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INFALLIBILITA'

Ultimo Aggiornamento: 03/09/2009 20:38
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03/09/2009 20:38

L’infallibilità della Chiesa



Facciamo un altro passo avanti. Anche al Collegio apostolico, unito e sottomesso al Papa, Cristo ha promesso chiaramente il dono dell’infallibilità.

Come possiamo affermare una verità del genere. Riportiamoci all’Ultima Cena come ci è raccontata dall’Evangelista san Giovanni, nel capitolo XIV del suo Vangelo.

Gesù si rivolge ai Dodici Apostoli con parole molto chiare: "Io pregherò il Padre ed Egli vi darà un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito di verità". E qualche versetto più avanti, sempre nello stesso capitolo, Gesù dice: "Il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, Egli vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto".

Dunque, se le parole hanno un senso, e se Gesù, in quanto Dio non poteva sbagliarsi, qui vediamo chiaramente che Gesù promette agli Apostoli, quindi alla sua Chiesa, l’assistenza perpetua, continua e infallibile dello Spirito Santo, che è Dio, che è Spirito di verità".

Ora, nell’esercizio della sua missione, il Collegio apostolico, in comunione con il Papa è assistito dallo Spirito di Verità. E dunque, grazie a questa assistenza, non può sbagliarsi in materia di fede e di morale. Altrimenti, o l’assistenza dello Spirito Santo sarebbe inutile o lo Spirito Santo non sarebbe Spirito di Verità.

Qualcuno chiederà: ma qual è la missione della Chiesa? In quale compito il Collegio apostolico, unito al Papa, sotto il governo giurisdizionale e disciplinare del Santo Padre, è infallibile?

La risposta è molto semplice e si trova anch’essa nel Vangelo. La missione della Chiesa è sintetizzata in maniera mirabile da san Matteo, nell’ultimo capitolo del suo Vangelo. E anche in questo brano – come potrete constatare – troviamo un elemento importante a favore dell’infallibilità del Papa e della Chiesa.

E’ un brano che va letto con attenzione. E’ un brano speciale, perché san Matteo ci riporta esattamente le ultime parole pronunciate da Gesù prima di salire al Cielo, prima di lasciare la sua Chiesa impegnata nella missione di salvare gli uomini.

Ascoltiamole, queste parole: "Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro fissato. Quando lo videro, gli si prostrarono innanzi; alcuni però dubitavano. E Gesù, avvicinatosi, disse loro: "Mi è stato dato ogni potere in Cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo".

Dunque, Gesù incarica la sua Chiesa di insegnare a tutto il mondo la verità: naturalmente la verità su Dio, le verità della fede che portano alla salvezza dell’uomo. Nell’insegnamento di questa verità, Gesù promette la sua assistenza speciale e perpetua: "Io sarò con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo".

Con l’assistenza promessa da Gesù, come ci è ricordata dal Vangelo di san Matteo, è impossibile che il Papa, e il Collegio apostolico a lui unito e sottomesso, possano sbagliarsi.

Altrimenti, se si sbagliassero, l’assistenza di Gesù – che è Dio – sarebbe un’assistenza inutile. Sarebbe un’assistenza, un aiuto per commettere errori. Ma questo nessun cristiano lo può pensare.


Con l’assistenza di Gesù, l’insegnamento impartito dalla Chiesa sarà sempre necessariamente conforme alla verità. Vi è l’assicurazione divina, promessa da Gesù, contro la possibilità stessa di errore in materia di fede, quindi vi è la promessa della infallibilità.

Badate che si tratta di una assistenza divina al compito di ammaestrare tutte le genti, al compito di battezzarle, quindi di condurle nella Chiesa, al compito di insegnare. Ed è una assistenza divina promessa per sempre, fino alla fine del mondo, dice Gesù.

Quindi, il dono dell’infallibilità non riguardava solo gli Apostoli che ascoltano a viva voce le parole di Gesù, ma riguarda i successori di Pietro e i successori degli Apostoli uniti e sottomessi al Santo Padre.

Vi è un altro passo del Vangelo da considerare importante per il tema che stiamo trattando. Lo ricaviamo dal Vangelo di san Marco, al capitolo 16. Sono poche parole, ma molto chiare e direi anche estremamente severe.

Gesù ha appena dato il compito alla sua Chiesa di predicare il vangelo ad ogni creatura, come ci ha ricordato anche san Matteo, Poi aggiunge questa frase lapidaria: "Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato".

Tutti capiamo bene che qui si sta parlando della salvezza del Paradiso e della condanna dell’Inferno. Paradiso e Inferno: verità serissime, gravissime, che riguardano la vita eterna di ciascuno di noi. Verità dimenticate, purtroppo.

Ora, riflettiamo un istante: Gesù lega il destino eterno di ogni uomo alla fede che insegnerà la Chiesa. Chi crederà alla fede insegnata dalla Chiesa andrà in Paradiso. Chi, per colpa propria, non crederà alla fede insegnata dalla Chiesa andrà all’Inferno.

Ora, è impossibile, visto le conseguenze che derivano dall’accettare o dal rifiutare l’insegnamento della Chiesa in materia di fede, che la Chiesa si possa sbagliare.

Chi rifiuterà la fede proposta dalla Chiesa rifiuterà la vera fede, annunciata infallibilmente, dal Papa, che è capo visibile della Chiesa. Chi rifiuterà sarà condannato alla dannazione eterna.

Chi accoglierà la fede proposta dalla Chiesa, accoglierà la vera fede, annunciata infallibilmente dal Papa, capo visibile della Chiesa e sarà destinato al Paradiso.



Infallibilità nella storia



Come sempre facciamo in queste conversazioni di apologetica, dedichiamo una parte della nostra conversazione al campo della storia.

Il dogma della infallibilità fu definito solennemente durante il Concilio Vaticano I, nell’anno 1870.

La costituzione dogmatica Pastor Aeternus recita: «Noi, quindi, aderendo fedelmente a una tradizione accolta fin dall’inizio della fede cristiana, a gloria di Dio, nostro salvatore, per l’esaltazione della religione cattolica e la salvezza dei popoli cristiani, con l’approvazione del santo concilio, insegniamo e definiamo essere dogma divinamente rivelato che il romano Pontefice, quando parla ex cathedra, cioè quando, adempiendo il suo ufficio di pastore e maestro di tutti i cristiani, in virtù della sua suprema autorità apostolica, definisce che una dottrina riguardante la fede e i costumi dev’essere ritenuta da tutta la Chiesa, per quell’assistenza divina che gli è stata promessa nel beato Pietro, gode di quell’infallibilità, di cui il divino Redentore ha voluto dotata la sua Chiesa allorché definisce la dottrina riguardante la fede o i costumi. Quindi queste definizioni sono irreformabili per virtù propria, e non per il consenso della Chiesa».

Si tratta di una definizione solenne, dogmatica, alla quale ogni cattolico è tenuto a prestare l’assenso della fede, della sua intelligenza e della sua volontà.

Questa definizione dice una cosa interessante anche dal punto di vista storico: afferma infatti – lo abbiamo sentito – che si tratta di una tradizione "accolta fin dall’inizio della fede cristiana".

Può essere interessante, a questo punto, vedere in quali occasioni è stato riconosciuto il carisma dell’infallibilità della Chiesa, e del Papa, in epoca antica.

Vediamo qualche esempio che traggo – come ho tratto molte delle cose che vi ho detto – dal bel libro di P. Roberto Coggi, intitolato "La Chiesa" e pubblicato dalle Edizioni Studio Domenicano.

Il libro raccoglie le conversazioni che P. Coggi ha tenuto proprio dai microfoni di Radio Maria e dunque vorrei ringraziare l’autore anche a nome di tutti gli ascoltatori.

Un primo esempio ricordato da P. Coggi è quello di S. Ignazio di Antiochia, morto intorno all’anno 110 martire a Roma. Siamo dunque in epoca antichissima e Ignazio dice che i cristiani di Roma "sono puri da ogni estranea macchia". Vale a dire da ogni errore e qui si prefigura l’infallibilità della Chiesa, e del suo Capo visibile, in particolare, fin dall’inizio del secondo secolo.

Un secondo esempio viene dal grande S. Ireneo, vescovo di Lione, vissuto nel II secolo. S. Ireneo riconosce la fede della Chiesa di Roma come norma per tutta la Chiesa.

Sentiamolo: «Con questa Chiesa, a causa della sua più alta preminenza, deve accordarsi ogni altra Chiesa, poiché in essa si è conservata la fede apostolica».

Qui è chiaro che l’immunità dall’errore propria della Chiesa di Roma presuppone l’infallibilità del suo maestro, il vescovo, il Papa.

San Cipriano, vescovo vissuto nel III secolo, definisce la Chiesa di Roma come la "Cathedra Petri" e parlando degli avversari che pure volevano fare approvare le loro dottrine eretiche dal Papa, scrive: «Essi non pensano che devono trattare con i Romani, la cui fede fu lodata dalla gloriosa testimonianza dell’Apostolo, e presso i quali l’errore non può trovare alcun accesso».

Queste parole meritano di prestare loro particolare attenzione. Per san Cipriano nella Chiesa di Roma, quindi nel Papa, non può albergare l’errore. Dunque, il tema dell’infallibilità era noto, anche in epoca assai antica. Certo non era esplicitato come lo sarà dopo il Concilio Vaticano I, ma non era sconosciuto.

Un altro esempio viene da san Girolamo, vissuto nel IV secolo, il quale, richiedendo al Papa Damaso una decisione a proposito di una questione dibattuta in Oriente, scrive: «Solo presso di voi si conserva inalterata l’eredità dei padri».

Il P. Coggi autore del libro che fa da guida a questa nostra esposizione, riporta altri esempi storici che dimostrano come anche nei tempi antichi si avesse coscienza della infallibilità della Chiesa, oltre che del vescovo di Roma.

Egli cita l’esempio di S. Teofilo, successore di S. Ignazio nella Chiesa di Antiochia, il quale diceva che come le navi si infrangono se escono dal porto ed entrano nel mare in tempesta, così gli uomini fanno naufragio quando abbandonano la "cattedra di verità".

Dunque la Chiesa era ritenuta, fin dalle origini, "cattedra della verità", ove non poteva albergare l’errore.

S. Ireneo, vescovo di Lione, insegnava che dove c’è la Chiesa c’è lo Spirito Santo ed è impossibile trovare la verità se non nella Chiesa, che possiede il "carisma della verità".

E ancora san Cipriano, verso l’anno 250, scrive: "Tutti coloro che abbandonano Cristo si perdono nei loro errori, ma la Chiesa che crede in Cristo e rimane fedele alla verità ricevuta, non si separa da lui".


Conclusione



Possiamo dunque concludere questa breve e sintetica carrellata storica ribadendo come la Chiesa, grazie all’assistenza dello Spirito Santo promesso e inviato da parte di Gesù, gode del dono o carisma dell’infallibilità nell’insegnare e nel credere le verità della fede.

Dobbiamo infatti ricordare che l’autorità che Gesù ha conferito alla Chiesa è prima di tutto un’autorità dottrinale, e riguarda la trasmissione e la custodia del deposito della fede.

Siamo dunque grati a Dio per avere dato alla Chiesa e al Papa un dono così grande, che ci assicura della bontà e della verità della fede che professiamo.

Grazie.




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