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CHE COS'E' L'APOLOGETICA?

Ultimo Aggiornamento: 02/09/2009 08:00
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02/09/2009 07:56

CAPITOLO IV - METODO DELL'APOLOGETICA

L'unità dell'apologetica. - L'apologetica è fatta di storia, di critica storica, di filosofia, di psicologia, e anche d'un po' di sociologia. Questi materiali ricevono la loro unità dallo scopo dell'opera che è quello di indurre gli increduli a credere in Gesù Cristo e di dare a quelli che credono motivi riflessi della loro adesione. Quindi, l'unità di un fine, d'un'organizzazione dei mezzi, d'una prospettiva razionale costituisce l'oggetto formale dell'apologetica, pur restando i materiali storici storia, quelli psicologici psicologia, ecc Quindi, l'apologetica si servirà del metodo storico, del metodo psicologico, ecc., e avrà come metodo proprio l'uso dei metodi delle diverse scienze. Perciò, è inutile ripetere qui quello che si troverà nei trattati di logica e nelle introduzioni alla storia critica, alla psicologia, ecc. Ci limitiamo a delineare il metodo generale dell'apologetica. Qui s'impongono due questioni: 1. L'apologetica che abbiamo descritto è un blocco inseparabile al punto di doverla sempre presentare nella sua totalità e nell'ordine logico della sua struttura?

2. L'apologista deve presentare la dimostrazione della verità del cristianesimo in un ordine sintetico, andando dai principi alle conseguenze, dalle condizioni alle cose condizionate, dalle origini della religione alla nostra epoca? oppure in un ordine analitico, salendo invece di discendere? L'ordine sintetico è quello del teologo che possiede già tutta la sua scienza e ha fissato lo scopo da raggiungere; quello analitico è dell'incredulo in buona fede che cerca la verità. Nel primo caso, l'apologetica é dunque funzione della teologia; nel secondo caso, è una disciplina profana.

L'ordine della presentazione dev'essere duttile. - Non abbiamo il diritto di presentare semplicemente i fatti evangelici e di fondare su di essi la divinità di Cristo, se prima non abbiamo dimostrato l'esistenza di Dio, perché in realtà la dimostrazione della divinità di Cristo non ha senso se colui al quale è destinata non crede all'esistenza di Dio. Ricordiamo una pagina del quarto Vangelo: Entrato Gesù in Gerusalemme, alcuni pagani ellenisti si rivolsero a Filippo e gli domandarono che li conducesse a Cristo, ma pare che questi pagani avessero una povera idea del Dio unico. Ascoltando gl'insegnamenti del Salvatore, potevano giungere alla conoscenza del Dio unico autore del mondo e a quella del Figlio suo? oppure era necessario che un filosofo compatriota desse loro la prova che c'è un solo Dio, perché fossero poi capaci di credere che Gesù è il Figlio di Dio? Il P. Grandmaison afferma senza esitazione che la lettura del Vangelo è sufficiente a condurre anche un ateo alla conoscenza di Dio creatore e a quella del Redentore (1) e, per quanto io sappia, l'affermazione non è mai stata incriminata da nessuno. Dio poteva far si che l'affermazione razionale di Dio e l'adesione della fede nell'anima di quei Greci si succedessero istantanee, o avvenissero simultaneamente, anche se distinte. La parola e le opere di Gesù Cristo bastano a far ammettere l'esistenza di Dio; perciò, l'apologista ha il diritto di presentare a certe anime un'apologià fondata direttamente sul Vangelo.

L'apologetica dev'essere cosciente dello scopo cui mira. - La seconda questione è più complicata. Sulle prime, sembra che l'apologista si debba mettere dal punto di vista dell'incredulo che cerca, e quindi far tabula rasa di ogni presupposto teologico. L'incredulo ammetterà questi presupposti, o non sospetterà piuttosto che si tratti di una dimostrazione che presuppone una conclusione già fissa? Lo stesso cristiano non desidera forse basare il suo assenso su procedimenti razionali che non siano imposti dalla fede, dato che una certezza acquisita con una petizione di principio sarebbe illusoria? L'apologetica seguirà quindi un metodo analitico, sarà indipendente dalla teologia e costituirà una scienza autonoma.

Per scartare tale concezione seducente e fallace, basta pensare all'esperienza tante volte rinnovata delle apologetiche indipendenti, che, con tutta la buona volontà dei loro autori, finiscono con corrompere o compromettere la dottrina alla quale vogliono dare un fondamento. De Bonald crede di poter provare che il pensiero viene all'uomo solo attraverso il linguaggio, e che se il linguaggio precede il pensiero, può venire solo da Dio.

(1) D.A.F.C., art. Jisus-Christ, col. 1294, n. 7. Il principio dell'articolo non è riprodotto nell'opera stampata dopo da Beauchesne.

Ed ecco la Rivelazione alla base di tutto. Però, se la Rivelazione non è accolta da una ragione dotata di spontaneità e d'iniziativa, resta estranea all'uomo, e invece di dargli la libertà, lo asservisce. Boutain crede di provare che la certezza razionale è solida solo grazie alla fede; ed ecco la fede indispensabile alla scienza e alla vita. Ma la fede poggia sul nulla e crolla. Brunetière vuole fondare l'apologetica te utilizzando il positivismo " e dimostrando che le società sono incapaci di ordine, di stabilità e di prosperità se non sono rette da una religione; e che solo il cristianesimo è capace di reggere la vita sociale. Intenzione lodevole, ma che comporta l'immenso pericolo di considerare il cristianesimo come un mezzo al servizio di scopi terreni, asservibile alla politica. UAction Frangaise è ancora molto vicina a noi, ed è inutile accumulare altri esempi. L'apologetica dev'essere cosciente dello scopo che cerca e regolarsi in conformità, altrimenti fallisce.

Conclusione. - Il cristiano che vuoi convincere i fratelli o giustificare la propria fede, per non essere odioso, non deve procedere come se non credesse o fingere di essere insoddisfatto ed evitare così il ridicolo. Dovrà quindi regolarsi con la fede che possiede e l'apologetica, come dice il P. Garrigou-Lagrange, sarà prima di tutto la " funzione difensiva della teologia " (2). Tali saranno i trattati apologetici che studiano i futuri sacerdoti e i laici die vogliono essere informati del modo con cui la Chiesa stessa pone le basi della nostra fede.

Però, questa non sarà l'unica apologetica. Salvo rare eccezioni, non si riesce a convincere l'incredulo mettendolo direttamente di fronte all'insegnamento della Chiesa sistemato dai teologi. Neppure per i cristiani le prove della fede sono parte del deposito della Rivelazione. È vero che i miracoli di Lourdes, l'irraggiamento di Santa Teresa di Lisieux e la sua " pioggia di rose ", i sogni profetici di San Giovanni Bosco, la santità di uomini canonizzati nel secolo XIX che conosciamo con la precisione con cui conosciamo i nostri genitori, per molti sono la prova indiscutibile della verità del cristianesimo, ma non sono nella Scrittura e neppure nella Tradizione. Queste apologetiche si potrebbero chiamare accidentali, accanto a quella essenziale. Si dice che, specialmente ai nostri giorni, ponendo certi problemi, invece di provare la fede si sollevano inquietudini, come quando si espongono e si confutano i sistemi dei critici razionalisti o protestanti sull'autenticità e l'integrità dei testi rivelati, e i lettori che non ci avevano pensato, restano sorpresi che si possano discutere queste cose e si spaventano. Si può arrivare benissimo alla fede, o provare la fede già posseduta, senza darsi pensiero di queste cose che si trovano in tutti i trattati scientifici di apologetica. Per condurci a Cristo e mantenerci nella fede in Lui, un'esposizione diretta del dogma cristiano com'è in se stesso e senza aggiunte, o meglio ancora, lo studio diretto della divina Persona di Gesù Cristo saranno assai più efficaci di un trattato teologico di apologetica.

(2) II P. Garrioou-Lagrange sviluppa a lungo la sua concezione dell'apologetica nel suo trattato De Revelatione, 2 voli., 4 ed., Ferrari, Roma 1945.

È pacifico che, nell'insegnamento dato a futuri sacerdoti, a religiosi, a laici desiderosi di essere iniziati all'apologetica totale, non crea nessun inconveniente inquadrare gli argomenti storici, psicologici, ecc, in un'armatura teologica, costituendo così i nostri trattati De Revelatione, De fontibtts Revelationis, De Ecclesia. Invece, negli scritti per il grande pubblico o per increduli, l'inquadratura teologica scoraggia il lettore col pericolo di dargli l'impressione che le tesi siano basate su argomenti tendenziosi, e in ogni caso, c'è pericolo di sacrificare il contenuto alla cornice e di dare ai fatti e agli argomenti " il colpo di pollice " per far loro dire quello che non dicono. A questo riguardo, dobbiamo essere assolutamente severi, fino allo scrupolo, non solo per timore che fedeli e increduli abbiano il sospetto di essere davanti a un'argomentazione truccata, ma specialmente per il rispetto a Dio che è la Verità. Dobbiamo.avere per i metodi scientifici la stessa fedeltà intransigente della Chiesa quando canonizza i santi. È noto il detto: il più grande miracolo che può fare un santo è quello di essere canonizzato. Occorre che i fatti storici, psicologici, ecc, evocati siano indiscutibili e che noi ne tiriamo solo le conseguenze che essi comportano realmente. Questo significa forse che dobbiamo essere storici, psicologici, ecc, che non si danno pensiero delle direttive della Chiesa? Nient'affatto. L'acribia critica non esclude la fedeltà all'autorità sacra. Solo i modernisti pretendevano che si debba scegliere tra l'una e l'altra. Dopo aver descritto queste grande crisi. Rivière conclude giustamente che i veri studiosi credenti sanno benissimo attuare la fruttuosa collaborazione tra i metodi scientifici e le indicazioni della Chiesa. Uomini come i Padri Lagrange e de Grandmaison, con tanti altri, hanno indicato magnificamente la via che dobbiamo seguire (3).

G. R.

(3) Le modernisme dans l'Église. Elude d'histoire religieuse contemporaine, Parigi, Letouzcy et Ané, 1929.

 

BIBLIOGRAFIA. Le Bachblet, Àpologitique, Apologie, in D.A.F.C. Sguardo d'insieme sui problemi, sui metodi e sulla storia dell'apologetica. G. Monti, L'apologetica scientifica della religione cattolica, S.E.I., Torino 1923 ; Apologetica, in Enc. Catt., v. I, 1650-1659. G. Brunhes, La ragionevolezza delh fede, Ed'zioni Paoline, Alba 1953. J. Levib, Sous les yeux de l'incroyant, Desclée de Brouwer, Parò 1946. E. Masure, La grande rout apologètique, Bèauchesne, Paris 1939. R. Aubert, Le Problème de l'acte de foi, Warny, Louvain 1945. A. Gaboardi, Teologia fondammlah. Mitoio apologetico, in Problemi ed Orientamenti di Teologia Dogmatica, Marzorati, Milano 1957; voi. I, pp. 56-103.

G. Falcon, Manuale di apologetica, Ed. Paoline, Alba, 1951. Garrigou-Lagrange, De Revelatione, 2 voli., 4 ed., Ferrari, Roma 1945. S. Tromp, De Revelatione christiana, Pont. Un. Gregoriana, Roma 1950, pp. 423-492 : Conspectus bibliographicus. J. Guitton, La pensée moderne et le Catholicisme, dieci volumi non ancora tutti pubblicati, Aubier, Paris. Opera originale di molto valore. M. Cordovani, II Rivelatore, 3 ed., Studium, Roma 1945. Fabio Fabbi, Il cristianesimo rivelazione divina, a ed. Pro Civitate Christiana, Assisi 1945. Gard. Giuseppe Siri, La rivelazione cristiana, 4 ed. Studium, Roma 1952; La Chiesa, 2 ed., ivi, 1950.

Per la cosiddetta "preapologetica" si veda l'artic. Immanence di Valensin in D.A.F.G. ov'è esposto assai bene il metodo di Blondel. Delle opere di Blondel è in corsola trad.italiana presso Peditrice La "Scuola di Bresda. M. Blondel, Pagine religiose, a cura di De Montcheuil, trad. Barra e Maschio, S.E.I., Torino 1951. P. Valori, Blondel e il problema d'una filosofia cristiana, Civiltà Cattolica, Roma 1950.

 

 

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