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CHE COS'E' L'APOLOGETICA?

Ultimo Aggiornamento: 02/09/2009 08:00
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02/09/2009 07:54

CAPITOLO II - LA FEDE SOPRANNATURALE E LA POSSIBILITÀ DELL'APOLOGETICA

§ 1. - Tesi protestante: la fede, incontro di Dio con lo spirito solo. Dottrina dei primi riformatori. - Com'è noto, la Chiesa, per i riformatori, non è un'istituzione sacra, dotata di autorità divina, ma una società profana, certamente voluta da Dio. dal momento che per sua volontà il Vangelo deve essere annunciato, ma che, come lo Stato o qualsiasi altra associazione puramente umana, non ha il diritto di legare le coscienze. Perciò, non è la maestra che precede la fede, ma l'espressione che la segue. Tra l'anima del protestante e Dio, non ci deve essere alcun intermediario, perché il fedele, ricevendo i libri ispirati e comprendendoli secondo dò che gli insegna il testimonium Spiritus Sancii internum, crede che Gesù Cristo è il Salvatore e che per Lui possiede la salute inamissibile.

Questa concezione luterana e calvinista in realtà pone come intermediario indispensabile i Libri Santi, ritenuti come verità assoluta. Per secoli i teologi della riforma insegnarono anche l'ispirazione letterale della Scrittura, finché la critica storica e la filosofia idealistica tedesca non abbatterono questa teoria. Anche la logica interna del protestantesimo sviluppava le sue conseguenze: la Bibbia è un libro scritto, una data realtà; quindi, come può avere il diritto di assoggettare le anime a qualche cosa di creato? Se cosi fosse, la lettera ucciderebbe la religione dello spirito. Lasciando da parte gli Anglicani, che sono in una situazione più complessa, oggi tra i protestanti il fedele è in rapporto diretto con Dio e la predicazione di una Chiesa o la lettura del Vangelo, che suscitano la fede, sono soltanto l'occasione dell'incontro tra Dio e l'anima, cioè della fede, che è strettamente personale e strettamente spirituale. Ormai, la teologia esclude l'apologetica, che un tempo era giustificata dalla necessità di stabilire l'autenticità e l'ispirazione della Scrittura, ma ora non ha più senso, perché Dio solo parla all'anima sola.

Evoluzione del protestantesimo: Schleiermacher e i teologi del secolo XIX. - Questo vuoi forse dire che Dio si rivela ad ogni fedele come si era rivelato agli Apostoli? che ripete a ciascuno di coloro che Egli chiama quello che ha detto nella Bibbia? o che si unisce ad ognuno con grazie eminenti di orazione, come quelle di cui vennero favoriti tanti santi cattolici? La storia e l'esperienza comune dimostrano abbondantemente che non è cosi; e d'altronde, il protestantesimo subiva troppo l'influsso della filosofia che non gli lasciava rinnovare il montanismo o Gioacchino da Fiore; quindi, trovò più semplice spiegare l'incontro personale dell'uomo con Dio identificandolo con ciò che di fatto provano le anime religiose, e facendo della fede una sola cosa con l'esperienza religiosa dei singoli. Dopo Schleiermacher, la teologia protestante del secolo XIX, fu orientata soprattutto in questo senso in Germania e in Francia, ove ebbe il suo rappresentante in Augusto Sabatier. Una tale teologia non ammette nessuna apologetica, dal momento che la mia fede è quello che provo io quando penso a Dio; il mio sentimento religioso, per esprimersi, genera le concezioni che si chiamano dommi e che riconosco nelle pagine della Sacra Scrittura. I dommi sorgono dalla fede anziché comandarla. Siccome nella religione nulla è anteriore alla fede, ogni tentativo di giustificare la fede in nome della ragione è un'empietà, e in nome della storia è una sciocchezza, poiché a chi ha l'esperienza del divino, è ridicolo darne la prova. Oggi, i teologi protestanti sono i primi a stupire che una tale dottrina abbia potuto dominare il mondo della riforma per un secolo. Infatti, se la fede consiste nei fenomeni soggettivi che avvengono in me; se ciò che Dio mi dice è unicamente quello che della sua parola io credo di percepire nella mia coscienza, non c'è criterio che mi permetta di distinguere la fede da una qualsiasi opinione profana o di affermare che Dio mi si è manifestato. Solo una filosofia panteista che identifichi Dio con l'universo mi permetterebbe di affermarlo; ma, in questo caso, tutti i fenomeni sono egualmente divini e non c'è più ragione di assegnare un campo speciale alla religione.

 

II protestantesimo contemporaneo ritorna a una concezione "estrinsecista " della fede. - In questi ultimi anni, tra i seguaci della riforma, sono sorte numerose teorie leggermente differenziate, però tutte concordi nel sostenere in modo assoluto che la fede è un incontro strettamente personale con Dio. Malgrado l'ingegnosità dei loro autori, non possono aprire nuove vie e si riducono sostanzialmente a negare che l'incontro con Dio avvenga in modo cosciente, e la fede che non ha nessun sostegno storico e razionale, priva perfino di quanto ha di realtà soggettiva, resta completamente a sospesa in aria n; e, in questo caso, è inutile dirlo, scompare perfino la nozione di apologetica, che viene addirittura considerata come un relitto del paganesimo greco; oppure considerano l'incontro con Dio in quanto ha alcuni segni dei fenomeni psicologici, pur non consistendo essenzialmente in essi. È facile vedere che questa posizione è instabile e anche insostenibile. Se la fede è un rapporto personale con Dio e si manifesta con segni nella coscienza, non c'è dubbio che questi segni devono essere opera di Dio, e allora, bisogna tornare alla teologia dell'esperienza religiosa di Schleiermacher; oppure i fenomeni religiosi saranno senza fondamento, senza valore, non verificabili, ed eccoci alla teologia di Barth. Ad ogni modo, in ambedue i casi, la fede è l'incontro in cui Dio ci dice la sua Parola, e quindi la fede riconosce e discerne la Parola di Dio nella Scrittura e l'apologetica è sempre un non senso. In definitiva, la Riforma oggi è spezzata in due: per i a modernisti ", come si diceva quarantanni fa, la Rivelazione è immanente e sgorga dalla natura; per gli " estrinsecisti ", la Rivelazione proviene talmente dal di fuori, che non trova nulla di corrispondente nella natura umana, che schiaccia.

Prendiamo, un po' a caso, una delle innumerevoli Glaubenslehren, La vita religiosa, dice il Lehmann, comincia quando l'uomo pone il problema della propria esistenza (1). Secondo Erich Schader, noi siamo orientati verso Dio dal desiderio della felicità, dalla nostra insoddisfazione per le cose finite, dalla tendenza a darci a grandezze superiori a noi stessi e a dominare la natura; e accetteremo la fede nascente in noi, come soddisfazione dei nostri desideri e delle nostre tendenze. Però è bene inteso che la fede non è fondata su nessuna prova, ma ci si dice che è confidenza, adesione a una parola estranea per un'affermazione decisiva; è ragionevole, piena di promesse, Buona Novella che ci salva dalla miseria, ci trasporta nella vita eterna e s'impossessa di tutto noi stessi (2). La razionalità della fede è la sua esenzione dall'illusione, la conoscenza della morte e del peccato. Relativamente a Dio, la fede consiste nel riconoscere un'autorità superiore a noi stessi, come pure nel riconoscere la propria assoluta dipendenza e nel trovare la salute e la vita eterna in quest'affermazione.

(1) Der Glaube, eine Untersuchung der evangelischen Religiosilàt, Karlsruhc, Brau, 1928.

(2) Glaubenslehre fùr Gebitdete, Gutcrsloh, Bertelsmann, 1933. Teoria quasi identica in Martin Schulze, Grwdriss der evangelischen Dogmatik, pp. 45-46 (Kònigsberg, 1931). Veduta generale sulle teorie protestanti sulla fede e bibliografia in Theodor OdenwalD, Proteslanliscke Theologie, Ueberblick und EinfOhrung, pp. 7-17 e 66-97, Berlin-Leipzig, Walt-er de Gruyter 1923 (Sammlung Gòscheni.

 

La fede è oscurità, rischio totale, salto nelle tenebre, e cercarle un fondamento scientifico significa sopprimerla, perché si esercita in un campo dove la ragione dice soltanto: ignoramus, ignorabimus. Lehmann giunge a dire che la fede è assolutamente indipendente dalla storia, e perfino che la questione dell'esistenza storica di Gesù non ha una particolare importanza per essa (3). In realtà, chi crede sperimenta che la fede compie la promessa, perché da la nuova vita.

Altri autori descrivono la fede in modo più complesso. Secondo SchSder, la fede, in quanto è confidenza personale e attiva in Dio invisibile e nel suo Cristo, ci immette sotto la sovranità di Dio e l'influsso efficace di Cristo (4). Schàder fa vedere il carattere esistenziale, sociale, totale, incondizionato della fede, e ne sviluppa le manifestazioni psicologiche. Ma per nessun teologo la fede dipende dalle prove razionali o dalle constatazioni storielle; ma, sempre secondo Schader, che cita una frase di S. Paolo nell'Epistola ai Filippesi (3, 12), consiste a nell'essere afferrati da Gesù Cristo " (5).

La teologia dialettica spinge fino in fondo questo principio dei riformatori: nulla tra Dio e l'uomo. Di qui, trae la conseguenza: nulla di umano, nulla di creato nella Rivelazione. Tanto il teologo che esprime la Parola di Dio, come il fedele che pensa i dommi, li trasforma in una costruzione umana, poiché la parola di Dio non è qualche cosa di espresso o di esprimibile, ma Spirito: Dio è sempre soggetto, mai oggetto. "Amico mio, dice Carlo Barth in una conferenza, io ho fatto ciò che ho potuto per avvertirti che la mia espressione e la mia negazione non hanno la pretesa di essere la verità di Dio, ma di testimoniare la verità di Dio, che è al centro oltre ogni si e ogni no " (6). Quindi, per essenza, la fede è superiore ad ogni misura razionale. Lungi dal prendere le parole dei Pastori o della Scrittura come suscettibili di prove, " non ci facciamo illusioni, dice Carlo Barth, dal punto di vista logico, siamo sullo stesso piano dei postulati di Kant o dell'ideale di una finalità storica " (7). Barth ripete spesso che non c'è via che vada dall'uomo a Dio; quindi, la fede è il salto assoluto nell'abisso sconosciuto, il rischio totale.

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