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Obiezioni contro l'Antico Testamento

Ultimo Aggiornamento: 02/09/2009 08:35
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02/09/2009 08:24

Obiezioni desunte dalle scienze naturali

CAPITOLO I. - OBIEZIONI DESUNTE DALLE SCIENZE NATURALI

Le obiezioni contro la verità della Sacra Scrittura, specialmente dell'Antico Testamento, che ebbero grande successo nel secolo XIX, sono quelle tratte dalle scienze naturali. Ora hanno perduto molta importanza sia per le nuove concezioni delle scienze esatte e sia perché s'è meglio compresa la dottrina dell'inerranza biblica. Da una parte gli stessi uomini di scienza limitano 1 campo della ricerca scientifica, avendo imparato a distinguere le scienze positive dalla filosofia, e sapendo ormai che le ricerche delle scienze esatte si limitane alla superficie delle cose, accontentandosi di constatazioni che non autorizzano l'elaborazione di leggi immutabili (1). Quindi il determinismo, con lo scienti sino, suo corollario, non è più di moda.

(1) Van Hovb, La daetrine du mirade chezsaint Tkomas et son accord avec les pria cipcs de la recherche scientifique, Gabalda, Parigi 1927.

Dall'altra parte gli esegeti approfondiscono meglio d'una volta il vero carattere della sacra Scrittura, dell'ispirazioni e dell'inerranza e insegnano che nell'interpretare i libri santi è necessario determinare i giudizi che i sacri autori pronunciano formalmente in nomi proprio, con una ricerca che è possibile solo quando per mezzo della critica storica e psicologica ci si sforza di fissare quello che il sacro autore volle esattamente insegnare (2). Ora l'esegesi condotta con questi criteri dimostra facilmente che gli agiografi non intendono insegnare le scienze naturali, onde chi vede chiaramente " i due capi della catena ", vede anche essere impossibile qualsiasi conflitto tra la Sacra Scrittura e i dati delle scienze.

Tuttavia certi aspetti del problema k scienze e Bibbia a restano ancora attuali, perché le obiezioni, come le leggende, hanno la vita resistente; per classificarle secondo la loro importanza, distinguiamo:

l.o le obiezioni desunte da certe constatazioni della Bibbia che hanno parvenza di affermazioni scientifiche, ma che sono erronee di fatto;
2.o quelle desunte dalla pretesa ignoranza dei Libri santi riguardo al meccanismo della natura, all'esistenza e al funzionamento delle leggi dette naturali;
3.o infine e soprattutto quelle provenienti dalla pretesa sintesi scientifica dei Libri santi, dalla cosmologia biblica, cioè dalle speculazioni degli autori sacri sulla costituzione, origine e destino dell'universo.

§ 1. - I pretesi dati scientifici erronei della Bibbia.

Un buon numero d'esegeti razionalisti si diverte a ripetere gli errori scientifici di cui, secondo loro, la Bibbia è piena. A titolo d'esempio ne indichiamo tre fra i più noti: II Levitico (11, 6) pone la lepre tra i ruminanti; il libro di Giosuè (10, 13) dice che il sole gira attorno alla terra, e quello di Giobbe (89, 14) afferma che lo struzzo abbandona le uova affidandole al calore della sabbia.

Risposta. - Ci fanno sorridere tanto le difficoltà quanto le sottili risposte che un tempo ne davano i difensori della verità biblica. Nei tre casi citati, e negli altri simili, gli autori ispirati non hanno affatto l'intenzione d'impartirci una lezione di scienze naturali, ma di descrivere i fenomeni della natura, cioè del regno vegetale e animale, della vita umana, del mondo fisico e dell'universo astronomico secondo le apparenze sensibili, come già diceva l'enciclica leonina Providentissimus. Cosi facendo non s'ingannarono essi, né inducono i lettori in errore.

Il ricorso alle apparenze sensibili non risolve tutte le difficoltà, poiché in certi passi dei libri sacri gli agiografi s'esprimono non precisamente partendo dai dati concreti e sensibili dell'esperienza, ma dai dati scientifici del tempo, dati che la loro opera presuppone esprimendosi in funzione di essi e a prima vista pare accettarli e confermarli. Tutto l'Antico Testamento, dalla Genesi ai Maccabei, presuppone la stessa visione dell'universo, comune nel mondo antico; qui non si tratta più di adattamento alle apparenze, ma si tratta necessariamente di nozioni soggettive, basate sopra un'inesatta osservazione e soprattutto sopra una differente interpretazione dei fenomeni osservati.

(2) II Mamtel d'Études bibliques di Lusseau et Collomb, dei quali è nota la prudenza, pone come tesi (voi. I, Téqui, Parigi 1936, p. 176) : "La verità d'un'affermazionebiblica si misura generalmente in dipendenza dal genere letterario al quale appartiene ".

Specialmente in apologetica, se negassimo la serietà della difficoltà avremmo torto; ma, per avere una vera difficoltà, anche qui dovremmo poter provare che l'agiografo fa sue le concezioni scientifiche erronee del suo ambiente, fino a insegnarle formalmente, od anche soltanto a insinuarle. Però a me pare che fino a questo punto non si arrivi. Gli agiografi presuppongono semplicemente le nozioni scientifiche; senza integrarle alla materia formale dei loro giudizi. Infatti ogni qual volta esse si trovano in opere d'indole storica il caso è chiaro; l'autore le prende dalla cultura del suo tempo, senza però pronunciarsi sul loro valore e senza pensare d'inculcarle, ma esprimendosi come facevano comunemente gli uomini contemporanei. L'enciclica leonina dice molto sensatamente: Sicut communis sermo per ea ferebat tempora.

A più forte ragione ciò avviene nei libri poetici il cui genere letterario esclude quasi completamente il disegno d'insegnare freddamente: nella maggior parte dei casi, i poeti si servono di nozioni pseudoscientifiche solo per trame stimolo alla loro immaginazione creatrice, o almeno per avere un punto di partenza. Maggior difficoltà può sorgere dai libri didattici, ma, a bene considerarli, essi espongono una saggezza che consiste soprattutto, se non unicamente, in una norma di vita morale e religiosa, e non si può affatto provare che intendano insegnare le scienze.

È chiaro che in queste condizioni si è a mal partito quando si vuole sfruttare contro la veracità dei libri sacri i pochi elementi della scienza imperfetta che si vuole imputare ad essi, mentre essi altro non sono che le briciole d'una cultura generale profana, posseduta dagli agiografi prima della loro vocazione. Il carisma dell'ispirazione non soppresse in loro tale scienza, né la sostituì con altre nozioni cadute, per così dire, già bell'e fatte dal cielo e suggerite allo spirito degli agiografi senza verun legame col tempo e con lo spazio. Una tale supposizione urta contro le vedute della psicologia ed è anche contro le vie ordinarie della Provvidenza, che per realizzare i suoi disegni si serve delle cause seconde. Inoltre, se la Provvidenza avesse agito diversamente, sarebbe andata contro la natura che è propria dei libri sacri, i quali sono un messaggio rivolto prima di tutto ai contemporanei degli autori ispirati. Quindi la luce divina penetrò l'intelligenza degli agiografi attraverso gli elementi della cultura profana dell'epoca in cui vissero, elementi che in certo modo furono una specie di velo, che temperò e filtrò lo splendore di questa luce abbagliante per troppi. Insomma, l'esegesi cattolica veglierà per non confondere i contorni pseudoscientifici, tacitamente supposti dagli agiografi, con l'insegnamento inculcato da essi, cadendo in una specie di confusione tanto grossolana che, diremo con una frase dello Zohar, significherebbe confondere il vino col barile che lo contiene.

§ 2. - La pretesa ignoranza delle leggi della natura.

Ci sì dice: sia pure; però la Bibbia non s'accontenta di registrare un certo numero di dati erronei, ma s'inganna direttamente perfino sul meccanismo della natura, perché considera tutto quanto l'universo soggetto all'influsso delle cause libere, che intervengono capricciosamente a modificare a loro arbitrio il corso della natura, e questo significa che per gli autori ispirati non esiste la nozione di legge naturale su cui si fondano le scienze esatte moderne; significa che nella natura non regna nessun determinismo e che le creature tono soggette alla volontà e al dominio di colui che " frena il furore dei flutti n. In questo modo si spiegano i frequenti prodigi e miracoli, tanto che lo straordinario diventa il fatto quasi quotidiano e il corso normale delle cose finisce coll'apparire prodigioso; si spiega pure la grandezza dei miracoli compiuti poiché, siccome nulla è superiore alla potenza divina, le tradizioni bibliche moltiplicano e pongono innumerevoli fatti meravigliosi sulla via del popolo di Dio e li descrivono in modo teatrale. La Bibbia riporta fatti cosi enormi, che offendono perfino la fede del carbonaio; molti gesti divini toccano l'assurdo e ledono gli attributi di Dio.

Risposta. - L'obiezione esposta parte dai pregiudizi classici degli autori razionalisti sul miracolo, i quali dicono che il miracolo non esiste perché non può esistere. La Bibbia, credendo ai miracoli, condivide la fede della gente semplice e quindi s'inganna grossolanamente facendo proprie le credenze popolari.

Anche se qui non è il caso di discutere i presupposti razionalisti, dobbiamo però protestare proprio in nome della scienza storica. La storia ha come primo compito la constatazione dei fatti, e un fatto qualsiasi è più rispettabile di qualsiasi ipotesi scientifica o filosofica. Ora se in un caso particolare i fatti sembrano spezzare gli schemi delle leggi naturali, non bisogna negarli, ma registrarli, pur segnalando il loro carattere insolito e paradossale, che i credenti chiameranno miracoloso.

Gli autori razionalisti d'ordinario non si limitano a negare aprioristicamente l'esistenza del soprannaturale, ma aggiungono che i pretesi miracoli della Bibbia si presentano in una luce sfavorevole, rivestiti di particolari fantastici, e molti richiamano i dati del folklore e della mitologia, apparendo quindi a posteriori come un prodotto dell'immaginazione religiosa creatrice degli Ebrei.

Secondo noi, l'ultima asserzione è falsa, e per convincersene basta confrontare le attestazioni e descrizioni di prodigi, che si trovano nelle tradizioni della Bibbia, con quelle dei popoli pagani dell'Oriente antico, constatando cosi come subito ci colpisca la sobrietà dei Libri sacri. Anche nei cicli di racconti dove sono più frequenti i miracoli (p. es. la storia dell'Esodo, le biografie di Elia e d'Eliseo), non ci sono prodigi che s'impongono col gesto teatrale, cosa invece che è evidente nelle raccolte letterarie della taumaturgia popolare e folkloristica. Si può dire che Jahvè non compare mai come un'imbonitore da fiera; ogni tanto opera fatti straordinari, ma sempre in circostanze che manifestano la sua gloria divina e sempre inquadrandoli e subordinandoli ai fini religiosi e morali dell’economia della salvezza.

Forse soltanto il soprannaturale del libro di Tobia e la storia assai bizzarra del profeta Giona sembrano fare eccezione alla regola generale, ma ricordiamo che il genere letterario di questi due libri è soggetto a discussione e ci si chiede se abbiano un carattere strettamente storico, oppure, per molti particolari d'importanza didattica o simbolica indiscutibile, non si colleghino a qualcuno di quei generi letterari infrastorici, che l'antichità, compresa quella ebraica, apprezzò molto come metodo per inculcare le verità religiose in una forma popolare concreta, impressionistica. Com'è noto, la questione, sulla quale ritorneremo, viene liberamente discussa dagli esegeti cattolici e, comunque sia, possiamo facilmente rispondere mettendoci da un punto di vista d'un'interpretazione larga dei libri di Tobia e di Giona. Bisogna guardarsi dal voler imporre come verità di fede, a quelli che sono ancora fuori della Chiesa, certe posizioni dottrinali che sono semplicemente opinioni dei teologi, o che la Chiesa raccomanda, o anche prescrive ai suoi fedeli, ma unicamente come la via dottrinale più sicura, finché i problemi non siano meglio impostati e chiariti (3).

 

(3) Nulla impegna maggiormente alla prudenza delle variazioni dell'esegesi cattolica nell'interpretazione dell'Esamerone. Quelli che vollero difendere un'interpretazione stretta e concordista di questa pagina biblica, proposero al riguardo considerazioni che oggi si vorrebbero dimenticate.

 

 

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