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CHE COS'E' L'APOLOGETICA?

Ultimo Aggiornamento: 02/09/2009 08:00
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02/09/2009 08:00

tratto dall'Enciclopedia di Apologetica - quinta edizione - traduzione del testo APOLOGÉTIQUE Nos raisons de croire - Réponses aux objection

 

 

L'Apologetica si è costituita in scienza autonoma solo assai tardi, separandosi dulia filosofia, sulla quale si fonda e dalla teologia, alla quale introduce giustificandone i fondamenti. Però fin dalle origini del cristianesimo ci furono scrittori die studiarono i fondamenti della fede e difesero le verità . cristiane dagli assalti esterni. Essi erano apologisti e la stessa parola a apologia a, o " apologetica a, già nel secondo secolo ne indicava l'opera, che mirava a giustificare la dottrina di Cristo e della sua Chiesa.

L'apologetica fiel Nuovo Testamento. - Possiamo dire che il primo apologista fu Gesù Cristo stesso, il quale, pur avendo il diritto d'essere creduto sulla sua parola, volle tuttavia dare dei segni che dimostravano la verità della sua missione: come "perché sappiate... " (Mc. 2, 10); "se non volete credere a me, credete alle mie opere " (Gv. 10, 88), cioè ai miei miracoli e a quanto c'è di perfettamente buono nella mia vita, e anche al modo con cui adempio le profezie, come quella d'Isaia, citata come una prova ai discepoli di Giovanni Battista (Mt. 11, 4-5); (Lc 4, 17-21). Questi segni di verità assumono tutta la loro forza solo per chi ha volontà retta: a Se qualcuno vuoi fare la volontà di Dio, egli sarà... " (Gv. 7, 17), e ci devono disporre ad ascoltare gli apostoli e la Chiesa come se ascoltassimo il Maestro in persona.

Gli apostoli disporranno la loro catechesi nella stessa inquadratura apologetica, basando la loro predicazione di " testimoni " sui miracoli e sull'adempimento delle profezie. Questo duplice tema ritorna e si associa benissimo (per esempio in San Paolo) con l'utilizzazione dei dati essenziali della teodicea, preparazione alla fede cristiana, o (in San Giovanni) alla ripetuta affermazione che " Dio è amore " allo stesso tempo che è luce.

L'apologetica dei Padri. - Gli scrittori cristiani della prima generazione dopo gli Apostoli, cioè i Padri apostolici, preziosi soprattutto come testimoni della Chiesa del loro tempo, presentano già in modo interessante alcuni aspetti dell'argomento profetico, pur non pensando di fare opera propriamente apologetica.

Gli scrittori della generazione successiva, cioè i Padri apologisti, devono il loro nome al proposito esplicito di difendere il cristianesimo rivolgendo agli imperatori, o a tutti i " Greci " (pagani), esposizioni che confutavano le obiezioni e che facevano vedere i titoli di credibilità della religione cristiana. Per lo più scrivono in greco, come Aristide d'Atene, Melitone di Sardi, San Giustino, che compose una duplice Apologià e il Dialogo con il giudeo Trifone, e che mori martire; il suo discepolo Taziano, che alle pagine ironiche e talvolta violente del Discorso ai Greci mescolò uno spirito d'invettiva estraneo agli scrittori del suo gruppo (egli fini nell'eresia); il calmo e ponderato Atenagora, con la sua Supplica per i cristiani; Teofilo d'Antiochia, con i tre libri Ad Autolieo. Un po' più tardi sorgono gli apologisti di lingua latina, come il delicato Minucio Felice, il vigoroso ed eloquente Tertulliano, dallo spirito permeato d'una formazione logica e giuridica, che, nell''Apologetico, si rivolge ai persecutori con una dialettica che trascina, nel trattatelo Della testimonianza dell'anima parla dell'" anima naturalmente cristiana " e, nel trattato Della prescrizione, volge contro gli eretici un argomento di diritto. Tertulliano spira sempre un'ostilità di rigorista contro la cultura pagana e alla fine spinse l'intransigenza e l'ascetismo fino all'eresia.

Tutti questi apologisti confutano le accuse rivolte contro i cristiani, dimostrano l'illogicità e l'ingiustizia della legislazione persecutoria e, nello stesso tempo, apportano anche un'argomentazione positiva, facendo valere la prova desunta dalle profezie, insistendo parimenti sulla prova desunta dai miracoli. Alle accuse contro le assemblee cristiane Giustino oppose, con magnifica lealtà, la descrizione esatta della liturgia, riuscendo però meno felicemente quando tenta di spiegare la sapienza antica e, non contento di sottolineare l'azione del Verbo nel mondo, vuole che i pensatori greci abbiano cercato le loro migliori ispirazioni nella lettura di Mosè. L'autore anonimo d'un'elegante Lettera a Diogneto, spiegando come i cristiani sono " l'anima del mondo ", valorizza la santità della Chiesa; più tardi Sant'Ireneo, vescovo di Lione, confutando i sogni degli gnostici in un grande trattato Contro le eresie, esprime in formule già definitive l'idea dell'apostolicità della Chiesa e l'importanza della tradizione.

Nel terzo secolo, e fino alla pace della Chiesa, troviamo in Occidente ancora alcuni nomi di apologisti, come Sant'Ippolito di Roma col trattato Contro i Greci, disgraziatamente perduto; S. Cipriano, il poeta popolare Commodiano, Arnobio, che dopo la conversione scrisse Contro le nazioni (i pagani) con più verve ironica che profondità; il suo discepolo Lattanzio che, per difendere la Provvidenza, la mostra in atto in modo particolarmente impressionante, raccontando La morte dei persecutori.

L'attività di Clemente e Origene, i grandi creatori della scuola d'Alessan-dria, ha un'importanza più duratura. Clemente nell'insieme della sua opera, di cui ci restano il Protrellico (Esortazione ai Greci), il Pedagogo e gli Stromati (Tappeti), tenta una nuova apologetica, profonda quanto accogliente, la quale, lanciandosi per vie inesplorate, ha solo il difetto di non prevederne tutti gli scogli, nonostante le migliori intenzioni. Lo stesso accade al suo geniale e generoso discepolo Origene, che tentò una sintesi potente, ma prematura, molto ortodossa nel desiderio, ma in realtà talvolta inquietante; uno dei suoi ultimi scritti, Contro Celso, confuta metodicamente un avversario del cristianesimo che si serviva della filosofia credendosi molto bene informato, opponendogli una messa a punto notevole per quel tempo. Lo stesso farà Metodio d'Olimpo contro il pagano Porfirio.

Nella fiorente letteratura dei secoli IV e V, occasionata dalle grandi eresie trinitarie e cristologiche, l'apologetica occupa il suo posto, sebbene secondario. Lo storico Eusebio di Cesarea, che confutò i pagani Porfirio e Jerocle (solo lo scritto contro il secondo è giunto fino a noi), è l'autore della Preparazione e della Dimostrazione evangelica, che continuavano con una Preparazione e una Dimostrazione ecclesiastica, oggi perdute. / discorsi contro i Greci di Sant'Atanasio, unitamente ai Discorsi sull'Incarnazione del Verbo, confutano il paganesimo e dimostrano che le profezie si sono adempiute in Cristo; Sant'Ilario di Poitiers nel trattato Sulla Trinità traccia il suo itinerario verso la verità cattolica. Il libro di Giuliano l'Apostata contro i Cristiani ispirò le confutazioni di San Gregorio Nazianzeno e d'Apollinare di Laodicea; invece Macario di Magnesia si volge contro Porfirio e San Gregorio Nisseno scrive Contro i pagani, valendosi del senso comune; Firmico Materno preferisce ironizzare sui culti pagani. San Giovanni Crisostomo, non contento di confutare Giuliano, dimostra contro Giudei e pagani la divinità di Gesù Cristo; Sant'Ambrogio e il poeta Prudenzio si volgono contro Simmaco, che attribuiva alla statua della Vittoria un'illusoria protezione sulla grandezza romana. Però il principe degli apologisti d'allora è Sant'Agostino, e sia che racconti la sua dolorosa esperienza personale nelle Confessioni, sia che nella Città di Dio glorifichi il governo della Provvidenza, che da il senso alla storia universale, porta all'apologetica un contributo che essa non dimenticherà mai più.

Dopo Sant'Agostino possiamo ancora citare qualche opera di valore nei secoli V-VII: La guarigione delle malattie pagane di Teodoreto di Ciro, i trenta libri Contro Giuliano l'Apostata di San Cirillo d'Alessandria, il trattato del Governo di Dio di Salviano di Marsiglia, e le dimostrazioni dirette contro i Giudei di Sant'Isidoro di Siviglia e di Giuliano di Toledo... Occorre pure almeno ricordare il grande nome di S. Giovanni Damasceno che chiude questo periodo, non solo per le opere contro i musulmani, ma per l'apporto del suo trattato classico, Della fede ortodossa, alla teologia, che riuscì a sistemare, precisando così i limiti della teologia fondamentale.

L'apologetica nel Medioevo. - L'apologetica orientale, dopo San Giovanni Damasceno, non fa che continuare le polemiche contro i giudei e i musulmani, senza grandi innovazioni, fino al patriarca Giorgio Scolario (Gennadio II, + dopo il 1472). In Occidente l'apologetica ha lo stesso obbiettivo per gran parte del Medioevo, in cui molto numerosi sono i trattati contro i giudei, da Rabano Mauro e Agobardo di Lione (sec. IX) fino alla Fortezza della fede d'Alfonso de Spina († dopo il 1492), passando per San Fulberto di Chartres, San Pier Damiani, Abelardo, il Venerabile Pietro di Cluny o l'autore del Pugnale della fede, il domenicano Raimondo Martino († 1286). I convertiti non sono ultimi nel condurre la lotta per convincere gli antichi correligionari. Però con lo sviluppo della grande scolastica viene formandosi un'apologetica di tutt'altra portata.

La celebre formula di Sant'Anselmo: a la fede cerca l'intelligenza ", anche se presenta la fede come già acquisita, almeno parzialmente può aprire una via all'apologetica. Infatti Sant'Anselmo resta ordinariamente sul piano della teologia; però San Tommaso d'Aquino († 1274), il principe dei dottori, fa opera propriamente apologetica con rara eccellenza. La sua Somma contro i Gentili non soltanto intende stabilire i preamboli della fede, ma vuoi condurre i gentili alla fede cristiana. Pure apologista è il Beato Raimondo Lullo, " il procuratore degl'infedeli ", anche se usa mezzi di persuasione invecchiati in una forma che non è sempre efficace come quella della Somma di San Tommaso, equilibrata e giovane come un capolavoro classico.

Dopo questo vertice di perfezione, Raimondo di Sabunde, l'autore della Teologia naturale, di cui Montaigne fece la traduzione e l'apologià, inclina (ma meno di quanto facessero credere alcune interpretazioni di Montaigne) verso un certo razionalismo o scetticismo, mentre il dotto cardinale Nicola di Cusa († 1464), tende talvolta al fideismo; ambedue però sono, d'intenzione, apologisti nel senso pieno della parola. E tale parzialmente è lo spirito degli umanisti Giovanni Pico della Mirandola († 1494) e Marsilio Ficino († 1499), nonostante gli eccessi in cui possono essere caduti l'uno per il gusto della Cabbala giudaica, l'altro per il fervore indiscreto per Piatone. Una menzione tutta particolare merita Girolamo Savonarola († 1498) per il suo Trionfo della Croce, insigne opera apologetica che fa perno su questo motivo: "La fede cristiana è vera, perché è causa di una vita perfetta ".

Nei secoli XVI e XVII. - La Riforma, ponendo in discussione non solo alcuni dommi particolari, ma perfino i fondamenti della fede, poiché preten deva modificare i concetti tradizionali della Scrittura, della Tradizione e della Chiesa, doveva necessariamente provocare un nuovo sviluppo della teologia fondamentale e per conseguenza dell'apologetica.

L'apologetica si varrà delle opere di controversia, come quelle di San Roberto Bellarmino, di San Francesco di Sales con i suoi manifesti per la conversione degli eretici del Chiablese, del Cardinale Du Perron; si varrà pure delle opere che rettificano gli errori storici commessi dai " Centuriatori di Magdeburgo ", nel modo già cominciato dall'insigne catechista San Pier Canisio e compiuto magistralmente dal Cardinal Baronio negli Annali; infine trarrà giovamento dalla costituzione d'un trattato sui " luoghi teologici ", dove riuscì classicamente Melchior Cano, seguendo i saggi dei precorritori Giovanni Coeleo e Giovanni Eck, ancorché ciascuna delle loro meritevoli opere sembri appartenere a un campo diverso da quello in cui più tardi si stabilirà l'apologetica propriamente detta.

D'altronde i protestanti non erano indifferenti alla difesa della fede cristiana e molti di essi apportarono argomenti di valore contro gli scettici o i libertini; cosi in Francia Du Plessis-Mornay, Mosè Amyraut, Giacomo Abbadie, Isacco Jaqueiot; in Olanda il celebre giurista Ugo Grozio († 1645) che scrisse in versi fiamminghi Della verità della religione cristiana; in Germania il grande filosofo Leibniz († 1716), che fu in corrispondenza con Bossuet e scrisse il Discorso sulla conformità della fede e della ragione; in Inghilterra dove, per valorizzare il carattere " ragionevole " della fede, s'accordano uomini di Chiesa come Samuele Clarke († 1729) con laici variamente illustri, come Roberto Boyle († 1691), Newton († 1727), Addison († 1719) e anche il filosofo sensista Giovanni Locke († 1704). Costoro sono fin troppo inclini in tal senso e le loro apologetiche sono insufficienti appunto perché hanno conservato tale razionalismo da compromettere spesso il carattere soprannaturale della religione rivelata. Però, sotto altri aspetti, presentano più d'un lato utile e non hanno perduto interesse con il tempo.

I cattolici francesi del secolo XVII fecero opera molto più solida. Il P. Grasse, l'avversario truculento della scettica Sagesse di Pietro Charron, è troppo privo di misura per essere pienamente convincente; Cartesio poi, anche se nelle Meditazioni intese combattere i libertini, contribuì a diffondere un razionalismo che per suo conto voleva cristiano. Invece gli oratoriani Michele Mauduit e Francesco Lamy scrissero buoni trattati apologetici; il capitolo di La Buyère contro gli Esprits forts ha tratti eccellenti; Bossuet nella sua filosofia della storia ritrova la grandezza di Sant'Agostino e il vescovo d'A-vranches, Daniele Huet, ci da una Dimostrazione evangelica la quale, accanto a osservazioni evidentemente caduche, ha alcune parti che non sono ancora invecchiate. Soprattutto il grande secolo diede all'apologetica cristiana uno dei suoi giganti nella persona di Pascal, il cui monumento incompiuto dei Pensieri offrirà agli apologisti ancora per molto tempo un alimento sostanziale e susciterà fruttuose discussioni.

In Italia il metodo tradizionale fu usato con rara perizia da P. Segnerì ne L'incredulo senza scusa (1690). Per aderire alla religione cattolica è necessario un giudizio saldo della credibilità della medesima. Il potere provare questa credibilità toglie ogni scusa all'incredulo, il quale perciò non è solo infedele ma anche irragionevole. I motivi di credibilità sono i miracoli, e specialmente il miracolo della conversione del mondo al cristianesimo, la profezia, il martirio cristiano, l'unità e la santità della Chiesa cattolica.

Nel secolo XVIlI. - Nel secolo successivo, in cui si scatenò l'uragano del filosofismo contro la fede cristiana, continua il movimento dell'apologetica, che però non ha né un grande nome come quello di Pascal né libri che abbiano conservato un valore vivo per noi. Tuttavia tali scritti al loro tempo ebbero una reale utilità e non lasciarono la verità senza difensori. Dalla parte protestante, uomini di scienza e ben intenzionati, ma non privi di pregiudizi contro il soprannaturale, cercano di presentare in modo " ragionevole " le prove della religione, come fecero in Svizzera il naturalista Carlo Bonnet, in Germania l'illustre matematico Euler, il fisiologista Haller e teologi che, come Kleuker, Less, Jerusalem, fecero pericolose concessioni sia allo pseudomisticismo e sia al razionalismo; in Inghilterra Samuele Clarke e Giovanni Leland, Giuseppe Butler, W. Paley, N. Lardner... Pure dalla parte cattolica, anche se sfortunatamente il valore apologetico non era sempre pari all'altezza degli assalti da respingere, bisogna tuttavia convenire che non venne mai meno.

Tra i molti si potranno ricordare alcuni scrittori non privi di merito; i gesuiti Buffier e Baltus, l'oratoriano Houtteville, il poeta Luigi Racine, oscurato dal nome assai più illustre di suo padre, il Cardinal di Polignac, il cui Anti-Lucrèce sarebbe più letto se non fosse in versi latini; poi nella seconda metà del secolo, il Cardinale di Luzerne e l'arcivescovo Lefranc di Pompignan, l'abate Trublet, alcuni saggi del quale valgono più del nome che gli ha fatto Voltaire, l'abate Bergier, i gesuiti Nannotte, P. X. Feller, Barruel, o l'abate Guénée, le cui Lettres de quelques Juifs portugais costringevano lo stesso Voltaire ad accusare il colpo. Perfino l'influsso di G. G. Rousseau e del suo Vicaire savoyard, malgrado il deismo della troppo celebre professione di lede di co. stui, offerse ad alcuni apologisti argomenti che si rivolgono al " cuore ", mentre altri filosofi, come il ginevrino Necker, assegnano alla religione il merito dell'utilità, e Bernardino di Saint-Pierre, Lamourette e La Luzerne preludono inconsciamente all'apologetica di Chateaubriand, accentuando la " bellezza " del cristianesimo. Non inferiori agli stranieri sono gli apologisti italiani di questo secolo, tra i quali emergono A. Valsecchi (Dei fondamenti della religione e delle fonti dell'empietà; La religione vincitrice; La verità della Chiesa cattolica romana), S. Alfonso de' Liguori (Verità della fede fatta evidente per i contrassegni della sua credibilità; ecc), A. Tassoni (La religione dimostrata e difesa). Certamente più solida è l'opera dei teologi che, seguendo il dotto italiano Cardinal Gotti († 1742), costruiscono le linee essenziali dell'ormai celebre trattato " Della vera religione ".

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