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Omelia per la Prima Domenica d'Avvento

Ultimo Aggiornamento: 03/09/2009 10:35
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03/09/2009 10:35



Prima Domenica di Avvento

Cari fratelli nel Signore e Salvatore nostro, il salmo penitenziale di avvento, questo tempo di preparazione alla festa liturgica così solenne, così profonda, così commovente del Santo Natale, il tempo santo dell’avvento ci deve preparare alla venuta del Signore. E’ un tempo di preparazione. Di quale preparazione? Di preparazione interiore, quindi un tempo di riflessione, di approfondimento spirituale, un tempo di preghiera e di vigilanza, un tempo di rinuncia, di mortificazione, di discepolato alla scuola della Croce del Salvatore.

Cari fratelli, impariamo l’essenza del nostro cristianesimo, l’essenza del nostro appartenenza a Cristo, perché mai il Signore è venuto nel mondo? Egli viene per salvare la terra e tutte le genti della terra. Cari fratelli, la volontà di Dio, di quel Dio che ci ama, è una volontà di salvezza e di redenzione. E perciò, per essere conformi alla volontà del Padre nostro che è nei cieli e che ci ama e che ci redime, che ci santifica, ebbene bisogna cooperare a questa opera divina, sublime, divina della nostra salvezza.

Cari fratelli, cooperare all’opera della salvezza di Dio significa renderci conto, alla luce di Dio, della verità del nostro essere umano e cioè significa renderci conto che senza Dio noi non siamo nulla, che tutto quello che abbiamo, da Lui l’abbiamo ricevuto, che tutto è grazia sua.

Cari fratelli, quando venne il Signore per la prima volta, quando l’abbiamo incontrato per la prima volta sulla nostra strada, c’è stato forse, cari fratelli, c’è stato un momento in cui non avessimo incontrato il Signore? Da sempre, miei cari, da sempre lo abbiamo incontrato, perché Egli ci ha plasmato, Egli ci ha creato, Egli ci ha fatto suoi, da quando abbiamo visto la luce in questo mondo Egli già ci plasmava nel grembo di nostra madre. Iddio ci diede tutto quello che abbiamo, Iddio ci diede il nostro stesso essere, quel dono così grande dell’essere, dell’esistere, non solo, ci diede anche un qualche cosa di suo, un qualche cosa che ci assimila a Lui, ci diede la natura razionale, spirituale, l’intelligenza, la volontà, la libertà. E come se non bastasse, cari fratelli, Iddio, quando creò i primi uomini, li inondò della pienezza dei suoi doni, concesse a loro persino l’immortalità e l’impassibilità e li costituì dall’origine amici suoi, uomini santi, amici di Dio.

Ora noi sappiamo, cari fratelli, che l’uomo per la sua scelta libera, per la sua colpa, per il peccato delle origini ha perso questa amicizia con Dio, suo Creatore e santificatore. Ma Iddio è più grande del peccato dell’uomo, Iddio non permette che l’uomo si smarrisca completamente, che l’uomo si perda nelle strade di questa vita e allora Iddio, nella sua misericordia, in quell’abisso di misericordia che ricopre l’abisso delle nostre miserie umane, Iddio ci è venuto incontro e già ai primi uomini diede la lieta speranza, la speranza della venuta di Cristo Salvatore e redentore, quando profetizzò alla prima donna, la prima madre di tutti i viventi, ad Eva, che sarà un’altra donna, la seconda Eva, Maria Santissima, Maria Immacolata, Maria madre di Dio, madre del Salvatore, sarà Maria con la sua prole, Gesù Cristo, nostro Dio, nostro Signore, sarà Maria a schiacciare la testa di Satana!

Cari fratelli, quanta speranza avevano quei primi uomini, appena cacciati dal paradiso, ebbene pieni di lieta speranza, perché sapevano che alla fine dei tempi il Signore opererà la salvezza su questa terra. Allora il Signore, dopo la venuta nella creazione, il Signore venne un’altra volta, questa volta per ricreare tutte cose, per restaurare tutte le cose, ma restaura ogni cosa in Cristo, per ricapitolare tutte le cose in Cristo. Questa venuta è una venuta soprannaturale di grazia, di misericordia, di perdono, di riconciliazione, di salvezza.

Allora cari fratelli, questa venuta del Signore, la venuta del Verbo, la sua incarnazione, si verifica in quel momento in cui San Giovanni esprime con le parole: "e il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi". La prima venuta nella notte di Natale per portare il dono soprannaturale e santificante della grazia. La venuta di redenzione è quella dell’incarnazione, il Verbo consustanziale al Padre, uguale al Padre, della stessa maestà del Padre, il Verbo, la seconda persona della Trinità divina, il Verbo si riveste della nostra umanità, il Verbo prende la nostra fragile carne umana e tutto ciò assunse, tutto prese su di sé, tutto questo lo ha benedetto e santificato, tutto quello lo ha riconciliato con il Padre.

Vedete, miei cari, come noi veramente dobbiamo mostrarci redenti, salvati, riappacificati con il Padre in Cristo. "Egli, quando venne nel mondo", dice la lettera agli Ebrei "quando viene nel mondo Egli Dice: Tu non hai voluto da me sacrificio, ma mi hai dato una carne!". Che cosa vuol dire questo? Che il Salvatore, il Verbo di Dio, si è rivestito di una carne per offrire sul legno della Croce il sacrificio di espiazione. E la Croce e la resurrezione del Verbo incarnatosi per la nostra salvezza e nato dalla Vergine Maria, questa opera di salvezza è una grazia che ha inondato tutta la terra. Tutta la terra, cari fratelli, è ora piena della conoscenza di Dio! La saggezza di Dio, la conoscenza di Dio ricopre l’abisso della terra come il mare! Ecco come si adempiono le profezie, noi in Cristo, miei cari abbiamo la piena conoscenza di Dio, in Cristo abbiamo l’accesso alla salvezza di Dio.

Però, cari fratelli, la prima venuta ci offre la salvezza, ci dà la grazia, la grazia sufficiente e necessaria per essere santificati e riconciliati con Dio, però quel Dio, come ebbe a dire San Agostino, che ci ha creati senza di noi, ebbene Dio non ci salverà senza di noi. Che cosa si aspetta allora Dio da noi? Si aspetta un atto di amore, un amore di carità, di amore soprannaturale. Iddio vuole questo dall’uomo, Iddio è in ansia per questo, vuole che l’uomo lo ami! Cari fratelli, bisogna che ce ne rendiamo continuamente conto, il Signore non ci costringe, il Signore che ci ha creati liberi, ci vuole uomini liberi, non ci vuole come sassi, come pietre. Il Signore vuole il nostro cuore! Non vuole che la legge sia scolpita solo sulla pietra, vuole toglierci il nostro cuore di pietra e vuole darci un cuore di carne, un cuore sul quale sta scritta la sua legge, un cuore che sappia commuoversi, un cuore attento a Dio, un cuore serio, un cuore puro, un cuore circonciso, un cuore….., un cuore santo!

Vedete allora che cosa vuole Iddio da noi! Oh cari, è così bello, così profondo, così commovente leggere queste parole dei profeti, di Geremia, di Ezechiele, di Isaia, di Osea, come Dio piange, il suo cuore di padre piange, il suo cuore di sposo piange per l’infedeltà di Israele, della figlia di Sion, sua sposa, che ha abbandonato il suo amore, ma Iddio ci ama nonostante le nostre infedeltà, il Signore è più fedele di quanto noi possiamo essere fedeli.

Cari fratelli, come è grande la grazia di questo primo avvento del Signore! Egli viene per salvare tutta la terra, ci offre la salvezza, ci apre le sue braccia. Il Signore ci riconcilia, "Ecco" grida San Paolo : "ecco il momento opportuno, ecco il momento della salvezza, lasciatevi riconciliare con Dio" esclama il cuore nostro e quello di Paolo, lasciatevi riconciliare con Dio!. Il Santo di Javè, il momento della salvezza è venuto. In attesa della seconda venuta, perché la prima venuta è quella in cui Gesù offre il suo amore al mondo, ma vuole una risposta di amore, è in ansia per una risposta di amore puro e santo da parte nostra. Ci mette in grado di amarLo, circoncide il nostro cuore, ma vuole che rispondiamo liberamente, non da schiavi, ma da figli, da figli attenti, da figli che amano il loro Padre.

Vedete, cari fratelli, secondo questo saremo giudicati: se avremo saputo amare, ciascuno secondo le sue opere, perché il Signore tornerà alla fine dividerà le pecore dai capri e porrà gli uni alla sua destra e dirà: "venite, benedetti dal Padre mio, nel regno che è stato preparato per voi sin dall’inizio del mondo!" e dirà a quei dannati alla sua sinistra: "via da me, lontano da me nel fuoco eterno preparato per Satana e i suoi angeli". Vedete, cari fratelli, questa divisione si compie, ma non per la materialità delle opere, bensì per l’amore o per la mancanza di amore con la quale queste opere sono state compiute.

Miei cari fratelli, cerchiamo allora, in attesa dell’Eterno Giudice, di mantenere viva la fiamma della divina carità, perché la carità, dice San Paolo, è il vincolo della perfezione, la carità è la vita stessa di Dio, che esulta nei nostri cuori. Cari fratelli, siamo appassionati di Dio, circoncidiamo il nostro cuore, non permettiamo che il nostro cuore si appesantisca, come dice Gesù nel Vangelo, che il nostro cuore divenga freddo, non dico che divenga pieno di odio, ma che divenga una cosa ancora peggiore, che divenga pieno di indifferenza. E il mondo di oggi, cari fratelli, si muove proprio nell’indifferenza, il mondo di oggi non sa più amare. Per quello che Dostoiesvki, quel profondo uomo, quel cristiano dalle profonde intuizioni, nonostante tutti i suoi limiti, tuttavia Dostoievki ha questa profonda idea, dice: "Forse all’inferno non ci sarà tanto caldo, forse il fuoco infernale è un fuoco che raffredda, più che riscaldare".

Cari fratelli, guai a noi se ci abbandoniamo all’indifferenza. Il Signore, se pure non ha fatto un elogio per coloro che lo rifiutano certamente, tuttavia li stima di più di coloro che sono tiepidi, perché i tiepidi li vomita dalla sua bocca, come dice l’Apocalisse. Cari fratelli, non abbandoniamoci all’odio, alla freddezza, alla tiepidezza di questo mondo. Amiamo Dio, siamo appassionati di Dio, circoncidiamo il nostro cuore, proclamiamo la salvezza di Dio a tutte le genti della terra. Con coraggio, ci derideranno, ci odieranno, ci cacceranno, allora esulteremo con Dio, perché i nostri nomi sono scritti nel libro della vita nei cieli.

Ecco, cari fratelli, come questo secondo avvento, che è terrificante per tutti gli empi della terra, è esaltante, è gioioso per quegli uomini che portano accesa la fiaccola della verità e della carità, e questa è la presenza intermedia del Signore. Egli nella sua prima venuta, nell’umiltà della nostra natura umana, ha già inaugurato l’ultimo tempo, lo ha già santificato, elevato, riconciliato e ora dobbiamo aspettarlo come il giudice che deve venire. Nel frattempo Egli ci promette la sua presenza, non è che il Signore se ne sia andato in Cielo…, Egli che è alla destra del Padre nella sua gloria pensa a noi che siamo figli suoi, che siamo figli di Dio, eredi di Dio e coeredi di Cristo. Egli ci inonda con un fiume di grazie, quel fiume di cui dice la scrittura, che era dentro la città Santa di Dio, quel fiume scaturisce dalla Santa e divina Trinità e passa attraverso le piaghe di Cristo, le piaghe risanate dalla gloria della resurrezione per raggiungere il mondo intero. Ecco, cari fratelli, come la salvezza è sempre vicina a noi, non è qualcosa di lontano. Pensate, la parola divina che viene proclamata, gli insegnamenti del Signore e soprattutto la presenza dell’Eucarestia, la presenza di grazia in tutti i sacramenti.

Cari fratelli, viviamo alla presenza del Signore, perché possiamo sfuggire a quelle terribili cose che dovranno accadere e perché possiamo presentarci con coraggio al Cristo che verrà a giudicare la terra. Vedete, cari, la scrittura ci descrive questo avvicinarsi del Signore con dei segni premonitori, segni terrificanti, le potenze del Cielo saranno sconvolte, il sole si oscurerà, la luna non manderà più la sua luce e la gente sarà in ansia per i flutti del mare, gli elementi si scateneranno contro di noi. Cari fratelli, succede tanto spesso, ma l’uomo non riesce a individuare la volontà di Dio in questi segni, perché nulla, nemmeno le sciagure, nulla accade senza la volontà di Dio. Allora alcuni che non sanno bene, sanno però la volontà di Dio, si comportano come ribelli, esclamano: "Signore, dove sei!" se accadono le disgrazie, esclamano: "Dove sei!". Cari fratelli, magari ci fossimo fatti quella domanda: "Dove sei Signore?" nel momento in cui la tentazione diventa perversa ossessione, in cui dobbiamo peccare, in cui dobbiamo deturpare il dono di Dio nostro Padre.

La vera sensibilità del cristiano è questa: riconoscere il vero male, il vero male non solo i frutti del male, i terremoti, i cataclismi, le potenze sconvolte del cielo. I veri mali sono nascosti in un cuore di pietra, cari fratelli. Quando il Signore non solo permette, non permette soltanto, ci castiga di nuovo, ma ci vuole ancora buoni. Lo so che è difficile la lezione, ma un buon cristiano che capisce la differenza tra il male che non viene da Dio e il male castigo indotto da una …Iddio vuole quel male. Come Gesù che dice, riguardo alla torre di Siloe che è crollata, che ha ammazzato in un colpo ben quaranta uomini, ebbene Gesù ha detto: "Pensate forse che quelli che sono rimasti sotto la torre crollata, pensate che fossero peggio degli abitanti di Gerusalemme? No, vi dico, ma se non vi convertirete, perirete tutti allo stesso modo!"

Persino nei cataclismi solo Dio è padrone della vita e della morte, persino nei cataclismi si manifesta l’amore di Dio per l’uomo, l’amore che vuole la conversione dell’uomo, l’amore che vuole risposta di amicizia, ma lì si dice che l’uomo è torturato da urlare per il dolore subito, però non si convertirà. Il dolore invece che conduce alla salvezza, conduce alla disperazione e all’avvilimento: che profondo abisso della libertà umana!

Cari fratelli, allora cerchiamo di non essere quella creta che si ribella al vasaio, quella creatura che si ribella al Creatore, cerchiamo di abbandonarci nelle mani del nostro Padre onnipotente e buono che, anche quando castiga, ci vuole bene, non quei beni che noi superficialmente apprezziamo, la nostra vita, la nostra salute, le nostre ricchezze, i nostri agi, ma in vista di quel vero bene che è il bene di un cuore circonciso e salvato.

Ecco, cari e Gesù ci dice: "Quando vedrete apparire queste cose" non dice rattristatevi, non dice spaventatevi. Vedete la grandezza del Salvatore. Il Salvatore non ci nasconde nulla, ci dice tutta la verità, la triste verità, però ci dice: "rallegratevi!", come se volesse dirci: la vostra gioia deve essere più grande di ogni tristezza, le potenze del cielo si sconvolgeranno, ma il vostro cuore sarà fermo nella roccia dei secoli

Vedete, cari fratelli, quando sentiremo tutte quelle cose terribili, ebbene levate il capo, levare il capo è un segno messianico, il Messia stesso leva il capo nella sua corsa…, così chi appartiene al Messia leva il capo, si fa coraggio, pieno di gioia e di speranza. In mezzo ai guai, ai guai di questo mondo noi dobbiamo essere servi di Dio, condannare il male, ma esultare nella sofferenza, perché la nostra gioia, che non è di questa terra, è più forte, più profonda, più esultante di ogni tristezza che possa insultarci su questa terra.

Vedete allora miei cari, bisogna avere questa gioia della salvezza. La nostra liberazione è vicina, proprio quando il bisogno è più stretto e l’angoscia più grande, la liberazione è vicina. Cari fratelli, che cosa significa allora la liberazione, chi porta la liberazione? Il Signore Gesù che viene, re immortale dei secoli. La liberazione, miei cari, non è una costruzione umana, come bestemmiano quei tali che osano chiamarsi "teologi della liberazione". Se si costruisce dall’uomo, non dico che si finisce nell’uomo, si finisce nella bestia e tutti l’abbiamo negli occhi, …che se il Signore non costruisce la città invano faticano i nostri cuori. Allora si sente il coro delle obbiezione: "Ma questi buoni signori, non sono forse religiosi? Non vogliono anche loro Dio?", magari, magari fossero atei, sarebbe meglio per loro. Perché, cari fratelli, guai se uno bestemmia Dio a nome di Dio stesso! Perché se la salvezza non si affaccia dal cielo, allora non può crescere sulla terra, credetemi.

Quindi bisogna essere ben consapevoli di questo, che quando si pretende di costruire Dio è peggio ancora che costruire le torri di Babele, perché Dio non è costruibile da parte dell’uomo, non siamo noi, cari fratelli, ad avere la pretesa di salvare Dio, perché è Dio che ci salva. E poi, miei cari, che cosa dobbiamo pensare di quelle proposte ideologiche di salvezza umana, alla luce della nostra gioia di essere cattolici, cristiani cattolici, fedeli all’eredità data da Cristo a Pietro e ai suoi successori, fino alla fine dei tempi. Allora seguiamo i consigli di Gesù, per la spiritualità cattolica, abbiamo un cuore attento, non ottuso, non un cuore appesantito dalle dissipazioni, dalle ubriachezze, dagli affanni della vita. Gesù nomina queste tre cose: dissipazione intellettuale, non essere più attenti alla verità della fede, quindi in primo luogo l’intellegibile. In secondo luogo le ubriachezze, chi si da ai piaceri di questo mondo, se non chi ama questo mondo? E chi ama questo mondo, se non chi non ama Dio? Perciò amiamo il Signore, andiamo da Dio, cari fratelli. Poi non affannatevi, l’affanno è illuminato da Dio, perché il tempo dell’avvento è soprattutto un tempo di speranza, di un cuore spalancato a Dio che viene per salvare e giudicare la terra.

Quindi essere uomini della speranza che dà coraggio, perché si affannano per le vicende di questa vita sono i pagani che sono senza speranza. Vedete la nostra speranza in Dio e nel suo Cristo!

Ultimamente Gesù dice: "Vegliate e pregate!", questo vuol dire avere attenzione spirituale, attenzione legata all’amore. "Chi ama è imparentato con il Verbo di Dio", dice San Giovanni, "Chi è dalla verità, ascolta la verità". Invece non è dalla verità, si stanca presto della verità, certamente. Ma chi è nella verità, ama la verità e non si stancherà mai di ascoltare la verità. Vedete allora, cari fratelli, bisogna avere un cuore attento, un cuore innamorato della verità, attento alla verità del Signore. E poi pregare, espressione della nostra fede, pregare, innalzare la nostra mente a Dio, per adorarlo, per lodarlo, per ringraziarLo, per implorare il suo perdono. Ma c’è di più, non basta pensare a questa veglia, a questa preghiera come un atteggiamento puramente umano. Pensate i Santi Padri ci dicono che l’uomo prega anche quando dormono, il cristiano veglia anche quando dorme. Perché? Perché in lui, nel cuore, veglia il Cristo! C’è una bellissima antifona per la compieta, questo bellissimo inno che dice: "Ora lascia, Signore, che il tuo servo vada in pace", c’è una bellissima antifona che dice che il Signore possa lasciarci dormire nella pace, ma che nel frattempo, il nostro cuore vegli in Cristo!

Vedete, miei cari, la grazia santificante è il sigillo di Cristo, è il Cristo vivente in noi, come dice San Paolo, quel grande mistico: "Cristo in me e io in Cristo, non sono io che vivo, ma è Cristo che vive in me!". Lo stesso San Paolo lo dice anche riguardo la preghiera: "Noi non sappiamo che cosa dobbiamo chiedere ma è lo Spirito che ci è dato in pegno, lo Spirito che ci è dato dalla carità divina, è quello Spirito ad intercedere per noi con gemiti ineffabili".

Ecco, miei cari fratelli, allora cerchiamo di possedere in questo avvento la carità di Cristo, la preghiera rivolta al Padre dallo stesso Spirito Santo che ci è dato, così per poter affrontare con coraggio, gioia e speranza il Giudice quando verrà a giudicarci, così che noi possiamo …..e così sia.


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