamo illusioni, dice Carlo Barth, dal punto di vista logico, siamo sullo stesso piano dei postulati di Kant o dell'ideale di una finalità storica " (7). Barth ripete spesso che non c'è via che vada dall'uomo a Dio; quindi, la fede è il salto assoluto nell'abisso sconosciuto, il rischio totale.

OFFLINE
Post: 1.208
Sesso: Maschile
02/09/2009 07:55

Conseguenza: soggettività radicale della fede protestante. - In teoria per i protestanti, la Rivelazione e la fede sono un dominio religioso inaccessibile alla filosofia. L'uomo precisa la sua fede confrontandola con la Scrittura o con la fede della comunità religiosa di cui è membro e giudicando con la sua fede personale ciò che deve accettare o rigettare. Ma in realtà, in nome di che cosa opera questo discernimento? Non può farlo che mediante princìpi soggettivi, e cosi avviene di fatto. Leggendo i teologi protestanti, noi cattolici siamo assai sorpresi nel vedere che la Scrittura e meno ancora le confessioni di fede non sono affatto la regola del credere. Il teologo e probabilmente anche il fedele, in principio, della natura della sua fede si fa una certa concezione indubbiamente determinata dalle sue tendenze, dalla sua educazione, dal genere della sua pietà, simile all'intuizione centrale bergsoniana, principio dei sistemi filosofici. Come poi la filosofia parte dalla sua intuizione e vi costruisce sopra tutto l'edificio, cosi il protestante alla sua idea della fede aggancia le proposizioni prerequisite e derivate da essa, o più semplicemente, quelle che, mediante un legame " organico ", sono in grado di formare un tutto con essa. In pratica, le teologie protestanti sono sistemi razionali costruiti attorno a fatti soggettivi (teologie più o meno tinte di psicologismo e di storicismo), o attorno alla proposizione " Dio paria " (teologia dialettica).

(3) Ivi, nota, p. 52.
(4) Ivi, p. 36.
(5) Ivi, p. 35.
(6)Das Wort Goltes und die Theologie, p. 172, Munchen, Chr. Kaiser, 1925.
(7) Ivi, p. 152. V. la concezione della fede nella Dogmatik di Barth, pp. 239-261
Miinchen, Chr. Kaiser, 1932. Noi abbiamo cercato di dare una veduta d'insieme della
teologia dialettica in Reuue des Sciences philosophiques et théologiques, aprile 1930.

 

Tuttavia, non abbiamo difficoltà a riconoscere un aspetto della verità che Barth esprime molto bene nei volumi già pubblicati della sua Kirchliche Dogmatik: Gesù Cristo è la Parola e la Rivelazione di Dio; la nostra adesione al Cristianesimo è prima di tutto un'unione vivente con la Persona di Cristo. Barth però ha torto quando ne trae la conclusione che i sistemi di idee che esprimono la Rivelazione, per se stessi, non appartengono alla fede (le definizioni dommatiche). Praticamente però egli si lega talmente a questi sistemi, che gli awersari talvolta lo accusano di restaurare l'intellettualismo dei teologi del secolo decimoterzo.

§ 2. - Tesi cattolica: la fede, incontro di Dio con tutto l'uomo. Concezione della fede.

- Siamo d'accordo nel dire che la fede cattolica è l'incontro dell'anima con Dio; che essa giustifica l'uomo e lo giustifica gratuitamente, come dice il Concilio di Trento, nel senso che " la fede è l'inizio della salute dell'uomo, il fondamento, la radice di ogni giustificazione " (8). Prima di avere la fede, non è possibile avere nessuna specie di relazione vivente con Dio, e l'uomo ignorerebbe perfino gli elementi necessari a sapersi per arrivare a Dio; dopo l'atto di fede, ogni cosa è possibile nei rapporti con Dio, il quale comincia la sua opera nell'anima. La conoscenza data dalla fede, cioè la " sapienza " e la " scienza " di cui S. Paolo parla tanto spesso, specialmente nella prima lettera ai Corinti (cc. 1-4) e in quella ai Colossesi, sono " gli ocelli illuminati del cuore ", " l'ammirabile luce " in cui Dio ci ha trasferiti uscendo dalle tenebre della morte, la conoscenza che ci porta al fondo misterioso e allo scopo della nostra esistenza, e che impegna le risorse più nascoste della nostra anima. A questo riguardo, ripetiamo ciò che dicono Kierkegaard e Bardi.

Ber noi cattolici però Dio rivolge la sua Parola attraverso elementi di tutto il nostro essere e di tutto l'essere creato. C'è una preparazione alla fede, cui ci avvia il mondo sensibile indicandoci il Creatore; ci sono le condizioni alla fede: la ragione e la libera volontà; c'è un veicolo della fede: la storia; ci sono le prove: i miracoli, le profezie, la trasformazione delle anime e della società; un contenuto: le verità della Scrittura, trasmesse dalla Tradizione e promulgate dalla Chiesa; un'autorità che dirige e regola la fede: la Chiesa. Per rivolgersi a noi, Dio si serve di tutto quello che abbiamo, di tutto quello che possiamo, di tutto quello che siamo, e si adatta a noi prolungando in qualche modo il mistero dell'Incarnazione. I Cattolici non chiamano l'azione sovrana di Dio nell'anima con il nome di Parola, che i protestanti adoperano e dicono intelligibile; essa è una qualità che trasforma l'anima, la fa diventare figlia di Dio ed è l'inchoatio vitae aeternae su questa terra.

È chiaro die questa concezione della fede è più umana, e che è anche più religiosa, non avendo bisogno di essere sostituita da un succedaneo filosofia) e soggettivo e perché l'uomo, diremo con Piatone, in questo modo, giunge a Dio " con tutta la sua anima ".

(8) Sess. vi, e. 8.

Non è nostro compito provarne il solido fondamento, ma dobbiamo svilupparla alquanto per trarne principi che riguardano l'apologetica.

L'oggetto della fede. - L'oggetto della fede è Dio, che siamo chiamati a vedere faccia a faccia; la fede ha il compito di condurci alla beatitudine, dandocene i principi oscuri. Noi crediamo indubbiamente alla Vergine Maria, all'azione di Dio nel mondo, alla Chiesa, ecc, a ogni specie di verità che si impongono alla fede per il loro rapporto con Dio, che è perciò l'oggetto essenziale della fede. Per il nostro intelletto, l'essere prende la forma del vero, e crediamo alla Parola di Dio perché egli è la verità; perciò, San Tommaso ha definito perfettamente l'oggetto della fede dicendo che è Dio, Verità Prima. La fede porta sulle cose invisibili la prova delle cose che non si vedono, come dice l'Epistola agli Ebrei (11, 1). Se la fede ci portasse su proposizioni dimostrate o fatti direttamente constatati, il divino comando di credere e il merito della fede perderebbero ogni senso, perché si possono comandare solo le azioni libere. Tuttavia, l'oscurità della fede non la rende punto irrazionale, dal momento che anche i misteri più nascosti ci sono parzialmente intelligibili, altrimenti non potremmo nemmeno pensarli e sarebbero estranei alla nostra vita. La rivelazione di questi inconoscibili totalmente estrinseci a noi sarebbe una specie di gioco tirannico di Dio. Anzi, la fede presuppone di essere preceduta e accompagnata da una visione, e San Tommaso dice che crediamo propter evidentiam signorum (9). Su questo, il modo di agire di Gesù e degli Apostoli, che parlano sempre come se l'adesione alla fede fosse determinata da argomenti, non lascia nessun dubbio. Agli inviati di Giovanni Battista, Gesù prova la sua missione mostrando come i ciechi vedono, i sordi sentono e come sia compiuta la profezia di Isaia che disse che i poveri sarebbero stati evangelizzati (10); Gesù rimanda i Farisei alle sue opere, che sono la testimonianza del Padre (Gv., 5, 36 sg.) e a Mosè che ha parlato di Lui (ivi, 45-47); compie miracoli davanti alla folla per giustificare le sue rivendicazioni (il paralitico e la remissione dei peccati); e vuole che si creda alla sua parola perché è verace (ivi, 8, 14). Tutti i discorsi di Pietro e di Paolo riportati dagli Atti adoperano argomenti filosofici e storici per provare la necessità di credere in Gesù. Come si vede, Dio ha voluto adattarsi alla nostra natura integrale, cioè al nostro intelletto discorsivo, alla nostra natura sensibile e sociale. L'apologetica sarà quindi in parte empirica (constatazioni personali, fatti storici), in parte deduttiva, e in parte fondata sul fatto della Chiesa.

L'atto di fede. - Per noi, l'atto di fede è la questione più importante, perché dalla sua natura dipendono la natura, la divisione e i metodi dell'apologetica. San Tommaso, prendendone la definizione da S. Agostino (De praede-stinalione Sanclorum, II), insegna che l'atto di fede (cum assensu cogitare) racchiude due elementi: la ricerca discorsiva comune all'opinione e al dubbio, e la certezza, propria dell'intuizione (intelligentia) e della scienza. Da una parte, vi sono conoscenze e lo sforzo dell'intelletto per organizzarle e penetrare oltre di esse; dall'altra, la volontà assicura l'unità e l'assenso che l'intelletto da sé non è in grado di procurare (11).

(9) 2a 2ae, q. i, art. 4, ad 2.
(10) Mt. 11, 2 ss. e testi paralleli di Mc. e Lc.
(11) 1a 2ae, q. 2. art. 1.

 

Compito dell'intelligenza. - La pìslis, fides, per la stessa etimologia, include certamente prima di tutto la fedeltà. Nella Bibbia, queste parole e i vocaboli ebraici che i Settanta traducono con pistis, pistéuo, in primo luogo significano la fedeltà di Dio alle sue promesse, la veracità della sua parola, la fedeltà dell'uomo a custodire la parola di Dio, e quindi, la sommissione del suo intelletto, la tenacia del suo assenso. È vero che pistis, pisléuo, hanno senso complesso e risonanze molteplici, come del resto tutte le parole vive; e se alle volte le armonie sembrano coprire il suono fondamentale, è anche vero che il suono fondamentale è proprio il senso intellettuale di assenso. Gesù a Nicodemo confida che Egli dice ciò che sa e testimonia ciò che ha veduto, e vuole che si creda non solo alle epìgeia, ma anche alle epourdnia (Gv., 3, 10-12) che sono evidentemente le verità riguardanti il mondo terrestre e il mondo celeste. La parola della fede che noi predichiamo (Rom., 10, 8) non è altro che il contenuto di una predicazione. II posto eminente che S. Paolo assegna alla gnósis, l'importanza delle paradóseis, che egli ricorda prima di imporre alla fede verità come l'Eucarestia e la resurrezione dei morti (1 Con, cc. 11 e 15) provano che l'Apostolo proponeva ai suoi ascoltatori una catechesi già fissata dalla Chiesa, alla quale si riferivano i discorsi degli apostoli e dei didascali. La celebre definizione della Lettera agli Ebrei (11, 1) enuncia l'elemento intellettuale della fede (la prova delle cose che non si vedono), dopo averne messo in luce l'elemento volontario (elpizoménon upó-stasis).

La fede è atto libero. - L'adesione alle verità rivelate è realmente un atto di libera volontà, perché il volere interviene certamente in ogni determinazione dell'intelletto, dal momento che pensare significa agire e agire è volere. Per formulare il minimo giudizio, è necessario che io voglia unire soggetto e predicato. Come dicevano gli scolastici, il giudizio è un atto specifico dell'intelletto e un atto elicito della volontà. Però, nell'atto di fede, la volontà non ha soltanto questo compito universale, ma il compito specialissimo di supplire all'inevidenza delle verità della fede. I rimproveri che Gesù rivolge a Nicodemo e ai Farisei, le minacce a Betsaida e a Corozain, il suo pianto su Gerusalemme, hanno senso solo dal fatto che questi individui e queste città infedeli potevano, dovevano e non volevano credere. Del resto, l'esperienza attesta abbastanza che l'atto di fede è libero, senza che questo significhi che il volere si decida a credere spinto da una mozione arbitraria, priva di valide ragioni. Molti scrittori ostili al cristianesimo pretendono che l'atto di fede sia un'intrusione disonesta del desiderio che finge di riconoscere come vero ciò che l'intelletto non ha motivi di ammettere come vero. L'accusa forse non è ingiusta se mossa ad alcune scuole protestanti, ma è una menzogna se lanciata contro il cattolicesimo. Il volere non ha il compito di affermare ciò che sappiamo falso o improbabile, ma: 1. di escludere i motivi di dubbio sempre facili a trovarsi anche quando siamo perfettamente certi; 2. di far considerare i motivi che abbiamo per assentire a una verità; 3. di metterci nelle disposizioni morali necessarie a capire e interpretare giustamente le verità che Dio ha rivelato.

La fede è opera della grazia. - Crediamo perché lo vogliamo. Credere è un'opzione e un'opzione meritoria. Con questo, il Nuovo Testamento insegna pure che la fede non è assolutamente il frutto d'un'iniziativa umana: "Nessuno può venire a me, dice Gesù, se non lo attira il Padre " (Gv., 6, 44). È anche noto come S. Paolo insista sul fatto che l'uomo non può gloriarsi di nulla, né cominciare alcunché riguardo alla sua salvezza se non è prevenuto da Dio. Come si possono accordare l'attività e la libertà dell'operazione umana con l'iniziativa assoluta di Dio e con il suo dono assolutamente gratuito, è un mistero, ma non una contraddizione. Alcuni protestanti, per salvare la pienezza dell'azione di Dio, negano totalmente l'attività e la libertà della fede dell'uomo, e quindi, negano formalmente le asserzioni di Gesù Cristo e l'insegnamento dato dalla Chiesa per quindici secoli. L'attività di Dio non annulla l'attività e la libertà umana; Dio anzi ci da l'agire liberamente.

Armonia dei tre fattori dell'atto di fede. - Come si possono spiegare le parole di Gesù: " Beati coloro che credono senza aver veduto " (Gv., 20, 29) se la fede è l'opera dello spirito umano che si risolve seguendo motivi ragionevoli? Prima di tutto, la parola di Gesù non oppone affatto il rischio assoluto, la Wagnis senza luce dei protestanti, alla fede cattolica fondata su prove; ma la visione materiale e grossolana alla fede che si affida alla testimonianza di Dio. Possiamo affidarci a Gesù sedotti dai suoi prodigi; ma piegarsi cosi davanti al Taumaturgo non significa esattamente credere di cuore a Lui, abbandonarsi alla sua guida, entrare pienamente e gioiosamente nel suo moto e nel suo pensiero. Conversioni siffatte non resisteranno alla prova; per questo, Gesù biasima la fede die poggia solo su questo fondamento. " Se non vedete miracoli e portenti, non credete " (Gv., 4, 48). In realtà, questo significa accettare soltanto l'esterno della sua parola e ammetterla per un motivo diverso dal beneficio che contiene; significa seguire Gesù come schiavi o cortigiani, ma non come figli; significa obbedire a Lui per timore o interesse, non per amore. È anche scritto : " Beati coloro che credono senza aver veduto ".

" Non i loro occhi, ma il lume spirituale della parola induce costoro a credere. Udendo Gesù esporre i suoi "misteri", sentirono il loro cuore illuminato e infiammato; per essere conquistati da Lui, non gli chiesero un atto di forza, ma percepirono lo splendore irresistibile della verità. È possibile non essere con Lui con tutto il cuore? Nel loro intimo sono in comunione con il suo pensiero e la sua volontà. Ad essi non occorre nessuna prova esterna, perché hanno percepito lo splendore del sole che ha brillato, e per scoprirlo non hanno bisogno di lampada. La Parola di Gesù non sa che farsene di una testimonianza forzosa, perché è testimone a se stessa" (12).

Perciò, il merito della fede non è legato alla sommissione imposta dalla violenza dei prodigi, ma all'amore per la verità. I concetti giovannei di fós e di aléteia come pure la gnósis e la sofia di S. Paolo, indicano che la fede entra attraverso la ragione illuminandola. San Tommaso, applicando la teoria della virtù e della passione, ci da la soluzione psicologica del problema, quando dice che un motivo razionale diminuisce il merito se eccita o determina a credere una volontà disposta solo mediocremente; ma se la volontà ama la Verità Prima e vi si attacca, la ricerca dei motivi razionali, è molto lungi dal diminuire il merito, che anzi accresce (13). Basta riflettere un po' su noi stessi, per vedere subito quanto è giusta questa dottrina. I motivi addotti per fondare l'autenticità e l'autorità della Rivelazione non possono dimostrare dei dommi, che conservano sempre il loro carattere misterioso, poiché non si crede perché si capisce, ma perché lo ha detto Dio.

(12) O. LEMARié, Éludes de psychologze religieuse, pp. 133-134.
(13)2a 2ae, q. 2, art. io, con la risposta ad 2.
Le dimostrazioni che si danno nei preamboli della fede hanno precisamente il risultato di chiarire l'autorità di Dio rivelante, il fatto della rivelazione e l'obbligo di credere; e siccome non diminuiscono la carità, non diminuiscono neppure il merito, che anzi accrescono in proporzione della carità che li ha cercati e compresi.

OFFLINE
Post: 1.208
Sesso: Maschile
02/09/2009 07:56

CAPITOLO IV - METODO DELL'APOLOGETICA

L'unità dell'apologetica. - L'apologetica è fatta di storia, di critica storica, di filosofia, di psicologia, e anche d'un po' di sociologia. Questi materiali ricevono la loro unità dallo scopo dell'opera che è quello di indurre gli increduli a credere in Gesù Cristo e di dare a quelli che credono motivi riflessi della loro adesione. Quindi, l'unità di un fine, d'un'organizzazione dei mezzi, d'una prospettiva razionale costituisce l'oggetto formale dell'apologetica, pur restando i materiali storici storia, quelli psicologici psicologia, ecc Quindi, l'apologetica si servirà del metodo storico, del metodo psicologico, ecc., e avrà come metodo proprio l'uso dei metodi delle diverse scienze. Perciò, è inutile ripetere qui quello che si troverà nei trattati di logica e nelle introduzioni alla storia critica, alla psicologia, ecc. Ci limitiamo a delineare il metodo generale dell'apologetica. Qui s'impongono due questioni: 1. L'apologetica che abbiamo descritto è un blocco inseparabile al punto di doverla sempre presentare nella sua totalità e nell'ordine logico della sua struttura?

2. L'apologista deve presentare la dimostrazione della verità del cristianesimo in un ordine sintetico, andando dai principi alle conseguenze, dalle condizioni alle cose condizionate, dalle origini della religione alla nostra epoca? oppure in un ordine analitico, salendo invece di discendere? L'ordine sintetico è quello del teologo che possiede già tutta la sua scienza e ha fissato lo scopo da raggiungere; quello analitico è dell'incredulo in buona fede che cerca la verità. Nel primo caso, l'apologetica é dunque funzione della teologia; nel secondo caso, è una disciplina profana.

L'ordine della presentazione dev'essere duttile. - Non abbiamo il diritto di presentare semplicemente i fatti evangelici e di fondare su di essi la divinità di Cristo, se prima non abbiamo dimostrato l'esistenza di Dio, perché in realtà la dimostrazione della divinità di Cristo non ha senso se colui al quale è destinata non crede all'esistenza di Dio. Ricordiamo una pagina del quarto Vangelo: Entrato Gesù in Gerusalemme, alcuni pagani ellenisti si rivolsero a Filippo e gli domandarono che li conducesse a Cristo, ma pare che questi pagani avessero una povera idea del Dio unico. Ascoltando gl'insegnamenti del Salvatore, potevano giungere alla conoscenza del Dio unico autore del mondo e a quella del Figlio suo? oppure era necessario che un filosofo compatriota desse loro la prova che c'è un solo Dio, perché fossero poi capaci di credere che Gesù è il Figlio di Dio? Il P. Grandmaison afferma senza esitazione che la lettura del Vangelo è sufficiente a condurre anche un ateo alla conoscenza di Dio creatore e a quella del Redentore (1) e, per quanto io sappia, l'affermazione non è mai stata incriminata da nessuno. Dio poteva far si che l'affermazione razionale di Dio e l'adesione della fede nell'anima di quei Greci si succedessero istantanee, o avvenissero simultaneamente, anche se distinte. La parola e le opere di Gesù Cristo bastano a far ammettere l'esistenza di Dio; perciò, l'apologista ha il diritto di presentare a certe anime un'apologià fondata direttamente sul Vangelo.

L'apologetica dev'essere cosciente dello scopo cui mira. - La seconda questione è più complicata. Sulle prime, sembra che l'apologista si debba mettere dal punto di vista dell'incredulo che cerca, e quindi far tabula rasa di ogni presupposto teologico. L'incredulo ammetterà questi presupposti, o non sospetterà piuttosto che si tratti di una dimostrazione che presuppone una conclusione già fissa? Lo stesso cristiano non desidera forse basare il suo assenso su procedimenti razionali che non siano imposti dalla fede, dato che una certezza acquisita con una petizione di principio sarebbe illusoria? L'apologetica seguirà quindi un metodo analitico, sarà indipendente dalla teologia e costituirà una scienza autonoma.

Per scartare tale concezione seducente e fallace, basta pensare all'esperienza tante volte rinnovata delle apologetiche indipendenti, che, con tutta la buona volontà dei loro autori, finiscono con corrompere o compromettere la dottrina alla quale vogliono dare un fondamento. De Bonald crede di poter provare che il pensiero viene all'uomo solo attraverso il linguaggio, e che se il linguaggio precede il pensiero, può venire solo da Dio.

(1) D.A.F.C., art. Jisus-Christ, col. 1294, n. 7. Il principio dell'articolo non è riprodotto nell'opera stampata dopo da Beauchesne.

Ed ecco la Rivelazione alla base di tutto. Però, se la Rivelazione non è accolta da una ragione dotata di spontaneità e d'iniziativa, resta estranea all'uomo, e invece di dargli la libertà, lo asservisce. Boutain crede di provare che la certezza razionale è solida solo grazie alla fede; ed ecco la fede indispensabile alla scienza e alla vita. Ma la fede poggia sul nulla e crolla. Brunetière vuole fondare l'apologetica te utilizzando il positivismo " e dimostrando che le società sono incapaci di ordine, di stabilità e di prosperità se non sono rette da una religione; e che solo il cristianesimo è capace di reggere la vita sociale. Intenzione lodevole, ma che comporta l'immenso pericolo di considerare il cristianesimo come un mezzo al servizio di scopi terreni, asservibile alla politica. UAction Frangaise è ancora molto vicina a noi, ed è inutile accumulare altri esempi. L'apologetica dev'essere cosciente dello scopo che cerca e regolarsi in conformità, altrimenti fallisce.

Conclusione. - Il cristiano che vuoi convincere i fratelli o giustificare la propria fede, per non essere odioso, non deve procedere come se non credesse o fingere di essere insoddisfatto ed evitare così il ridicolo. Dovrà quindi regolarsi con la fede che possiede e l'apologetica, come dice il P. Garrigou-Lagrange, sarà prima di tutto la " funzione difensiva della teologia " (2). Tali saranno i trattati apologetici che studiano i futuri sacerdoti e i laici die vogliono essere informati del modo con cui la Chiesa stessa pone le basi della nostra fede.

Però, questa non sarà l'unica apologetica. Salvo rare eccezioni, non si riesce a convincere l'incredulo mettendolo direttamente di fronte all'insegnamento della Chiesa sistemato dai teologi. Neppure per i cristiani le prove della fede sono parte del deposito della Rivelazione. È vero che i miracoli di Lourdes, l'irraggiamento di Santa Teresa di Lisieux e la sua " pioggia di rose ", i sogni profetici di San Giovanni Bosco, la santità di uomini canonizzati nel secolo XIX che conosciamo con la precisione con cui conosciamo i nostri genitori, per molti sono la prova indiscutibile della verità del cristianesimo, ma non sono nella Scrittura e neppure nella Tradizione. Queste apologetiche si potrebbero chiamare accidentali, accanto a quella essenziale. Si dice che, specialmente ai nostri giorni, ponendo certi problemi, invece di provare la fede si sollevano inquietudini, come quando si espongono e si confutano i sistemi dei critici razionalisti o protestanti sull'autenticità e l'integrità dei testi rivelati, e i lettori che non ci avevano pensato, restano sorpresi che si possano discutere queste cose e si spaventano. Si può arrivare benissimo alla fede, o provare la fede già posseduta, senza darsi pensiero di queste cose che si trovano in tutti i trattati scientifici di apologetica. Per condurci a Cristo e mantenerci nella fede in Lui, un'esposizione diretta del dogma cristiano com'è in se stesso e senza aggiunte, o meglio ancora, lo studio diretto della divina Persona di Gesù Cristo saranno assai più efficaci di un trattato teologico di apologetica.

(2) II P. Garrioou-Lagrange sviluppa a lungo la sua concezione dell'apologetica nel suo trattato De Revelatione, 2 voli., 4 ed., Ferrari, Roma 1945.

È pacifico che, nell'insegnamento dato a futuri sacerdoti, a religiosi, a laici desiderosi di essere iniziati all'apologetica totale, non crea nessun inconveniente inquadrare gli argomenti storici, psicologici, ecc, in un'armatura teologica, costituendo così i nostri trattati De Revelatione, De fontibtts Revelationis, De Ecclesia. Invece, negli scritti per il grande pubblico o per increduli, l'inquadratura teologica scoraggia il lettore col pericolo di dargli l'impressione che le tesi siano basate su argomenti tendenziosi, e in ogni caso, c'è pericolo di sacrificare il contenuto alla cornice e di dare ai fatti e agli argomenti " il colpo di pollice " per far loro dire quello che non dicono. A questo riguardo, dobbiamo essere assolutamente severi, fino allo scrupolo, non solo per timore che fedeli e increduli abbiano il sospetto di essere davanti a un'argomentazione truccata, ma specialmente per il rispetto a Dio che è la Verità. Dobbiamo.avere per i metodi scientifici la stessa fedeltà intransigente della Chiesa quando canonizza i santi. È noto il detto: il più grande miracolo che può fare un santo è quello di essere canonizzato. Occorre che i fatti storici, psicologici, ecc, evocati siano indiscutibili e che noi ne tiriamo solo le conseguenze che essi comportano realmente. Questo significa forse che dobbiamo essere storici, psicologici, ecc, che non si danno pensiero delle direttive della Chiesa? Nient'affatto. L'acribia critica non esclude la fedeltà all'autorità sacra. Solo i modernisti pretendevano che si debba scegliere tra l'una e l'altra. Dopo aver descritto queste grande crisi. Rivière conclude giustamente che i veri studiosi credenti sanno benissimo attuare la fruttuosa collaborazione tra i metodi scientifici e le indicazioni della Chiesa. Uomini come i Padri Lagrange e de Grandmaison, con tanti altri, hanno indicato magnificamente la via che dobbiamo seguire (3).

G. R.

(3) Le modernisme dans l'Église. Elude d'histoire religieuse contemporaine, Parigi, Letouzcy et Ané, 1929.

 

BIBLIOGRAFIA. Le Bachblet, Àpologitique, Apologie, in D.A.F.C. Sguardo d'insieme sui problemi, sui metodi e sulla storia dell'apologetica. G. Monti, L'apologetica scientifica della religione cattolica, S.E.I., Torino 1923 ; Apologetica, in Enc. Catt., v. I, 1650-1659. G. Brunhes, La ragionevolezza delh fede, Ed'zioni Paoline, Alba 1953. J. Levib, Sous les yeux de l'incroyant, Desclée de Brouwer, Parò 1946. E. Masure, La grande rout apologètique, Bèauchesne, Paris 1939. R. Aubert, Le Problème de l'acte de foi, Warny, Louvain 1945. A. Gaboardi, Teologia fondammlah. Mitoio apologetico, in Problemi ed Orientamenti di Teologia Dogmatica, Marzorati, Milano 1957; voi. I, pp. 56-103.

G. Falcon, Manuale di apologetica, Ed. Paoline, Alba, 1951. Garrigou-Lagrange, De Revelatione, 2 voli., 4 ed., Ferrari, Roma 1945. S. Tromp, De Revelatione christiana, Pont. Un. Gregoriana, Roma 1950, pp. 423-492 : Conspectus bibliographicus. J. Guitton, La pensée moderne et le Catholicisme, dieci volumi non ancora tutti pubblicati, Aubier, Paris. Opera originale di molto valore. M. Cordovani, II Rivelatore, 3 ed., Studium, Roma 1945. Fabio Fabbi, Il cristianesimo rivelazione divina, a ed. Pro Civitate Christiana, Assisi 1945. Gard. Giuseppe Siri, La rivelazione cristiana, 4 ed. Studium, Roma 1952; La Chiesa, 2 ed., ivi, 1950.

Per la cosiddetta "preapologetica" si veda l'artic. Immanence di Valensin in D.A.F.G. ov'è esposto assai bene il metodo di Blondel. Delle opere di Blondel è in corsola trad.italiana presso Peditrice La "Scuola di Bresda. M. Blondel, Pagine religiose, a cura di De Montcheuil, trad. Barra e Maschio, S.E.I., Torino 1951. P. Valori, Blondel e il problema d'una filosofia cristiana, Civiltà Cattolica, Roma 1950.

 

 

OFFLINE
Post: 1.208
Sesso: Maschile
02/09/2009 07:56

CAPITOLO III - OGGETTO DELL'APOLOGETICA

Solo la Chiesa Cattolica ha un'apologetica definita. - Abbiamo veduto che, tra i due gruppi di cristiani che costituiscono la civiltà occidentale, solo il cattolicesimo ha un'apologetica, di cui sono prive le Chiese orientali, immobili da secoli, e, a fortiori, le antiche chiese nestoriane e monofisite. È vero che la Chiesa russa ha subito l'influsso dell'occidente e che nelle varie epoche i suoi teologi riprodussero gli schemi e i metodi della scolastica latina o dei teologi protestanti tedeschi, ma non ci fu apologià scientifica. Nella Theologia Dogmatica chmtìanorum orientalium del P. M. Jugie (1), non si trova esposizione della verità del cristianesimo. Il P. Palmieri cita rome apologisti Glagolev, Gusev, Golubinsky e dice che uno di essi ha fatto entrare molta filosofia nei suoi libri (2). È poco.

Il giudaismo annovera, eruditi sapienti che sarebbero stati in grado di stabilire storicamente la verità della rivelazione mosaica, ma costoro troppo spesso sono trascinati da una critica radicale quanto quella dei protestanti liberali. La loro eventuale apologetica coinciderebbe con gli inizi della nostra, ma sarebbe monca, perché il giudaismo, latore delle promesse di Dio. ha l'obbligo di esaminare se le promesse non siano compiute, e le favole sciocche del Talmud riguardo a Gesù e alle origini cristiane non meritano che la storia le prenda in considerazione (3). Le religioni non cristiane, dal punto di vista scientifico, sono molto più in basso della Chiesa russa. Da quando sono scomparsi i suoi filosofi e i suoi mistici medioevali, l'Islam ha cessato di pensare, e potremmo chiederci se sia capace di assimilare il pensiero occidentale senza perire (4). Delle religioni asiatiche perfino i loro fedeli ignorano quasi completamente le origini e i testi, ed è molto significativo che ci siano voluti gli eruditi europei a rivelare l'Asia a se stessa.

Solo il cattolicesimo ebbe sempre e ha tuttora una dimostrazione della propria verità. Non c'è dubbio che le trasformazioni della filosofia, le scoperte scientifiche, gli attacchi furibondi degli increduli non hanno sempre provocato immediate messe a punto e risposte adeguate, e che, tra l'evoluzione del pensiero profano e la difesa cristiana, vi furono disparità. La " crisi della coscienza europea " tra il 1680 e il 1715 (5) trovò il cattolicesimo francese apparentemente disarmato. È vero che la dottrina fu sempre solidissima, ebbe sempre scrittori che la difendevano con argomenti perfettamente validi, ma non erano uomini di primo piano, non sempre sapevano sceverare le verità miste agli errori, né mettersi dal punto di vista degli avversari.

(1) 5 voi., Parigi, Letouzey et Ané.
(2) LA chiesa russa, le sue odierne condizioni e il suo riformismo dottrinale, pp. 638-639, Libreria Fiorentina, Firenze 1908.
(3) L. de Grandmaison, j/csus-C'hrìst, t. I, pp. g-11.
(4) Questo quanto scrisse il Vincent nella Revue des Sciences religieuses, luglio 1935, p. 440, riguardo al libro rii H. A. R. Gibb, Whilher Isiam? (Londra, Gollanwicz. 1932).
(5) Paolo Hazard. La crise de la conscience européenne, 1680-1715, 3 voli.. Parisi 1935, trad. ital. presso Einaudi, Torino.

Alla fine del secolo XIX, gli storici e i pensatori nostri erano poco informati della produzione della critica protestante e della filosofia incredula; facevano troppo azione difensiva e non abbastanza azione costruttiva. Tuttavia, il cattolicesimo assorbì sempre e facilmente anche i peggiori veleni, perché preparò sempre gli anticorpi che arrestano l'azione tossica. A un periodo di sonnolenza segue una trionfante epoca scientifica, e la storia dell'apologetica cattolica è già per se stessa un'apologetica.

Parlando della fede, abbiamo già indicato l'oggetto e la divisione dell'apologetica. L'oggetto è complesso e la divisione ha molte parti. È possibile riconoscere nel Nuovo Testamento tutte le parti della nostra apologetica, ma si possono distinguere esplicitamente solo secondo le esigenze delle situazioni storiche. Seguendo rapidamente la Chiesa nei secoli, vedremo costituirsi le varie parti della nostra scienza.

Primo compito dell'apologetica: la catechesi. - La fede ha motivi razionali per dare il suo assenso incondizionato alla rivelazione; perciò, bisogna provare prima di tutto die Dio ha parlato, verità che è l'oggetto essenziale dell'apologetica. Dare questa prova è compito della storia. Gesù proponeva appunto questi fatti e argomenti, ed Egli stesso compiva la storia sacra che oggi meditiamo, e i cuori che non si chiudevano trovavano la prova decisiva nel vederlo, nel sentirlo, nel comprendere il suo insegnamento e la sua testimonianza. A chi era mal disposto Gesù ricordava espressamente i suoi insegnamenti passati, le sue opere, la testimonianza del Padre, e tutto lo sviluppo dell'Antico Testamento, da Abramo fino a Mosè. Gli Apostoli seguirono la stessa via e aggiunsero il racconto della Passione e Resurrezione. I discorsi di Pietro, di Stefano, di Paolo fanno vedere la missione di Gesù Cristo annunciata e preparata dai profeti, autenticata dalla sua santità e dai suoi miracoli, compiuta sul Calvario, ratificata da Dio il giorno della Resurrezione. Fin qui, l'apologetica è una sequela di racconti storici, proposti da testimoni degni di fede, e ancora oggi è tale alla scuola di catechismo. È l'essenziale e sufficiente in linea di diritto.

Secondo compito: giustificare i testimoni. - Però, anche le affermazioni dei testi, che non sono abbastanza noti e specialmente quando sono morti da molto tempo, hanno bisogno di giustificazione. Le obiezioni dei Giudei e i dubbi dei pagani obbligavano i cristiani a rendere sicure le testimonianze apostoliche. Il paganesimo, prima di morire, fece uno sforzo supremo per compromettere per sempre la religione di Gesù, ma l'assalto di Celso fu vinto. Ori-gene inaugurò i lavori di storia e di critica filologica tra i cristiani. Eusebio di Cesarea, nonostante quanto fu detto delle sue debolezze, è un erudito coscienzioso, che con la Storia Ecclesiastica e la Dimostrazione evangelica introdusse nell'apologetica la storia fatta sui documenti e la critica.

Terzo compito: introdurre la Rivelazione nel nostro pensiero razionale. - L'apologià non si ridusse mai ai racconti storici, sia pure accompagnati dalle prove della validità delle testimonianze. Dìo parla per essere compreso, e per riuscire a comprenderlo, dobbiamo inserire la Rivelazione nel nostro pensiero razionale e nella nostra cultura. Gli Apostoli, ripetendo compendiosamente la storia della Redenzione, con ogni sorta di allusioni la collocavano tuttavia nel mondo intelligibile familiare ai loro ascoltatori. Ma già nel secondo secolo si fa sentire il bisogno d'interpretare il cristianesimo nei concetti dell'ellenismo, né i cristiani vi si sottraggono: Giustino, Teofilo d'Antiochia, Atenagora e molti altri fondano l'apologià filosofica, la quale prova che Dio esiste, che è infinitamente buono, può rivelarsi, la sua Rivelazione sarà la nostra salute, e noi abbiamo il dovere di ascoltarla e di crederla.

In questo modo, nei primi quattro secoli, si formò un'apologetica che sostanzialmente è la nostra, fatta di storia, di critica storica, di argomenti razionali che giustificano il fatto della Rivelazione e la storia biblica. Saremmo tentati di credere che il Medioevo abbia conservato soltanto gli argomenti razionali, usandoli contro gli attacchi degli Ebrei e degli Arabi. In quel tempo, l'umanità era portata a trattare tutte le questioni dal punto di vista della ragione dimostrativa. Soprattutto i fatti della storia di Gesù apparivano tanto chiari, che non si credeva fosse necessario dar loro un fondamento, e tutti ritenevano la testimonianza della Chiesa, rafforzata da santi a tutti noti, come irrefragabile. L'apologià storica era come in letargo, però ne rimase l'idea, e Dante ce ne ha dato un riassunto ancora esatto anche per noi. Le sue risposte alle domande sui motivi della sua fede potrebbero servire ottimamente come schema anche alla nostra apologetica (6).

Quarto compito: la Chiesa; la continuità della sua dottrina. - Ma il Grande Scisma e i disordini del clero, giunti al colmo nel secolo xv scuotono la fede nella testimonianza della Chiesa, che in seguito i Protestanti attaccano furibondi. Di qui, la necessità di aggiungere una quarta parte all'apologetica, onde provare che la Chiesa fu certamente istituita da Gesù Cristo, che le affidò la sua autorità e che non l'abbandonerà mai. La prova è dedotta dai Libri Santi, che i protestanti accettavano, ma deve anche poggiare sui fatti. Contro i Centuriatori di Magdeburgo, il Baronio e altri eruditi dimostrano che la Chiesa dei loro tempi è la continuazione autentica di quella degli Apostoli, e non ha mai cessato di predicare la loro fede né di comandare la loro morale. Ormai, l'apologetica comprende anche la storia della Chiesa, delle sue dottrine e dei suoi santi.

Quinto compito: la preparazione psicologica dell'apologetica. - Anche se l'edificio è completo e comprende la storia, la critica, gli argomenti metafisici, il dovere morale, di credere, l'autorità della Chiesa, molti non vi entrano, perché mettono in dubbio i principi su cui poggiano le basi dell'apologetica. I " libertini " del secolo XVII, precursori dei k filosofi " del secolo XVIII, non dubitavano soltanto dell'esistenza di Dio e della sua provvidenza in favore del mondo, della possibilità della Rivelazione, ma dubitavano anche dei principi che rendono solide queste verità, che anzi deridevano e si rifiutavano perfino di pensarvi. Per convertirli, bisogna cominciare a deciderli a porre la questione dell'anima e del suo destino. Gli argomenti del dovere morale, del rischio di dannarsi per essi sono senza effetto, perché non li ascoltano, e saranno condotti a darvi ascolto soltanto da una preparazione psicologica.

(6) Par. xxiv, 88-114..

 

Pascal, a quelli che si dicono indifferenti, ha provato che la loro degradazione e la loro follia si spiega solo col peccato originale, e molti testi dei suoi Pensieri descrivono lo stato d'animo degli empi, in modo da condurli a Dio senza ricorrere alla Rivelazione. Però, si tratta di testi sparsi. Maurizio Blondel ha costituito la preapologetica necessaria ai nostri tempi: chi si dice indifferente, non lo è; vorrebbe credersi tale, ma non è sincero. L'uomo non è mai soddisfatto delle sue azioni e dei loro effetti, e neppure degli scopi che vede espressamente; senza saperlo e suo malgrado, egli mira oltre (7). Allo stesso modo, il pensiero umano è sempre oscillante tra la ricerca dell'individuale, la conquista del concreto intuitivo e la ricerca dell'universale, la speculazione astratta; ma al pensiero non bastano né l'uno né l'altro, perché in realtà tende a una convergenza che è solo all'infinito e che avanza verso quest'infinito solo con una serie di opzioni che impegnano la sua responsabilità totale e mettono in gioco il suo destino (8). Il filosofo non prova certamente l'esistenza del soprannaturale, ma accerta che né l'azione né il pensiero terminano ai loro oggetti apparenti. Resta un vuoto, e l'uomo deve informarsi se Dio. rivelandosi, non lo colmi.

Sesto compito: come ridare ai nostri contemporanei un'inquietudine religiosa? - Davanti all'antico monumento apologetico, è dunque stato edificato un atrio che chiamiamo preapologetica, che era necessario costruire. Però, l'evoluzione della società del secolo XX ha dimostrato che l'atrio non basta. La dialettica pascaliana e blondeliana si appiglia al dinamismo del pensiero e all'inquietudine dell'azione per far intravedere il termine lontano cui tende necessariamente e oscuramente, e riesce solo a patto che l'uomo si renda conto del sordo lavoro che si svolge in lui, e s'impegni volontariamente verso l'Ignoto al quale aspira la sua natura. Ma è un fatto che molti dichiarano di essere soddisfatti nella loro indifferenza e di non provare nessun senso d'inquietudine.

Filosofi, scienziati, politici, letterati propongono una spiritualità fatta sulla misura dell'uomo e pretendono che gli basti.

Dopo aver condotto un'inchiesta sulle cause dell'incredulità, il P. Congar pubblicò i risultati su Vie intellectuelle (Luglio 1935) in un mirabile articolo che ogni cristiano dovrebbe leggere, dove dice che la causa più universale e anche più profonda dell'incredulità non è che un ideale, una morale, una cultura di cui vivono i non cristiani, ma presi, almeno in parte, dal cristianesimo e laicizzati. Gli increduli dicono di non aver bisogno di altro alimentò é negano che vi sia in loro la minima aspirazione verso qualcosa di là del mondo. Siccome hanno distrutto in se stessi l'aspirazione al Valore assoluto, bisogna far vedere loro in che modo e perché la soppressero e che tale soppressione è una spaventosa perdita. Siamo di fronte a un campo nuovo da esplorare, a una psicologia, a una fenomenologia, a una logica dei processi con cui l'uomo si allontana da Dio e riesce a convincersi che Dio non c'è. Troviamo indicazioni suggestive e profonde nel bel libro di Renato Le Senne: Obstacle et Valeur.

(7) L'Action, essai d'une critique de la vie et d'une science de la pratique, Parigi, Alcan
1893; trad. italiana presso Vallecchi, Firenze 1923.
(8) M. Blonpel, Im pensée. I. La genèse de la pensée et les palxcrs de son ascension spontanee. II. Les mponsabiliìis de la pensée et la possibilité de son acbivemenl, Paris 1934-1935.

La vista del mistero suscita nell'uomo una vile paura. " Per tenersi lontani da questo terribile faccia a faccia, la maggior parte degli uomini cede alla tentazione delle dialettiche del livellamento, che arrestano la vista per un decoro calato tra noi e l'esperienza, che per il senso comune sono gli affari e il guadagno, per lo studioso le sue teorie, per il cittadino la professione o lo Stato, per lo storico la successione spettacolare degli avvenimenti e delle dottrine, che proteggono contro quest'inquietudine, che è la fonte stessa della filosofia. Ma a mano a mano che l'invade l'ottimismo ufficiale, essa diventa anemica e muore; e mentre la verità si allontana perché non vi ci si pensa, l'uomo perde insensibilmente il sentimento della propria esistenza, se essa consiste nell'impegnarsi in ciò che si fa e in ciò che si dice con tutte le proprie aspirazioni, nel gettare nella partita, più che la testa, la propria anima " (9). L'uomo si separa da Dio, fonte della sua esistenza, tagliando i legami e sostituendo a Dio un simulacro intellettuale. Questa caduta è espressa da " un'esplosione di dialettiche ". La coscienza si naturalizza e si degrada con mezzi intellettuali che l'abbassano sempre più. " La separazione è relativa per i suoi gradi; assoluta per il suo senso " (10). L'uomo si chiude e si cava volontariamente e intelligentemente gli occhi per non vedere Dio. D'ora in poi, la preapologetica dovrà essere preceduta dall'analisi psicologica e logica di quest'oscuramento dell'anima e di questa rovina.

È vero che gli indifferenti rifiuteranno di leggere queste descrizioni o di ascoltarle; quindi, dovremo ricorrere a sapienti industrie per condurli a comprendere quello che fanno. Per questo, non bastano né la teologia, né la filosofia, né alcuna scienza, ma saranno necessari l'esempio, la bontà avvolgente, la simpatia che comprende tutto, tutto scusa, tutto crede e tutta spera, che preparerà gli indifferenti ad accorgersi che precipitano per il pendio della morte accecandosi da se stessi. Cosi scriveva Vincenzo de' Paoli a uno dei suoi Signori: " Non crediamo a un uomo perché sa molto, ma perché lo stimiamo buono e lo amiamo " (11).

(9) Obstack et Valeur, p. 79, Parigi, Fernand Aubier, 1935 (PhilosophU de l'éspril).
(10) Ivi, p. 271.
(11) Lettres, ed. Coste, citato da Bremond, Hisloire lUUraire du sentiment religieux in France, voi. III : l'Ecole Française, p. 239.
OFFLINE
Post: 1.208
Sesso: Maschile
02/09/2009 08:00

tratto dall'Enciclopedia di Apologetica - quinta edizione - traduzione del testo APOLOGÉTIQUE Nos raisons de croire - Réponses aux objection

 

 

L'Apologetica si è costituita in scienza autonoma solo assai tardi, separandosi dulia filosofia, sulla quale si fonda e dalla teologia, alla quale introduce giustificandone i fondamenti. Però fin dalle origini del cristianesimo ci furono scrittori die studiarono i fondamenti della fede e difesero le verità . cristiane dagli assalti esterni. Essi erano apologisti e la stessa parola a apologia a, o " apologetica a, già nel secondo secolo ne indicava l'opera, che mirava a giustificare la dottrina di Cristo e della sua Chiesa.

L'apologetica fiel Nuovo Testamento. - Possiamo dire che il primo apologista fu Gesù Cristo stesso, il quale, pur avendo il diritto d'essere creduto sulla sua parola, volle tuttavia dare dei segni che dimostravano la verità della sua missione: come "perché sappiate... " (Mc. 2, 10); "se non volete credere a me, credete alle mie opere " (Gv. 10, 88), cioè ai miei miracoli e a quanto c'è di perfettamente buono nella mia vita, e anche al modo con cui adempio le profezie, come quella d'Isaia, citata come una prova ai discepoli di Giovanni Battista (Mt. 11, 4-5); (Lc 4, 17-21). Questi segni di verità assumono tutta la loro forza solo per chi ha volontà retta: a Se qualcuno vuoi fare la volontà di Dio, egli sarà... " (Gv. 7, 17), e ci devono disporre ad ascoltare gli apostoli e la Chiesa come se ascoltassimo il Maestro in persona.

Gli apostoli disporranno la loro catechesi nella stessa inquadratura apologetica, basando la loro predicazione di " testimoni " sui miracoli e sull'adempimento delle profezie. Questo duplice tema ritorna e si associa benissimo (per esempio in San Paolo) con l'utilizzazione dei dati essenziali della teodicea, preparazione alla fede cristiana, o (in San Giovanni) alla ripetuta affermazione che " Dio è amore " allo stesso tempo che è luce.

L'apologetica dei Padri. - Gli scrittori cristiani della prima generazione dopo gli Apostoli, cioè i Padri apostolici, preziosi soprattutto come testimoni della Chiesa del loro tempo, presentano già in modo interessante alcuni aspetti dell'argomento profetico, pur non pensando di fare opera propriamente apologetica.

Gli scrittori della generazione successiva, cioè i Padri apologisti, devono il loro nome al proposito esplicito di difendere il cristianesimo rivolgendo agli imperatori, o a tutti i " Greci " (pagani), esposizioni che confutavano le obiezioni e che facevano vedere i titoli di credibilità della religione cristiana. Per lo più scrivono in greco, come Aristide d'Atene, Melitone di Sardi, San Giustino, che compose una duplice Apologià e il Dialogo con il giudeo Trifone, e che mori martire; il suo discepolo Taziano, che alle pagine ironiche e talvolta violente del Discorso ai Greci mescolò uno spirito d'invettiva estraneo agli scrittori del suo gruppo (egli fini nell'eresia); il calmo e ponderato Atenagora, con la sua Supplica per i cristiani; Teofilo d'Antiochia, con i tre libri Ad Autolieo. Un po' più tardi sorgono gli apologisti di lingua latina, come il delicato Minucio Felice, il vigoroso ed eloquente Tertulliano, dallo spirito permeato d'una formazione logica e giuridica, che, nell''Apologetico, si rivolge ai persecutori con una dialettica che trascina, nel trattatelo Della testimonianza dell'anima parla dell'" anima naturalmente cristiana " e, nel trattato Della prescrizione, volge contro gli eretici un argomento di diritto. Tertulliano spira sempre un'ostilità di rigorista contro la cultura pagana e alla fine spinse l'intransigenza e l'ascetismo fino all'eresia.

Tutti questi apologisti confutano le accuse rivolte contro i cristiani, dimostrano l'illogicità e l'ingiustizia della legislazione persecutoria e, nello stesso tempo, apportano anche un'argomentazione positiva, facendo valere la prova desunta dalle profezie, insistendo parimenti sulla prova desunta dai miracoli. Alle accuse contro le assemblee cristiane Giustino oppose, con magnifica lealtà, la descrizione esatta della liturgia, riuscendo però meno felicemente quando tenta di spiegare la sapienza antica e, non contento di sottolineare l'azione del Verbo nel mondo, vuole che i pensatori greci abbiano cercato le loro migliori ispirazioni nella lettura di Mosè. L'autore anonimo d'un'elegante Lettera a Diogneto, spiegando come i cristiani sono " l'anima del mondo ", valorizza la santità della Chiesa; più tardi Sant'Ireneo, vescovo di Lione, confutando i sogni degli gnostici in un grande trattato Contro le eresie, esprime in formule già definitive l'idea dell'apostolicità della Chiesa e l'importanza della tradizione.

Nel terzo secolo, e fino alla pace della Chiesa, troviamo in Occidente ancora alcuni nomi di apologisti, come Sant'Ippolito di Roma col trattato Contro i Greci, disgraziatamente perduto; S. Cipriano, il poeta popolare Commodiano, Arnobio, che dopo la conversione scrisse Contro le nazioni (i pagani) con più verve ironica che profondità; il suo discepolo Lattanzio che, per difendere la Provvidenza, la mostra in atto in modo particolarmente impressionante, raccontando La morte dei persecutori.

L'attività di Clemente e Origene, i grandi creatori della scuola d'Alessan-dria, ha un'importanza più duratura. Clemente nell'insieme della sua opera, di cui ci restano il Protrellico (Esortazione ai Greci), il Pedagogo e gli Stromati (Tappeti), tenta una nuova apologetica, profonda quanto accogliente, la quale, lanciandosi per vie inesplorate, ha solo il difetto di non prevederne tutti gli scogli, nonostante le migliori intenzioni. Lo stesso accade al suo geniale e generoso discepolo Origene, che tentò una sintesi potente, ma prematura, molto ortodossa nel desiderio, ma in realtà talvolta inquietante; uno dei suoi ultimi scritti, Contro Celso, confuta metodicamente un avversario del cristianesimo che si serviva della filosofia credendosi molto bene informato, opponendogli una messa a punto notevole per quel tempo. Lo stesso farà Metodio d'Olimpo contro il pagano Porfirio.

Nella fiorente letteratura dei secoli IV e V, occasionata dalle grandi eresie trinitarie e cristologiche, l'apologetica occupa il suo posto, sebbene secondario. Lo storico Eusebio di Cesarea, che confutò i pagani Porfirio e Jerocle (solo lo scritto contro il secondo è giunto fino a noi), è l'autore della Preparazione e della Dimostrazione evangelica, che continuavano con una Preparazione e una Dimostrazione ecclesiastica, oggi perdute. / discorsi contro i Greci di Sant'Atanasio, unitamente ai Discorsi sull'Incarnazione del Verbo, confutano il paganesimo e dimostrano che le profezie si sono adempiute in Cristo; Sant'Ilario di Poitiers nel trattato Sulla Trinità traccia il suo itinerario verso la verità cattolica. Il libro di Giuliano l'Apostata contro i Cristiani ispirò le confutazioni di San Gregorio Nazianzeno e d'Apollinare di Laodicea; invece Macario di Magnesia si volge contro Porfirio e San Gregorio Nisseno scrive Contro i pagani, valendosi del senso comune; Firmico Materno preferisce ironizzare sui culti pagani. San Giovanni Crisostomo, non contento di confutare Giuliano, dimostra contro Giudei e pagani la divinità di Gesù Cristo; Sant'Ambrogio e il poeta Prudenzio si volgono contro Simmaco, che attribuiva alla statua della Vittoria un'illusoria protezione sulla grandezza romana. Però il principe degli apologisti d'allora è Sant'Agostino, e sia che racconti la sua dolorosa esperienza personale nelle Confessioni, sia che nella Città di Dio glorifichi il governo della Provvidenza, che da il senso alla storia universale, porta all'apologetica un contributo che essa non dimenticherà mai più.

Dopo Sant'Agostino possiamo ancora citare qualche opera di valore nei secoli V-VII: La guarigione delle malattie pagane di Teodoreto di Ciro, i trenta libri Contro Giuliano l'Apostata di San Cirillo d'Alessandria, il trattato del Governo di Dio di Salviano di Marsiglia, e le dimostrazioni dirette contro i Giudei di Sant'Isidoro di Siviglia e di Giuliano di Toledo... Occorre pure almeno ricordare il grande nome di S. Giovanni Damasceno che chiude questo periodo, non solo per le opere contro i musulmani, ma per l'apporto del suo trattato classico, Della fede ortodossa, alla teologia, che riuscì a sistemare, precisando così i limiti della teologia fondamentale.

L'apologetica nel Medioevo. - L'apologetica orientale, dopo San Giovanni Damasceno, non fa che continuare le polemiche contro i giudei e i musulmani, senza grandi innovazioni, fino al patriarca Giorgio Scolario (Gennadio II, + dopo il 1472). In Occidente l'apologetica ha lo stesso obbiettivo per gran parte del Medioevo, in cui molto numerosi sono i trattati contro i giudei, da Rabano Mauro e Agobardo di Lione (sec. IX) fino alla Fortezza della fede d'Alfonso de Spina († dopo il 1492), passando per San Fulberto di Chartres, San Pier Damiani, Abelardo, il Venerabile Pietro di Cluny o l'autore del Pugnale della fede, il domenicano Raimondo Martino († 1286). I convertiti non sono ultimi nel condurre la lotta per convincere gli antichi correligionari. Però con lo sviluppo della grande scolastica viene formandosi un'apologetica di tutt'altra portata.

La celebre formula di Sant'Anselmo: a la fede cerca l'intelligenza ", anche se presenta la fede come già acquisita, almeno parzialmente può aprire una via all'apologetica. Infatti Sant'Anselmo resta ordinariamente sul piano della teologia; però San Tommaso d'Aquino († 1274), il principe dei dottori, fa opera propriamente apologetica con rara eccellenza. La sua Somma contro i Gentili non soltanto intende stabilire i preamboli della fede, ma vuoi condurre i gentili alla fede cristiana. Pure apologista è il Beato Raimondo Lullo, " il procuratore degl'infedeli ", anche se usa mezzi di persuasione invecchiati in una forma che non è sempre efficace come quella della Somma di San Tommaso, equilibrata e giovane come un capolavoro classico.

Dopo questo vertice di perfezione, Raimondo di Sabunde, l'autore della Teologia naturale, di cui Montaigne fece la traduzione e l'apologià, inclina (ma meno di quanto facessero credere alcune interpretazioni di Montaigne) verso un certo razionalismo o scetticismo, mentre il dotto cardinale Nicola di Cusa († 1464), tende talvolta al fideismo; ambedue però sono, d'intenzione, apologisti nel senso pieno della parola. E tale parzialmente è lo spirito degli umanisti Giovanni Pico della Mirandola († 1494) e Marsilio Ficino († 1499), nonostante gli eccessi in cui possono essere caduti l'uno per il gusto della Cabbala giudaica, l'altro per il fervore indiscreto per Piatone. Una menzione tutta particolare merita Girolamo Savonarola († 1498) per il suo Trionfo della Croce, insigne opera apologetica che fa perno su questo motivo: "La fede cristiana è vera, perché è causa di una vita perfetta ".

Nei secoli XVI e XVII. - La Riforma, ponendo in discussione non solo alcuni dommi particolari, ma perfino i fondamenti della fede, poiché preten deva modificare i concetti tradizionali della Scrittura, della Tradizione e della Chiesa, doveva necessariamente provocare un nuovo sviluppo della teologia fondamentale e per conseguenza dell'apologetica.

L'apologetica si varrà delle opere di controversia, come quelle di San Roberto Bellarmino, di San Francesco di Sales con i suoi manifesti per la conversione degli eretici del Chiablese, del Cardinale Du Perron; si varrà pure delle opere che rettificano gli errori storici commessi dai " Centuriatori di Magdeburgo ", nel modo già cominciato dall'insigne catechista San Pier Canisio e compiuto magistralmente dal Cardinal Baronio negli Annali; infine trarrà giovamento dalla costituzione d'un trattato sui " luoghi teologici ", dove riuscì classicamente Melchior Cano, seguendo i saggi dei precorritori Giovanni Coeleo e Giovanni Eck, ancorché ciascuna delle loro meritevoli opere sembri appartenere a un campo diverso da quello in cui più tardi si stabilirà l'apologetica propriamente detta.

D'altronde i protestanti non erano indifferenti alla difesa della fede cristiana e molti di essi apportarono argomenti di valore contro gli scettici o i libertini; cosi in Francia Du Plessis-Mornay, Mosè Amyraut, Giacomo Abbadie, Isacco Jaqueiot; in Olanda il celebre giurista Ugo Grozio († 1645) che scrisse in versi fiamminghi Della verità della religione cristiana; in Germania il grande filosofo Leibniz († 1716), che fu in corrispondenza con Bossuet e scrisse il Discorso sulla conformità della fede e della ragione; in Inghilterra dove, per valorizzare il carattere " ragionevole " della fede, s'accordano uomini di Chiesa come Samuele Clarke († 1729) con laici variamente illustri, come Roberto Boyle († 1691), Newton († 1727), Addison († 1719) e anche il filosofo sensista Giovanni Locke († 1704). Costoro sono fin troppo inclini in tal senso e le loro apologetiche sono insufficienti appunto perché hanno conservato tale razionalismo da compromettere spesso il carattere soprannaturale della religione rivelata. Però, sotto altri aspetti, presentano più d'un lato utile e non hanno perduto interesse con il tempo.

I cattolici francesi del secolo XVII fecero opera molto più solida. Il P. Grasse, l'avversario truculento della scettica Sagesse di Pietro Charron, è troppo privo di misura per essere pienamente convincente; Cartesio poi, anche se nelle Meditazioni intese combattere i libertini, contribuì a diffondere un razionalismo che per suo conto voleva cristiano. Invece gli oratoriani Michele Mauduit e Francesco Lamy scrissero buoni trattati apologetici; il capitolo di La Buyère contro gli Esprits forts ha tratti eccellenti; Bossuet nella sua filosofia della storia ritrova la grandezza di Sant'Agostino e il vescovo d'A-vranches, Daniele Huet, ci da una Dimostrazione evangelica la quale, accanto a osservazioni evidentemente caduche, ha alcune parti che non sono ancora invecchiate. Soprattutto il grande secolo diede all'apologetica cristiana uno dei suoi giganti nella persona di Pascal, il cui monumento incompiuto dei Pensieri offrirà agli apologisti ancora per molto tempo un alimento sostanziale e susciterà fruttuose discussioni.

In Italia il metodo tradizionale fu usato con rara perizia da P. Segnerì ne L'incredulo senza scusa (1690). Per aderire alla religione cattolica è necessario un giudizio saldo della credibilità della medesima. Il potere provare questa credibilità toglie ogni scusa all'incredulo, il quale perciò non è solo infedele ma anche irragionevole. I motivi di credibilità sono i miracoli, e specialmente il miracolo della conversione del mondo al cristianesimo, la profezia, il martirio cristiano, l'unità e la santità della Chiesa cattolica.

Nel secolo XVIlI. - Nel secolo successivo, in cui si scatenò l'uragano del filosofismo contro la fede cristiana, continua il movimento dell'apologetica, che però non ha né un grande nome come quello di Pascal né libri che abbiano conservato un valore vivo per noi. Tuttavia tali scritti al loro tempo ebbero una reale utilità e non lasciarono la verità senza difensori. Dalla parte protestante, uomini di scienza e ben intenzionati, ma non privi di pregiudizi contro il soprannaturale, cercano di presentare in modo " ragionevole " le prove della religione, come fecero in Svizzera il naturalista Carlo Bonnet, in Germania l'illustre matematico Euler, il fisiologista Haller e teologi che, come Kleuker, Less, Jerusalem, fecero pericolose concessioni sia allo pseudomisticismo e sia al razionalismo; in Inghilterra Samuele Clarke e Giovanni Leland, Giuseppe Butler, W. Paley, N. Lardner... Pure dalla parte cattolica, anche se sfortunatamente il valore apologetico non era sempre pari all'altezza degli assalti da respingere, bisogna tuttavia convenire che non venne mai meno.

Tra i molti si potranno ricordare alcuni scrittori non privi di merito; i gesuiti Buffier e Baltus, l'oratoriano Houtteville, il poeta Luigi Racine, oscurato dal nome assai più illustre di suo padre, il Cardinal di Polignac, il cui Anti-Lucrèce sarebbe più letto se non fosse in versi latini; poi nella seconda metà del secolo, il Cardinale di Luzerne e l'arcivescovo Lefranc di Pompignan, l'abate Trublet, alcuni saggi del quale valgono più del nome che gli ha fatto Voltaire, l'abate Bergier, i gesuiti Nannotte, P. X. Feller, Barruel, o l'abate Guénée, le cui Lettres de quelques Juifs portugais costringevano lo stesso Voltaire ad accusare il colpo. Perfino l'influsso di G. G. Rousseau e del suo Vicaire savoyard, malgrado il deismo della troppo celebre professione di lede di co. stui, offerse ad alcuni apologisti argomenti che si rivolgono al " cuore ", mentre altri filosofi, come il ginevrino Necker, assegnano alla religione il merito dell'utilità, e Bernardino di Saint-Pierre, Lamourette e La Luzerne preludono inconsciamente all'apologetica di Chateaubriand, accentuando la " bellezza " del cristianesimo. Non inferiori agli stranieri sono gli apologisti italiani di questo secolo, tra i quali emergono A. Valsecchi (Dei fondamenti della religione e delle fonti dell'empietà; La religione vincitrice; La verità della Chiesa cattolica romana), S. Alfonso de' Liguori (Verità della fede fatta evidente per i contrassegni della sua credibilità; ecc), A. Tassoni (La religione dimostrata e difesa). Certamente più solida è l'opera dei teologi che, seguendo il dotto italiano Cardinal Gotti († 1742), costruiscono le linee essenziali dell'ormai celebre trattato " Della vera religione ".

OFFLINE
Post: 1.208
Sesso: Maschile
02/09/2009 08:00

Nel secolo XIX. - II primo nome che è legato all'apologetica romantica è quello di Chateaubriand, che la preannuncia in alcune pagine dell'Essai sur les Révolutions e la sviluppa con splendore e forza conquistatrice nel Genie du christianisme: la magia dello stile dapprincipio celò la debolezza dell'argomentazione, ma sarebbe eccessivo pretendere che in quest'apologetica sentimentale tutto quanto sia inoperante, avendo almeno avuto il merito d'attirare l'attenzione e la simpatia esplicita sul problema religioso.

In altra direzione, ma con eguale insufficienza nonostante le eccellenti intenzioni, i tradizionalisti cercano di costruire una nuova apologetica: Giuseppe de Maistre esalta in modo paradossale la Provvidenza nelle Soirées de Saint-Pétersbourg e mostra nel Du Pape un'ispirazione profondamente cattolica; Luigi de Bonald fu meno felice, nonostante la fede sincera, nelle ipotesi sulla rivelazione primitiva e la divina origine del linguaggio; Lamennais compromise il successo ottenuto con l'Essai sur l'indifférence fondando la sua apologetica sulla teoria rovinosa del a senso comune "; l'abate Boutain, autore della Philosophie du christianisme, per ordine di Roma doveva sottoscrivere alcune proposizioni che ristabilivano il diritto della ragione umana, troppo indebolita dal suo fideismo: il nobile pensatore e poeta lionese Ballanche nella Palingénésie sociale voleva utopisticamente ritrovare " la religione generale del genere umano ". In Belgio la scuola di Lovanio, con Mons. Laforét e il Cardinale Duschamps, proponeva un'apologetica più saggia; Ubaghs tentava di scoprire un'apologetica combinando con il tradizionalismo le tesi prese dall'ontologismo, quasi che l'intelligenza umana possa cogliere Dio direttamente e nel suo essere stesso, e indirettamente attingere in lui le cose create. Una decisione romana verrà a tagliar corto con simili imprudenze.

Sul pulpito francese, dopo un buon successo, anche se un po' offuscato, di Frayssinous, doveva comparire un apologista, il Lacordaire, le cui conferenze a Notre-Dame di Parigi fin dal loro inizio (1885) assunsero un'importanza grandissima, tanto l'autore aveva saputo dare all'insegnamento fondamentalmente tradizionale un accento attraente e presentarlo come gli uditori si attendevano. I suoi continuatori fecero anch'essi opera d'apologisti e non solo quelli che ne indicavano apertamente l'intenzione, come il P. de Ravignan, il P. Félix e, più vicino a noi, il P. Sanson, o, sul piano della ricerca erudita e della critica delle fonti, il P. Pinard de la Boullaye, ma anche quelli che sembravano aver scelto il compito del filosofo, come il P. Etourneau, del teologo, come il P. Monsabré, del moralista, come il P. Janvier; e nessuno fu evidentemente più preoccupato di fare dell'apologetica di Mons. D'Hulst quando commentava la morale del Decalogo come filosofo dotato di rara profondità. Anche se non tenute sul pulpito di Notre-Dame, sarebbe ingiusto dimenticare le conferenze e i Principes dell'abate Frémont.

Altri buoni operai preparavano in forma dottrinale la costruzione d'idee alle quali il Concilio Vaticano stava per dare la regola definitiva. Alcuni di questi lavori anteriori al Concilio oggi sembrano vecchi, perché il progresso provocato dalla Costituzione Dei Filius ha permesso di superarli; ma questo non toglie nulla all'utilità che ebbero al loro tempo i libri del P. Rozaven, di Augusto Nicolas (Etudes philosophiques sur le christianisme), d'Eugenio de Genoude, del P. Matignon. Scoppiata come una bomba, la Vie de Jésus di Renan (1863) provocò subito più d'una risposta appropriata da parte di Agostino Cochin, dell'illustre filosofo P. Gratry, del futuro Mons. Freppel. La vera risposta, quella che fa più opera di scienza positiva che di polemica, .doveva venire più tardi con le Vite di Gesù in grande stile, che vanno dall'abate Fouard (1880), ai PP. de Grandmaison, Lagrange, Prat... e all'abate RicciottL

Nello stesso modo si profilava il movimento nelle altre nazioni: in Spagna con Donoso Cortes e Giacomo Balmès; in Italia con Silvio Pellico, Man-zoni, uno dei massimi nostri scrittori, con il P. Ventura e il dotto Perrone; in Inghilterra con i grandi nomi di Wiseman, Newman, Manning, tutti e tre candidati alla porpora cardinalizia (i due ultimi han segnato la loro conversione al cattolicesimo con grandi opere apologetiche); in America con Mons. Spalding... L'attività dei cattolici in Germania ebbe risultati impareggiabili e, accanto a un'ortodossia come quella di uno Stolberg, di un Gorres, di un MShler, di un Denzinger e d'un Döllinger (che più tardi abbandonerà la Chiesa, ma che aveva cominciato col servirla bene) le opere dei quali riguardano l'apologetica solo indirettamente, pur essendo ad essa utilissime, vi furono uomini dotti come Giorgio Hermes e Antonio Gunther, i quali, nonostante il loro sincero attaccamento alla fede, per essersi ispirati alla filosofia di Kant e dei suoi continuatori, giunsero a interpretazioni dei rapporti tra la fede e la ragione che la Chiesa dovette condannare, in quanto impegnavano l'apologetica nelle vie del razionalismo e nelle incertezze della " ragion pratica ".

Naturalmente i protestanti, da parte loro, non rinunciarono alla difesa del cristianesimo. Nonostante le insufficienze della loro apologetica sul piano dottrinale, non si può misconoscere la nobiltà sul piano spirituale d'un Alessandro Vinet, d'un Guizot nelle Méditations sur l'essence de la religion chré-Henne, d'un Carlo Secrétan, d'un Ernesto Naville... per citare solo il nome di alcuni scrittori in lingua francese.

La Costituzione " Dei Filius " e le sue conseguenze. . L'influsso decisivo che determinò il progresso dell'apologetica cattolica fu determinato dalla Costituzione pubblicata il 24 febbraio 1870 da Pio IX nel Concilio Vaticano e indicata con le prime parole: Dei Filius. Lungamente preparata dal lavoro d'una commissione di Padri conciliari, essa fissa la dottrina sulla " fede cattolica " sulla rivelazione e le sue fonti, sui " motivi di credibilità ", aggiungendo ai miracoli e alle profezie, tra le prove considerate come a segni certissimi " (anche se non necessitanti, poiché l'adesione della fede è un atto libero sotto l'azione dello Spirito Santo), il fatto stesso della Chiesa; e, censurando l'affermazione che gli uomini possono essere condotti alla fede solo da

Dopo di allora in tutti i paesi cattolici,fu compiuto un lavoro attivo sulle basi cosi definite, e ormai diventa impossibile ricordare tutte le opere di grande importanza, sia in Germania, dopo i trattati di Hettinger, di Schanz, del P. Weiss e l'apologià molto più discussa del dott Schell, fino ai libri recenti di Carlo Adam, le cui traduzioni sono state molto ben accolte dai lettori stranieri; sia in Olanda, dopo la Somma apologetica del P. de Groot, in Belgio, dopo i PP. Portmans e Lahousse e, in Inghilterra, dopo il dott. Ward e il P. Vaughan... Indichiamo le grandi linee di quello che è stato fatto in Francia e in Italia.

È già un'apologetica completa la grande opera di Mons. Bougaud, Le christianisme et les temps présents, in cui, anche se lo stile e il tono sono invecchiati, l'armatura resta solida. Il motivo di credibilità, desunto dal a fatto della Chiesa ", venne valorizzato, seguendo il sulpiziano Brugère, dal canonico Di-diot, da Mons. Bruhnes... Libri come quelli dell'abate Picard, assai apprezzati da Brunetière, del P. Hugueny, dell'abate de Tourville... non perdono nulla della loro solidità col passare degli anni, e tutto fa credere che libri come quelli del P. Sertillanges (filosofo e apologista) saranno ancora per molto tempo di grande valore. 11 prezioso Dictionnaire apologéliqué de la Fot calholique, pubblicato su iniziativa dell'abate Jaugey, divenne più pregevole quando il P. d'Alès ne organizzò la totale rifusione, accogliendovi articoli d'importanza capitale, come la prima stesura del Jésus-Christ del P. de Grandmaison. In Francia l'apologetica ebbe la specializzata Revue pratique d'apologétique (più tardi Revue apologéliqué) e bollettini speciali nelle grandi riviste di scienze religiose, cattedre magistrali fondate negli Istituti cattolici (specialmente a Parigi). I problemi di metodo e di " tecnica a sono stati oggetto di studi sempre più precisi, come la Credibilité et l'apologétique del P. Gardeil, l'Objeci integrai de l'apologétique del P. Poulpiquet, VIntroduction à l'étude du met-veilleux et du miracle del P. de Tonquédec, la Grande mute apologétique del can. Masure, diversi lavori di G. Rabeau... Nello stesso tempo aspetti particolarmente interessanti della psicologia religiosa, come la Psychologie de la con-version o il Témoignage des apostats, studiati dal P. Mainage, apportarono alla costruzione d'insieme complementi di grande interesse, come si può vedere leggendo ad esempio A la trace de Dieu di Giacomo Rivière.

In Italia, dopo l'originale e profonda Propaedeutica del Card. Zigliara, dobbiamo ricordare: L'Ultima critica di Ausonio Franchi, penetrante ed efficace confutazione del razionalismo religioso ottocentesco; la solida trilogia Dio, Gesù Cristo, La Chiesa di Geremia Bonomelli; La breve apologià per i giovani studenti di Giuseppe Ballerini, opera organica di valore che ebbe molte edizioni crescendo da uno a quattro volumi; finalmente gli studi più recenti e più aggiornati, quali II Rivelatore di M. Cordovani, 27 cristianesimo rivela zione divina di Fabio Fabbi; La vera religione di A. Beni; l'Introduzione al cristianesimo di G. Ceriani; La Rivelazione e La Chiesa del card. Giuseppe Siri. Anche i problemi di metodo furono trattati con serietà e competenza come dimostra il saggio di sistemazione scientifica dell'apologetica di Giuseppe Monti, L'apologetica scientifica della religione cattolica. Non vanno poi dimenticati i buoni contributi apologetici dell'Enciclopedia Ecclesiastica diretta da Mons. Bernareggi e della più ampia Enciclopedia Cattolica.

 

Alcuni nuovi orientamenti. D'altronde ci sono pure stati apologisti cattolici che tentarono vie diverse da quelle dell'apologetica tradizionale e, bisogna anche ammetterlo, senza rinunciare a questa. Tali tentativi ebbero successo ineguale; alcuni si cacciarono in vicoli ciechi e finirono perfino in errori che la Chiesa dovette comprendere nelle condanne dirette contro il modernismo; invece altri sono stati fecondi e hanno dato alla scienza dei preamboli della fede un arricchimento d'indiscusso valore.

È questo, ad esempio, il caso dell'apologetica di Newman, il grande convertito di Oxford, morto cardinale nel 1890, che aveva compiuto il suo itinerario verso la Chiesa romana (e di esso lasciò un commovente racconto nell'Apologià prò vita sua) approfondendo la nozione di et sviluppo "; nel 1870 pubblicò la sua Grammatica dell'assenso, difficile ai non iniziati, che portò nel dominio comune idee come quella dell'assenso a nozionale " distinto dall'assenso " reale ", o del senso dell'inferenza. Numerosi discorsi di Newman con un minimo di sistemazione, potrebbero costituire una " psicologia della fede " sorprendentemente acuta.

Un altro inglese, un uomo di stato, il Balfour (anglicano) nel libro sulle Basi della credenza aveva proposto un'apologetica che tentava di salvaguardare, assieme alla fede, le aspirazioni o bisogni morali dell'anima umana. La sua è una costruzione interessante, ma insufficiente per stabilire la verità della dottrina. Il sistema venne presentato ai lettori francesi con una notevole prefazione di Ferdinando Brunetière, che doveva giungere alla conversione

Più importante è l'opera apologetica di Maurizio Blondel, che pubblicò la prima Action nel 1893 e non cessò di elaborarla per rispondere alle obiezioni provocate da un'opera incompiuta, essendo essa solo una parte d'un vasto insieme. È certo che se il filosofo di Aix usa con fortuna il e metodo d'immanenza ", valorizzando " il sentito bisogno d'un complemento ", cui la nostra natura è ordinata senza poterselo dare, essendo esso trascendente e soprannaturale, non ha mai acconsentito alla " dottrina d'immanenza ", che sacrifica la trascendenza del soprannaturale a una vaga mistica panteista. Un altro sistema dottrinale, sul quale la Chiesa ha fatto delle riserve, è quello di Bergson, interpretato da alcuni discepoli, come Giacomo Chevalier, in un senso più accettabile; gli ultimi libri del grande filosofo, dalle Deux sources de la morale et de la religion in poi, hanno provato che tale interpretazione era proprio nella logica e nello spirito della dottrina, e l'adesione finale del suo autore alla verità cattolica, anche se non basta a mascherare gli errori delle sue prime opere, ha dato il più bel coronamento al suo pensiero.

Le apologetiche specializzate. - Infine notiamo che alcuni apologisti, anziché riprendere l'edificio integrale dell'apologetica tradizionale, si sono applicati a eliminare le difficoltà sollevate in nome di speciali discipline, dimostrando come queste, se meglio studiate arrivano anzi a confermare la dottrina cattolica. Lavorarono in questo senso uomini di grande valore. Così, tanto per esemplificare, Giov. Battista de Rossi, Mantechi, Wilpert nel campo dell'archeologia cristiana; lo Schmidt e il Koppers nel campo dell'etnologia religiosa; il Lagrange sul terreno della critica biblica; e tutta una schiera di studiosi sul terreno della storia comparata delle religioni. D'altronde a questi contributi di specialisti l'apologetica chiede di restare perfettamente oggettivi e scrupolosamente fedeli alle esigenze dei metodi propri di ciascuna scienza, che solo cosi riusciranno efficaci nella difesa della fede cristiana.

R. A.

BIBLIOGRAFIA. - G. Monti, L'apologetica scientifica della religione cattolica, S. E. I., Torino 1922, pp. 279-345. Autori Vari, Apologetica in E. I. T., Ili, 692-697. L. Maisone-neuve, Apdogltique in D. T. C, I, 1533-1580. X. M. Le Bachelet, Apologitique, in D. A, F. C, I, 191-225. G. Cristaldii, Apologetica cristiana, Morcelliana, Brescia.

Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
 | 
Rispondi

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 05:48. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com