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Conferenze sulla Presenza reale di Gesù nell'Eucarestia

Ultimo Aggiornamento: 03/09/2009 11:33
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03/09/2009 11:26


Seconda lezione sulla Santissima Eucarestia:
La Presenza Reale di Gesù nell'Eucarestia


Oggi sono venuto un poco in ritardo, per la coincidenza con gli orari scolastici in San Domenico.

L’argomento da trattare oggi è tutt’altro che semplice, forse ne avremo ancora un pochino per la prossima volta. L’argomento è della presenza reale nel mistero eucaristico, la presenza reale del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo, quanto alla sua umanità e divinità, quanto alla sua anima e quanto al suo corpo. Gesù è interamente, realmente, veramente, fisicamente, obbiettivamente presente nel sacramento dell’Eucarestia. Questa è la tesi, ora toccherà a noi, cercare non di dimostrarla che non è possibile, ma di spiegarla, cercare in qualche modo di renderla plausibile e non contraddittoria.

Abbiamo parlato la volta scorsa, se vi ricordate ancora, della sacramentalità dell’Eucarestia. Questo era l’inizio, assolutamente obbligatorio, perché l’Eucarestia appartiene al settenario sacramentale, è uno dei sacramenti e i sacramenti della nuova alleanza hanno un qualche cosa di particolare, qualche cosa di assolutamente unico, che è ovviamente mediato da Cristo Signore, dalla venuta di Cristo, vero Dio e vero uomo in questo mondo, l’incarnazione del Verbo. I sacramenti della nuova alleanza sono istituiti dall’autorità divina del Salvatore. Quindi non per autorità umana, nemmeno quella suprema, per autorità divina. Solo Dio santificatore, solo Dio può istituire i mezzi di santificazione.

Ora il nostro Salvatore ha conferito ai sacramenti della nuova alleanza non solo il potere di significare la grazia, ma anche di conferirla efficacemente. Perciò il concilio di Trento e il catechismo di San Pio X dicono che i sacramenti della nuova alleanza, sono dei segni efficaci di grazia, cioè producono efficacemente ciò che significano. Il che riguardo al sacramento dell’Eucarestia è qualche cosa di veramente stupendo. Vedete, miei cari, noi siamo veramente degli incoscienti (dico a me per primo, che io ho Gesù tanto spesso nelle mie povere mani e non penso alla grandezza di ciò che accade, che il Signore me lo perdoni), comunque diceva un santo, non ricordo chi fosse, ma aveva tanta ragione nel dirlo, che se noi capissimo che cosa c’è nell’Eucarestia, dovremmo morire dinanzi alla grandezza di questo mistero.

In ogni modo il fatto è che l’Eucarestia significa e quindi produce (perché, lo ripeto, nei sacramenti della nuova legge il significare è sempre legato inseparabilmente al produrre), quindi l’Eucarestia ciò che è detto nella forma sacramenti, la forma sacramentale, che sono, voi sapete, le parole di Gesù, le parole dell’istituzione. Ora che cosa dice il Salvatore nelle parole dell’istituzione? Gesù dice appunto: "Questo è il mio Corpo, questo è il calice del mio Sangue, del Sangue della nuova ed eterna alleanza, versato per voi e per molti (per tutti, si può tradurre) per la remissione dei peccati. Quindi vedete importante questo fatto, che il Salvatore abbia detto: "Questo è il mio Corpo, questo è il calice del mio Sangue".

San Tommaso fonda la sua teologia della presenza reale sulla parola è, molto significativamente. Non dice "questo significa, è il simbolo del mio Corpo" e questo va preso sul serio, perché nelle parole del Salvatore si cela il significato dell’Eucarestia e quindi anche l’effetto dell’Eucaresita. Perciò quando Gesù ha detto: "Questo è il mio Corpo", il pane non solo significa, ma significando produce la realtà del Corpo di Gesù.

Allora quando Gesù (e la Chiesa cattolica in questo è stupenda, perché prende sul serio le parole di Gesù e questo sia detto con rispetto di tutti i fratelli separati), però è importante proprio notare questo, che mentre la Chiesa cattolica in altri brani del Vangelo è molto propensa anche ad interpretazioni spirituali, mai arbitrarie, capitemi bene, però c’è sempre una pluralità di interpretazioni, c’è l’interpretazione letterale, c’è poi l’interpretazione più larga e stranamente quelli che si sono staccati dall’unità cattolica rimproverano alla Chiesa questa larghezza nell’interpretare la scrittura, ebbene qui sono loro ad interpretare largamente, mentre la Chiesa interpreta ad litteram, cioè la Chiesa prende sul serio le parole di Gesù. La Chiesa dice che quando Gesù dice: "Questo è il mio Corpo", non può significare qualche cosa d’altro, questo è il simbolo del mio Corpo, no, questo è il Corpo di Gesù. Quindi bisogna proprio prendere ad litteram queste parole del Salvatore.

C’è però un’aggiunta che Gesù fa a queste parole di istituzione che talvolta turba un po’ le coscienze dei fedeli, perché potrebbe essere suscettibile di una interpretazione calvinistica, cioè Gesù aggiunge : "Ogni volta che farete questo, lo farete in memoria di me". Ebbene, ci sono molte tesi eucaristiche, ma essenzialmente ci sono queste tre. C’è la tesi dei cattolici, che spiegheremo adesso (che non è una tesi, è veramente un dogma), che è quella della transustanziazione. C’è la tesi luterana (è bene conoscere quello che pensano dell’Eucarestia anche i fratelli separati). Secondo Lutero l’Eucarestia non è solo simbolo, come si potrebbe pensare. Secondo Lutero avviene una compresenza nell’Eucarestia del pane e del Corpo di Gesù. Quindi il pane rimane, il pane continua ad essere pane, però in qualche modo, Lutero non spiega come, accanto al pane o nel pane c’è anche la sostanza del corpo di Cristo. Ecco perché questa teoria si chiama la "consustanziazione", non la transustanziazione. Certo che Lutero fa molto dipendere la presenza del Salvatore dalla fede della comunità credente, cosa che per i cattolici è un horribile dictu, nel senso che per noi la presenza di Cristo è assolutamente indipendente dal crederci o no. Se un non credente, assolutamente ateo, entra in una chiesa ove nel tabernacolo ci sono delle Ostie consacrate, Gesù c’è, anche se quel tale non ci crede. La teoria luterana è quella della consustanziazione o impanazione, cioè nel senso che il corpo di Gesù è immesso nel pane.

Poi c’è la tesi, contro la quale Lutero combatteva quasi quanto contro la dottrina cattolica, c’è la tesi dei calvinisti, dei riformati. Oggi che noi cattolici abbiamo un concetto abbastanza generico dei protestanti, diciamo "i protestanti", ma ce ne sono di tante specie. Ebbene le specie più fondamentali sono i luterani e i riformati. I riformati, che però hanno la loro origine storica in Svizzera, in dipendenza dalla riforma di Calvino e Zwingli. Contro questa dottrina calvinista e zwingliana, Lutero oppone la dottrina della consustanziazione, mentre i calvinisti insegnano un puro simbolismo, memoriale, nel senso di riproporre alla nostra memoria quello che Gesù fece nell’ultima cena.

Ora si potrebbe dire, ma se Gesù stesso disse : "Fate questo in memoria di me", vuol dire che i calvinisti hanno ragione. Invece il fatto è che noi diamo un’interpretazione assolutamente errata, niente affatto biblica, alla parola memoriale, che già nell’antica alleanza aveva un significato ben diverso da quello che pensiamo. Però memoriale significa per esempio scrivere un agenda, poi mi ricordo. Ebbene non è questo per la sacra scrittura, sarebbe una bestemmia tremenda, se uno avesse detto una cosa del genere nell’ambito dell’antica alleanza, sarebbe prevista la lapidazione. Voi sapete che i metodi erano sbrigativi. Ad ogni modo già nell’antica alleanza il ricordo non è semplicemente un ricordarsi, farsi venire in mente. Ad esempio l’agnello pasquale non è un agnello diverso da quello che celebravano i padri in Egitto, è lo stesso. E’ la figura identica misticamente con quella vittima che gli antichi hanno offerto.

Vedete quindi che quella parola di Gesù : "fate questo in memoria di me", non toglie nulla al realismo di quelle altre parole : "Questo è il mio Corpo, questo è il mio Sangue", voi sentirete anche dire una capziosa obbiezione che nell’ambito dell’ebraismo, della lingua ebraica non esiste quella parola tanto cara a San Tommaso, cioè la parola "è". Una parola, semplice, ma significativa, una parola che esprime l’essere, la realtà dell’essere. San Tommaso poi continuerà dicendo "se Gesù parla del suo essere, vuol dire che, siccome l’essere riguarda la sostanza, che il cambiamento avviene in ciò cui spetta l’essere, cioè nella sostanza".

Allora si potrebbe dire, obbiezione, siccome la lingua ebraica non conosce la parola "è", allora crolla tutta questa teologia cattolica della transustanziazione. Risposta : "No!", ma come solitamente succede ne è addirittura rafforzata. Perché, pensateci bene, è vero che la lingua ebraica non conosce la parola "è", ma allora questi giudizi che noi chiamiamo esistenziali, che predicano l’essere di una determinata cosa, erano semplicemente espressi con la semplice indicazione della realtà. Vedete "questo qui" voleva dire questo esiste, oppure questo e quest’altra cosa, quindi Gesù diceva semplicemente "Questo mio Corpo", quindi capite quale perfetta identità Gesù pose tra quel pane e il suo Corpo. Quindi quel pane, non è più pane, ma dopo la consacrazione è il Corpo di Gesù. Così spero di avervi elencato alcune capziose obbiezioni contro la fede cattolica, che assolutamente rimane incrollabile dinanzi a tutte queste vicende.

continua....


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03/09/2009 11:27

Allora prendendo sul serio questo parlare di Gesù, questo dire : "Questo è il mio Corpo, questo è il mio Sangue, se i sacramenti della nuova alleanza producono ciò che significano, vuol dire che in questo sacramento e solo in esso il Corpo di Gesù è realmente reso presente. Quindi solo l’Eucarestia ha questo privilegio, tra tutti i sacramenti, di rendere presente non solo la grazia di Dio, ma lo stesso Datore di grazia. Vedete la grandezza di questo sacramento! Sono grandi tutti, notate bene, guai a me se volessi asserire qualcosa di diverso, sono grandi tutti i sacramenti, però l’Eucarestia è il sacramento dei sacramenti, un sacramento proprio trascendente. Non a caso persino nell’arte sacra (i nostri antenati avevano molta sensibilità di questo), soprattutto nelle abbazie cistercensi voi potete vedere sette finestre in una parete. Una cosa bellissima, queste finestre gotiche che creano spazi di luce in quella parete. Ebbene vi è sempre una finestra centrale, la settima appunto, che in qualche modo è superiore a tutte le altre e che significa, nel settenario sacramentale, il sacramento dei sacramenti, il sacramento più eccelso, il sacramento della divina Eucarerstia.

Allora bisogna che abbiamo questa profonda fede, che nell’Eucarestia, a differenza degli altri sacramenti, non ci viene data solo la grazia, ci viene data anche questa, non c’è dubbio, l’Eucarestia è per eccellenza comunione, nutrimento, cibo spirituale, ma guai a ridurla a questo, miei cari! Qui comincio un poco ad agitarmi, ma voi mi conoscete già, ma è proprio per l’attenzione a quel grande mistero, di cui temo molto la profanazione. Il fatto è che l’Eucarestia è anche questo, è anche nutrimento, Gesù disse chiaramente: "Prendete e mangiate, prendete e bevete", ma non è solo questo, è anche : "Questo è il mio Corpo, questo è il mio Sangue", quindi è anche realmente il Corpo e il Sangue del Salvatore.

Quindi vedete ci sono delle teologie che talvolta dicono delle mezze verità, ma, notate bene, una mezza teologia è generalmente una intera bugia. Bisogna stare molto attenti a questo. Ci sono delle circostanze in cui non si è tenuti moralmente a dire tutta la verità, ma ci sono altre circostanze in cui dire metà della verità è dire proprio il falso e questo è il caso dell’Eucarestia. Quindi dire : "Finalmente l’era postridentina si è eclissata, noi abbiamo preso una nuova coscienza", tutte storie, guai a noi se dovessimo abbandonare questa profonda e viva fede cattolica nella presenza reale del Salvatore. Tutto il resto sono delle mode. Si dice : "Bè, gli antichi mettevano in evidenza la presenza reale, noi mettiamo invece in evidenza il banchetto conviviale". Per carità, cari fratelli, nel banchetto quello che conta è appunto il cibo che si prende, poi anche l’amicizia delle persone con cui affabilmente ci intratteniamo. Ebbene capite che il banchetto eucaristico perderebbe tutto il suo significato, se non ci fosse il nostro Amico celeste Gesù Cristo, nostro Signore, se Lui stesso non si costituisse nostro cibo.

Allora vedete come questi due temi, quello del banchetto conviviale, soprannaturale, si capisce e quello della presenza reale, questi due temi non si contraddicono, ma anzi si postulano a vicenda.

Quindi quando vi si dice : "Ma l’Eucarestia è banchetto, quindi tutti siamo invitati, quindi tutti mangiamo", per carità, miei cari, per carità! Alla mensa del Signore (non voglio suggerire scrupoli, guai a me, perché non bisogna avere coscienza angosciata, però bisogna avere coscienza pulita, onesta, anche giustamente severa con noi stessi. San Paolo giustamente dice: "Quel pane non è un pane comune", perché non è un pane comune? Perché quel pane non è più pane, c’è Gesù Cristo, nostro Signore realmente. Allora guai a colui che non vive di Cristo e pretende di nutrirsi di Cristo, mentre è cadavere quanto alla vita in Cristo. Lui anziché professare la sua fede, la rinnega. Quindi è gravissimo, quindi dice San Paolo : "Colui che fa così, mangia e beve la sua condanna". Vedete come il sacramento più sublime e santificatore tra tutti, può diventare un male per l’uomo. Perché lo dico? Non per dare degli scrupoli, miei cari, veramente per allontanarci dal banchetto eucaristico bisogna veramente che ne abbiamo combinata molto, ma molto grossa. C’è solo il peccato mortale. Ci sono fedeli che si fanno scrupolo di peccati che veramente ovviamente veniali e mi dispiace. Invece è solo il peccato mortale che separa, ma quello sì, sul serio, separa dalla mensa eucaristica, proprio per il rispetto della realtà di quel sacramento che è Gesù Cristo realmente presente.

Ora perché lo dico? Perché al giorno di oggi si sentono dare dei consigli, che io veramente, di nuovo, tremo. Cioè si sente dire, soprattutto nella catechesi dei giovani: "Ma il Signore ci invita tutti a mangiarlo, quindi vieni anche tu", senza esame di coscienza. Questo è assolutamente aberrante. Quindi partecipare alla santa Messa non comporta l’obbligo di comunicarsi. Certo è tanto meglio comunicarsi,. Ma questa presunta teologia della Messa convivio, costringe quasi i fedeli a comunicarsi comunque. Tanto per dire : "La Messa senza comunione non è Messa" Ebbene no, la Messa, anche senza comunione, là dove ci si astiene per motivi validi, ebbene la Messa è pienamente Messa e io ho adempiuto al mio precetto domenicale ed ho avuto anche il piacere di stare vicino al Signore, perché obbiettivamente il Signore mi è stato lì vicino, lì dinanzi a me, a distanza di pochi metri, lì sull’altare io ho incontrato il Figlio del Dio vivente.

Una volta che abbiamo affermato la realtà della presenza di Gesù nell’Eucarestia, bisogna subito eliminare le interpretazioni errate, cioè che diminuiscono in qualche modo il significato di questa presenza reale. Qui c’è il Papa Paolo VI,( potete poi leggerlo qui), che ci da una interessante interpretazione nella sua Enciclica "Misterium Fidei", il mistero della fede. Dice appunto il Papa: "Cristo è presente alla sua Chiesa che prega", vedete i diversi modi di presenza "alla Chiesa che prega, che esercita le opere di misericordia, alla Chiesa che predica, la Chiesa che regge il popolo di Dio. E’ presente alla sua Chiesa pellegrina, anelante al porto della vita eterna, è presente alla sua Chiesa che in suo nome celebra il sacrificio della Messa e amministra i sacramenti, ma in quest’ultimo caso della Messa la presenza è ben diversa. Ben altro è il modo", prosegue la "misterium Fidei", "veramente sublime con cui il Cristo è presente alla sua Chiesa nel sacramento dell’Eucarestia. Tale presenza si dice "reale" non per esclusione, quasi che le altre non siano reali" invece sono reali tutte "ma per antonomasia, per eccellenza, perché è anche corporale e sostanziale" E’ reale anche nel senso di essere corporale e sostanziale "e in forza di essa Cristo, Uomo Dio, tutto intero si fa presente"

Ora Gesù è certamente, come ci ha promesso (Gesù è sempre fedele alle sue promesse), quindi quando ci ha dato quella bella promessa dicendo appunto: "Quando due o tre sono radunati nel mio nome, là ci sono io in mezzo a loro" è verissimo, due o tre cristiani che pregano nel nome di Gesù, che sono uniti nella verità di Gesù (si capisce, non quando fanno un conciliabolo), quando proprio in qualche modo si radunano per pregare il vero Dio nella verità del suo Cristo, lì Gesù è in mezzo a loro, non ci sono dubbi. Però è una presenza non come quella Eucaristica. E’ reale anche quella, perché lo spirito è una realtà. E Gesù lì è presente pneumaticamente, spiritualmente. Mentre nell’Eucarestia Gesù è presente realmente non solo spiritualmente (questo lo è comunque), ma è anche presente, questa è la difficoltà da spiegare, è presente anche corporalmente e sostanzialmente. E’ come se Gesù fosse lì come persona, come gli apostoli che hanno avuto la fortuna di conversare con Lui, a noi per sfortuna nostra ciò non è dato, però la sua presenza reale, corporale è lì, anche se è diversa da quella in cui Gesù parlava con gli apostoli e si manifestava a loro.

Adesso, dopo aver escluso questa errata interpretazione, bisogna appunto dire questo, che la presenza corporale del Salvatore è possibile solo in un modo, cioè è possibile solo come una presenza sostanziale.

Quindi il concilio di Trento, quel grande concilio (oggi se ne parla tanto male, miei cari, ma non credeteci, il concilio di Trento è stato uno dei concili più sublimi che ci siano stati nella Chiesa di Dio), ebbene il concilio di Trento parla della transustanziazione, cioè la parola, non è dottrina del cinquecento, perché ci sono i nostri spavaldi teologi, i quali dicono che il magistero della Chiesa è determinato ad tempus, quindi queste cose, transustanziazione, valevano nel cinquecento, per qui sempliciotti, per noi che viviamo nell’epoca della meccanica quantistica, dell’esplorazione dello spazio, per noi invece queste cose non valgono più. Ecco questo magistero relativizzato, ad tempus. Ebbene, miei cari, ricordatevelo sempre, non solo nel contesto dell’Eucarestia, ma sempre, una cosa o è vera, ed è vera da sempre e per sempre, ovvero se muta allora o non è vera ora o non era vera prima. Quindi questa storicizzazione della verità è un togliere alla verità la sua caratteristica di essere vera. Una verità storica è una contraddizione. Notate poi che una cosa è la verità obbiettiva e un’altra cosa è il vivere soggettivo la verità, questo è chiaro, questo muta, per sfortuna, perché poi si diventa progressivamente infedeli alla verità. Ma la verità in sé non muta mai.

continua.....


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03/09/2009 11:28


Quindi la transustanziazione è un dogma di fede. Ecco l’insorgere dei nostri teologi contemporanei che dicono: "Ma la Chiesa come si permette", vorrebbero dettare legge anche al magistero, altro che obbedienza e sottomissione, quindi : "la Chiesa come si permette di dogmatizzare in materia filosofica". Ed è vero. È proprio quello che mi piace tanto, come la stessa Chiesa in qualche modo ci spiega in questo dogma eucaristico, che le sta a cuore, perché è un dogma assolutamente essenziale, la Chiesa ci fa vedere come la teologia deve ricorrere alla sana ragione, ad una filosofia realistica, non ad una filosofia qualsiasi, ma ad una filosofia realistica, quella che corrisponde alla verità. Quindi il concilio non ha dogmatizzato la sostanza di Aristotele per compiacersi nel dogmatizzare la filosofia, no, ha dogmatizzato però la sostanza in chiave soprannaturale, come un interpretazione, un modo unico attendibile, per spiegare il mistero eucaristico.

Ora che ciò sia l’unico modo attendibile, caso mai ce ne fosse bisogno, Paolo VI, magistero recentissimo, torna a riprenderlo. Se la prende proprio in quella enciclica che ho citato, se la prende con quei teologi che dicono: "In fondo avviene una transignificazione, oppure una transfinalizzazione", no, dice il Papa, tuttora il teologo cattolico è tenuto a dire: "Si tratta di una transustanziazione". Vedete è una parola difficile da pronunciare, ma per amore di Dio e di Gesù e per amore dell’Eucarestia, noi impariamo questo e quest’altro, quindi anche le parole difficili. Vedete la parola trans, lo sapete bene, indica il passaggio, quindi transustanziazione significa il passaggio da sostanza a sostanza, il passaggio da una sostanza all’altra. E’ un processo assolutamente unico, della transustanziazione non si danno esempi nella natura delle cose, le cose cambiano, ma non si transustanziano. Solo nell’Eucarestia, solo in essa avviene la transustanziazione. Ecco vedete perché bisogna pensare bene a questo termine per darne una corretta interpretazione.

Allora anzitutto (studiamo prima l’errore, per dire poi la verità) perché bisogna escludere il termine transfinalizzazione o transignificazione? Perché non tiene sufficientemente conto della realtà della presenza di Gesù. Se cambia solo il significato, in realtà non cambia poi nulla. Vedete miei cari non voglio stancarvi con certe superficialità, ma a me è capitato persino (Non a Bologna, altrove, non vi dico dove) l’insegnamento di teologia di sentire delle eresie, perché al di là di essere false, sono anche veramente superficiali. L’esempio era quello: "Vedi figliolo, tu quando sei invitato da tua zia, che ti fa il the o il caffè" noi in Germania il pomeriggio si beve solitamente il caffè, quindi tu vai da tua zia che ti vuole bene e ti prepara il caffè. Ora è evidente che il caffè di per sé stesso ha un valore nutrimento, ma non ci sono molte calorie. Quindi che cosa c’è nel caffè? Al di là del caffè c’è tutto l’affetto della mia cara zia che me lo offre, su questo non c’è dubbio. Però andare a Messa non è come andare a prendere il caffè dalla mia cara zia. (Comincio di nuovo a tremare un tantino), ci sono delle differenze, ci sono delle differenze profondissime. Quindi niente transignificazione, transfinalizzazione, ma bisogna fare la fatica di pensare a quello che si chiama transustanziazione.

Allora per pensare a quello, bisogna partire dal concetto di sostanza, per forza e questo è tutt’altro che facile e che lo Spirito Santo ci aiuti. Almeno iniziamo, poi continueremo eventualmente la prossima volta.

Bisogna distinguere "sostanza" e "accidente". Escludo subito una obbiezione assolutamente inconsistente. Si dice : "Di sostanza ne parlava Aristotele, ma lui poverino" noi abbiamo questa compassione a luogo inopportuno "lui non ne capiva nulla ancora delle conquiste della scienza moderna". Ora il fatto è questo, che certamente Aristotele non poteva, non era colpa sua, capire nulla delle conquiste della scienza moderna, ma bisogna pure dire che le conquiste della scienza moderna non capiscono nulla della problematica aristotelica, proprio perché ogni scienziato intellettualmente onesto sa che tra la sua problematica e quella di Aristotele c’è un’abissale differenza. Quindi è un errore fin troppo superficiale quello che si dice : "Sostanza e accidenti, roba buona per cinquecento anni fa, ma al giorno di oggi non più proponibile, perché noi la materia la pensiamo in un altro modo. Certamente la pensiamo anche in un altro modo, perché abbiamo un’analisi della materia anche in chiave per esempio della fisica che si serve fortemente dello strumento matematico, cose che Aristotele non aveva ancora. Però proprio quelle domande che Aristotele si poneva, la scienza moderna non se le pone e quindi non può né confermarle, ma neanche smentirle. Questo si allarga ad un discorso ancora più generico, cioè la filosofia non sarà mai sostituita dalla scienza positiva. La scienza positiva è qualcosa di molto valido, di molto bello, tutti ce ne rallegriamo, però è un qualcosa che non ci potrà mai dispensare dal dovere e dal piacere, perché è un dovere piacevole, di pensare con la nostra testa anche delle verità sapienziali. Quindi analizzare la materia non solo sotto l’angolatura del fenomeno, dell’esperimento, della formula matematica, cose interessanti anche quelle, molto appassionanti, però bisogna pensare anche alle realtà materiali anche sotto l’aspetto ontologico, ponendo la domanda dell’essere : "che cosa sono". Questa domanda, finché l’uomo penserà, ebbene questa domanda sarà assolutamente perentoria.

Ora se ci si pone la domanda non solo come la materia appare e come è misurabile in termini spazio-temporali, ma se ci si pone la domanda: "Che cosa è un ente materiale in sé stesso?", subito ci si accorge della differenza tra ciò che è quell’ente materiale in sé e tra ciò che sono le sue proprietà. Per esempio il pezzo di legno è un qualche cosa che esiste in sé. Il suo colore, ad esempio che sia di un colore scuro, ebbene il suo colore non esiste in sé, esiste solo in quel pezzo di legno o in tanti altri oggetti similmente colorati. Quindi la qualità è un accidens, come dice Aristotele. Qualche cosa che sopravviene ad una realtà già costituita. Quindi una cosa è la sostanza, ciò a cui compete esistere in sé, e un’altra cosa è il suo accidens, ciò che sopravviene alla cosa, una volta che è costituita in sé. Vi faccio un altro esempio: tizio corre. Tizio esiste in sé stesso, tizio non esiste in qualche cosa d’altro, a tizio spetta l’essere in sé. Al correre spetta pure l’essere, perché il correre è una realtà, ma il correre non è una realtà in sé, ma è una realtà in tizio, ma se corre caio in caio, ma mai è una realtà a sé stante. Vedete poi che è più facile di quanto non si pensi. In fondo l’essere ci si manifesta. Quindi c’è da un lato l’essere sostanziale, cui compete l’essere in sé, poi c’è l’essere che dipende da un altro essere, cui compete l’essere in altro e questo è l’essere accidentale.

Applichiamolo adesso al pane. Il pane ha una determinata struttura che lo qualifica, quella struttura inerisce ad un soggetto, al pane, quel soggetto è la sostanza, ma la struttura ne è una proprietà. Quindi vedete la stessa struttura fisico chimica del pane, la sua bianchezza, la sua estensione, il suo gusto, tutte le sue proprietà sono non la sostanza del pane, bensì i suoi accidenti. Gli accidenti si vedono, la sostanza come tale non si vede, però ci si manifesta tramite gli accidenti. Se c’è uno che corre, bisognerà pure che sia qualcuno che sottostà al correre, ma io conosco tizio solo nelle sue manifestazioni accidentali, lo conosco come un buon atleta che corre veloce, un ragazzo simpatico, tante altre qualità, ma la sostanza di tizio rimane in qualche modo (scusate la parola, Aristotele mi scomunicherebbe) quasi sotto, ipocheimenon, direbbe Aristotele, la realtà sostanziale sottostà alle proprietà.

Ora bisogna spiegare una cosa, (bisogna spiegarla bene, che Dio mi assista) nelle sostanze materiali c’è da distinguere la forma sostanziale dalla così detta "materia prima". (Mi dispiace tartassarvi con tanta filosofia, ma bisogna pur farlo altrimenti non ci si capisce niente. Voi avete tanta pazienza con me e io ne abuserò ancora.)

Aristotele fa un’analisi molto interessante dell’ente corporeo che è sempre un ente in movimento. Gli enti corporei sono enti in movimento, che si muovono. Ora c’è il movimento accidentale, come il correre di tizio è un movimento accidentale, cioè lui cambia secondo il luogo, ma la sua essenza umana non cambia, rimane sempre la stessa. Tizio rimane sempre tizio, però si sposta correndo secondo il luogo.

Ora dice Aristotele (questo è molto bello, molto importante dal punto di vista filosofico), dice: "un movimento assoluto, non c’è. Un movimento assoluto è un non essere. Il movimento suppone sempre qualcosa che si muove, ma ciò che si muove, deve essere stabile, se no non può essere definito come un qualcosa che si muove. Quindi, se c’è un movimento, c’è sempre qualcosa di stabile che è sottoposto al movimento". Ci siamo? (ma siete proprio bravi, afferrate le cose ….è lei, Padre, bene, vuol dire che siamo bravi tutti e due)

continua.....


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03/09/2009 11:29

Il fatto è questo che la sostanza (ipokeimenon) è il presupposto in ogni movimento. Ora in un movimento accidentale, come substrato, (chiamiamolo così per non usare la parola greca) il substrato nel movimento accidentale è la stessa sostanza. Al correre sottostà tizio. La cosa si fa più difficile in quel movimento che non è più quel movimento accidentale, ma è un movimento che cambia tutta la natura della cosa. Il cambiamento in qualche modo sostanziale. Per esempio nella nascita di un essere vivente. Non prendo ad esempio la nascita dell’uomo perché l’uomo ha la sua anima da Dio onnipotente. Ma prendiamo ad esempio la nascita di un animale. L’ovulo fecondato dallo spermatozoo, queste due cellule si costituiscono come entità sostanziali a sé stanti, l’una e l’altra hanno una sostanza. Entrambe hanno e una struttura, una forma si potrebbe dire (mi piace tradurre forma con struttura) e una certa materia. Però quando queste due cellule si fondano (notate, è una cosa stupenda), cioè la loro fusione non è una pura addizione matematica, prima c’era una cellula così, di un’altra dimensione, poi c’è una semplice somma di dimensioni, non è così, c’è qualcosa di radicalmente nuovo, un tertium quid, un terzo essere irriducibile alle cellule di partenza. Vedete come ha ragione Aristotele contro i meccanicisti! Non è mai riducibile il fenomeno vitale alla somma di due materie. In questo caso, cioè nella generazione, ciò che cambia è la stessa sostanza, non è qualcosa che cambi nella sostanza, come il correre o lo stare fermo in tizio, ma lì c’è una sostanza nuova che nasce, da due sostanze ne nasce una terza distinta da entrambe e superiore ad entrambe. Ora, dice Aristotele, perché ciò possa capitare bisogna che si passi da una forma o da una struttura, cioè quella delle cellule di partenza , ad un’altra struttura, a quella del feto, della cellula fecondata. Però anche questo passaggio anche esso deve avvenire in un substrato, che non è però tutta la sostanza, però quello che sottostà alla stessa forma che costituisce la sostanza. Quindi è uno strato ancora più profondo della sostanza, che si chiama materia prima. Quindi ci sono due materie, quella che Aristotele chiama la materia seconda, che è la materia del corpo, quello che si vede, si tocca etc., e poi c’è la materia prima, che ovviamente invisibile, però che è il substrato necessario per il movimento sostanziale. Ciò che accade poi nella generazione, accade pure nella morte. Vedete il cadavere non è più l’uomo, per fortuna la nostra anima se ne va per conto suo, il cadavere è proprio come una specie di vestito che abbiamo lasciato su questa terra, è qualcosa che era di noi, ma ormai non ci appartiene più, non è più noi stessi, vedete il cambiamento di sostanza, non cambiamento in una sostanza, ma cambiamento di sostanza. Però questo cambiamento di sostanza avviene in un substrato che è detto materia prima. Questo si chiama generazione e corruzione e questo esiste nella natura delle cose.

San Tommaso (vi lascio con questo perché ho già abusato fin troppo.. c’è ancora un po’ di tempo?), il fatto è questo, dice san Tommaso che la transustanziazione, per capirla bene, è giusto collocarla tra questi due termini estremi, la transustanziazione è un movimento, un divenire se volete, anche se del tutto particolare, che si situa tra la generazione e corruzione, cioè un divenire fisico sostanziale, e il "divenire ontologico" che è la creazione. Nella creazione, ne abbiamo parlato in altra circostanza, nella creazione non c’è nessun soggetto che rimane in comune a ciò che c’era prima e a ciò che c’è dopo, giacchè prima non c’era proprio nulla. Quindi dal nulla si passa al tutto, Iddio fa emergere tutta la sostanza, con tutti gli accidenti, cioè con tutte le proprietà, la fa emergere dal nulla, dandole l’essere. Quindi non c’è nulla in comune fra ciò che c’era prima e ciò che c’è dopo, giacché prima non c’era nulla.

Nella generazione c’è un substrato, la materia prima, che rimane e prima e dopo, cambia la forma sostanziale, la struttura che dà impronta alla materia. Quindi in un substrato preesistente cambia la forma sostanziale nella generazione e nella corruzione.

La tansustanziazione si situa quasi a metà strada, si potrebbe dire, tra questi due processi, tra quello della generazione e corruzione da un lato, e quello divino della creazione dall’altro lato, perché nella transustanziazione ciò che cambia non è solo la forma di una sostanza in una materia preesistente, ma tutta la sostanza e forma e materia. Nella generazione suppongo la materia e prima e dopo, ciò che cambia è la forma: prima era un ovulo non fecondato, dopo diventa fecondato e quindi diventa un essere umano, un feto umano. Quindi c’è un passaggio da una sostanza ad un’altra, ciò che è comune è il substrato materiale, detto "materia prima", cambia la struttura sostanziale.

Nell’Eucarestia non c’è materia in cui cambia forma, quindi non è una generazione, ma è transustanziazione, perché tutta una sostanza cambia in un’altra sostanza, tutta la sostanza del pane, forma e materia, anche materia prima, cambia in tutta la sostanza del Corpo di Cristo, forma e materia. Però a differenza della creazione, dove prima non c’era nulla e dopo c’è tutto, nell’Eucarestia prima c’è il pane, dopo c’è il Corpo di Gesù. Che cosa rimane? Una sola cosa, rimangono solo gli accidenti del pane, le proprietà del pane, questi c’erano prima e ci sono dopo, l’apparenza del pane. Il sacerdote che eleva l’Ostia Santa: ebbene quell’Ostia appare ancora bianca, di quelle dimensioni, di quella struttura chimica e via dicendo.

Allora nella transustanziazione (teniamo presente questo, il resto lo diremo la prossima volta) teniamo presente questo che nell’Eucarestia, nella transustanziazione avviene il passaggio di tutta una sostanza in tutta un’altra sostanza, quindi la sostanza del pane passa nella sostanza del Corpo di Gesù, quindi il pane sostanzialmente, nella profondità del suo essere pane, non è più pane, ma è profondamente, nella profondità dell’essere sostanziale tutta la sostanza del Corpo di Gesù. Ciò che rimane è solo quasi la superficie, solo le apparenze del pane, sotto le quali si cela l’altra sostanza, che non è più quella del pane, ma è quella del Corpo di Gesù.

Quindi a differenza della creazione c’è qualcosa che rimane, ma non rimane come nella generazione il substrato materiale, bensì gli accidenti, quindi le proprietà del pane rimangono tali e quali, la sostanza non è più quella. Quindi è errato, è sbagliato, è eretico, empio dire che questa determinata realtà, dopo la consacrazione, è pane, è sbagliato parlare così. Questo Corpo di Gesù, poi uno può dire "questo pane" senza intenzioni cattive, ma non è esatto, perché l’essere spetta alla sostanza e la sostanza non è più quella del pane, nonostante le apparenze.

Vi ringrazio della vostra pazienza, di cui tanto ho abusato.

Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Ti rendiamo grazie, Signore Dio Onnipotente per tutti i tuoi benefici, Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli, amen.


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03/09/2009 11:31



Prima lezione sulla Santissima Eucarestia:
Il Divino Sacramento dell'Eucarestia


Ci siamo proposti come tema della nostra meditazione un tema non da poco, giacché si tratta niente meno che del vertice di tutta l’economia sacramentale, Iddio Onnipotente si è compiaciuto di dispensare all’uomo i mezzi sicuri della sua salvezza, i mezzi con cui ci comunica la sua santa grazia, che sono appunto i sacramenti. E tra questi sacramenti il più alto e il più grande è appunto il sacramento della divina Eucaristia. Dico divina Eucaristia perché non è solamente un sacramento fondato, istituito da nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo, con la sua autorità non già umana, ma divina, ma è anche un sacramento che contiene in sé il Cristo, nella sua reale presenza, nella sua presenza reale e sostanziale, Cristo vero Dio e vero uomo, il "Christus totus", come dirà San Agostino, il Cristo tutto con la sua divinità, la sua umanità, con il suo Corpo, con il suo Sangue, la sua anima e la sua umanità tutta intera. Quindi Christus totus è contenuto, è realmente, obbiettivamente presente nel sacramento dell’Eucarestia.

Perciò questo sacramento, più grande tra tutti gli altri, dovrebbe essere trattato a tappe differenziate. Io vi ho proposto appunto questo schema: anzitutto trattare dell’Eucarestia sotto l’aspetto della sua sacramentalità. Cioè l’Eucarestia ha in comune con tutto il settenario sacramentale, cioè con gli altri sei sacramenti, appunto questo, cioè di essere un sacramento. Però non è solo un sacramento come tanti altri, ma nella sua sacramentalità si cela questo suo primato, tra tutti gli altri, al di sopra di tutti gli altri, che è quello di rendere realmente presente in mezzo a noi il Cristo Signore. Quindi il secondo tema sarà appunto la presenza reale, la presenza reale, sostanziale di Cristo. Vedete è qui che dovremo appunto in questo secondo tema, (non sarà facile), meditare sul mistero che la nostra, non solo teologia occidentale, ma la nostra fede proprio cristiana chiama con l’unico termine appropriato, coniato e imposto autorevolmente dal concilio di Trento, ebbene si chiama questo processo "Transustanziazione".

Vedete, non sono cose facili, lo so bene, miei cari, ma per la divina Eucaristia faremo questo e quell’altro, quindi cercheremo appunto di fare questa fatica mentale di approfondire un po’ la nozione di sostanza e questo processo di trasformazione sostanziale, se no la presenza reale di Cristo Signore risulta assolutamente inintelligibile. Non dico che allora spiegheremo il mistero, perché questo non potremo mai farlo, tuttavia per lo meno lo renderemo non contraddittorio, lo renderemo intrinsecamente plausibile quanto alla sua ragionevolezza. Quindi questo sarà il secondo tema. Il terzo poi, molto importante, poiché al giorno di oggi si ha, ahimè, una certa tendenza ad abbandonare questa visione delle cose, sarà il tema "il sacrificio della Santa Messa". Voi sapete, la divina Eucaristia viene celebrata durante quell’azione che noi chiamiamo "azione liturgica della Santa Messa". Celebrazione Eucaristica, però pochi sanno che questa celebrazione Eucaristica è un vero e proprio sacrificio della nuova ed eterna alleanza. Voi che avete una solida formazione lo saprete, ve ne ricorderete bene. Tuttavia è una cosa da ripetere ai nostri giovani, alle generazioni nuove, in quanto questo mistero nella sua essenza, non potrà mai cambiare, Cristo è sempre lo stesso, ieri, oggi e nei secoli eterni. Così la Santa messa sarà sempre non solo il sacramento più alto di tutti, non solo il sacramento della presenza del Signore, ma anche l’azione sacrificale della Chiesa. Vedete è il sacrificio che da senso al nostro sacerdozio, il sacerdozio che cosa è? Non è niente altro che questo: avere il potere, a nome di Dio, di offrirgli dei sacrifici. Ora il Sacrificio unico della nuova alleanza è il sacrificio della Croce. E quello che noi celebriamo nella Santa Messa non è altro che questo: il sacrificio della Croce del Signore.

Penso che ci aiuterà molto questa meditazione ad essere devoti e raccolti durante la celebrazione della Santa Messa. Vedete la vera, intensa partecipazione a questo mistero, al di là di quello che si dice e si fa all’Altare (certo questo è molto importante, seguire il sacerdote nei suoi gesti, in quello che dice), però molto, molto più importante è avere nel cuore ed anche nella mente, ovviamente, in tutto il nostro essere umano, avere dentro di noi questa intima convinzione, che durante l’azione sacrificale della santa Messa, stiamo misticamente, ma realmente, davanti alla Croce di Gesù. Quindi con gli stessi sentimenti, dovremmo partecipare alla Santa Messa, come se stessimo dinanzi alla Croce di Gesù sul Golgota.

Quindi il terzo tema sarà appunto quello del sacrificio, infine ciò che scaturisce dal sacrificio della Santa Messa è la Comunione, la grazia della Comunione, Gesù ci dona la grazia, ci dona l’Eucarestia, l’Eucarestia che è istituita come un cibo spirituale, che esige appunto una manducatio spiritualis, come dice Gesù, che chi non mangerà la sua Carne e berrà il suo Sangue, non potrà avere in sé la vita eterna, vuol dire proprio che con questo mangiare e bere, non solo esteriormente e sacramentalmente, ma nel contempo anche interiormente e spiritualmente il Corpo e il Sangue del Signore, ci viene comunicato il pegno della vita eterna, farmacon the ethanasias, come diceva San Ireneo di Lione, ossia il farmaco della, la medicina dell’eternità e dell’immortalità.

Iniziamo subito, entrando come si sul dire in media res, in quello che è la sacramentalità dell’Eucarestia. L’Eucarestia è uno dei sette sacramenti. Ho posto come primo punto di meditazione l’istituzione divina. Non c’è nessun dubbio che l’Eucarestia è stata istituita da Gesù stesso nell’ultima cena con i suoi discepoli. Gesù, celebrando la festa pasquale con i suoi discepoli, pese il pane, lo benedisse, dopo aver compiuto tutti i riti dell’antica alleanza, e disse: "prendete e mangiatene tutti, questo è il mio Corpo" e poi fece lo stesso con il calice, lo benedisse e disse ancora: "Questo è il calice della nuova ed eterna alleanza, bevetene tutti, giacchè questo è il Sangue che sarà versato per voi, per la remissione dei peccati".

Quindi Gesù ha istituito, con la sua autorità divina, questo sacramento più alto nella nuova alleanza, questo sacramento del suo Corpo e del suo Sangue. Quindi se l’Eucarestia è un sacramento, bisogna anzitutto chiederci che cosa significa la nozione del sacramento, che cosa è un sacramento. Penso che qui ci viene in aiuto molto San Agostino, il quale con la sua genialità riguardo la lingua latina, immediatamente intravede nel "Sacramentum" un "sacrum signum", ovvero un "signum rei sacrae", quindi è un segno sacro o un segno che significa delle realtà sacre. San Tommaso, riprendendo questa meditazione agostiniana, si chiederà anzitutto in genere se i sacramenti sono nel genere del segno. E dirà ovviamente: " sì, i sacramenti nella loro essenza sono dei segni" e il segno, secondo la tutta la sua natura, è proteso a significare qualcosa, quindi ogni segno è rapportato a un significato. Quindi tra tanti segni che noi conosciamo ci sono dei segni che non significano una cosa qualsiasi, una realtà per così dire mondana, quotidiana, diciamolo così, profana, ma ci sono dei segni che significano delle realtà superiori all’uomo, dei segni appunto sacri.

E San Tommaso distingue appunto fra questi sacri segni, diversi tipi di segni, a secondo delle tappe della storia della salvezza. Potremmo allora dire che i sacramenti, la sacramentalità in genere, si divide in questi tre generi di sacramenti. Cioè i sacramenti della semplice natura, sacramenti di natura, poi ci sono i sacramenti dell’antica legge e infine i sacramenti della nuova legge. Quindi tre tappe distinte l’una dall’altra. I sacramenti di natura che cosa sono? E’ così che dobbiamo pensare riguardo le religioni non rivelate, diciamolo subito chiaro. La religione rivelata è la religione ebraica, in vista di Cristo, il Messia, dopo la venuta di Cristo è la religione cristiana, pienezza della rivelazione: Iddio che ci ha parlato, che ha parlato ai nostri padri tramite i profeti, in questo ultimo tempo, ci ha parlato per mezzo del Figlio suo. Quindi la religione rivelata è la religione cristiana, che contiene in sé questa preparazione del Vangelo, che è tutta l’economia, la dispensazione delle grazie divine durante la storia del popolo dell’antica alleanza.

Però prima di questo, prima del patto del Signore con Abramo, con Mosè, che cosa c’è stato? Ebbene c’è stata la creazione dell’uomo, il suo peccato delle origini, l’uomo che si è alienato da Dio. E’ stato espulso, come dice la scrittura, dal giardino di Eden. Tuttavia, vedete miei cari, nell’uomo rimase, dentro all’anima sua, quello che potremmo chiamare la nostalgia di Dio. L’uomo smarritosi, alienatosi da Dio rimane un nostalgico di Dio. E guai se un uomo non fosse nostalgico, l’essenza di ogni religione è la nostalgia (nel senso migliore della parola) però ogni religione è nostalgica, nostos algo, il dolore, il travaglio del ritorno. Nostos vuol dire il ritorno, vedete come Ulisse ha questo nostos algo, il desiderio di tornare alla sua patria, così ogni uomo, espulso dal Paradiso, dalla sua patria celeste deve avere la nostalgia del ritorno, di riconciliazione con Dio. Vedete noi cristiani cattolici sosteniamo che la nostra natura umana con il peccato delle origini, è stata profondamente inclinata al male, però non è stata completamente rovinata. Vedete ci vuole un grande equilibrio per procedere in media via tra questi due scogli, uno è quello del pelagianesimo: la nostra natura è tutta sana, è tutta buona, quell’altro che è quello del calvinismo, che dice che è tutto rovina, tutto maledizione.


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03/09/2009 11:32

Quindi la nostra natura è rimasta buona in quanto alla sostanza, inclinata però al male. Quello,(poco, però anche molto, perché è la sostanza) che è rimasto di buono ha in sé la nostalgia di Dio, del ritorno a Dio. Perciò non ci stupisce che in tanti popoli, assieme alla cultura di ogni popolo, nasce la religione. O meglio sarebbe dire che assieme ad ogni religione nasce una cultura di una determinata popolazione, vedete l’anima di ogni cultura è profondamente religiosa, se non c’è religione, non c’è cultura. Ogni epoca, in ogni declino culturale, conosce anche il declino della sua religione. E’ una cosa che la storia ci insegna senza eccezioni di sorta.

Quindi ogni popolazione di questa terra appena comincia ad innalzarsi spiritualmente, culturalmente, ha anche una sua intuizione religiosa, che esprime il suo ritorno a Dio. Quindi vedete nelle forme delle religioni non rivelate c’è una certa sacramentalità, sacramentalità fondata su che cosa? Naturalmente l’uomo si guardava attorno e vedeva dei segni che potevano in qualche modo significare questo suo desiderio di ritorno a Dio, segni di cose sacre. Pensate ad esempio, alle abluzioni rituali. Il battesimo è certamente un qualche cosa di peculiare al cristianesimo, il battesimo nello Spirito Santo, però il battesimo di acqua è qualche cosa di diffusissimo in tante religioni. Ci sono delle abluzioni nella religione ebraica, sapete bene come erano rigorosi nel lavarsi la mani, come rimproverano anche a Gesù: "I tuoi discepoli non si lavano le mani prima di mangiare". Persino nelle religioni lontane da noi, come per esempio nell’induismo, questo lavacro nel Gange e via dicendo. Un elemento molto semplice, l’acqua, che però per la sua natura è adatta a significare la catarsi, la purificazione. Quindi in qualche modo ci sono dei sacramenti di natura. Nella creatura stessa l’uomo ha visto dei segni della sua riconciliazione con il Signore. Però questi segni sono stati sì creati da Dio, però non istituiti da Dio, come ciò che significa il divino. E’ l’uomo che ha pensato di poter vedere qualcosa di divino e di sacrale in quelle cose che ha trovato accanto a sé. Vedete così nascono i sacramenti di natura, con il grave pericolo delle superstizione, perché la superstizione consiste nel fatto che si carica di significato religioso, soprannaturale, qualcosa che non è adatto, per natura sua, adatto a significare qualcosa di religioso, di soprannaturale. Vedete c’è questo grave pericolo in una religione non rivelata, non sostenuta da Dio, al di là dei sacramenti di natura, di crearsi degli idoli, di adorare, dare il culto divino a qualcosa che non è né Dio, né istituito da Dio.

Vedete quanto è importante per la vita religiosa quello che si dice "la rivelazione". Vedete, miei cari, davanti a questo dovremmo sempre avere una grandissima riconoscenza rispetto a Dio, perché Lui non aveva nessun bisogno di parlarci. Ebbene, Lui si è compiaciuto di entrare in comunione con noi, di rivolgerci la sua parola, tramite i profeti e tramite il Figlio suo prediletto Gesù Cristo, nostro Signore e Salvatore.

Vedete questo mi pare che sia di primaria importanza, proprio perché al giorno di oggi questo senso della rivelazione sembra essere smarrito. Sono molti che la pensano così, pensate per esempio all’educazione religiosa nelle scuole. Ci sono stati tanti iscritti (Deo gratias) tuttavia la mentalità che si diffonde sempre più è questa: a scuola non va insegnata la religione cattolica, questa è una prevaricazione, un sopruso, è poco tollerante, bisogna insegnare una specie di sincretismo religioso. Vedete come il cristianesimo appare come una forma di religione tra tante altre. Un buon cristiano non può permettersi, senza fare un peccato, di parlare in questi termini. Peccato grave di mancanza di riconoscenza, perché se Dio ci ha parlato, la nostra religione non è più solo un’espressione del nostro desiderio di Dio, ma è un venire incontro a questo nostro desiderio dalla parte di Dio stesso, nientemeno che del Figlio suo unigenito.

Quindi i sacramenti soprannaturali sono sacramenti istituiti per autorità di Dio, per la divina rivelazione. Così la sacramentalità rivelata, divinamente istituita, inizia con l’economia dell’antica alleanza.. Pensate a tutto il libro del Levitino, dove ci sono tanti riti, il sacerdozio, la purificazione dei sacerdoti, l’istituzione dei sacerdoti nel loro ufficio, l’Altare degli olocausti, l’altare dell’incenso, quali sono le offerte pacifiche e quali sono le offerte cruente, quali sono le offerte parziali e quelle di completa consumazione con il fuoco, gli olocausti, tutto questo è esattamente prescritto come il Signore lo ha dettato a Mosè. C’è scritto nel levitico : "Dio ha parlato a Mosè e Mosè ha parlato così ai figli di Israele, dovrai fare questo e quest’altro..", vedete è Dio stesso che si è rivolto al suo popolo, gli ha manifestato la sua volontà, gli ha detto: "Vedi in quei segni e non in altri, si cela il significato sacro" Pensate all’agnello pasquale, per esempio, un sacramento dell’antica alleanza che per eccellenza è prefigurativo di Cristo. Un agnello pasquale, un agnello che significa il Signore crocifisso, il Signore che nella sua Pasqua diventa per noi vittima di espiazione, che ci lava nel suo Sangue, ci purifica, ci riconcilia con il Padre, vedete il significato pasquale del rinnovamento. Da quel pane con il lievito diventiamo il pane azzimo, vedete il sacramento prefigurato nella sacramentalità dell’antica alleanza.

Vedete come già nell’antica alleanza il Signore ha istituito già alcuni sacramenti, però questi segni sacri dell’antica alleanza si rapportano tutti al Messia venturo, cioè hanno il loro significato, la loro capacità di santificare per riferimento a Cristo venturo. San Paolo stesso ce lo dice, ci dice San Paolo che tutto quello che è stato scritto ai nostri antichi padri, cioè ai figli di Israele, è stato scritto per ammaestrare noi. Chi noi? Noi cristiani, si capisce. Quindi in qualche modo la rivelazione dell’antica alleanza è tutta protesa in vista di Cristo. San Paolo su questo è estremamente chiaro. La legge è un pedagogo, è uno che ci prende per mano e ci porta, educandoci, (è un processo educativo, pedagogico), ci conduce a Cristo. Quindi tutti questi sacramenti dell’antica alleanza nascondono profeticamente in sé il Cristo venturo.

"Ora è per questo che", dice San Tommaso, "i sacramenti dell’antica alleanza avevano un’efficacia, certamente, in vista della santificazione, ma non ex opere operato, bensì ex opere operandis". E qui bisogna chiarire questi termini.

Si dice che un sacramento agisce ex opere operato là dove, in qualche modo, ove è Dio stesso ad agire. Nel battesimo il bambino capisce ben poco di quello che succede. Certo ci deve essere l’atto dei suoi genitori, dei padrini, che non è mai privo di una certa remota disposizione. Tuttavia l’opera che si compie in lui è un’opera compiuta da Dio e dal suo Cristo, quel bambino, senza saperne nulla, diventa membro vivo del corpus Christi misticum, senza saperlo. Quindi per "opere operato" significa per un agire obbiettivo di Dio, indipendentemente da noi. Per fortuna! Pensate se le azioni sacre dipendessero tutte da noi, sfortunati noi, sappiamo bene come siamo imperfetti. Quindi Dio, nei sacramenti propriamente detti, ci santifica indipendentemente dalla nostra disposizione. Certo non deve esserci una preclusione da parte nostra, se c’è preclusione il sacramento, come si dice "non attacca", non produce il suo effetto. Tuttavia, se non c’è preclusione, Dio compie la sua opera tramite l’azione sacramentale.

Invece se noi prendiamo l’acqua benedetta, entrando in chiesa, un’altra usanza oggi un po’ in disuso, che però andrebbe praticata, si dice che non è più un sacramento, uno dei sette sacramenti, ma è un sacramentale. Che cosa significa? Che è anch’esso un segno sacro, però che non cela in sé la forza di Dio che obbiettivamente agisce, ma è per noi come un ricordo di una realtà sacra che ci santifica se noi ci pensiamo. Cioè se io mi faccio il segno di Croce con l’acqua santa, devo pensare a quello che faccio, devo pensare all’acqua santa e al suo simbolismo perché qualcosa succeda nell’anima mia. Non c’è una forza magica nell’acqua santa in sé stessa, dipende da me. Ecco perché si dice "ex opere operantis", per opera di chi agisce e non per opera di Dio che agisce indipendentemente da me. Così anche le benedizioni, la benedizione dipende sia dalla disposizione del sacerdote che benedice, sia soprattutto dalla disposizione del fedele che la riceve.

Ora i sacramenti dell’antica alleanza, dato che non c’era ancora il Cristo mediatore, non si era ancora incarnato il Verbo, che è strumento nel conferimento della grazia, ebbene dato che il Verbo non era ancora incarnato, i sacramenti protesi in vista di Cristo, ma non ancora mediati da Cristo, non avevano ancora un’efficacia intrinseca, però erano come dei ricordi, come dei richiami, come delle realtà che si protendevano profeticamente e misticamente verso il Cristo venturo. Vedete ogni sacramento dell’antica alleanza ha in sé una connotazione del Messia, della promessa della futura salvezza posta in quel popolo da parte di Dio che lo ha scelto come sua eredità.

Quindi in qualche modo, quando gli ebrei celebravano, per esempio, la cena pasquale, nella cena pasquale loro esprimevano la loro fede nel Messia venturo. E più viva era questa fede era nel Messia che doveva venire, più si santificavano. Vedete come dipendeva dalle loro disposizioni. Quindi c’erano coloro che lo svolgevano come un rito qualsiasi, tanto perché era comandato, quindi si faceva, ed altri che lo facevano con più meditazione, con più disposizione, con più interiorità. Ebbene, l’effetto di santificazione era diverso negli uni e negli altri.

Che cosa contraddistingue invece i sacramenti della nuova alleanza? L’istituzione divina, non solo da parte di Dio che si rivela, ma da parte del Dio del Verbo Incarnato, Gesù stesso ha istituiti i sacramenti della nuova alleanza. Perciò, dato che nei sacramenti della nuova alleanza agisce la virtù della Croce di Cristo (San Tommaso continuamente si esprime in questa forma, dice che nei sacramenti agisce la "virtus passionis Christi", la virtù, la forza redentrice della passione di Cristo), ora dato che i sacramenti della nuova alleanza sono istituiti da Cristo già venuto, dal Verbo già incarnato, dal Verbo la cui umanità ipostaticamente unita alla persona del Verbo, gloriosa alla destra del Padre, dal momento che tutto ciò si è già compiuto, i sacramenti istituiti dal Verbo incarnato possiedono un’intrinseca efficacia ex opere operato, come ho appunto spiegato.

Quindi, come dice appunto il catechismo, "sacramenta novae legis efficiunt it quod significant", i sacramenti della nuova legge producono efficacemente ciò che significano. E’ una cosa di capitale importanza, perché poi da questo dipende tutto il resto, possiamo subito concludere che se i sacramenti della nuova veramente realizzano ciò che significano, vuol dire che se il segno eucaristico è il segno della presenza del Signore, vuol dire, data l’efficacia reale di questo segno, che la presenza si realizza.

Quindi in sostanza bisogna partire proprio da questo, i sacramenti della nuova legge, a differenza dei sacramenti sia di natura che dei sacramenti della legge antica, i sacramenti della nuova legge non sono solo segni, ma sono segni efficaci di ciò che significano, dei segni che producono, che realmente pongono ciò che significano. E’ per questo che l’Eucarestia anzitutto è istituita da Gesù Cristo ed è istituita come segno efficace di grazia. Perché vedete i sacramenti istituiti da Cristo, tutti quanti, il battesimo, la cresima, la penitenza, tutti quanti significano una cosa sola: significano la grazia santificante. Però significano questa unica grazia sotto aspetti o rispetti diversi, con connotazioni diverse. Se no, non ci sarebbe bisogno di sette sacramenti. Se ci fosse solo un’unica grazia indifferenziata, c’era bisogno di un solo sacramento. Ebbene il Signore ha voluto istituire sette segni e sette cause distinte l’una dall’altra per conferire la stessa grazia, ma sotto aspetti diversi.

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03/09/2009 11:33

Quindi l’uso di ogni sacramento dipende dalla istituzione che Cristo ha fatto nei riguardi del sacramento stesso, o, se volete, bisogna usare di quel segno sacramentale secondo la volontà di Colui che l’ha istituito. Perciò, per esempio, si parla dei sacramenti dei vivi e dei morti. Che cosa significano i sacramenti dei morti? Non i sacramenti di coloro che sono sepolti, no, sacramenti dei morti significa sacramenti che rimettono le colpe gravi. Quando un uomo commette una colpa grave, ebbene la grazia di Dio non c’è in lui. E San Agostino dice giustamente che come l’anima è la vita del corpo, così Dio è la vita dell’anima. Così l’anima senza Dio, senza grazia, è un’anima morta. Ecco che cosa significa sacramento dei morti, significa un sacramento fatto per rimettere la colpa grave. Quali sono? Due: battesimo e penitenza, proprio perché sia nel significato del battesimo, che nel significato della penitenza, si cela questa connotazione del perdono.

Il battesimo è un lavacro esterno, che significa una purificazione interiore. Il sacramento della penitenza, Gesù alita sui suoi discepoli, quando viene a trovarli dopo la sua gloriosa resurrezione, e dice: "Ricevete lo Spirito Santo, a chiunque rimetterete i peccati, saranno rimessi, a chiunque non li rimetterete, resteranno non rimessi". Quindi confessione auricolare, non quello che si dice oggi, che basta fare una liturgia penitenziale, come si dice, senza confessione. No, no, i successori degli apostoli devono giudicare. Perché Gesù dice: "A chi li rimetterete, saranno rimessi", vuol dire che sono a conoscenza dei peccati. Quindi è un sacramento che è fatto in quella forma precisa, di confessione auricolare, è fatto per rimettere i peccati, perché Gesù stesso l’ha detto: "ricevete lo Spirito Santo, a chi li rimetterete, saranno rimessi", l’istituzione del sacramento significa la remissione dei peccati.

Ma non tutti i sacramenti rimettono i peccati, così l’Eucarestia, per esempio, non è istituita per rimettere i peccati, è per eccellenza un sacramento dei vivi, ossia bisogna accostarsi all’Eucarestia con la grazia di Dio nell’anima nostra. Perché? Perché l’Eucarestia è stata istituita come un cibo spirituale, come un cibo e una bevanda spirituale. Quindi San Tommaso così delinea l’economia sacramentale paragonando la vita soprannaturale alla vita naturale dell’uomo. Dice: "nella vita dell’uomo c’è anzitutto la sua nascita, poi la sua crescita, poi il nutrimento, tramite il quale l’uomo appunto si mantiene in vita, poi, se capita che l’uomo cade in una malattia, allora c’è bisogno del rimedio, dopo aver passato un po’ questa malattia, i suoi pericoli anche letali, c’è il periodo della convalescenza. Infine c’è l’aspetto sociale della vita umana. La società e la gerarchia sociale, la società è sempre una comunione, nel contempo un ordine politico e sociale.

A questo punto dice San Tommaso: "Alla nascita dell’uomo corrisponde il sacramento della nascita spirituale". Quale è il sacramento della nascita spirituale? Ebbene, è il battesimo. Con il battesimo si nasce, meglio si rinasce con una vita diversa da quella che i genitori ci hanno dato. I genitori ci danno una vita contrassegnata dalla morte, dono grande quello, certamente, ma sempre un dono limitato, perché contrassegnato dalla morte, ebbene in Gesù Cristo, nostro Signore, siamo partoriti dalla santa madre Chiesa (misticamente, è un linguaggio mistico, non bisogna prenderlo alla lettera), misticamente la santa madre Chiesa vedete come esercita la sua maternità nei nostri riguardi, ci partorisce a vita nuova, a una vita che non è più destinata a morire, ad una vita eterna, alla salvezza eterna. Quindi il santo battesimo è la nostra nascita alla vita soprannaturale.

Poi il segno sacramentale della crescita compiuta, vedete quando un individuo cresce e diventa adulto, il suo essere adulto si manifesta biologicamente nella capacità di donare la vita ad altri. Vedete la capacità riproduttiva. Così anche la maturità soprannaturale si manifesta nella capacità di essere apostoli di Cristo, di essere mandati da Cristo, di essere mandati da Lui ad annunciare la sua parola, a combattere la spirituale battaglia di Cristo Signore, questo è il sacramento della cresima, di cui oggi si tende a sminuire l’aspetto combattivo, però c’è, perché non c’è apostolo che non sia un grande lottatore, sempre in spiritualibus, si capisce, ma non di meno. (sapete le lotte spirituali a volte sono le più difficili addirittura). Quindi l’aspetto della cresima, la crescita compiuta, un uomo che ha maturato la sua crescita spirituale, così che viene deputato da Dio, per mezzo della sua Chiesa, viene deputato ad essere portavoce di Dio, a proclamare la sua parola. Vedete questo sigillo, anche sacerdotale, perché la santa cresima conferisce appunto, come il battesimo, anche un carattere sacro, e proprio il sacerdozio più maturo, il fedele è deputato ad annunziare la parola del Signore.

Poi c’è il nutrimento, vedete qui siamo a livello dell’Eucarestia, l’Eucarestia è stata istituita come nutrimento, come cibo e bevanda spirituale, Gesù dice: "prendete e mangiate", la materia è il pane, "prendete e bevete", la materia è il vino. Quindi istituisce questo sacramento come cibo e bevanda spirituali. Nutrimento.

Poi quando ci si ammala, ma pericolosamente, addirittura spiritualmente la morte, si potrebbe dire, ecco il peccato mortale. In questo caso che cosa bisogna fare? Ricorrere subito al Medico celeste. Ora per versare del balsamo nelle ferite dell’anima, c’è appunto per questo l’istituzione del sacramento della penitenza, del sacramento della spirituale resurrezione, la seconda tavola dopo il naufragio, dicevano i padri della Chiesa, che quando la nave sprofonda il povero naufrago si aggrappa a quello che rimane, per mantenersi al di sopra delle onde, così quando la grazia battesimale viene meno, ecco che ci dobbiamo aggrappare a Cristo che ci perdona nel sacramento della penitenza.

Ma poi c’è bisogno di una certa convalescenza spirituale, di togliere i rimasugli del peccato, le pene temporali per il peccato e preparare l’anima ad un’eventuale incontro con Dio, se Iddio lo vorrà, ed ecco allora il sacramento dell’estrema unzione, oggi si dice appunto "unzione degli infermi", ma il significato non cambia.

Ecco poi i sacramenti della vita sociale. Dice appunto San Tommaso e tanti altri teologi affermavano questo, l’ordine soprannaturale rispetta le esigenze dell’ordine naturale. Quindi se l’uomo è per natura sua socievole, anche su un piano di grazia non sarà un asociale. Come siamo creati da Dio per vivere in società, senza che la nostra vita sia assorbita tutta solo dalla vita sociale (anzi voi sapete bene che solo chi sa stare anche solo, chi sa avere quella buona solitudine, questa sostanza spirituale e vivere dal di dentro di se, solo costui può anche vivere gradevolmente una vita civile e sociale, quindi le due cose, la individualità e la socialità non si contrappongono a vicenda, anzi l’una richiama l’altra) Dunque la vita soprannaturale del cristiano è pure fatta di queste due dimensioni: una individuale, che è fondante, l’altra che è connaturale, anche se appoggiata su questa sostanza individuale, ed è la vita sociale soprannaturale. Quale è questa vita sociale soprannaturale? E’ la vita ecclesiale. Mi dispiace, ma io sono aggrappato alle buone definizioni di un tempo, anche queste oggi vengono un po’ discusse, ma mi pare non a giusto titolo, ebbene come diceva San Roberto Bellarmino (che preghi per noi lassù nel Cielo, noi non vogliamo contraddirlo, è pericoloso contraddire i Santi), San Roberto dice appunto che la Chiesa è una "societas supernaturalis perfecta" società perfetta, anche se soprannaturale. Certo non è come la società dello stato, perché lo stato mira alla convivenza pacifica dei cittadini, pace non nel senso banale, pace profonda, pace che è promozione spirituale dei cittadini, tuttavia ha semplicemente una finalità immanente, si potrebbe dire, finalità che rimane nell’orizzonte umano. La finalità della società ecclesiastica ha invece un fine trascendente, divino: la salvezza dell’anima. Quindi vedete che è diverso il fine? Però la Chiesa è sempre societas perfecta, una vita sociale. Ora come in una società umana c’è la comunione di uomini fra loro, una moltitudo hominum, dice San Tommaso, una moltitudine, non si può essere società quando si è uno solo, siamo in più, siamo una moltitudine, così la moltitudine ecclesiastica è fondata interamente sul sacramento del matrimonio. La sacramentalità del matrimonio è proprio quella, in qualche modo, anche spirituale fecondità. Vedete il matrimonio nel contempo un istituto di Dio creatore, ma nel contempo anche di Dio redentore e santificatore, dunque Dio creatore vuole dai coniugi una fecondità, naturale, Dio redentore vuole da loro una fecondità soprannaturale. Loro devono dare vita ai cittadini non solo della terra, anche della terra, ma anzitutto ai cittadini futuri della Gerusalemme celeste.Vedete la sacramentalità del matrimonio.

Poi la sacramentalità del sacerdozio. Ogni società è un corpo sociale ordinato, come il corpo umano. San Paolo parla della Chiesa come del "corpus Christi misticum". Come il nostro corpo, se fosse un ammasso di cellule disordinato, non sarebbe proprio un corpo, similmente il corpo della societas ecclesiastica è un corpo ordinato, gerarchicamente ordinato. Un’altra eresia che si fa strada (ahimè, talvolta mi agito un tantino quando sento certi spropositi), ad esempio quando sento : "Padre, una volta c’era la concezione della Chiesa piramidale, adesso abbiamo la concezione larga della Chiesa comunione". Come se le due cose si opponessero l’una all’altra. Mi diverte molto, sotto un altro aspetto mi fa anche agitare, fatto sta che le due dimensioni si richiamano a vicenda, sono ugualmente compresenti dall’inizio stesso.

Quell’ordine che ci sarà nel nostro corpo, in tutte le articolazioni, c’è già nella cellula fecondata, nel primo istante della nostra concezione c’è il patrimonio genetico che predetermina, fin dall’inizio, tutte le articolazioni del nostro corpo. Similmente nella Chiesa, sin dall’inizio, il Cristo, che è già la Chiesa nella sua cellula germinale, per così dire, il Cristo è non solo corpo, ma anzitutto capo. Quindi la gerarchia della Chiesa è compresente nella stessa moltitudo ecclesiastica. Quindi non si può dire: "comunione contro piramide" ( che modo di dire!), non si può dire "comunione contro sacerdozio", comunione e sacerdozio, comunione e società ordinata, divinamente ordinata, non umanamente ordinata. Guai se non ci fosse il sacerdozio, perché, come dice la scrittura, senza i profeti il popolo muore. E’ necessario che Iddio abbia istituito la Chiesa come comunità, ma anche come comunità ordinata. Quindi il sacerdozio è essenziale alla Chiesa, quindi abbiamo il sacerdozio anche della nuova alleanza, i ministri del Signore che sono posti nella santa gerarchia e che differenziano il corpo mistico di Cristo che è la Chiesa. Però tutto il significato dei sacramenti, di tutti quanti, converge verso l’Eucarestia, che è il sacramento più alto tra tutti.

Possiamo facilmente vederlo che sia nel battesimo che nella penitenza, che sono sacramenti purificatori, iniziatici quasi, in vista dell’Eucarestia, possiamo vederlo in maniera splendida nel sacerdozio, che è tutto proteso verso il sacrificio da offrire a Dio. Vedete certe crisi di identità (un’altra cosa che è il mio cruccio), sentir dire "sacerdoti in crisi di identità". Che cosa vuol dire? Vuol dire che un sacerdote non sa per che cosa sta qui al mondo quel sacerdote. E’ orribile dire questo! E’ così chiaro, Gesù glie lo dice con tale sicurezza, con tale chiarezza, : "tu sei sacerdote in eterno, secondo l’ordine di Melchidesech, per offrire il sacrificio a Dio!". Questo è il senso del sacerdozio, tutto il resto viene dopo. Bisogna che ve lo dica, guai al sacerdote che si riduce ad essere semplicemente un lavoratore sul piano della promozione sociale. Molto bello anche questo, guai se non ci fosse, ci deve essere! Però il sacerdozio non ha come fine specifico questo. Come fine specifico il sacerdote deve essere mediatore, assieme all’unico mediatore che è il Cristo, tra il popolo e Dio.

Detto questo, vediamo come si costituisce il segno sacramentale e poi lo applichiamo in modo particolare all’Eucarestia. Ogni segno sacramentale, per tutti i sacramenti vale sempre lo stesso discorso, è fatto sempre da due elementi: uno materiale e uno spirituale. L’elemento materiale, il segno visibile, quasi palpabile, udibile o comunque sensibilmente percettibile, il segno visibile si chiama "la materia del sacramento". Cerchiamo di memorizzare bene queste cose, perché bisogna usare un linguaggio un po’ tecnico. Lo spiego, però è bene che una volta abituati a quel linguaggio, lo adoperiamo. Quindi si dice materia di un sacramento il segno sensibilmente percettibile, quel pezzo di materia che si usa. L’acqua per il battesimo, il bambino viene battezzato con dell’acqua pura (c’è tutta una casistica fino a che punto ci possano essere altri ingredienti, ma questo non ci interessa adesso), l’acqua possibilmente pura è la materia del battesimo.

Alla materia del sacramento si aggiunge il suo significato espresso spiritualmente in quello che si dice "forma del sacramento", per usare il linguaggio abituale del medioevo, che ha ripreso appunto l’aristotelismo, con la dualità aristotelica della materia e della forma. Dunque ogni sacramento, per analogia con le sostanze aristoteliche, è fatto di due dimensioni, la dimensione materiale, la materia che si usa, poi la dimensione spirituale. Per esempio nel battesimo, dove tutto è molto chiaro, l’elemento materiale è l’acqua, l’elemento spirituale e formale sono le parole di chi battezza: "Io ti battezzo nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo", questa formula è appunto la forma del battesimo. Notate l’importanza di questa dualità di materia e di forma. Voi direste : "Il sacramento è un segno già abbastanza cospicuo nella sua materialità", ed è vero, però la materia è ancora ambivalente nei suoi significati, la materia può significare tante cose. Per esempio l’acqua serve per rinfrescare, serve per lavarsi, serve per tante cose, anche per bere. L’acqua può avere tanti significati. Solo se io all’acqua e al gesto dell’abluzione, che è la materia del battesimo, aggiungo le parole: "Io ti battezzo", allora a tutti è chiaro, io verso dell’acqua sulla fronte del bambino non per lavarlo, ma per battezzarlo nel nome della Trinità Santissima. Quindi in ogni sacramento c’è la materia e la forma.

Però notate, miei cari, come Iddio è buono con l’uomo proprio nell’adoperare dei segni così visibili, così palpabili e così umili, così come Dio realmente ha fatto. Vedete Dio che adopera dell’acqua, dell’olio, del pane, del vino, le parole del sacerdote nel perdono che impartisce. Tutte cose udibili, visibili, palpabili. Perché Iddio fa questo? Notate che ci furono in tutti i tempi, anche al giorno di oggi, ahimè, degli eretici gnostici. Oggi non siamo più abituati a chiamare le cose con il loro proprio nome, ma ci sono degli gnostici tuttora. C’è della gente che dice tranquillamente: "io non è che di quei sacramenti ne abbia proprio bisogno". C’è della gente che va a messa , dice : "Io sono migliore di loro", chi glie lo permette di dire così? Se Gesù lo avesse incontrato gli avrebbe detto quelle cose che diceva ai farisei, che si reputavano giusti. C’è gente che dice: "Quei cristiani che vanno a Messa, loro si sforzano di essere buoni, io non ci vado a Messa, però sono tanto più buono di loro!". Già dire così è una cosa pericolosissima spiritualmente. Per di più dicono: "Questa brava gente ci va a Messa, però io di queste cose materiali, di queste cose spicciole, di quel pane, di quel vino, chi me lo fa fare? Io sono un uomo spirituale, io sono un pneumatikos", come dicevano gli gnostici: "I cristaiani sono degli psichici, hanno bisogno di quei segni sensibili, io sono uno spirituale, non ne ho bisogno" Che superbia, che superbia! Che vuole saperne più di quanto non ne sappia il buon Dio nei nostri riguardi.

Il buon Dio non è un idealista, l’idealismo è quella filosofia che pensa che l’uomo abbia in sé dei contenuti a priori, che contempli delle sostanze spirituali. No, Iddio che ci ha fatti, Iddio sa che la nostra intelligenza è legata alle rappresentazioni sensibili. C’è poco da fare, finchè viviamo quaggiù sulla terra degli angioletti non li vediamo ed anche il Signore purtroppo non lo vediamo. Lo vedremo, tale è la nostra speranza, dopo la morte, ma finché l’anima è legata al corpo, noi siamo pure legati ai sensi. Cioè formiamo dei concetti intellettivi, ma sempre appoggiandoci su rappresentazioni sensibili. Vedete come Dio, conoscendo l’uomo, agisce secondo il modo di fare, di conoscere, di comprendere che è proprio dell’uomo. Ecco quello che si chiama la sinkatabasis, ossia l’accondiscendenza di Dio nei riguardi dell’uomo. Dio si china verso l’uomo, Dio si adatta in qualche modo all’uomo, modo humano Deus locutus est, in una maniera Iddio si è espresso nei nostri riguardi.


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