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Omelia su Santa Caterina da Siena e la virtù dell'OBBEDIENZA

Ultimo Aggiornamento: 03/09/2009 11:21
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03/09/2009 11:16



Insegnamento su santa Caterina da Siena alle suore domenicane

[...] perché vi ha dato principi di spiritualità molto solidi e molto domenicani, Santa Caterina da Siena. Io vorrei proporvi tre punti fondamentali sui quali meditare, poi vorrei sapere soprattutto da coi che cosa ne pensate della vostra vita domenicana e cateriniana. Quindi io vi proporrei questi tre aspetti particolari, sempre nel contesto, come si dice oggi (ahimè un contesto un pochino discutibile) il contesto del così detto profetismo. Vedremo un po’, cercheremo di chiarire, di precisare il significato di questa parola e come lo si può vivere e applicare al giorno di oggi e soprattutto come la stessa Santa Caterina ci ha dato l’esempio di un profetiamo molto realistico, per così dire.

Orbene, cominciamo da questo: Santa Caterina anzitutto è nota per il suo particolare amore a Gesù Cristo, nostro Signore. Direi che il fondamento della sua spiritualità è un fondamento essenzialmente cristocentrico, è tutta orientata verso il Cristo. Il suo cristocentrismo però non toglie nulla alla caratteristica tipicamente, squisitamente domenicana del teocentrismo, perché ovviamente Ella vede il Cristo, come descrive lei stessa, vede in Lui il ponte, cioè il Mediatore tra gli uomini e Dio. Il Mediatore assolutamente imprescindibile, necessario: senza il Cristo non si accede al Padre, è l’unica via di salvezza, la via, la verità e la vita, come dice Gesù stesso. All’infuori di Lui, all’infuori di Gesù non c’è salvezza, quindi per condurre le anime a Dio bisogna innanzi tutto condurre le anime a Gesù, questa è la prima istanza cateriniana, condurre le anime a Dio significa condurre, nel fuoco del Divino Spirito, a Gesù, perché nel Sangue di Gesù le anime si redimano, si purifichino e accedano, tramite quel ponte che è l’umanità beata del nostro Salvatore, accedano alla Trinità Santissima.

Vedete, è una teologia estremamente profonda ed estremamente attendibile, San Tommaso direbbe: ecco, Santa Caterina ha capito perfettamente che cosa è la strumentalità universale, ma comunque strumentalità dell’umanità del Verbo. Il Verbo che ha assunta la nostra umanità, l’ha assunta per costituirla strumento universale di salvezza. E’ la dottrina ripresa anche recentemente dal concilio vaticano II, questa bella idea del Cristo, sia storico che mistico, che è sacramento universale di salvezza, segno e strumento. Segno che significa la salvezza e strumento che efficacemente la produce, però Colui che santifica è sempre e solo Dio. Però nel santificare, Iddio santifica sempre e solo tramite il Cristo. E’ la grazia di Cristo redentore quella che noi riceviamo e questo a causa del nostro peccato. Santa Caterina, come voi ben sapete, aveva questa spiritualità intensa del Sangue di Gesù. Al giorno di oggi ahimè questa spiritualità tende a perdersi, persino la festa del Sangue prezioso di Gesù non è più festeggiata come una volta, invece è una cosa molto importante questa, il Sangue di Gesù è proprio il mezzo universale di salvezza del genere umano. Gesù ha pagato sulla Croce il prezzo del nostro riscatto, redemptio, vedete la parola redemptio significa proprio redimere, riscattare. Ecco allora molto domenicanamente, per quanto concerne l’impostazione teologica, Santa Caterina fa eco alla nostra teologia tomistica, secondo la quale la redenzione è proprio il motivo specifico per cui il Verbo si fece carne.

Noi non neghiamo quello che affermano i francescani, la scuola di Dum Scoto, non neghiamo che Gesù di fatto, con la sua natura umana assunta ricapitola in sé anche tutte le creature, tutte le creature umane, persino tutte le creature, tutto il mondo. Certo non potremmo negare, d’altra parte è una verità rivelata da Dio. Quello che diciamo è che Iddio avrebbe potuto manifestarsi all’uomo, se non avesse peccato, in tanti modi, liberamente, ma il modo più conveniente di salvare l’umanità dopo il peccato era quello dell’incarnazione e delle morte del Figlio di Dio in Croce. Così Dio ha realizzato perfettamente e la sua infinita misericordia e la sua severa, austerissima giustizia. Come dice ancora San Tommaso, "solo il Cristo poteva e doveva redimerci, in quanto Dio poteva, solo Lui, perché nessun uomo, per quanto soffrisse, per quanto volesse espiare, per quante penitenze facesse, per quanto amasse, (perché poi l’anima della penitenza, l’anima del merito è l’amore soprannaturale), ma nessuna creatura umana, con un amore solamente umano avrebbe potuto ottenere la salvezza del genere umano, non era possibile. Solo Dio, con il suo infinito amore, era in grado di espiare un’offesa infinitamente malvagia rivolta contro Dio infinitamente buono.

E Gesù nel contempo, non solo poteva come Dio, ma doveva come uomo, si rese, come si dice oggi, solidale con gli uomini (anche se la parola non mi piace molto perché se ne abusa un tantino), comunque si rese simile a noi, in tutto al di fuori del peccato. Vedete come la sua natura umana fu assunta proprio in vista della Pasqua, della morte e della resurrezione, in vista di quello spargimento salutare di Sangue che è la nostra redenzione.

E allora si capisce questo elemento cristocentrico essenziale nella spiritualità cateriniana. Voi sapete bene che Lei, da bambina, ebbe questa stupenda visione di Gesù che le apparve assieme agli apostoli e in questa visione Lei ha capito anche la sua missione, cioè condurre le anime a Gesù, Gesù uomo, ponte tra l’umanità e Dio, l’unico imprescindibile mediatore tra noi e Dio. Perciò la sua carità apostolica consisteva proprio in questa impostazione cristocentrica, cioè nel dire a tutti coloro che Lei incontrava, che solo ed esclusivamente in Cristo si trova la nostra salvezza. Oggi si dice: è integralismo, no, non è integralismo, è cristianesimo. E’ così semplice, il cristianesimo non può essere che integro, perché, come dice l’amico San Tommaso d’Aquino: "bonum ex causa integra, malum ex quocumque detectur", il bene sorge da una certa integrità della cosa, ma basta un solo difettuccio, perché la cosa non sia più buona. Quindi è una cosa strana, questa tendenza del bene ad essere qualcosa di totale, il male può essere parziale (anzi, sempre è parziale, se il male fosse totale lo sa già San Agostino e lo descrive molto bene, se il male fosse assoluto, come pensavano i manichei, quel male non ci sarebbe più. Il male assoluto è il non essere assoluto, quindi non potrebbe darci fastidio, il male ci dà fastidio proprio perché è un male relativo, cioè la privatio boni debiti).

Quindi in questo senso la bontà ha una certa sua esigenza di totalità, questo sia nella fede che nella carità. Noi aderiamo a Cristo in questo duplice modo, soprannaturale si capisce, tramite la virtù della fede, con l’intelligenza, e tramite la virtù della carità con l’affetto della volontà. Entrambe queste adesioni hanno una certa esigenza di totalità. Inutile che lo spieghi, perché lo sapete già benissimo. La fede è –in che cosa peccano gli eretici? Peccano non solo perché escludono alcune verità della fede, ma proprio perché loro vogliono sostituirsi a Dio per giudicare quello che è di fede e quello che non è di fede. La presunzione è molto più grave di quello che potrebbe apparire a prima vista. L’eretico, diciamo, è quello che crede la metà del credo e l’altra metà la lascia in disparte. A questo punto uno potrebbe dire: "Bé, poverino.."Invece no, c’è una malizia molto peggiore, c’è una superbia veramente satanica, è per quello che i nostri antenati hanno avuto un tale ribrezzo per gli eretici, perché sapevano che sono dei corruttori della fede, corruttori quindi delle anime e anzitutto dei superbi che si mettono al posto di Dio. Perché la regula fidei, il motivo formale per cui noi crediamo, non è che a noi piace credere, no, può anche non piacerci ( generalmente ci piace, per fortuna), però anche se non ci piacesse, non è quello che è importante, importante che Dio lo ha rivelato e noi in oboedientia fidei, obbedendo, sottomettiamo il nostro intelletto a questo canone, a questa regola della fede. La fede è quella, non è opinare, come si pensa al giorno di oggi. "A me piacciono tutti i dogmi tranne quello dell’inferno!". Certo quello dell’inferno è un dogma un po’ antipatico, sorelle care, però bisogna credere a tutti, anche a quelli un po’ antipatici, non solo a quelli che ci piacciono, come si dice. Oggi si crede molto a questo spontaneismo: "Mi va" quando sento dire così già sono un poco in apprensione, "mi va che così sia". Non c’è: mi va o me la sento, ecc. : le cose stanno così, perché Dio le ha rivelate. Allora in questo senso è necessario mirare all’integrità della fede.

Integrità della carità, fin troppo evidente, ancora dice San Tommaso che contro la carità si pecca con tutti i peccati, anche con i più piccoli, stranamente, contro la virtù più grande si pecca anche con i peccatucci più piccoli. Perché? Perché la carità riassume in sé tutte le altre virtù. Perché questo? Perché ogni particolare virtù realizza una finalità particolare, mentre la carità realizza la finalità ultima, cioè il nostro ordine a Dio. Ora le virtù che realizzano dei fini particolari non sarebbero perfette se non conducessero in ultima istanza a Dio. Quindi ogni disordine rispetto ad un valore particolare è sempre implicitamente un disordine rispetto al valore globale che è quello della carità, adesione al fine ultimo. Anche questo i nostri moderni stentano a capirlo, perché loro pensano: "io amo il Signore, poi per il resto mi arrangio io", per quanto concerne i comandamenti del Signore ecco qui ho delle opinioni molto personali, per quanto concerne il mio affetto, il mio amore (sorelle, ahimé c’è da stare molto attente, perché Gesù dice il Vangelo: "non chi mi dice Signore, Signore", non chi dice "Signore ti amo" con una professione puramente verbale, "ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli"). Quindi c’è un’esigenza di una globale adesione a Dio, sia tramite la fede, sia tramite la carità. Come la fede non può escludere nessun dogma, così la carità non può escludere nessun precetto del decalogo. Non si può dire: "A me piacciono quegli o quegli altri precetti, ma quegli altri non mi piacciono". Per la carità mi devono piacere tutti, anche se non mi piacessero, con l’ubbidienza devo appunto piegare la mia dura cervice a quello che il Signore mi insegna.

Ora questa è la consapevolezza profondamente cateriniana, cioè la necessità di aderire con tutto l’animo, integralmente a Cristo, al di fuori del Quale non c’è salvezza. Santa Caterina lo fa, non facendosi crociata, (c’è sempre questa obiezione contro il medio evo, tempo delle crociate), eppure Santa Caterina non era affatto nemica delle crociate, seppure non era questo il suo modo di evangelizzare, così pure il nostro Santo Padre Domenico era ben amico dei crociati, che il Papa ha convocato contro gli albigesi, però il suo modo di predicare la fede era ben diverso. Però non era, come si pensa oggi, che San Domenico avesse condannato l’istituzione della crociata. Noi spesso ci vergogniamo di queste cose, invece non abbiamo ragione di farlo, perché poi la verità storica è ben diversa da quella che si pensa oggi. Si pensa quasi che questi albigesi fossero degli agnellini innocenti, povere vittime di un potere ecclesiastico spietato, mentre erano degli assassini e dei suicidi, un movimento estremamente cruento.

continua..........


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