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Omelia su san Gregorio Magno, Pontefice

Ultimo Aggiornamento: 03/09/2009 10:33
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03/09/2009 10:32



Omelia su san Gregorio Magno

Questo giorno di oggi, 12 di Marzo, è la festa di S. Gregorio Magno Papa, ed è cosa del tutto consona allo spirito della sacra liturgia quella di celebrare le feste dei Santi anche nel tempo della sacra quaresima, certo tempo forte, tempo penitenziale, tempo di preparazione alla Santa Pasqua. Ma chi mai era più discepolo della Croce di colui che è il Santo di Cristo? Vedete i Santi del Signore si sono rivestiti della potenza della Santa Croce ed hanno combattuto la santa e pacifica battaglia del Santo Vangelo. E così, cari fratelli, celebrare le feste dei Santi è ancora celebrare i trionfi di Dio nelle anime umane. E che cosa vuole il Signore se non appunto questo: trionfare sulla dura cervice nostra, avere Lui il primo posto, quel posto che gli spetta nella nostra anima e nel nostro cuore? "Ascolta, o Israele, il Signore è il tuo Dio, il Signore è uno solo, non avrai altri dei al di fuori del Signore e amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutte le tue forze". Vedete, cari fratelli, la sublimità e la grandiosità della vittoria della Croce del Signore, vittoria sul peggiore nemico. I Santi tutti sapevano di essere in combattimento duro e senza tregua in questo pellegrinaggio terreno, il combattimento contro il nemico peggiore perché nemico interiore, contro la triplice concupiscenza che fa dell’anima nostra la preda del demonio.

E così, cari fratelli, proprio in questo sacro tempo della quaresima, che ci ricorda le tentazioni di Gesù nel deserto, ebbene anche noi dobbiamo comprendere noi stessi come anime in un santo combattimento, sostenuti dalla potenza trionfatrice della Croce di Cristo, morto e risorto per noi. Allora, cari fratelli, è del tutto consono, è cosa molto bella, lodevole, degna, celebrare le feste dei Santi anche in questi tempi forti, perché sempre si celebra il mistero di Dio e il mistero del suo Cristo.

Ebbene, S. Gregorio Magno di che cosa ci lascia esempio? Anzitutto del suo stesso governo della Chiesa. Egli è stato chiamato ad essere successore di S. Pietro, ad essere il Papa della Chiesa universale. Ed è con S. Gregorio che in particolare si consolidò quella giusta e legittima autorità che per volontà del Signore doveva essere proprio quella del sommo Pontefice, potestà vicariale, ma nel contempo a nome di Cristo, potestà universale, potestà di giurisdizione, potestà che si estende su tutta la Chiesa e che raggiunge ogni anima di ogni cristiano, ogni anima battezzata e sottoposta a quel potere che il Cristo ha lasciato a S. Pietro. E non solo, oserei dire che ogni ragionevole, ogni razionale creatura, come ebbe a scrivere il Papa Bonifacio VIII, ogni razionale creatura deve sottomettersi "ad nutum summi Pontificis", Perché questo? ebbene perché il Pontefice rappresenta il Cristo sulla terra. Come dice appunto Santa Caterina: "Il Papa è il dolce Cristo in terra"

Come è bello vedere proprio l’autorità pontificale, sacerdotale e anche l’autorità temporale ai suoi albori del papa S. Gregorio Magno. Cari fratelli, quello che mi stupisce sempre di più meditando sul mistero di questi uomini che si sono santificati tramite il governo o episcopale o addirittura pontificale, ebbene cari fratelli, quello che mi stupisce sempre di più è quella, diciamo così, loro autorità (come si suol dire), parola facile a dirsi , ma meno facile a comprendersi ed ancora meno da esercitarsi come realtà. Si dice spesso al giorno di oggi, che l’autorità è un servizio, ma si dimentica l’altra parte di questa verità e cioè che certamente se l’autorità è un servizio, tra tanti servizi che ci sono nella società e nella Chiesa, uno dei più significativi, anzi il primo, perché deve in qualche modo dirigere tutti gli altri servizi, è proprio quello di esercitare l’autorità. Esercitarla, cari fratelli, non di desistere da essa.

Vedete c’è stato un certo tempo, vi ricordate, non tanto lontano, negli anni sessantotto e seguenti, quando ci si diceva: "fantasia al potere! Irrazionalità al potere! Malvagità al potere, stupidità al potere!" e c’era chi si piegava, c’era chi assecondava, c’era chi diceva, anche tra i cristiani, "oh, finalmente l’autorità si fa servizio!" e non ci si avvedeva che sotto il nome di autorità a servizio si desisteva e dall’autorità e dal servizio.

Oh, cari fratelli, l’autorità è cosa molto delicata, molto preziosa, l’autorità è, direi, il sale della società. Senza l’autorità la società muore, senza l’autorità la società si dissolve, senza la società i regni diventano dei latrocini, come dice S. Agostino. Ecco, cari fratelli, quanta stima dobbiamo avere dell’autorità, persino della povera autorità umana, dell’autorità che può sbagliare e che anche sbaglia talvolta. Però sempre, cari fratelli, almeno noi cristiani, dobbiamo in virtù della fede ed anche con la virtù della penitenza, dobbiamo mantenere alta l’autorità e il diritto che essa ha a farsi ubbidire e a farsi riverire. Ma, cari fratelli, se l’autorità ha il diritto e il dovere di farsi ubbidire, noi abbiamo anche il diritto e il dovere di richiamare l’autorità ad esercitare i suoi doveri.

Vedete, cari fratelli, ciascuno nella società ha il suo dovere che gli è stato assegnato dalla provvidenza divina. Già il grande Platone diceva che la società è ordinata quando ogni cittadino si dedica a fare quello che gli spetta, ( ta …kratei traduzione greca), sembra così semplice, ma vedete come la società è sconquassata proprio perché si cerca di darsi sempre a quello che si dice "il carrierismo", la tendenza ad esercitarsi come arrampicatori sociali, la tendenza ad una falsa, sbagliata diplomazia, che non rinuncia certo alle poltrone, ma rinuncia invece alla propria responsabilità, vedete, cari fratelli. Così non ci si deve stupire se c’è una facciata ridicola, quasi buffa dell’autorità, ma non ce n’è più la res vera, la vera realtà della bellezza. Come invece erano sereni e santi quei personaggi dell’epoca patristica, in particolare il festeggiato di oggi, S. Gregorio, nell’esercizio della sua autorità.

Egli, che non si faceva mai chiamare "universalis Papa", non perché non sapesse che appunto che la sua autorità è universale su tutta la Chiesa, ma per motivi di vera e autentica umiltà, si faceva però chiamare: "Servus servorum Dei", ovvero il primo tra i servitori di Dio. Vedete, cari fratelli, come sottolineava il suo primato, giacché dice appunto il Signore: "Colui che vuole essere il primo tra voi, deve farsi il servitore di tutti". Servus servorum, non servilismo, non desistenza dall’autorità, ma l’affermazione del primato, "il primo servitore della Chiesa sono io, il vicario di Cristo". E questo non per mettere in evidenza me, non per spadroneggiare sulla fede dei fedeli, ma per amministrare il tesaurus fidelium e per condurre tutte le anime ai pascoli ubertosi del Cielo.

Vedete, cari fratelli, quello che mi stupisce sempre è come l’autorità, l’autorità vera, l’autorità robusta, l’autorità serena, l’autorità santificatrice, perché i superiori si santificano esercitandola, ebbene, cari fratelli, come l’autorità vera esclude l’autoritarismo. Basta una piccola aggiunta a quella parola, ma tutto è rovesciato. L’autoritarismo si oppone all’autorità ed è una cosa strana, paradossale, che proprio in un’epoca sconquassata dalla rivoluzione libertaria, dalla democrazia portata agli eccessi-- pensate al totalitarismo marxista, che dice che tramite la dialettica esso arriva al potere in quanto fa esplodere le contraddizioni insite alla democrazia libertaria, non dimentichiamocelo mai questo. Totalitarismo come effetto dell’anarchia. Notate bene, cari fratelli, come una democrazia che si stacca dalle sue radici soprannaturali, dal suo carattere per così dire sacro (e ogni potere o è sacro o non è), se si lascia profanare, se si lascia secolarizzare, se non pensa di dover dare proprio il conto a Dio, diventa un qualche cosa di spadroneggiante sul popolo, a nome del popolo stesso. Per ingannare chi? Ebbene ancora il popolo stesso. Vedete, cari fratelli. L’inganno del popolo perpetrato a nome del popolo.

Come è bello quello che dice S. Pietro, il primo Papa, nella sua lettera! Penso che sia il suo testamento spirituale a tutti i Papi suoi successori e a tutti coloro che hanno qualsiasi grado di autorità, di dignità nella Chiesa e anche nella società civile. Dice: "non ut dominantes in cleris, sed forma facti gregis ex animo", non come spadroneggianti in cleris, cioè nell’eredità ( voi sapete clerus dalla parola greca……cleronomia vuol dire appunto l’eredità), non come coloro che spadroneggiano sull’eredità del Signore, sul popolo santo di Dio, ma coloro che si fanno modelli del gregge, di buon animo, con amore governare la Chiesa, proponendo sé stessi, non con superbia, ma con squisita umiltà e vera autorità, proponendosi come modelli del gregge. Così dice S. Paolo, senza orgoglio alcuno: "fratelli, fatevi miei imitatori, come io lo sono di Cristo!". Che cosa dice S. Paolo? Dice : "Fatevi miei imitatori", cioè io mi sento responsabile di dare anzitutto il buon esempio a voi. Ma notate, cari fratelli, fatevi miei imitatori solo in quanto io non sono semplicemente Saulo di Tarso, ma in quanto sono l’apostolo di Gesù Cristo, in quanto io sono l’imitatore di Cristo. Siate dunque imitatori miei in quanto io lo sono di Cristo. Ecco, cari fratelli, notate come alla radice ( e questo è il paradosso del governo, dell’autorità nell’ambito della Santa Chiesa) come alla radice dell’autorità e del potere nella Chiesa c’è questa umiltà, l’umiltà secondo cui tutti, popolo e pastori, tutti, devono rendere ragione all’unico sovrano onnipotente Iddio e al Cristo, al quale solo spetta la regalità, per tutti i secoli dei secoli, amen.

Ecco, cari fratelli. Vedete la differenza fra un governo veramente soave e dolce, che rispettava anche il valore autenticamente naturale, cioè creato da Dio e insito per natura nell’umana società, ma nel contempo ostacolava il dilagare della triplice diabolica concupiscenza nella società tramite la gratia sanans Cristi, tramite la grazia sanante di Gesù Cristo.

Vedete, cari fratelli, quanto è subdola e sbagliata quella impostazione che anche ahimè alcuni sedicenti politici cristiani hanno messo in atto, cioè quando hanno detto che intanto noi siamo dei laici, come gli altri, siamo laici quasi allo stesso modo come lo è un partito repubblicano o un partito liberale e via dicendo. Ma qui c’è un grave fraintendimento della parola "laicità", miei cari fratelli. Vedete come l’autoritarismo non è l’autorità, così il laicismo non è la vera laicità. Ebbene, se si studiasse di più S. Tommaso d’Aquino, l’insigne angelico dottore, si saprebbe che proprio la sacralità del potere non ripugna per nulla alla giusta e sana laicità della società, alla vera laicità della società, la vera laicità. Perché che cosa vuol dire la laicità della società? Vuol dire che la società ci sarebbe comunque, anche se Iddio non si fosse compiaciuto di inviarci il suo sommo dono, cioè il Verbo Incarnato di Lui, Gesù Cristo, nostro Signore, re dei secoli. Capite, cari fratelli. Quindi anche senza la regalità gratuita di grazia, regalità soprannaturale di Cristo, comunque ci sarebbe l’umana società.

S. Tommaso lo sottolinea molto bene contro ogni tentativo proprio di fideismo. C’è chi dice: "la società c’è solo come conseguenza del peccato delle origini": no, dice S. Tommaso, la società e l’autorità e il potere ci sarebbe stato anche nel Paradiso terrestre e ci sarà in una certa forma anche nel regno dei Cieli, anche in Paradiso. Vedete, cari fratelli. Quindi la società è un fatto che fa parte della stessa natura umana. E fin qui siamo d’accordo. Distinzione tra il livello di fede della rivelazione gratuita e soprannaturale e dall’altra parte distinzione della natura che è l’oggetto dell’opera di Dio Creatore. Fin qui siamo nell’ambito della laicità.

continua......


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