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Rivista Pro Deo ed Fratibus, Maternità sacerdotale

Ultimo Aggiornamento: 03/09/2009 12:44
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03/09/2009 12:38

MATERNITA’ PER I SACERDOTI

La maternità spirituale per i sacerdoti è l'argomento di questo numero (Pro Deo et Fratribus), essa è al centro della nostra Comunità Famiglia di Maria. La vocazione ad essere madre spirituale per i sacerdoti è troppo poco conosciuta, scarsamente compresa, e perciò poco vissuta, nonostante la sua vitale e fondamentale importanza. Questa vocazione è spesso nascosta, invisibile all'occhio umano ed indirizzata a trasmettere vita spirituale. Di questo è convinto il nostro Santo Padre, perciò ha fondato un monastero di clausura in Vaticano con lo scopo di pregare per le sue intenzioni come Sommo Pontefice. Nella foto di copertina vediamo le carmelitane di questo monastero pregare davanti alla statua originale della Madonna di Fatima nella notte tra il 7 e l'8 ottobre 2000. Per quanto si tratti di una vocazione femminile, anche gli uomini non ne sono esclusi del tutto! Giovanni Paolo II ne è un bellissimo esempio, come testimoniano nella pagina accanto le parole di gratitudine che egli rivolge a suo padre.

« Ciò che sono divenuto e in che modo, lo devo a mia Madre! [SM=g27998] » S. Agostino

Indipendentemente dall'età e dallo stato civile, tutti possono diventare madre per un sacerdote e non soltanto le madri di fami­glia. È possibile anche per una ammalata, per una ragazza nubile o per una vedova. In maniera particolare questo vale per le missionarie e le religiose che offrono tutta la loro vita a Dio per la santificazione del­l'umanità. Persino il nostro Santo Padre ha ringraziato una bambina, la beata Giacinta di Fatima, per il suo aiuto materno nella sua elezione papale!

Un fatto è certo: ogni sacerdote è preceduto da una madre. Giustamente S. Pio X ha detto: «Ogni vocazione sacerdotale viene dal cuore di Dio, ma passa attraverso il cuore di una madre!».

Ce lo dimostra particolarmente bene la vita di S. Monica. Sant'Agostino, suo figlio, che all'età di diciannove anni come studente a Cartagine aveva perduto la fede, ha scritto nelle sue ‘Confessioni:

«... Tu hai steso la tua mano dall'alto e hai tratto la mia anima da queste dense tenebre, poiché mia madre, tua fedele, piangeva su di me più che non piangano le madri la morte fisica dei figli. ... eppure quella vedova casta, devota, morigerata, di quelle che tu prediligi, fatta ormai più animosa per la speranza, ma non per questo meno facile al pianto, non cessava di piangere dinanzi a te, in tutte le ore di preghiera».

Dopo la conversione, egli ha detto con grati­tudine: «La mia santa madre, tua serva, non mi ha mai abbandonato. Ella mi partorì con la carne a questa vita temporale e col cuore alla vita eterna».

Durante le sue discussioni filosofiche, S. Agostino voleva sempre con sé sua madre; ella ascoltava attentamente, qualche volta interveniva con un parere delicato o, con meraviglia degli studiosi presenti, dava anche risposte a questioni aperte. Perciò non stupisce che S. Agostino si dichiarasse il suo ‘discepolo in filosofia’!

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Chiedete e vi sarà dato di Sua Ecc.za Mons. Paolo Maria Hnilica S.J.

Nessuno può negare che, oggi come mai nel passato, stiamo vivendo una crisi di vocazioni e in particolare di quelle sacerdo­tali soprattutto in Europa e negli Stati Uniti. Cosa fare? Si potrebbero individuare le cause, prendere dei provvedimenti per migliorare la formazione sacerdotale e la pastorale. Ma infine ciò che conta veramente sono le parole del Signore stesso: «Gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua messe». (Mt 9,38)

«Pregate!»: è dunque l'unica condizione che Dio pone per donarci delle vocazioni. In questo siamo tutti coinvolti.

o devo la mia vocazione sacerdotale a mia madre. Quando ancora era nubile, ella già pregava per avere il dono di un figlio sacerdote. Appena nato, mi consacrò alla Vergine Maria e sempre continuò a pregare affinché almeno uno dei suoi figli (eravamo in otto) diventasse sacerdote.

Attraverso la preghiera e i sacrifici quoti­diani, di cui la sua vita era impregnata, ella mi trasmise la forza di decidermi con gioia per il sacerdozio. Il suo amore per la S. Eucaristia accese nel mio cuore di bambino il desiderio di celebrare almeno una volta la S. Messa nella mia vita. Da bambini con la mamma lavoravamo nei campi; quando sentivamo le campane della Chiesa suonare al momento della consacrazione (come era consuetudine un tempo nei nostri villaggi), noi interrompe­vamo il lavoro e ci mettevamo in ginocchio per adorare Gesù che in quel momento per le parole del sacerdote si faceva presente sull'altare.

Se qualcuno venuto a casa nostra si permette­va di parlare male di un sacerdote, la mamma prendeva sempre le difese dell'accusato e diceva: «Noi abbiamo i sacerdoti che ci meritiamo con le nostre preghiere e i nostri sacrifici. Se abbiamo pregato troppo poco per loro, allora non possiamo aspettarci dei buoni preti». Da bambini, queste parole ci hanno segnato profondamente.

Alcuni anni fa, un mio confratello del Nord Italia, mi ha raccontato ciò che era successo ad un suo amico: ordinato da poco, era stato inviato dal suo vescovo in una piccola par­rocchia della diocesi. Pieno d'entusiasmo il nostro giovane e un po' timido sacerdote cominciò il suo servizio di pastore. Ma la sua gioia iniziale era destinata a scomparire presto. In effetti, già dalle prime settimane aveva cominciato a percepire le prime lamentele dei suoi parrocchiani, che erano divisi tra di loro.

Nonostante i suoi sforzi, il nuovo parroco non trovava alcuna soluzione. Dopo un anno, chiese il trasferimento al suo vescovo perché le continue critiche gli avevano tolto tutto il coraggio e lo slancio. Egli affisse sulla porta della sua casa parrocchiale, un biglietto d'addio dove era scritto:

«Se aveste pregato per me tanto quanto mi avete criticato, ora io sarei già un sacerdote santo!»

La preghiera è il mezzo più grande e potente che Dio ci ha donato per la realizzazione dei suoi piani. Ci esaudirà se particolarmente pregheremo per avere dei buoni e santi sacerdoti.



Sogno di un cardinale

Il Cardinale Nicola di Cues (1401-1464), vescovo di Bressanone, non fu soltanto un grande politico della Chiesa, rinomato legato papale e riformatore della vita spirituale del clero e del popolo del secolo XV, ma anche un uomo del silenzio e della contemplazione. In un sogno gli fu mostrata quella realtà spirituale che ancora oggi i sacerdoti e noi tutti viviamo: il potere dell'abbandono, della preghiera e del sacrificio delle madri spirituali nel segreto dei conventi.



Mani e Cuori che si sacrificano

«... Entrati in una chiesa piccola e molto vecchia, adornata con mosaici ed affreschi dei primi secoli, al cardinale si manifestò una visione immane. Migliaia di religiose pregavano nella piccola chiesa. Esse erano così esili e raccolte che tutte avevano posto, nonostante la comunità fosse numerosa. Le suore pregavano e il cardinale non aveva mai visto pregare così intensamente. Esse non stavano in ginocchio, ma dritte in piedi, lo sguardo fisso non lontano, ma su di un punto a lui vicino, però non visibile ai suoi occhi. Le loro braccia erano allargate e le mani rivolte verso l'alto, in una posizione di offerta».

L'incredibile di questa visione sta nel fatto che queste suore nelle loro povere e sottili mani tenevano uomini e donne, imperatori e re, città e paesi. A volte le mani si racchiude­vano intorno ad una città; oppure un paese, riconoscibile dalle bandiere nazionali, stava su un muro di braccia che lo sostenevano. Anche in questi casi si spandeva intorno ad ogni singola orante un alone di silenzio e di riservatezza. La maggior parte delle suore però reggeva nelle proprie mani un solo fratello o sorella.

Nelle mani di una giovane ed esile monaca, quasi una bambina, il cardinale Nicola vide il papa. Si notava quanto il carico gravasse su di lei, ma il suo volto brillava di gioia. Sulle mani di una anziana suora giaceva lui stesso, Nicola di Cues, vescovo di Bressanone e cardinale della Chiesa romana. Egli si vedeva chiaramente con le sue rughe e con i difetti della sua anima e della sua vita. Osservava tutto con occhi spalancati e spa­ventati, ma allo spavento subentrò presto una indescrivibile beatitudine.

La guida, che si trovava al suo fianco, gli sussurrava: «Vedete come, nonostante i loro peccati, sono tenuti e sorretti i peccatori che non hanno smesso di amare Dio!». «Che cosa però succede a coloro che non amano più?»: domandò il cardinale. Improvvisa­mente, sempre in compagnia della sua guida, si trovò nella cripta della chiesa, dove prega­vano altre migliaia di suore. Mentre quelle viste in precedenza reggevano le persone con le loro mani, queste nella cripta le soste­nevano con i cuori. Erano seriamente coin­volte, perché si trattava del destino eterno delle anime. «Vedete, Eminenza», disse la guida: «così vengono tenuti coloro che hanno fede..»



continua.....


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03/09/2009 12:40

Wilhelm Emmanuel Ketteler

Noi tutti dobbiamo quello che siamo e la nostra vocazione alle preghiere e ai sacrifici altrui. Nel caso del noto vescovo Ketteler (1811-1877), un personaggio eccellente dell'episcopato tedesco dell'Ottocento e una delle figure di spicco fra i fondatori della sociologia cattolica, la donatrice fu una religiosa conversa, l'ultima e la più povera suora del suo convento.

Nel 1869 si trovavano insieme un vescovo di una diocesi in Germania e un suo ospite, il vescovo Ketteler di Magonza. Nel corso della conversazione, il vescovo diocesano sottoli­neava le molteplici opere benefiche del suo ospite. Ma il vescovo Ketteler spiegava al suo interlocutore: "Tutto ciò che con l'aiuto di Dio ho raggiunto, lo devo alla preghiera e al sacrificio di una persona che non conosco. Posso dire soltanto che qualcuno ha offerto a Dio la sua vita in sacrificio per me ed io devo a questo se sono diventato sacerdote". E con­tinuava: "Dapprima non mi sentivo destinato al sacerdozio. Avevo sostenuto i miei esami di stato in giurisprudenza e miravo a far carriera quanto prima per ricoprire nel mondo un posto di rilievo ed avere onori, considerazione e soldi. Un avvenimento straordinario però me lo impedì e indirizzò la mia vita in altre dire­zioni. Una sera, mentre mi trovavo da solo in camera, mi abbandonai ai miei sogni ambi­ziosi e ai piani per il futuro. Non so cosa mi sia successo, se fossi sveglio o addormentato: ciò che vedevo era la realtà o si trattava di un sogno? Una cosa so: vidi quel che fu poi la causa del rovesciamento della mia vita. Chia­ro e netto, Cristo stava sopra di me in una nu­vola di luce e mi mostrava il suo Sacro Cuore. Davanti a Lui si trovava in ginocchio una suo­ra che alzava le mani in posizione d'implora­zione.

Dalla bocca di Gesù sentii le seguenti parole: ‘Ella prega ininterrottamente per te!’. Vedevo chiaramente la figura dell'orante, la sua fisionomia mi si impresse talmente forte che ancora oggi l'ho davanti ai miei occhi. El­la mi sembrava una semplice conversa. La sua veste era misera e grossolana, le sue mani arrossate e callose per il lavoro pesante. Qua­lunque cosa sia stata, un sogno o no, per me fu straordinario perché rimasi colpito nell'inti­mo e da quel momento decisi di consacrarmi completamente a Dio nel servizio sacerdotale. Mi ritirai in un monastero per gli esercizi spi­rituali e discussi di tutto con il mio confessore. Iniziai gli studi di teologia a trent'anni. Tutto il resto lei lo conosce. Se ora lei pensa che qualche cosa di buono accada attraverso di me, sappia di chi è il vero merito, di quella suora che ha pregato per me, forse senza co­noscermi. Sono convinto che per me si è pre­gato e si prega ancora nel segreto e che senza quella preghiera non potrei raggiungere la me­ta che Dio mi ha destinato". "Ha idea di chi sia che prega per lei e dove?": chiese il vesco­vo diocesano. "No, posso soltanto quotidiana­mente pregare Dio che la benedica, se è anco­ra in vita, e che ricambi mille volte ciò che ha fatto per me".



La Suora della stalla

Il giorno successivo, il vescovo Ketteler si recò in visita in un convento di suore nella vicina città e celebrò per loro la S. Messa nella cappella. Giunto quasi alla fine della distribu­zione della S. Comunione, arrivato all'ultima fila, il suo sguardo si fissò su una suora. Il suo volto impallidì, egli restò immobile, poi ripresosi diede la Comunione alla suora che non aveva notato nulla e stava devotamente in ginocchio. Quindi concluse serenamente la liturgia.

Per la prima colazione arrivò in convento anche il vescovo diocesano del giorno prima. Il vescovo Ketteler chiese alla madre superio­ra di presentargli tutte le suore che arrivarono in poco tempo. I due vescovi si avvicinarono e Ketteler le salutava osservandole, ma sem­brava chiaramente non trovare ciò che cercava. Sotto voce si rivolse alla madre superiora: "Sono tutte qui le suore?". Ella guardando il gruppo, rispose: "Eccellenza, le ho fatte chiamare tutte, ma in effetti ne manca una!". "Perché non è venuta?". La madre rispose: "Ella si occupa della stalla, e in maniera tal­mente esemplare che nel suo zelo a volte di­mentica le altre cose". "Desidero conoscere questa suora", disse il vescovo. Dopo poco tempo la suora arrivò. Egli impallidì nuova­mente e dopo aver rivolto alcune parole a tutte le suore, chiese di restare solo con lei.

"Lei mi conosce?": domandò. "Eccellenza, io non l'ho mai vista". "Ma lei ha pregato e offerto buone opere per me?": voleva sapere Ketteler. "Non ne sono consapevole, perché non sapevo dell'esistenza di Vostra Grazia". Il vescovo rimase alcuni istanti immobile e in silenzio, poi continuò con altre domande. "Quali devozioni ama di più e pratica più frequentemente?". "La venerazione al Sacro Cuore", rispose la suora. "Sembra che lei abbia il lavoro più pesante in convento!": proseguì. "Oh no, Vostra Grazia! Certo non posso disconoscere che a volte mi ripugna". "Allora cosa fa quando viene assillata dalla tentazione?". "Ho preso l'abitudine di affron­tare per amore di Dio con gioia e zelo tutte le faccende che mi costano molto e poi di offrirle per un'anima al mondo. Sarà il buon Dio che sceglierà a chi dare la Sua grazia, io non lo voglio sapere. Offro anche l'ora di adorazione della sera, dalle venti alle ventuno, per questa intenzione". "Come le è venuta l'idea di offrire tutto questo per un'anima?". "È un'abitudine che avevo già quando vivevo ancora nel mon­do, a scuola il parroco ci insegnò che si do­vrebbe pregare per gli altri come si fa per i pro­pri parenti. Inoltre aggiungeva: "Bisognerebbe pregare molto per coloro che sono nel pericolo di perdersi per l'eternità. Ma siccome solo Dio sa chi ne ha maggiormente bisogno, la cosa migliore sarebbe offrire le preghiere al Sacro Cuore di Gesù, fiduciosi nella Sua sapienza e onniscienza. Così ho fatto, e ho sempre pensato che Iddio trova l'anima giusta".



Giorno del Compleanno e forno della Conversione

"Quanti anni ha?": chiese Ketteler. "Trentatre anni, Eccellenza". Il vescovo, turbato, si interruppe per un attimo, poi domandò: "Quando è nata?". La suora riferì il giorno della sua nascita. Il vescovo allora emise un grido: si trattava proprio del giorno della sua conversione! Egli l'aveva vista esattamente così, davanti a sé come si trovava in quel momento. "Lei non sa se le sue preghiere e i suoi sacrifici hanno avuto successo?". "No, Vostra grazia". "E non lo vuole sapere?". "Il buon Dio sa quando si fa qualche cosa di buono, questo basta", fu la semplice risposta. Il vescovo era sconvolto: "Per amor di Dio, allora continui con questa opera!" La suora gli si inginocchiò davanti e chiese la benedizione. Il vescovo alzò solen­nemente le mani e con profonda commozione disse: "Con i miei poteri episcopali, benedico la sua anima, le sue mani e il lavoro che compiono, benedico le sue preghiere e i suoi sacrifici, il suo dominio di sé e la sua obbedienza. La benedico specialmente per la sua ultima ora e prego Dio che l'assista con la Sua consola­zione". "Amen", rispose serena la suora e si allontanò.





Insegnamento per tutta la vita

Il vescovo si sentiva scosso nel suo intimo, si accostò alla finestra per guardare fuori, cercando di riacquistare il suo equilibrio. Più tardi si congedò dalla madre superiora per tornare a casa del suo amico e confratello. A lui confidò: "Ora ho trovato colei alla quale devo la mia vocazione. È l'ultima e la più povera conversa del convento. Non potrò mai ringraziare abbastanza Dio per la Sua misericordia, perché quella suora prega per me da quasi venti anni. Dio però già in anticipo aveva accolto la sua preghiera e aveva previsto anche che il giorno della sua nascita coincidesse con quello della mia conversione; in seguito Dio ha accolto le preghiere e le opere buone di quella suora.

Quale insegnamento e ammonimento per me! Semmai dovessi essere tentato di vantarmi per eventuali successi e per le mie opere davanti agli uomini, dovrei tener presente che tutto mi proviene dalla grazia della preghiera e del sacrificio di una povera serva nella stalla di un convento. E se un lavoro insignificante mi sembra di poco valore, devo mettere che ciò che quella serva, con obbedienza umile verso Dio, fa e offre in sacrificio con dominio di sé ha un tale valore davanti a Dio, tanto che le sue opere hanno creato un vescovo per la Chiesa!"



continua....
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03/09/2009 12:44

Mamma Eliza jVaughan

È una verità evangelica che le vocazioni sacerdotali devono essere chieste con la preghiera. Gesù nel Vangelo ne parla quando dice: "La messe è molta, ma gli operai sono pochi!

Pregate dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua messe!" (Mt 9,37-38) Ce ne offre un esempio particolarmente significativo l'inglese Eliza Vaughan, madre di famiglia e donna dotata di spirito sacerdotale, che pregò molto per le vocazioni.

Ella proveniva da una osservante famiglia protestante, quella dei Rolls, che in seguito fondò la famosa industria delle auto Rolls­Royce. Da ragazza, durante la sua permanenza ed educazione in Francia, era rimasta molto impressionata dall'impegno esemplare della Chiesa cattolica per i poveri.

Nell'estate del 1830, dopo il matrimonio con il colonnello John Francis Vaughan, Eliza, nonostante la forte resistenza da parte dei suoi parenti, si convertì al cattolicesimo. Aveva preso questa decisione con convinzione e non solo perché era entrata a far parte di una nota famiglia inglese di tradizione cattolica. Gli antenati Vaughan, durante la persecuzione dei cattolici inglesi sotto il regno di Elisabetta I (1558-1603), avevano accettato l'esproprio dei beni e il carcere piuttosto che rinunciare alla loro fede.

Courtfield, la residenza originaria della fami­glia del marito, durante i decenni del terrore, era divenuta un centro di rifugio per sacerdoti perseguitati, un luogo dove veniva celebrata in segreto la S. Messa. Da allora erano passati quasi tre secoli, ma nulla era mutato nello spirito cattolico della famiglia.



Doniamo i nostri figli a Dio

Eliza, convertita nel profondo del cuore, nel suo zelo religioso, propose al marito di donare i loro figli a Dio.

Questa donna di elevate virtù pregava ogni giorno per un'ora davanti al Santissimo nella Cappella della residenza di Courtfield, chie­dendo a Dio una famiglia numerosa e molte vocazioni religiose fra i suoi figli. Fu esaudita! Ebbe 14 figli e morì poco dopo la nascita del­l'ultimo figlio nel 1853. Dei 13 figli viventi, di cui otto maschi, sei divennero sacerdoti: due in ordini religiosi, uno sacerdote diocesano, uno vescovo, uno arcivescovo e uno cardinale. Delle cinque figlie, quattro divennero religiose.

Che benedizione per la famiglia e quale effetto per tutta l'Inghilterra!

Tutti i figli della famiglia Vaughan ebbero un'infanzia felice, perché nella educazione la loro santa madre possedeva la capacità di unire in maniera naturale la vita spirituale e gli obblighi religiosi con i divertimenti e l'allegria. Per volontà della mamma, facevano parte della vita quotidiana la preghiera e la S. Messa nella cappella di casa, come anche la musica, lo sport, il teatro dilettantistico, l'equitazione e i giochi. I figli non si annoia­vano quando la madre raccontava loro la vita dei santi, che pian piano diventavano per loro degli intimi amici. Volentieri Elisa si faceva accompagnare dai figli anche durante le visite e le cure ai malati e ai sofferenti delle vici­nanze, perché potessero in queste occasioni imparare ad essere generosi, a compiere sa­crifici, a donare ai poveri i loro risparmi o i giocattoli.

Eliza morì poco dopo la nascita del quattordi­cesimo figlio, John. Due mesi dopo la morte, il colonnello Vaughan, convinto che ella fosse stata un dono della Provvidenza, scrisse in una lettera: "Oggi, durante l'adorazione, ho ringraziato il Signore, per aver potuto restituire a Lui la mia amata moglie. Gli ho aperto il mio cuore con gratitudine per avermi donato Eliza come modello e guida, a lei mi lega ancora un vincolo spirituale inseparabile. Quale consola­zione meravigliosa e quale grazia mi trasmette! Ancora la vedo come l'ho sempre vista davanti al Santissimo con quella sua pura e umana gentilezza che le illuminava il volto durante la preghiera".



Operai nella vigna del Signore

Le numerose vocazioni nel matrimonio dei Vaughan sono davvero una insolita eredità nel­la storia della Gran Bretagna e una benedizione che proveniva soprattutto dalla madre Eliza. Quando Erberto, il figlio maggiore, all'età di sedici anni annunciò ai suoi genitori di voler diventare sacerdote, le reazioni furono diverse. La madre, che aveva molto pregato per questo evento, sorrise e disse: "Figlio mio, lo sapevo da tempo". Il padre però aveva bisogno di un po' di tempo per accettare l'annuncio, perché proprio sul figlio maggiore, l'erede della casa, aveva riposto molte speranze e pensato per lui ad una brillante carriera militare. Come avreb­be potuto sapere che proprio Erberto un giorno sarebbe diventato arcivescovo di Westminster, fondatore dei Missionari di Millhill e poi car­dinale? Ma anche il padre si persuase presto e scrisse ad un amico: "Se Dio vuole Erberto per sé, può avere anche tutti gli altri". Regi­naldo però si sposò, come anche Francis Baynham, che ereditò la proprietà di famiglia. Dio chiamò ancora altri nove figli dei Vau­ghan. Roger, il secondo, divenne priore dei be­nedettini e più tardi amato arcivescovo di Syd­ney, in Australia, dove fece costruire la catte­drale. Kenelm divenne cistercense e più tardi sacerdote diocesano. Giuseppe, il quarto figlio dei Vaughan, fu benedettino come suo fratello e fondatore di una nuova abbazia.

Bernardo, forse il più vivace di tutti, che ama­va molto la danza e lo sport e che prendeva parte a tutti i divertimenti, divenne gesuita. Si racconta che il giorno precedente il suo ingres­so nell'ordine, abbia partecipato ad un ballo e abbia detto alla sua partner: "Questo che fac­cio con lei è il mio ultimo ballo perché diven­terò gesuita!". Sorpresa, la ragazza avrebbe esclamato: "Ma la prego! Proprio lei che ama tanto il mondo e balla meravigliosamente vuo­le diventare gesuita?". La risposta, seppur in­terpretabile in vari modi, è molto bella: "Pro­prio per questo mi dono a Dio!". John, il più giovane, fu ordinato sacerdote dal fratello Er­berto e più tardi divenne vescovo di Salford in Inghilterra.

Delle cinque figlie della famiglia, quattro di­vennero religiose. Gladis entrò nell'ordine del­la visitazione, Teresa fu suora della misericor­dia, Claire suora clarissa e Mary priora presso le agostiniane. Anche Margareta, la quinta fi­glia dei Vaughan, avrebbe voluto diventare suora, non le fu possibile per la salute cagione­vole. Però anche lei visse in casa come consa­crata e trascorse gli ultimi anni della sua vita in un monastero.

Mentre le nostre otto candidate, durante la so­lenne celebrazione, pronunciavano singolar­mente il loro: "Vengo, vengo per amore", si poteva anche visibilmente constatare la gioia dei loro cuori. Tutto nella loro vita sarà dominato dall'amore, questo è il proponimento che darà loro la forza per proseguire nella via della vo­cazione. Quale sposa sarebbe tale se, sapendo di essere aspettata con desiderio dallo Sposo, non giungesse da lui per amore?

Ci aiuterà a comprendere tutto questo la testi­monianza di una madre di famiglia che raccon­ta: "Per motivi professionali abbiamo dovuto traslocare con i nostri figli in un'altra regione. Poco tempo dopo, il nostro bambino più picco­lo è tornato dalla scuola esprimendomi il desi­derio di poter invitare i suoi compagni di classe in occasione del suo compleanno. Mi spiegava che qui vige questa abitudine. Non ero entusiasta perché per me significava più lavoro e fatica, ma alla fine gliel'ho concesso.

Tutto era preparato, l'orologio segnava le quattro e nostro figlio aspettava con ansia i suoi ospiti. Finalmente è arrivato il primo bambino, anche se con un ritardo di un quarto d'ora. Che gioia, presto sarebbero arrivati anche gli altri! Ma solo dopo un altro quarto d'ora è arrivato il secondo e poi più nessun altro! Nostro figlio non poteva e non voleva crederci: ‘Devono venire, li ho invita­ti, arriveranno di sicuro perché sono i miei amici’. Ma non è venuto più nessuno. Quanta delusione e quanto dolore potevo leggere nei suoi occhi pieni di lacrime! Ancora più profondamente sono rimasta colpita dall'amore così intenso per i suoi amici, che gli rendeva impossibile credere che loro non avessero risposto al suo affetto. Anche con Dio succede la stessa cosa, Egli ci aspetta sempre, ma noi spesso non andiamo da Lui. Questo è stato il motivo della mia conversione! Ho deciso di non mancare più ad una Messa domenicale o parteciparvi senza gioia e fervore". Quante delusioni ha dovuto subire Gesù durante la sua vita terrena! Umanamente parlando, il Suo amore infinito per noi lo rendeva incapace di credere che noi potessimo non corrisponderlo. Per questo motivo, nella liturgia della vestizione, le novizie consapevolmente si esprimono dicendo: "Vengo, vengo per amore!"

Se e penso a come è cambiata la mia vita negli ultimi tre anni, posso soltanto ringraziare Dio per il miracolo che Egli ha compiuto. Durante i miei studi nell'Accademia Pedagogica in Austria, ho conosciuto Sr. Veronica. Grazie al suo esempio, la fede è diventata improvvisamente essenziale per me e ho cercato di accrescerla. Fino a quel momento non avevo né pregato né partecipavo ai sacramenti. Avevo la mia filosofia di vita e pensavo di conoscere ciò che per me era importante. Però ho incontrato la vera felicità soltanto nella fede.

Vorrei dire a tutti coloro che ancora non hanno incontrato Dio e vivono senza di Lui: "Solo nella fede si trova la vera luce e la risposta a tutte le domande". Oggi non riesco neanche ad immaginare come ho potuto vivere senza la S. Comunione quotidiana e senza la preghiera. Pregare è veramente più che sapere!



Sr. Clarissa di Schónbiihl (Austria)

Soltanto dopo aver conosciuto le nostre giovani sorelle nel pensionato a Nitra, mi sono resa conto che anche questa poteva essere una strada per la mia vita. Durante i tre anni passati nel liceo, ho pregato per avere chiarezza in me e poter compiere sinceramente la volontà di Dio. Così è maturata la mia disponibilità a dire sì alla vocazione che da tempo sentivo dentro di me.

Nei tre anni di formazione, della spiritualità della nostra famiglia religiosa, una cosa in particolare mi ha attirato, era per me una novità: la maternità per i sacerdoti. Anche se noi sorelle siamo ancora molto giovani, desideriamo offrire tutte le preghiere e i sacrifici per i sacerdoti.



Sr. Maria Zuzana Zorkovà di Kmca (Slovacchia)

Non ho mai pensato a farmi suora, perché come musicista avevo in mente una cosa sola: la musica. Essa è stata per me tutto, tanto che qualche volta non percepivo nemmeno in quale giorno della settimana mi trovavo. Decisiva è stata per me la quarta Giornata di Preghiera internazionale ad Amsterdam. Quando ho visto l'immagine di Gesù misericordioso, mi sem­brava che Egli mi chiedesse: "Non vuoi anche tu essere mia collaboratrice?". "Si, lo voglio!": ho risposto sommessamente. Da quel momento non è esistito null'altro che Gesù, neanche più la musica, prima tanto importante per me.



Sr. Johanna di Bolzano, con la sorella gemella

Come cuoca e specialmente come cameriera, in mezzo a tanta gente mi sentivo bene. Qualche volta mi veniva in mente la vita consacrata, ma ogni volta dicevo tra me: No, no, diventare suora ! non va bene per me". Mi piaceva però avere nuove esperienze e aiutare la gente e questo ho fatto nella stazione missionaria di Alexejevka in Russia. Lì ho imparato che dare ai poveri il pane e i vestiti e a troppo poco. Le missionarie danno loro molto più di questo! A poco a poco ho compreso che non ero molto entusiasta di donarmi solo con il cuore, ma che dovevo donarmi totalmente, perché solo così si può aiutare davvero!



Sr. Marta Kocúrovà di Nitra (Slovacchia)

Da bambina, con slancio e gioia, insieme ai miei cinque fratelli e sorelle, ho aiutato nei lavori della nostra fattoria, in particolare mi piaceva il lavoro nella vigna. Presto ho sentito anche la vocazione. Ora posso lavorare nella ‘vigna del Signore’. Dovunque sia, mi riempirà di gioia!



Sr. Regola Keller di Berneck (Svizzera) con la mamma

Ero studentessa in Ucraina. Poco prima della mia partenza per recarmi presso la Casa madre ' - per il noviziato, mio zio di cinquant'anni, ateo, mi ha chiesto senza la capacità di comprendermi: "Perché vuoi diventare suora?". Io ho risposto - che nella preghiera avevo compreso che quella era la mia vocazione. Con mia grande sorpresa, egli ha aggiunto con tristezza: "Io non ho ancora trovato la mia vocazione". Il congedo dai miei anziani genitori non è stato facile. In particolare lo scorso Natale ho chiesto a Gesù: "Se per le feste non posso tornare a casa, vai Tu!". Dio ha accolto la mia rinuncia a favore di mio padre, perché in quel Natale la nostra famiglia ha vissuto la sua conversione.



Sr. Julia Maria Grygoruk dall'Ucraina con Sr. Maria Anna

"Signore, non vengo grazie ai miei meriti, ma soltanto grazie alla Tua misericordia!".

Potrei fare mie queste parole di Santa Caterina da Siena, perché coincidono con la mia vita. Io stessa mi meraviglio di come Gesù sia riuscito a ‘pescarmi’.

Sr. Luitgard Chorobovà di Sv~ty Anton (Slovacchia)

Io non ho vissuto una conversione `sconvolgente'. Dall'età di undici anni ho avuto soltanto due desideri: diventare infermiera e suora. Dopo la maturità e il diploma da infermiera ho lavorato in un ospedale nella Repubblica Ceca e questo mi appagava molto, ma nello stesso tempo sentivo che era arrivato il momento di seguire la mia vocazione.

Non sono pentita, al contrario! Sono molto felice e pronta a fiorire dove il Signore mi pianterà', come si dice da noi in Slovacchia.



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