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Conferenze sulla Presenza reale di Gesù nell'Eucarestia

Ultimo Aggiornamento: 03/09/2009 11:33
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Sesso: Femminile
03/09/2009 11:28


Quindi la transustanziazione è un dogma di fede. Ecco l’insorgere dei nostri teologi contemporanei che dicono: "Ma la Chiesa come si permette", vorrebbero dettare legge anche al magistero, altro che obbedienza e sottomissione, quindi : "la Chiesa come si permette di dogmatizzare in materia filosofica". Ed è vero. È proprio quello che mi piace tanto, come la stessa Chiesa in qualche modo ci spiega in questo dogma eucaristico, che le sta a cuore, perché è un dogma assolutamente essenziale, la Chiesa ci fa vedere come la teologia deve ricorrere alla sana ragione, ad una filosofia realistica, non ad una filosofia qualsiasi, ma ad una filosofia realistica, quella che corrisponde alla verità. Quindi il concilio non ha dogmatizzato la sostanza di Aristotele per compiacersi nel dogmatizzare la filosofia, no, ha dogmatizzato però la sostanza in chiave soprannaturale, come un interpretazione, un modo unico attendibile, per spiegare il mistero eucaristico.

Ora che ciò sia l’unico modo attendibile, caso mai ce ne fosse bisogno, Paolo VI, magistero recentissimo, torna a riprenderlo. Se la prende proprio in quella enciclica che ho citato, se la prende con quei teologi che dicono: "In fondo avviene una transignificazione, oppure una transfinalizzazione", no, dice il Papa, tuttora il teologo cattolico è tenuto a dire: "Si tratta di una transustanziazione". Vedete è una parola difficile da pronunciare, ma per amore di Dio e di Gesù e per amore dell’Eucarestia, noi impariamo questo e quest’altro, quindi anche le parole difficili. Vedete la parola trans, lo sapete bene, indica il passaggio, quindi transustanziazione significa il passaggio da sostanza a sostanza, il passaggio da una sostanza all’altra. E’ un processo assolutamente unico, della transustanziazione non si danno esempi nella natura delle cose, le cose cambiano, ma non si transustanziano. Solo nell’Eucarestia, solo in essa avviene la transustanziazione. Ecco vedete perché bisogna pensare bene a questo termine per darne una corretta interpretazione.

Allora anzitutto (studiamo prima l’errore, per dire poi la verità) perché bisogna escludere il termine transfinalizzazione o transignificazione? Perché non tiene sufficientemente conto della realtà della presenza di Gesù. Se cambia solo il significato, in realtà non cambia poi nulla. Vedete miei cari non voglio stancarvi con certe superficialità, ma a me è capitato persino (Non a Bologna, altrove, non vi dico dove) l’insegnamento di teologia di sentire delle eresie, perché al di là di essere false, sono anche veramente superficiali. L’esempio era quello: "Vedi figliolo, tu quando sei invitato da tua zia, che ti fa il the o il caffè" noi in Germania il pomeriggio si beve solitamente il caffè, quindi tu vai da tua zia che ti vuole bene e ti prepara il caffè. Ora è evidente che il caffè di per sé stesso ha un valore nutrimento, ma non ci sono molte calorie. Quindi che cosa c’è nel caffè? Al di là del caffè c’è tutto l’affetto della mia cara zia che me lo offre, su questo non c’è dubbio. Però andare a Messa non è come andare a prendere il caffè dalla mia cara zia. (Comincio di nuovo a tremare un tantino), ci sono delle differenze, ci sono delle differenze profondissime. Quindi niente transignificazione, transfinalizzazione, ma bisogna fare la fatica di pensare a quello che si chiama transustanziazione.

Allora per pensare a quello, bisogna partire dal concetto di sostanza, per forza e questo è tutt’altro che facile e che lo Spirito Santo ci aiuti. Almeno iniziamo, poi continueremo eventualmente la prossima volta.

Bisogna distinguere "sostanza" e "accidente". Escludo subito una obbiezione assolutamente inconsistente. Si dice : "Di sostanza ne parlava Aristotele, ma lui poverino" noi abbiamo questa compassione a luogo inopportuno "lui non ne capiva nulla ancora delle conquiste della scienza moderna". Ora il fatto è questo, che certamente Aristotele non poteva, non era colpa sua, capire nulla delle conquiste della scienza moderna, ma bisogna pure dire che le conquiste della scienza moderna non capiscono nulla della problematica aristotelica, proprio perché ogni scienziato intellettualmente onesto sa che tra la sua problematica e quella di Aristotele c’è un’abissale differenza. Quindi è un errore fin troppo superficiale quello che si dice : "Sostanza e accidenti, roba buona per cinquecento anni fa, ma al giorno di oggi non più proponibile, perché noi la materia la pensiamo in un altro modo. Certamente la pensiamo anche in un altro modo, perché abbiamo un’analisi della materia anche in chiave per esempio della fisica che si serve fortemente dello strumento matematico, cose che Aristotele non aveva ancora. Però proprio quelle domande che Aristotele si poneva, la scienza moderna non se le pone e quindi non può né confermarle, ma neanche smentirle. Questo si allarga ad un discorso ancora più generico, cioè la filosofia non sarà mai sostituita dalla scienza positiva. La scienza positiva è qualcosa di molto valido, di molto bello, tutti ce ne rallegriamo, però è un qualcosa che non ci potrà mai dispensare dal dovere e dal piacere, perché è un dovere piacevole, di pensare con la nostra testa anche delle verità sapienziali. Quindi analizzare la materia non solo sotto l’angolatura del fenomeno, dell’esperimento, della formula matematica, cose interessanti anche quelle, molto appassionanti, però bisogna pensare anche alle realtà materiali anche sotto l’aspetto ontologico, ponendo la domanda dell’essere : "che cosa sono". Questa domanda, finché l’uomo penserà, ebbene questa domanda sarà assolutamente perentoria.

Ora se ci si pone la domanda non solo come la materia appare e come è misurabile in termini spazio-temporali, ma se ci si pone la domanda: "Che cosa è un ente materiale in sé stesso?", subito ci si accorge della differenza tra ciò che è quell’ente materiale in sé e tra ciò che sono le sue proprietà. Per esempio il pezzo di legno è un qualche cosa che esiste in sé. Il suo colore, ad esempio che sia di un colore scuro, ebbene il suo colore non esiste in sé, esiste solo in quel pezzo di legno o in tanti altri oggetti similmente colorati. Quindi la qualità è un accidens, come dice Aristotele. Qualche cosa che sopravviene ad una realtà già costituita. Quindi una cosa è la sostanza, ciò a cui compete esistere in sé, e un’altra cosa è il suo accidens, ciò che sopravviene alla cosa, una volta che è costituita in sé. Vi faccio un altro esempio: tizio corre. Tizio esiste in sé stesso, tizio non esiste in qualche cosa d’altro, a tizio spetta l’essere in sé. Al correre spetta pure l’essere, perché il correre è una realtà, ma il correre non è una realtà in sé, ma è una realtà in tizio, ma se corre caio in caio, ma mai è una realtà a sé stante. Vedete poi che è più facile di quanto non si pensi. In fondo l’essere ci si manifesta. Quindi c’è da un lato l’essere sostanziale, cui compete l’essere in sé, poi c’è l’essere che dipende da un altro essere, cui compete l’essere in altro e questo è l’essere accidentale.

Applichiamolo adesso al pane. Il pane ha una determinata struttura che lo qualifica, quella struttura inerisce ad un soggetto, al pane, quel soggetto è la sostanza, ma la struttura ne è una proprietà. Quindi vedete la stessa struttura fisico chimica del pane, la sua bianchezza, la sua estensione, il suo gusto, tutte le sue proprietà sono non la sostanza del pane, bensì i suoi accidenti. Gli accidenti si vedono, la sostanza come tale non si vede, però ci si manifesta tramite gli accidenti. Se c’è uno che corre, bisognerà pure che sia qualcuno che sottostà al correre, ma io conosco tizio solo nelle sue manifestazioni accidentali, lo conosco come un buon atleta che corre veloce, un ragazzo simpatico, tante altre qualità, ma la sostanza di tizio rimane in qualche modo (scusate la parola, Aristotele mi scomunicherebbe) quasi sotto, ipocheimenon, direbbe Aristotele, la realtà sostanziale sottostà alle proprietà.

Ora bisogna spiegare una cosa, (bisogna spiegarla bene, che Dio mi assista) nelle sostanze materiali c’è da distinguere la forma sostanziale dalla così detta "materia prima". (Mi dispiace tartassarvi con tanta filosofia, ma bisogna pur farlo altrimenti non ci si capisce niente. Voi avete tanta pazienza con me e io ne abuserò ancora.)

Aristotele fa un’analisi molto interessante dell’ente corporeo che è sempre un ente in movimento. Gli enti corporei sono enti in movimento, che si muovono. Ora c’è il movimento accidentale, come il correre di tizio è un movimento accidentale, cioè lui cambia secondo il luogo, ma la sua essenza umana non cambia, rimane sempre la stessa. Tizio rimane sempre tizio, però si sposta correndo secondo il luogo.

Ora dice Aristotele (questo è molto bello, molto importante dal punto di vista filosofico), dice: "un movimento assoluto, non c’è. Un movimento assoluto è un non essere. Il movimento suppone sempre qualcosa che si muove, ma ciò che si muove, deve essere stabile, se no non può essere definito come un qualcosa che si muove. Quindi, se c’è un movimento, c’è sempre qualcosa di stabile che è sottoposto al movimento". Ci siamo? (ma siete proprio bravi, afferrate le cose ….è lei, Padre, bene, vuol dire che siamo bravi tutti e due)

continua.....


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