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Innamoriamoci della Sacra Scrittura! Essa ha per Autore Dio che, con la potenza dello Spirito Santo solo, è resa comprensibile (cf. Dei Verbum 12) attraverso coloro che Dio ha chiamato nella Chiesa Cattolica, nella Comunione dei Santi. Predisponi tutto perché lo Spirito scenda (invoca il Veni, Creator Spiritus!) in te e con la sua forza, tolga il velo dai tuoi occhi e dal tuo cuore affinché tu possa, con umiltà, ascoltare e vedere il Signore (Salmo 119,18 e 2 Corinzi 3,12-16). È lo Spirito che dà vita, mentre la lettera da sola, e da soli interpretata, uccide! Questo forum è CONSACRATO ALLO SPIRITO SANTO e sottolineamo che questo spazio non pretende essere la Voce della Chiesa, ma che a Lei si affida, tutto il materiale ivi contenuto è da noi minuziosamente studiato perchè rientri integralmente nell'insegnamento della nostra Santa Madre Chiesa pertanto, se si dovessero riscontrare testi, libri o citazioni, non in sintonia con la Dottrina della Chiesa, fateci una segnalazione e provvederemo alle eventuali correzioni o chiarimenti!
 
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Omelia su san Tommaso d'Aquino

Ultimo Aggiornamento: 03/09/2009 09:41
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03/09/2009 09:33

C’è quasi una legge di inversa proporzione, più la Scrittura usa immagini banali, più sublime è il mistero che si cela in essa. San Tommaso conosceva tutta la dottrina della pluralità dei sensi della Scrittura, dice che c’è una pluralità anche dei sensi letterali, poi naturalmente dei sensi spirituali della Scrittura. Si chiede perché ci sono tanti sensi, anche letterali e fra le tante altre cose dice anche: "perché gli uomini si diano da fare". Quasi a dire, per dare lavoro agli esegeti, in sostanza, tanti sensi perché l’uomo si dia da fare per capire quello che si cela nelle divine Scritture.

Ovviamente lo scopo della ragione nella teologia è anche apologetico. Il teologo deve disputare con chi nega la fede. Non può dimostrargliela, però può smentire apparenti dimostrazioni dell’avversario. Se uno mi dice: "La Trinità è impossibile!", allora io gli chiedo: "Perché? Favorisca dimostrarmelo", dice : "Tre non possono essere uno!", io dico : "In che senso lei dice che tre è tre e uno è uno?", poi viene fuori che uno è per lui uno matematico e tre è ancora tre matematico. C’è da distinguere, distinguere oportet, e quindi cerco di condurlo dal tre matematico al tre metafisico. Vedete il metodo apologetico, in cui, più che in ogni altro settore, vale questa sapienza degli antichi scolastici, i discepoli di San Tommaso. Si dice appunto di un buon tomista: "Raro concedit, numquam negat, semper distinguit", raramente concede qualcosa, non nega, perché generalmente è buono, però distingue, distingue sempre, queste sfumature, coglie le sfumature del discorso. Questa è la funzione apologetica della ragione nell’ambito della fede.

La ragione è autonoma a causa dei suoi primi principi. I primi principi della ragione hanno una evidenza apodittica, sono certi, ovvi, non c’è bisogno di nessuna illuminazione, di nessun tipo da parte di Dio. San Tommaso respinge nettamente la tesi agostiniana della illuminazione divina. Quindi i primi principi della ragione, le famose verità eterne di San Agostino, le verità eterne per San Tommaso non derivano affatto dalla divina rivelazione, ma sono quelle verità che appartengono in proprio all’intelletto umano. Vedete come San Tommaso dà vita alla giusta autonomia dell’intelligenza umana e fa vedere come ridurre la creatura al Creatore, non è fare un piacere al Creatore, perché il Creatore si mostra grande nel decentramento delle sue creature.

Una creatura meschina, ridotta, non manifesta un Creatore grande. Una creatura robusta, (scusate se dico così, non penso alla robustezza fisica), robusta ontologicamente, ricca ontologicamente, una creatura ontologicamente consistente narra le meraviglie dell’ente, canta le glorie di Dio.

San Tommaso è ben convinto di questo, che Dio fece le creature dotandole di una certa autonomia persino da Lui, proprio perché questa è la più grande manifestazione della sua bontà. Quindi se l’uomo fosse pensante tramite l’intelletto divino, certo sarebbe una bella cosa, ma l’uomo non sarebbe uomo, l’intelletto non gli apparterrebbe. San Tommaso osserva sia negli agostiniani, sia negli avverroisti la disistima dell’uomo, la stessa disistima, disprezzo quasi implicito, per la natura umana. Gli uni credono che l’uomo pensa con il cervello dell’infima sfera animale, gli altri dicono che l’uomo pensa come la mente di Dio. In entrambi i casi non è l’uomo che pensa. Invece San Tommaso ha questa semplice convinzione che sia proprio l’uomo che pensi e con questo l’uomo è creatura, ma questa creatura dotata dell’autonomia dell’essere, del pensare, dell’agire rivela la grandezza di Dio. E’ comprensibile questo discorso? E’ un punto importante per capire questa impostazione tomistica. Perché talvolta ai cristiani di oggi San Tommaso appare quasi troppo profano, quasi empio (San Tommaso mi perdoni).

San Tommaso sottolinea l’autonomia della creatura per mettere in risalto la grandezza di Dio. In San Tommaso non c’è mai questo aut, aut, c’è questo et, et, c’è l’analogia, non la dialettica. Un guaio, ho letto un bel libro riguardo a Lutero, dice delle cose attendibili e tra l’altro dice che Lutero aveva la mentalità dialettica, o una cosa o l’altra, se non la prima, allora l’altra, come dire: "Giustificazione forense, allora non la grazia interiore". San Tommaso direbbe tranquillamente: "Ma c’è l’una e c’è l’altra". E’ chiaro che Dio mi giustifica con un atto di giustificazione esterna, dice: "Io ti perdono, figliolo", ma nel contempo mi dà la grazia che è l’effetto del suo perdono. Questa è la mentalità di San Tommaso che si potrebbe chiamare non dialettica, ma analettica, ricorre all’analogia.

Questo et, et ha diversi gradi di essere, non di un essere contro un non essere che si combattono a vicenda. Quindi in tal senso San Tommaso non dice: "Se c’è creatura, c’è poco Creatore", no, San Tommaso dice: "Più c’è della creatura, più c’è del Creatore, più l’uomo pensa, più è il riflesso di quel pensiero sussistente che è Dio". In questo senso, dice San Tommaso, l’intelligenza umana è autonoma, perché la luce della nostra intelligenza è in grado di cogliere i primi principi, che sono interamente suoi, mentre i principi di fede derivano, questi sì, dalla illuminazione divina. I principi di fede sono estrinseci, derivano da Dio, mentre i primi principi evidenti della ragione derivano dalla ragione stessa, prescindendo dai postulati di fede. Questi sono i principi evidenti, assolutamente indimostrabili, perché nella proposizione è per sé evidente il legame fra soggetto e predicato ed è talmente stretto, che non può esservi inserito un termine intermedio, non è suscettibile di dimostrazione. Anche in questo San Tommaso segue Aristotele che dice: "l’intelletto umano ha dei primi principi evidenti e su questa evidenza dei primi principi fonda poi le precognizioni".

Tuttavia la nostra intelligenza nel conoscere dipende da un lato dai primi principi, per sé evidenti, da un altro lato ha un’altra dipendenza, la dipendenza dei sensi. Vedete il realismo di San Tommaso. A San Anselmo diceva: "Guarda che mi piace la tua definizione di Dio come l’essenza assoluta, pensata dall’anima umana, però quello che noi pensiamo di Dio è ben poco, l’essenza non la afferriamo, se no sarebbe già la visione beatifica. Gli angioletti, mi dispiace, ma gli angioletti non li vedo". San Tommaso penso che si preoccuperebbe se li vedesse troppo spesso. Ogni tanto, in qualche atto mistico gli capitava anche questo, sapete che prima di morire ebbe questa visione, durante la celebrazione della Santa Messa (egli aveva tanta devozione eucaristica, sempre celebrava una Santa Messa lui, poi seguiva un’altra Messa come ringraziamento, poco liturgico secondo le ultime norme, ma è bello ringraziare con una Messa, per aver celebrato una Messa prima), durante una di quelle Messe, San Tommaso è entrato in estasi. Gli chiede poi fra Reginaldo, che era suo amico: "Maestro, perché non scrive più?", gli faceva quasi capire, poco fraternamente, che doveva morire presto. San Tommaso ha capito bene questa obbiezione implicita e dice: "No, non posso scrivere, perché ho visto delle cose davanti alle quali la Summa mi appare come una paglia.." Da quel tempo in poi gli anti-intellettualisti dicono: "Bé, anche San Tommaso dice che è tutto paglia, quindi chi ce lo fa fare studiare la Summa?". Però prima di dire che è tutto paglia, bisogna aver scritto tutta la Summa. Non ci sono scorciatoie nella divina filosofia. In tal senso San Tommaso era anche un grande mistico, ma aveva questo realismo nel dire che la visione di Dio, delle cose spirituali, non ci è data abitualmente. Quindi il nostro intelletto, di per sé, nella condizione naturale, è legato al senso.

La stessa conoscenza mistica sarà poi un’attuazione dei doni dello Spirito Santo, soprattutto del dono della sapienza, ma la conoscenza a noi connaturale è legata ai sensi: noi conosciamo astraendo dai dati sensibili. Vi anticipo ora questo, ma lo ripeterò, vi stancherò, ma è molto importante. San Tommaso è d’accordo su questo punto con Kant, Kant pure dice che la nostra intelligenza è limitata alla sensibilità, anche San Tommaso dice: "La nostra intelligenza si limita ai sensi", però, dice San Tommaso: "come punto di partenza, non come punto di arrivo". Kant ha una limitazione dell’intelligenza ai sensi nel punto di arrivo, San Tommaso nel punto di partenza. Noi nel dato sensibile, per astrazione, scorgiamo qualcosa che oltrepassa la sensibilità, ossia noi non abbiamo l’immediato contatto con l’intelligibile, noi contempliamo l’intelligibile nel sensibile, però nel sensibile noi non contempliamo solo il sensibile, ma anche l’intelligibile.

Quindi io le leggi dell’essere, dell’ente in quanto ente, non le contemplo in sé, se no sarei nella visione beatifica, io vivendo su questa terra conosco le leggi dell’ente in quanto ente nelle cose sensibili, però nelle cose sensibili afferro dei principi che appartengono alle cose sensibili, non in quanto sensibili nella loro contingenza passeggera, ma in quanto enti. Importantissimo questo, se si capisce questo, si capisce quasi tutto San Tommaso, dico quasi, ma è veramente fondamentale.

Notiamo poi che il trascendente è spiegabile con la estrapolazione analogica, cioè in qualche modo il dato sensibile è univoco, però nell’univoco si contemplano delle proprietà, che poi analogicamente competono al sensibile e a ciò che sensibile non è. Quindi è permesso all’intelletto umano dal sensibile, analogicamente, innalzarsi al non sensibile. Noi non possiamo vedere gli angioletti, ma possiamo ragionare sugli angioletti, checchè ne dica Kant. Tanto più su Dio.


continua....


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