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CHE COS'E' L'APOLOGETICA?

Ultimo Aggiornamento: 02/09/2009 08:00
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02/09/2009 07:56

CAPITOLO III - OGGETTO DELL'APOLOGETICA

Solo la Chiesa Cattolica ha un'apologetica definita. - Abbiamo veduto che, tra i due gruppi di cristiani che costituiscono la civiltà occidentale, solo il cattolicesimo ha un'apologetica, di cui sono prive le Chiese orientali, immobili da secoli, e, a fortiori, le antiche chiese nestoriane e monofisite. È vero che la Chiesa russa ha subito l'influsso dell'occidente e che nelle varie epoche i suoi teologi riprodussero gli schemi e i metodi della scolastica latina o dei teologi protestanti tedeschi, ma non ci fu apologià scientifica. Nella Theologia Dogmatica chmtìanorum orientalium del P. M. Jugie (1), non si trova esposizione della verità del cristianesimo. Il P. Palmieri cita rome apologisti Glagolev, Gusev, Golubinsky e dice che uno di essi ha fatto entrare molta filosofia nei suoi libri (2). È poco.

Il giudaismo annovera, eruditi sapienti che sarebbero stati in grado di stabilire storicamente la verità della rivelazione mosaica, ma costoro troppo spesso sono trascinati da una critica radicale quanto quella dei protestanti liberali. La loro eventuale apologetica coinciderebbe con gli inizi della nostra, ma sarebbe monca, perché il giudaismo, latore delle promesse di Dio. ha l'obbligo di esaminare se le promesse non siano compiute, e le favole sciocche del Talmud riguardo a Gesù e alle origini cristiane non meritano che la storia le prenda in considerazione (3). Le religioni non cristiane, dal punto di vista scientifico, sono molto più in basso della Chiesa russa. Da quando sono scomparsi i suoi filosofi e i suoi mistici medioevali, l'Islam ha cessato di pensare, e potremmo chiederci se sia capace di assimilare il pensiero occidentale senza perire (4). Delle religioni asiatiche perfino i loro fedeli ignorano quasi completamente le origini e i testi, ed è molto significativo che ci siano voluti gli eruditi europei a rivelare l'Asia a se stessa.

Solo il cattolicesimo ebbe sempre e ha tuttora una dimostrazione della propria verità. Non c'è dubbio che le trasformazioni della filosofia, le scoperte scientifiche, gli attacchi furibondi degli increduli non hanno sempre provocato immediate messe a punto e risposte adeguate, e che, tra l'evoluzione del pensiero profano e la difesa cristiana, vi furono disparità. La " crisi della coscienza europea " tra il 1680 e il 1715 (5) trovò il cattolicesimo francese apparentemente disarmato. È vero che la dottrina fu sempre solidissima, ebbe sempre scrittori che la difendevano con argomenti perfettamente validi, ma non erano uomini di primo piano, non sempre sapevano sceverare le verità miste agli errori, né mettersi dal punto di vista degli avversari.

(1) 5 voi., Parigi, Letouzey et Ané.
(2) LA chiesa russa, le sue odierne condizioni e il suo riformismo dottrinale, pp. 638-639, Libreria Fiorentina, Firenze 1908.
(3) L. de Grandmaison, j/csus-C'hrìst, t. I, pp. g-11.
(4) Questo quanto scrisse il Vincent nella Revue des Sciences religieuses, luglio 1935, p. 440, riguardo al libro rii H. A. R. Gibb, Whilher Isiam? (Londra, Gollanwicz. 1932).
(5) Paolo Hazard. La crise de la conscience européenne, 1680-1715, 3 voli.. Parisi 1935, trad. ital. presso Einaudi, Torino.

Alla fine del secolo XIX, gli storici e i pensatori nostri erano poco informati della produzione della critica protestante e della filosofia incredula; facevano troppo azione difensiva e non abbastanza azione costruttiva. Tuttavia, il cattolicesimo assorbì sempre e facilmente anche i peggiori veleni, perché preparò sempre gli anticorpi che arrestano l'azione tossica. A un periodo di sonnolenza segue una trionfante epoca scientifica, e la storia dell'apologetica cattolica è già per se stessa un'apologetica.

Parlando della fede, abbiamo già indicato l'oggetto e la divisione dell'apologetica. L'oggetto è complesso e la divisione ha molte parti. È possibile riconoscere nel Nuovo Testamento tutte le parti della nostra apologetica, ma si possono distinguere esplicitamente solo secondo le esigenze delle situazioni storiche. Seguendo rapidamente la Chiesa nei secoli, vedremo costituirsi le varie parti della nostra scienza.

Primo compito dell'apologetica: la catechesi. - La fede ha motivi razionali per dare il suo assenso incondizionato alla rivelazione; perciò, bisogna provare prima di tutto die Dio ha parlato, verità che è l'oggetto essenziale dell'apologetica. Dare questa prova è compito della storia. Gesù proponeva appunto questi fatti e argomenti, ed Egli stesso compiva la storia sacra che oggi meditiamo, e i cuori che non si chiudevano trovavano la prova decisiva nel vederlo, nel sentirlo, nel comprendere il suo insegnamento e la sua testimonianza. A chi era mal disposto Gesù ricordava espressamente i suoi insegnamenti passati, le sue opere, la testimonianza del Padre, e tutto lo sviluppo dell'Antico Testamento, da Abramo fino a Mosè. Gli Apostoli seguirono la stessa via e aggiunsero il racconto della Passione e Resurrezione. I discorsi di Pietro, di Stefano, di Paolo fanno vedere la missione di Gesù Cristo annunciata e preparata dai profeti, autenticata dalla sua santità e dai suoi miracoli, compiuta sul Calvario, ratificata da Dio il giorno della Resurrezione. Fin qui, l'apologetica è una sequela di racconti storici, proposti da testimoni degni di fede, e ancora oggi è tale alla scuola di catechismo. È l'essenziale e sufficiente in linea di diritto.

Secondo compito: giustificare i testimoni. - Però, anche le affermazioni dei testi, che non sono abbastanza noti e specialmente quando sono morti da molto tempo, hanno bisogno di giustificazione. Le obiezioni dei Giudei e i dubbi dei pagani obbligavano i cristiani a rendere sicure le testimonianze apostoliche. Il paganesimo, prima di morire, fece uno sforzo supremo per compromettere per sempre la religione di Gesù, ma l'assalto di Celso fu vinto. Ori-gene inaugurò i lavori di storia e di critica filologica tra i cristiani. Eusebio di Cesarea, nonostante quanto fu detto delle sue debolezze, è un erudito coscienzioso, che con la Storia Ecclesiastica e la Dimostrazione evangelica introdusse nell'apologetica la storia fatta sui documenti e la critica.

Terzo compito: introdurre la Rivelazione nel nostro pensiero razionale. - L'apologià non si ridusse mai ai racconti storici, sia pure accompagnati dalle prove della validità delle testimonianze. Dìo parla per essere compreso, e per riuscire a comprenderlo, dobbiamo inserire la Rivelazione nel nostro pensiero razionale e nella nostra cultura. Gli Apostoli, ripetendo compendiosamente la storia della Redenzione, con ogni sorta di allusioni la collocavano tuttavia nel mondo intelligibile familiare ai loro ascoltatori. Ma già nel secondo secolo si fa sentire il bisogno d'interpretare il cristianesimo nei concetti dell'ellenismo, né i cristiani vi si sottraggono: Giustino, Teofilo d'Antiochia, Atenagora e molti altri fondano l'apologià filosofica, la quale prova che Dio esiste, che è infinitamente buono, può rivelarsi, la sua Rivelazione sarà la nostra salute, e noi abbiamo il dovere di ascoltarla e di crederla.

In questo modo, nei primi quattro secoli, si formò un'apologetica che sostanzialmente è la nostra, fatta di storia, di critica storica, di argomenti razionali che giustificano il fatto della Rivelazione e la storia biblica. Saremmo tentati di credere che il Medioevo abbia conservato soltanto gli argomenti razionali, usandoli contro gli attacchi degli Ebrei e degli Arabi. In quel tempo, l'umanità era portata a trattare tutte le questioni dal punto di vista della ragione dimostrativa. Soprattutto i fatti della storia di Gesù apparivano tanto chiari, che non si credeva fosse necessario dar loro un fondamento, e tutti ritenevano la testimonianza della Chiesa, rafforzata da santi a tutti noti, come irrefragabile. L'apologià storica era come in letargo, però ne rimase l'idea, e Dante ce ne ha dato un riassunto ancora esatto anche per noi. Le sue risposte alle domande sui motivi della sua fede potrebbero servire ottimamente come schema anche alla nostra apologetica (6).

Quarto compito: la Chiesa; la continuità della sua dottrina. - Ma il Grande Scisma e i disordini del clero, giunti al colmo nel secolo xv scuotono la fede nella testimonianza della Chiesa, che in seguito i Protestanti attaccano furibondi. Di qui, la necessità di aggiungere una quarta parte all'apologetica, onde provare che la Chiesa fu certamente istituita da Gesù Cristo, che le affidò la sua autorità e che non l'abbandonerà mai. La prova è dedotta dai Libri Santi, che i protestanti accettavano, ma deve anche poggiare sui fatti. Contro i Centuriatori di Magdeburgo, il Baronio e altri eruditi dimostrano che la Chiesa dei loro tempi è la continuazione autentica di quella degli Apostoli, e non ha mai cessato di predicare la loro fede né di comandare la loro morale. Ormai, l'apologetica comprende anche la storia della Chiesa, delle sue dottrine e dei suoi santi.

Quinto compito: la preparazione psicologica dell'apologetica. - Anche se l'edificio è completo e comprende la storia, la critica, gli argomenti metafisici, il dovere morale, di credere, l'autorità della Chiesa, molti non vi entrano, perché mettono in dubbio i principi su cui poggiano le basi dell'apologetica. I " libertini " del secolo XVII, precursori dei k filosofi " del secolo XVIII, non dubitavano soltanto dell'esistenza di Dio e della sua provvidenza in favore del mondo, della possibilità della Rivelazione, ma dubitavano anche dei principi che rendono solide queste verità, che anzi deridevano e si rifiutavano perfino di pensarvi. Per convertirli, bisogna cominciare a deciderli a porre la questione dell'anima e del suo destino. Gli argomenti del dovere morale, del rischio di dannarsi per essi sono senza effetto, perché non li ascoltano, e saranno condotti a darvi ascolto soltanto da una preparazione psicologica.

(6) Par. xxiv, 88-114..

 

Pascal, a quelli che si dicono indifferenti, ha provato che la loro degradazione e la loro follia si spiega solo col peccato originale, e molti testi dei suoi Pensieri descrivono lo stato d'animo degli empi, in modo da condurli a Dio senza ricorrere alla Rivelazione. Però, si tratta di testi sparsi. Maurizio Blondel ha costituito la preapologetica necessaria ai nostri tempi: chi si dice indifferente, non lo è; vorrebbe credersi tale, ma non è sincero. L'uomo non è mai soddisfatto delle sue azioni e dei loro effetti, e neppure degli scopi che vede espressamente; senza saperlo e suo malgrado, egli mira oltre (7). Allo stesso modo, il pensiero umano è sempre oscillante tra la ricerca dell'individuale, la conquista del concreto intuitivo e la ricerca dell'universale, la speculazione astratta; ma al pensiero non bastano né l'uno né l'altro, perché in realtà tende a una convergenza che è solo all'infinito e che avanza verso quest'infinito solo con una serie di opzioni che impegnano la sua responsabilità totale e mettono in gioco il suo destino (8). Il filosofo non prova certamente l'esistenza del soprannaturale, ma accerta che né l'azione né il pensiero terminano ai loro oggetti apparenti. Resta un vuoto, e l'uomo deve informarsi se Dio. rivelandosi, non lo colmi.

Sesto compito: come ridare ai nostri contemporanei un'inquietudine religiosa? - Davanti all'antico monumento apologetico, è dunque stato edificato un atrio che chiamiamo preapologetica, che era necessario costruire. Però, l'evoluzione della società del secolo XX ha dimostrato che l'atrio non basta. La dialettica pascaliana e blondeliana si appiglia al dinamismo del pensiero e all'inquietudine dell'azione per far intravedere il termine lontano cui tende necessariamente e oscuramente, e riesce solo a patto che l'uomo si renda conto del sordo lavoro che si svolge in lui, e s'impegni volontariamente verso l'Ignoto al quale aspira la sua natura. Ma è un fatto che molti dichiarano di essere soddisfatti nella loro indifferenza e di non provare nessun senso d'inquietudine.

Filosofi, scienziati, politici, letterati propongono una spiritualità fatta sulla misura dell'uomo e pretendono che gli basti.

Dopo aver condotto un'inchiesta sulle cause dell'incredulità, il P. Congar pubblicò i risultati su Vie intellectuelle (Luglio 1935) in un mirabile articolo che ogni cristiano dovrebbe leggere, dove dice che la causa più universale e anche più profonda dell'incredulità non è che un ideale, una morale, una cultura di cui vivono i non cristiani, ma presi, almeno in parte, dal cristianesimo e laicizzati. Gli increduli dicono di non aver bisogno di altro alimentò é negano che vi sia in loro la minima aspirazione verso qualcosa di là del mondo. Siccome hanno distrutto in se stessi l'aspirazione al Valore assoluto, bisogna far vedere loro in che modo e perché la soppressero e che tale soppressione è una spaventosa perdita. Siamo di fronte a un campo nuovo da esplorare, a una psicologia, a una fenomenologia, a una logica dei processi con cui l'uomo si allontana da Dio e riesce a convincersi che Dio non c'è. Troviamo indicazioni suggestive e profonde nel bel libro di Renato Le Senne: Obstacle et Valeur.

(7) L'Action, essai d'une critique de la vie et d'une science de la pratique, Parigi, Alcan
1893; trad. italiana presso Vallecchi, Firenze 1923.
(8) M. Blonpel, Im pensée. I. La genèse de la pensée et les palxcrs de son ascension spontanee. II. Les mponsabiliìis de la pensée et la possibilité de son acbivemenl, Paris 1934-1935.

La vista del mistero suscita nell'uomo una vile paura. " Per tenersi lontani da questo terribile faccia a faccia, la maggior parte degli uomini cede alla tentazione delle dialettiche del livellamento, che arrestano la vista per un decoro calato tra noi e l'esperienza, che per il senso comune sono gli affari e il guadagno, per lo studioso le sue teorie, per il cittadino la professione o lo Stato, per lo storico la successione spettacolare degli avvenimenti e delle dottrine, che proteggono contro quest'inquietudine, che è la fonte stessa della filosofia. Ma a mano a mano che l'invade l'ottimismo ufficiale, essa diventa anemica e muore; e mentre la verità si allontana perché non vi ci si pensa, l'uomo perde insensibilmente il sentimento della propria esistenza, se essa consiste nell'impegnarsi in ciò che si fa e in ciò che si dice con tutte le proprie aspirazioni, nel gettare nella partita, più che la testa, la propria anima " (9). L'uomo si separa da Dio, fonte della sua esistenza, tagliando i legami e sostituendo a Dio un simulacro intellettuale. Questa caduta è espressa da " un'esplosione di dialettiche ". La coscienza si naturalizza e si degrada con mezzi intellettuali che l'abbassano sempre più. " La separazione è relativa per i suoi gradi; assoluta per il suo senso " (10). L'uomo si chiude e si cava volontariamente e intelligentemente gli occhi per non vedere Dio. D'ora in poi, la preapologetica dovrà essere preceduta dall'analisi psicologica e logica di quest'oscuramento dell'anima e di questa rovina.

È vero che gli indifferenti rifiuteranno di leggere queste descrizioni o di ascoltarle; quindi, dovremo ricorrere a sapienti industrie per condurli a comprendere quello che fanno. Per questo, non bastano né la teologia, né la filosofia, né alcuna scienza, ma saranno necessari l'esempio, la bontà avvolgente, la simpatia che comprende tutto, tutto scusa, tutto crede e tutta spera, che preparerà gli indifferenti ad accorgersi che precipitano per il pendio della morte accecandosi da se stessi. Cosi scriveva Vincenzo de' Paoli a uno dei suoi Signori: " Non crediamo a un uomo perché sa molto, ma perché lo stimiamo buono e lo amiamo " (11).

(9) Obstack et Valeur, p. 79, Parigi, Fernand Aubier, 1935 (PhilosophU de l'éspril).
(10) Ivi, p. 271.
(11) Lettres, ed. Coste, citato da Bremond, Hisloire lUUraire du sentiment religieux in France, voi. III : l'Ecole Française, p. 239.
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