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CHIESA GERARCHICA

Ultimo Aggiornamento: 02/09/2009 11:23
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02/09/2009 11:23

In principio era il Primato
Autore: Alessandro NICOTRA

Alla fine del primo secolo la Chiesa era strutturata gerarchicamente e il Vescovo di Roma ne era a capo. Una prova.

Non sono pochi, anche tra i cattolici, quelli che mettono in dubbio il Primato della Chiesa romana, basato sul mandato che Cristo stesso affidò a Simon Pietro: "E io ti dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa" (Mt 16,18).
Eppure, esistono documenti extrabiblici che attesta no e testimoniano come, sin dalla fine del primo secolo, nelle comunità cristiane fosse viva la consapevolezza di una Chiesa strutturata gerarchicamente, con al vertice il vescovo di Roma, ovvero il Papa.
La prova sta in una lettera di Papa Clemente I, scritta sul finire del primo secolo, pervenuta ci sia attraverso il Codice Biblico Alessandrino (V sec.), sia attraverso il Codice Greco 54 (XI sec.), custodito a Gerusalemme.
Ecco i fatti. Nella comunità di Corinto alcuni fedeli avevano sollevato una sedizione contro i capi della Chiesa locale e l'eco di tali disordini, sfociati nella ingiusta rimozione di alcuni presbiteri, era arrivata sino alla Chiesa di Roma, che stava subendo la persecuzione di Domiziano.
La lettera di Clemente I si riferisce proprio a questa persecuzione, da poco terminata quando il Papa mette mano allo scritto, per giustificare il fatto di "aver troppo tardato a dirimere alcune questioni che sono in discussione tra voi".
Come potrebbe dirimere alcunché ci domandiamo - chi non ha la necessaria autorità? E perché mai dovrebbe farlo il vescovo di Roma, se ha già i suoi bravi problemi dovuti alle continue persecuzioni? La Chiesa di Corinto, oltretutto, si trovava molto lontana da Roma, ma evidentemente il Papa avverte il suo intervento come un dovere.
Dovere che, a nostro avviso, nasce dalla consapevolezza di sedere sulla cattedra di Pietro e di possedere, per ciò stesso, una indiscussa autorità sulla Chiesa universale.
Sta di fatto che il vescovo di Roma, sicuro di essere ascoltato, richiama all' ordine i ribelli e li ammonisce, ricordando loro la responsabilità che hanno di fronte a Cristo: "Ma se qualcuno non obbedisce a ciò che per nostro tramite Egli [Cristo] dice, sappiamo che si vedrà implicato in una colpa e in un pericolo non indifferente. Noi però saremo innocenti di questo peccato".
Il richiamo all' obbedienza da parte del Papa è significativo al pari delle minacce spirituali riservate a chi disobbedisce. Siamo di fronte, indubbiamente, ad un gesto di correzione fraterna da parte di chi deve confermare i suoi fratelli nella fede, ma anche alla consapevolezza della propria responsabilità sulla Chiesa intera.
Da Eusebio di Cesarea (Historia Ecclesiastica, IV, 23, 11) sappiamo che tale avvertimento pontificio venne accolto, ascoltato e messo in pratica, con ciò confermando l'autorità normativa e disciplinare di chi aveva pronunciato tale monito.
Che importanza ha per noi questo documento? Enorme. Se da un lato ci dimostra che sin dalle origini e persino in comunità fondate direttamente dagli apostoli (Corinto) esistevano dissidenti e teste calde, d'altro lato questa epistola riveste il valore di prova che alla Chiesa di Roma e al suo Vescovo veniva riconosciuto il Primato sia giuridico che di governo rispetto alle altre chiese.

Bibliografia
Gianpaolo Barra, Il Primato di Pietro nella storia della Chiesa, Mimep-Docete, Pessano (MI) 1995.
Francesco Gligora - Biagia Catanzaro, Storia dei papi da san Pietro a Giovanni Paolo II, 2 voll., Panda edizioni, Padova 1989.
Enciclopedia Cattolica, voce Clemente I, vol. III, coll. 1809-1815.



IL TIMONE – Settembre/Ottobre 1999 (pag. 7)
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