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Obiezioni contro l'Antico Testamento

Ultimo Aggiornamento: 02/09/2009 08:35
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02/09/2009 08:26

5. II diluvio. - II P. Bea (Op. eh., p. 173) dice giustamente che il problema dell'universalità del diluvio è celebre, e al riguardo sono state formulate tre opinioni principali. La prima inclina all'universalità assoluta; la seconda ammette l'universalità antropologica; la terza restringe il diluvio a una razza particolare. Oggi nelle scuole cattoliche prevale la seconda opinione, solo perché sembra più prudente e saggio attenervisi (E. Mangenot). Il P. Bea (Op. cit., p. 176) giunge a riconoscere che essa prevale soprattutto grazie a " princìpi teologici ". Perciò l'apologetica fa bène a lasciare la porta spalancata alla terza spiegazione già proposta da F. de Hummelauer, H. Zschokke, J. Ddller, H. Lesètre e difesa tuttora, malgrado il favore di cui gode la seconda opinione, da Paolo Heinisch, già professore all'università cattolica di Nimega: Dos Buch Genesis (Bonn, 1930, pp. 181-184).

Nessuna tesi dommatica, conclude l'Heinisch, esige l'universalità antropologica, cui d'altronde sembrano apertamente sfavorevoli alcuni dati del testo biblico, come pure parecchie conclusioni delle scienze linguistiche ed etnografiche, sebbene queste ultime riguardino meno l'universalità antropologica del diluvio che quella geografica. Nell'ipotesi del diluvio ristretto a una sola razza, si dirà che la Bibbia, nel suo compendio di storia primitiva, tiene presenti solo i discendenti di Caino e di Seth, trascurando gli altri figli di Adamo.

 

(11) A titolo di curiosità ecco le riflessioni d'un "profano " in esegesi, il pubblicista cattolico Alfredo Poizat, Le miracle jtdf, Parigi 1932, pp. ioa-103: " Fino al diluvio gli uomini ci vengono rappresentati come esclusivamente vegetariani o viventi di latticini, pervengono assai tardi alla pubertà, dieci volte più tardi che oggi, ma vivevano pure un'esistenza dieci volte più lunga, con una statura che non ci è detto fosse diversa da quella attuale. Però questi dati saranno poi molto esatti, anche se Mosè li rettificò di certo e li condusse il più possibile al ragionevole e al verosimile?

Prendiamo per esempio il caso di Matusalem, che è padre di lamech a 187 anni e che muore a 969. Dividendo per dieci, la sua paternità si riduce al diciannovesimo anno e l’età della sua vita a poco meno di 97 anni, e questo rientra nel nostro normale. Nella storia dei Persiani del Gobinau vediamo che questo popolo conservava nelle sue tradizioni un elenco analogo di dieci dèi-antenati, con un'esistenza di fronte alla quale la nostra ha la proporzione di 1 a io.ooo, proporzione che Mosè, preoccupato com'è della verisimiglianza, abbassa, com'ho detto, al multiplo di dieci, che forse tra i Semiti era tradizionale.

 

Non si possono invocare come prove dirette e chiare del diluvio biblico, e specialmente della sua universalità, le pretese conferme archeologiche, desunte ad esempio dagli scavi fatti in Mesopotamia, a Ur e altrove. I dati archeologici provano che nell'antichità molte città antiche della valle dei due fiumi subivano gravi inondazioni, alcune delle quali forse le sommersero completamente o partzialmente; però nulla prova che si debba collegare il diluvio a una di tali catastrofi, e se proprio si vuole identificare il diluvio con un'inondazione, manca completamente ogni prova per fare un accostamento preciso e tale da chiarire interamente il racconto biblico.

6. La moglie di Lot. - La storia della moglie di Lot è molto curiosa. Ci sfugge la vera natura del castigo che colpì la donna e la punizione sembra sproporzionata alla mancanza che le viene imputata (Gen., 19, 26).

Don Agostino Calmet, nel suo Commentane litléral sur tous les Uvret de l'Ancien Teslament (t. I, 2 ed., Parigi, 1715), fin da allora doveva affrontare le due difficoltà, uscendo dall'imbarazzo come poteva e alquanto malamente, a La pena che colpì la donna appena si voltò indietro, dimostra che c'era un precetto positivo e letterale di non voltarsi indietro".

A noi pare possibile una spiegazione più soddisfacente, tenendo conto di questi tre dati: 1.0 il versetto 17 del capitolo 19 si legge così (trad. Vaccari):

"Mettiti in salvo, per la tua vita; non guardare indietro, né restare in tutto il distretto, mettiti in salvo alla montagna per non essere travolto". Il Signore ordinò a Lot e ai suoi familiari di non voltarsi indietro e di non fermarsi nel distretto o pianura. I due versi hanno senso completamentare e voltarsi indietro significa arrestarsi nel distretto o nella pianura, trascurando di salvarsi sulla montagna ed esponendosi al pericolo; quindi la moglie di Lot si sarebbe rifiutata di seguire il marito e, allontanandosi da lui contro l'ordine di Jahvè, sarebbe stata sorpresa dal cataclisma. Insomma la moglie di Lot non venne colpita da un castigo particolare, ma perì nella catastrofe generale cui non si era sottratta. 2.o L'enunciazione del versetto 26 è oscura. Dom Calmet nota che il testo ebraico è: " Essa guardò dietro di lui ", e tale è pure la versione adottata da tre traduzioni giudaiche molto letterali della Bibbia, pubblicate recentemente in Germania: " Da blickte sein Weib hinter ihm" (J. B. Jacob); a sein Weib aber schaute sich hinter ihm um " (H. Torczyner); " sein Weib blickte sich hinter ihm um " (M. Buber). A chi si riferisce la terza persona singolare del pronome personale maschile? Calmet pensa si riferisca all'angelo che conduce Lot; oppure a Lot stesso, al quale pensano unicamente quasi tutti i commentatori moderni. Ma si è riflettuto bene sulla straordinaria espressione che ne risulta? " La moglie di Lot guardò dietro di lui ", cioè di suo marito. Capisca chi può. Ascoltiamo il grave Calmet: uLot andava davanti con le figlie; la moglie veniva dietro, si fermò e si voltò verso Sodoma. Tremellius crede che Lot camminasse dietro e che la moglie si voltasse dalla parte di lui per vedere la città ". Il senso del versetto non è più semplice e d'altronde più in armonia del 17 che abbiamo letto, se traduciamo: k La moglie di Lot guardò dietro di lui, cioè si allontanò da suo marito e se ne separò "? Come dice il versetto 17, guardare indietro significa arrestarsi nella pianura o distretto e non rassegnarsi a lasciare la regione maledetta. La moglie di Lot, incredula (come afferma Sap. 10, 7), venne raggiunta dal cataclisma e fu perduta per la sua mancanza di fede. 3.o Aggiungiamo che, secondo alcuni, la moglie di Lot era originaria di Sodoma (si legga ad esempio Math. Polus: Synopsis criticorum aìiorumqui S. Scrìptwae interpretum; t. I, Londra, 1669: erat enim de filiabus Sodomae); il che era possibile e spiegherebbe bene il fatto che la donna fosse attaccata alla sua patria e si rifiutasse di lasciarla per seguire il marito.

 

Checché ne sia di quest'ultimo punto, di cui la nostra spiegazione non ha bisogno, restano soppresse le difficoltà classiche che s'oppongono al racconto, perché non venne punito il fatto materiale di voltare il capo e nemmeno la curiosità della donna, come vuole l'Histoire sainte par un professeur de séminaire (12), ma l'ostinazione a non voler separarsi dalla città maledetta, quindi la duplice infedeltà: a Dio e al marito.

E la colonna di sale? Assieme alla citata Histoire sainte possiamo credere che la donna, sorpresa dal cataclisma, venne ricoperta da depositi salini, " Più tardi si localizzò il ricordo del fatto dando il nome della donna a qualcuna delle colonne di sale che si ergono lungo la sponda del Mar Morto ".

7. la torre dì Babele. - (Gn., 11, 1-9). - È più facile interpretare il racconto della torre di Babele che non le precedenti narrazioni della Genesi, poiché il suo contenuto non solleva speciali difficoltà contro l'inerranza; ma è più faticoso ricavare il senso esatto del racconto come l'intese l'agiografo e lo inserì nella sua storia religiosa dell'umanità primitiva. Albino Van Hoonacker protesta contro l'abitudine troppo diffusa nei manuali di mescolare al racconto biblico elementi disparati, desunti dai commentatori antichi, e perfino dall'antica tradizione giudaica, palestinese e anche ellenica, e si fa torto ai costruttori della torre quando, ad esempio, s'attribuisce loro la volontà temeraria e sacrilega di dare la scalata al cielo, oppure il desiderio di prepararsi un luogo di rifugio che avrebbe messo l'umanità al sicuro da un nuovo diluvio (13). Secondo noi all'intervento di Jahvè bisogna attribuire un'intenzione punitrice, ma si concederà pure che l'intervento stesso servì a meraviglia ai disegni provvidenziali di Jahvè, cioè alla sua volontà d'assicurare il popolamento della terra, conforme al programma della creazione (Gn., 1, 28).


8. Il quadro delle nazioni. - L'esegesi cattolica non è più impacciata nello spiegare l'importante documento etnografico, che occupa il capitolo decimo della Genesi. UHistoire sainte par un professeur de seminane, ad esempio, adotta un punto di vista particolarmente largo: " II quadro si presenta sotto il punto di vista di un albero genealogico... Sarebbe [però] imprudente prenderne alla lettera i termini (figli, generare)... L'autore sacro vuoi, soltanto definire un gruppo consecrato dalla storia e dalla geografia, e nulla più... " (p. 119). Per l'apologetica non si tratta più di giustificare i rapporti etnografici dei popoli enumerati dal capitolo decimo della Genesi come parenti tra di loro, ma tutt'al più di fissare l'epoca dei rapporti storici e geografici presupposti dal quadro delle nazioni. È evidente che si tratta d'una questione accessoria, il più delle volte risolta in modo diverso dai critici cattolici e da quelli non cattolici. Nel suo commento alla Genesi Paolo Heinisch {Genesis, Bonn, 1933) non esita a rivendicare a Gen. X un'origine postmosaica e dovrebbe venir datate alla fine del secolo vin o al principio del vii. Da una parte Ninive non è distrutta, l'Assiria ha ancora una potenza superiore a Babilonia; dall'altra parte né 1 Persiani, né gli " Arabi " (questi ultimi visti solo come un gruppo etnico) non compaiono ancora all'orizzonte. L'ipotesi dello Heinisch, che gli esegeti credenti non hanno giudicato contraria alle direttive della Commissione biblica, sopprime una crux interpretum che ostacolava assai l'esegesi del capitolo decimo del primo libro di Mosè.
(12) Parigi (1924), p. 162, nota 2.
(13) Si legga la spiegazione proposta da A. Van Hoonacker in J. Coppens, Le cha-tmt Albin Van Hoonacker, ecc, Parigi, Desclée de Br., 1935, pp. 20-21 xX'Histoire sainte par m professa di seminiate (pp. 98-99) si dimostra egualmente riservata sulle spiegazioni tradizionali della costruzione della città e della torre di Babele. Sul racconto della torre di Babele si veda l'articolo di O. E. Ravin, Der Turni zum Babel, in ZeUsehr. Deutsch. Marg. Cadiseli., 1937, t. xer, pp. 352-72.

 

9. La cronologia bìblica. - A. - Direttive. - La cronologia biblica è uno scoraggiante soggetto di studi; ma in questi ultimi anni l'esegesi cattolica è riuscita a sfiorare un po' i principali problemi sollevati da essa (14).

Per il periodo primitivo della preistoria e della protostoria umana la

questione appare definitivamente risolta e gli autori cattolici sono concordi a

non dare più un valore assoluto ai dati cronologici dei primi dieci capitoli della

Genesi. Nel 1928 il P. Bea, rettore del Pontificio Istituto Biblico, affermava

ancora che la Sacra Scrittura " ci offre tuttora quanto ci occorre per potei

fissare l'anno del diluvio e anche della creazione a (De Penlaleucho, Roma,

1928, p. 153); ma nel 1933, pur conservando la frase citata, le da un altro senso:

" Le ultime ricerche delle scienze geologiche, paleontologiche e "tipologiche"

hanno dimostrato in modo assoluto (omnino) che il numero di anni indicato

dalla cronologia biblica non risponde affatto (nequaquam) alle conclusioni

certe della scienza a (De Pentateucho, 2 ed., Roma, 1933, p. 180). Registriamo

senz'altro l'evoluzione dottrinale di questo manuale, che è tenuto in gran

considerazione negli ambienti ecclesiastici, e aggiungiamo che la rivista Biblica,

organo dello stesso Istituto Pontificio, l'ha in certo modo sanzionata in un

articolo del P. Kòppel, Ullimae investigationes de aetate generis humuni

(1934, t. xv, pp. 419-436).

Gli studiosi cattolici possono quindi darsi liberamente agli studi della cronologia dei tempi preistorici, con il diritto di collegarsi al sistema che a loro sembrerà meglio fondato dal punto di vista della scienza.

B. - A titolo d'illustrazione ecco lo schema cronologico proposto da un orientalista di grande fama, F. M. Th. B6hl, professore dell'università di Leida, Schizze der mesopotamischen Kulturgeschichte, in Nette Theologiscke Studiai, 1936, t. XXXVI; pp. 129-138.

Dopo la pubblicazione dell'articolo di Bohl la cronologia dell'antica Asia anteriore non ha subito modifiche profonde, salvo che per la data del regno di Hammurabi. Restando sulle generali, l'Albright (From thè Storte Age, p. 105) non esita più ad affermare che, a partire dal 2.400, la cronologia del vicino Oriente può venir fissata con uno scarto d'una cinquantina d'anni, mentre oltre tale data è molto più incerta, potendosi contare solo per secoli, con un margine di incertezza che il più spesso va da cento a duecento anni. Per la nuova data di Hammurabi una comunicazione alla reale Accademia di Amsterdam (Kiw Hammurabi of Babylon and the Setting of his Timeabout 1100 B. Ò.] in Meded. Kon. Nederl. Akademie van Wetenschappen, nuova serie, t. 9, n. 10,

(14) Sulla cronologia dell'Antico Oriente si legga l'importante opera di W. F. Ai-brioht, From thè Stane Age io Chrìslianity. Monotheism and thè histarical Proeess, Baltimora 1940; trad. francese presso Payot, Pari".

 

Amsterdam, 1946) lo stesso Bohl s'incaricò di correggere i suoi antichi calcoli Basandosi su varie informazioni recenti, e soprattutto sulla nuova lista cronologica dei re assiri, scoperta da Frankort a Khorsabad e pubblicata più tardi da Poebel, pare ormai fermamente accertato che il regno del grande re babilonese dev'essere considerevolmente avvicinato a noi. Ormai quasi tutti gli autori sono concordi nel collocarlo verso il 1700, sebbene si dividano poi quando si tratta di fissare una data concreta: 1750-1708 (R. de Vara, O. P., Les Patrìarches hébreux et les découvertes modernes, in Revue biblique, 1946, t. liti, pp. 321-348), 1704-1662 (Poebel), 1728-1686 (Albright). Bohl stesso inclina a porre i quarantadue anni e più del regno di Hammurabi piuttosto dopo che prima del 1700.

La storia dell'Oriente antico avrebbe quindi abbracciato questi periodi:

Primo periodo: dalla fine dell'ultimo periodo glaciale (nel vicino Oriente e in Egitto verso 1*8.000 a. C.) fin verso il 5.000 a. C. - i. l'epoca in cui nascono le civiltà neolitiche e calcolitiche e si diffondono sugli altopiani dell'Asia anteriore dove, verso il 5.000, si formò una civiltà neolitica di popoli dediti all'agricoltura, che perciò avevano superato lo stadio della vita nomade e anche seminomade.

Secondo periodo: dal 5.000 al 3.700 a. C. - Verso il 5.000 comincia la colonizzazione delle tre grandi pianure del vicino Oriente, cioè dell'Indo, del- l'Eufrate e del Nilo, come pure il popolamento della valle del Giordano, regioni diventate per la prima volta abitabili verso questa data. In queste valli le condizioni di vita e soprattutto il bisogno di cominciare grandi lavori d'irrigazione obbligarono i popoli ivi stabiliti a costituire una forte organizzazione sociale e politica, giungendo cosi a formare i primi stati.
La comparsa di questa prima colonizzazione in Mesopotamia coincide con le origini della civiltà presumerica. Dal punto di vista etnico si segnala l'arrivo degli a uomini dal profilo d'uccello " (Vogelgeschichtmenschen) giunti verso il 5000 dagli altopiani a oriente di Babilonia, e la venuta degli " uomini con il grembiule di foglie " (Blattschurz, cfr. Gn. 3, 7), giunti dalla Polinesia per via di mare verso il 4.000. Bohl osserva di passaggio che quest'ultima data coincide press'a poco con quella che la storia sacra fissa per la creazione dei nostri progenitori, che furono anch'essi posti da Dio in un " eden s in Mesopotamia e dopo la caduta compaiono vestiti d'una cintura di foglie di fico.

3. Terzo periodo: dal 3.700 al 2.600; periodo dell'antica storia dei Sumeri. - La migrazione sumerica pare si debba porre verso il 3.700. Venuti dalle sponde del Mar Caspio, regione chiamata la riserva dei popoli uralo-altaici, i Sumeri si fermarono dapprima nell'Assiria (civiltà di Tepe Gawra), poi discesero nella piana mesopotamica, dove crearono la prima grande civiltà, combinando in una nuova sintesi superiore tutti gli elementi culturali preesistenti.
Questo popolo di montanari, battaglieri e conquistatori, nella piana mesopotamica edificò le sacre torri, dette Ziggurat, vi organizzò una specie di comunismo religioso, e il re veniva venerato come una specie di luogotenente degli dèi; ogni Capodanno il dio-padre, che era il capo supremo, discendeva dal cielo, verificava i conti dell'anno precedente, gettava le sorti dell'anno nuovo, celebrava i riti d'una ierogamia e rinnovava la sua intronizzazione. Si credeva che durante queste cerimonie arcaiche il cielo e la terra si compenetrassero a vicenda, e che la terra ricevesse l'impronta sempre più visibile del cielo. La regalità, come già accennammo, era ritenuta sacra e divina, e i re erano i grandi sacerdoti e i rappresentanti degli dèi.

La storia di Sumer e di Akkad, la più nota finora, si suddivide cosi: a) periodo di Uruk (Warka, Erech: 3700-8400), che si segnala già per una stupefacente fioritura culturale, con i caratteristici mosaici nero-bianco-rosso; b) periodo di Genidet-Nasr (3400-3100), che spesso viene chiamato di transizione; e) periodo classico di Ur, detto anche protodinastico, il periodo dello splendore delle antiche dinastie; d) periodo sumero-accadico, in cui viene posto il regno di Sargon il grande d'Agade; f) periodo della rinascita sumerica o della terza dinastia di Ur. Prima del regno di Uruk, qui classificato per primo, l'Albright distingue ancora le civiltà dette: a) di el-Obeid; b) di Samarra; e) di Ghassul; d) di teli Halaf, le quali però sono ancora poco conosciute e non sappiamo di quanto siano debitrici ai Sumeri.

Dal 2.600 al 2.300. - Alla storia antica dei Sumeri succedono le invasioni dei Semiti e le lotte tra i nuovi venuti e le antiche popolazioni. L'invasione dei Semiti pone fine all'antica storia di Sumer. Misti ad altri gruppi etnici, specialmente Urriti e Subarriani, originari dell'Assiria, e di Amurru, i Semiti, e più precisamente gli Akkadi, loro primi rappresentanti, introdussero in Mesopotamia l'organizzazione patriarcale e l'economia capitalista. Non conosciamo la sede primitiva dei Semiti, che fu cercata in Arabia (opinione comune un tempo), nell'Alta Siria (A. T. Clay), nel Negeb e nei paesi di Edom e di Moab (tavolette di Ras Shamra). Nemmeno il sito d'Agade non è ancora identificato.
Venendo in Mesopotamia, i Semiti separarono i Sumeri dalla loro base di reclutamento. Wrukagina, re-sacerdote di Lagash, codificando il diritto cercò invano d'unire le forze sumeriche; Sar’on I d'Agade lo vinse e, con l'aiuto delle nuove armi, la freccia e l'arco, schiacciò le falangi degli awersari e fondò il primo grande impero mesopotamico instaurando una specie di dittatura militare.

Dal 2.300 al 2.000. - Con la scomparsa della prima potenza semitica comincia un quinto periodo, che corrisponde a un'ammirabile rinascita sumerica, già accennata dal regno di Gudea a Lagash con centro a Ur, la città del dio lunare, posta nella Bassa Mesopotamia. Il regno di Dungi, re di Ur, (2276-2231), ne segna l'apogeo. I despoti di questo periodo rafforzano i loro rapporti con gli dèi; non s'accontentano di esserne i rappresentanti come un tempo, ma divengono eguali a loro, re e dèi nello stesso tempo. Il monarca divinizzato ha un potere assoluto. La dinastia di Dungi si estingue nel 2187 con il monarca Ibi-Sin; la civiltà e la potenza sumerica della città di Ur passano a quella di Isin e di Lana, per poi scomparire definitivamente dalla storia verso il 1200
per esaurimento, a quanto pare.

Dal 2.000 all'800. - Dopo il 2.000 la storia del vicino Oriente è più nota. Soprattutto le magnifiche scoperte di Mari, sul Medio Oriente, dove sono stati trovati importanti archivi che gettano nuova luce sull'impero degli Amorrei, come pure i testi egiziani d'esecrazione contro i popoli dell'Asia, editi da K. Sethe e da Posener, hanno arricchito considerevolmente la nostra conoscenza dell'Oriente dal 2.000 al 1.500. Inoltre le tavolette di Ras Shamra-Ugarit hanno colmato più d'una lacuna del periodo precedente la corrispondenza di Amarna (v. R. de Langhe, Les iextes de Ras Shamra-Ugarit et le milieu biblique de l'Ancien Testament, 2 voi., Parigi, Desdée de Br., 1945).

Verso il 2.000 e, più esattamente, il 1940, la potenza sumeriea declina definitivamente e sta per finire, mentre si fa sensibile la spinta degli Amorrei, antichi nomadi del deserto siro-arabico, che avevano cominciato a stabilirsi in Siria, Palestina, Transgiordania a danno dei Cananei, come crede il P. de Vaux. Verso il 1940 discendono nella valle dei due fiumi; fondano un potente stato a Mari; alcuni poi s'incontrano a Larsa e altri nel 1830 fondano la prima dinastia babilonese; altri ancora, con Shamshi Adad I, verso il 1750 prendono il potere ad Assur; verso la stessa epoca Kish, Sippar, Eshnunna, Kazallu sono governate da principi che hanno un nome amorreo. " Un gioco d'alleanze e di rivalità, continua il P. de Vaux nell'articolo citato (p. 343), conserva tra loro una specie d'equilibrio di potenze, che venne spezzato a vantaggio di Hammu-rabi, quando questi sconfisse successivamente i suoi rivali di Babilonia, vinse Rimsin, s'impadronì di Mari e si estese verso il Paese Alto ".

Però mentre Hammurabi fonda il suo impero, alle frontiere del suo regno si preparavano già nuove migrazioni; altre tribù semitiche, come i Rab-baia, i Sùtu, i Bené-Simal e i Bené-Yamina, gli Habiru, assalgono le frontiere della " mezzaluna fertile ". Dalle montagne circostanti la Mesopotamia discendono popoli non semitici, che notizie più tardive ci permettono di chiamare Urriti (art. cit. p. 345). Tuttavia non tutti i nuovi venuti rivolsero gli sguardi e i passi verso la Mesopotamia, perché alcuni gruppi, eterogeneamente composti, discesero in Palestina e, con il nome di Hyksos, cominciarono la conquista dell'Egitto; in seguito altri popoli, certamente d'origine indoeuropea, sorsero sul teatro della storia. Primi fra tutti ricordiamo gl'Ittiti, con un impero che, in certi momenti, raggiunse una reale grandezza. Un re ittita, Mursil, verso il 1530 s'impadronì di Babilonia, saccheggiò la città, mise fine alla prima dinastia babilonese e cosi permise ai Cassiti di stabilirvisi poco dopo.

Nelle guerre di conquista i popoli stranieri, cioè gli Urriti, i Mitanni, gli Ittiti, gli Hyksos, irrompendo nel Medio Oriente e causando la progressiva scomparsa degli stati amorrei, disponevano di nuove armi, come il cavallo e il carro da battaglia. Però culturalmente erano molto inferiori ai Semiti, tanto che, nonostante tutte le fluttuazioni politiche, perdurano e la lingua e la cultura accadiche, le quali s'impongono anche ai nuovi venuti e ai conquistatori. La lingua accadica diventa internazionale e i miti accadici circolano per tutta l'Asia anteriore, da Babilonia a Boghz Koi e da Nuzi ad Amarna. In queste condizioni di vita agitata, forse favorito dallo spostamento dei vari popoli, Abramo si muove e viaggia liberamente, associato forse agli Habiru, da Ur in Caldea fino in Palestina e in Egitto.

Verso il 1.200 una seconda serie d'invasioni cambia nuovamente la fisionomia dell'Asia anteriore. Popoli imparentati con gli Arii ed originari dell'Europa, distruggono l'impero ittita e minacciano l'Egitto, mentre un'ondata di Aramei s'abbatte sull'Assiria e la Mesopotamia, rafforzandovi l'elemento semitico. In seguito a questi vari eventi, si formano diversi nuovi gruppi etnici, in cui si sveglia il sentimento nazionale. Tra queste giovani nazioni quella dei Bene Israel occupa un posto a parte. Le nuove nazionalità cosi costituite poterono svilupparsi e conservare l'indipendenza per più secoli, cioè fin verso l'80O, data intorno alla quale si costituì il grande impero assiro, che sacrificò successivamente le piccole nazioni alla sua egemonia. In Palestina solo il regno di Giuda conservò un'ombra d'indipendenza.

Ora conviene situare nei quadri cronologici che abbiamo tracciato i tre grandi fatti antichi, che la storia sacra ci racconta diffusamente: la migrazione d'Abramo, la partenza dei Bene Israel per l'Egitto, il loro ritorno nella terra di Canaan. La maggior parte degli storici crede doversi collegare tali fatti a uno dei periodi delle migrazioni segnalate, ma sfortunatamente non sono concordi sul periodo da scegliere. Alcuni anni fa si credeva d'avere due capisaldi ben certi per la cronologia assoluta dell'epoca patriarcale. Grazie all'identificazione di Amrafel, ricordato nel capitolo XIV della Genesi, con Hammurabi, Abramo diventava contemporaneo del grande re di Babilonia; inoltre sembrava sempre più che si dovesse situare l'E^b sotto il regno del faraone Merneptah. Oggi però i due punti di partenza sono diventati incerti, da quando il Bóhl, nostro collega dell'università di Leida, ha messo in dubbio l'identificazione Amrafel-Hammurabi, e i suoi argomenti non sono ancora stati confutati in modo perentorio; inoltre per la data dell'Esodo gli scavi di Gerico, incominciati da Garstang, sembrano contraddire l'ipotesi che pone nel sec. XIII-XII la distruzione di questa città cananea e quindi la conquista israelitica della Palestina.

Gli esegeti, che aderiscono alle nuove conclusioni degli studi cronologici, modificano come segue il modo di vedere finora accolto in molti ambienti aitici. Abramo si sarebbe stabilito in Palestina nel secolo XVI e la sua migrazione avrebbe coinciso con gli spostamenti degli Habiru e deglutiti. Gli autori, che ormai opinano per una data più antica, pongono il fatto militare della distruzione di Gerico nel secolo XV e, per conciliare questa data con le conclusioni d'altronde accolte negli ambienti critici riguardo alla conquista della Palestina da parte dei Bene Israel, suppongono che la conquista sia avvenuta in tappe cronologicamente distanti, per cui la guerra di conquista avrebbe avuto inizio nei secoli XV-XIV, prolungandosi fino al tempo di Davide. Quest'ipotesi, diventata quasi comune tra gli autori razionalisti e protestanti, in questi ultimi tempi venne pure proposta dall'esegeta cattolico Schmidtke, la cui opera venne però messa all'Indice (15).

In quanto al capitolo XIV della Genesi e ai risultati che se ne possono trarre per datare Abramo, ecco le ultime conclusioni di Bohl, notevolmente diverse da quelle alle quali abbiamo fatto allusione nella prima edizione di quest'opera:
l.o l'autore continua a credere che in Gn. XIV si tratti dei re confederati non della Mesopotamia meridionale, ma di quella del Nord;
2.0 continua a credere che si debba identificare Tid'al con il re ittita Tudhalias, che ora precisa in Tudhalias I e propone per il suo regno gli anni 1720-1680;
3.o si potrebbe pure identificare con certezza un secondo re grazie agli archivi di Mari; Arioc sarebbe Arriwuk, figlio del re Zimrilim di Mari;
4.o Amrafel potrebbe essere Amut-pi-el di Qatanum sull'Orante, uno degli alleati di Hammurabi nella lotta contro Zimlirim di Mari;
5.o Kedor-la'omer per ora resiste a ogni tentativo d'identificazione, anche se il nome, come attesta la Genesi, sia perfettamente elamita.

 

(15) F. Schmidtke, Die Einwanderung Israels in Kanaan, Breslavia 1933.

 

In queste condizioni tra Abramo e Hammurabi non è ristabilito il rapporto al quale si credette a lungo sulla fede di Gn. XIV, che non alluderebbe affatto al grande re. Tuttavia, se non erro, si ritorna in qualche modo al ravvicinamente in maniera indiretta. Abramo diviene contemporaneo di due e forse di tre re contemporanei di Hammurabi di Babilonia, conforme alla loro cronologia e a quella nuova dello stesso Hammurabi; quindi la migrazione del patriarca Abramo dovrebbe venir posta verso il 1.700 a. C. e perciò, per questo fatto tanto importante per la storia israelitica, sarebbe ormai raggiunta una data relativamente sicura.

Ancor più difficile pare poter fissare la data dell'Esodo. È quasi certo che la conquista della Palestina da parte dei figli d'Israele dev'essere posta in un periodo di decadenza dell'impero egiziano, quando i faraoni avrebbero abbandonato l'occupazione della Palestina con le loro truppe. Ma si presentano purtroppo tre periodi: quello dal 1400 al 1350, specialmente il regno di Tutan-kamon, l'ultimo faraone della XVIII dinastia, che successe ad Amenofis III (1411-1375) e ad Amenofis IV (1375-1358); quello del 1225 al 1200, cioè il regno di Merneptah (1225-1215) della XIX dinastia, il faraone che successe a Seti I (1314-1292) e a Ramses II (1292-1225); infine gl'inizi del secolo XII, cioè gli anni che seguirono l'invasione dei Filistei in Palestina e la loro installazione (1192) sul litorale di questo paese (16).

In un recente articolo svàl'Expository Times (17), Robinson si pronuncia per la XVIII dinastia, e anche per una data assai più lontana, compresa tra il 1580 e il 1400, per questi motivi: a) tale periodo corrisponde a quello di Amarna; ora, anche se le numerose lettere di Amarna non ricordano le imprese militari che la Bibbia attribuisce a Giosuè, la situazione che esse descrivono conviene perfettamente all'ingresso degl'Israeliti in Palestina. Inoltre non è inverosimile stabilire un certo rapporto tra gl'Israeliti e gli 0 Ebrei ", dalle lettere indicati come presenti nella terra di Canaan; b) solo quest'ipotesi spiega come un'iscrizione di Seti I ricordi la tribù di Aser come già. stabilita nella terra di Canaan e che un'iscrizione di Merneptah riferisca che Israele è stato distrutto; e) inoltre soltanto questa cronologia permette d'attribuire al periodo dei Giudici la durata necessaria all'evoluzione e all'organizzazione delle tribù israelitiche; d) essa sola spiega come le tribù di Dan e di Aser si siano stabilite lungo il litorale, il che sarebbe stato difficile, se non impossibile, dopo l'avanzata filistea del 1192; e) la maggior parte degli archeologi pone la rovina di Gerico prima del regno di Ramses II, e pensano che la città non sia stata occupata dal principio del secolo XIII fino alla metà del secolo IX a. C.) infine il nome di Mosè è imparentato con parecchi nomi dei faraoni della XVIII dinastia.

Non si manca di obbiettare: l.o il silenzio del libro dei Giudici sulle campagne di Seti I e di Ramses II in Palestina; 2.o la costruzione della città di | Pithom e di Ramses da parte degli Ebrei; 3.0 la possibilità d'una data più tardi diva per la distruzione di Gerico.

(17) T. H. Robinson, The Date of thè Exodus, in Expository Times, 1923, t. lxvii. PP- 53-55-

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