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Innamoriamoci della Sacra Scrittura! Essa ha per Autore Dio che, con la potenza dello Spirito Santo solo, è resa comprensibile (cf. Dei Verbum 12) attraverso coloro che Dio ha chiamato nella Chiesa Cattolica, nella Comunione dei Santi. Predisponi tutto perché lo Spirito scenda (invoca il Veni, Creator Spiritus!) in te e con la sua forza, tolga il velo dai tuoi occhi e dal tuo cuore affinché tu possa, con umiltà, ascoltare e vedere il Signore (Salmo 119,18 e 2 Corinzi 3,12-16). È lo Spirito che dà vita, mentre la lettera da sola, e da soli interpretata, uccide! Questo forum è CONSACRATO ALLO SPIRITO SANTO e sottolineamo che questo spazio non pretende essere la Voce della Chiesa, ma che a Lei si affida, tutto il materiale ivi contenuto è da noi minuziosamente studiato perchè rientri integralmente nell'insegnamento della nostra Santa Madre Chiesa pertanto, se si dovessero riscontrare testi, libri o citazioni, non in sintonia con la Dottrina della Chiesa, fateci una segnalazione e provvederemo alle eventuali correzioni o chiarimenti!
 
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BERNADETTE E LE APPARIZIONI DI LOURDES p. Luigi Chierotti C.M.

Ultimo Aggiornamento: 03/09/2009 16:10
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03/09/2009 15:55

CAPITOLO XII

VII APPARIZIONE

Martedì 23 febbraio 1858 - Mattino presto


È appena l'alba, ma già un centinaio di persone attendo­no alla grotta.

Bernadette teme di non veder più la Bella Signora; la sofferenza del giorno innanzi e l'apprensione della notte hanno lasciato i segni sul suo volto. Si inginocchia treman­do e si appoggia con una mano ad un cero acceso, mentre con l'altra tiene la coroncina del Santo Rosario. La Madon­na appare subito e, sorridendo piena di tenerezza, la chia­ma per nome; il viso della veggente si trasforma con gioia celestiale.

Il dialogo continuò per circa un'ora, ma non si è mai saputo che cosa riguardasse, o meglio, dalla veggente si seppe solo che la Madonna le aveva manifestato tre segreti, che riguardavano solo lei e con lei sono scesi nella tomba. Da alcuni indizi avuti più tardi da Bernadette, è lecito pen­sare che la Vergine Santa le avesse parlato della sua voca­zione religiosa e della brevità della sua vita; ma sono sol­tanto congetture.

Il primo convertito di Lourdes

Questa settima apparizione provoca invece un fatto di grande risonanza: la conversione, se così si può definire, del Sig. Estrade, ricevitore delle tasse di Lourdes e giornali­sta, autore di documenti importanti sugli avvenimenti da lui vissuti così da vicino. Quel mattino egli si era recato in anticipo alla grotta con alcuni amici, tra cui il Dottor Dozous, ed avevano discusso su tutte le possibili cause dei fenomeni che avvenivano.

«Ci domandammo anche - egli scrive -, se nel cavo della roccia non si trovasse qualche forma bizzarra o qual­che gioco di luce che poteva ingannare l'occhio prevenuto della ragazzetta. Esplorammo dunque la grotta in tutti i sensi e dovemmo concludere che non appariva possibile alcuna illusione di tal genere».

Assistette all'apparizione con gli amici, accanto a Berna­dette, e la grazia li trasformò. «Inutilmente - egli prosegue - la Signora della roccia mi si era celata; io avevo sentito la sua presenza... Ora solenne della mia vita! Mi turbavo fino al delirio pensando che io, l'uomo dei sogghigni e della boria, ero stato ammesso ad occupare un posto presso la Regina del cielo... Ci dirigemmo verso il pendio e facemmo la salita senza parlare: una grande lotta si combatteva in noi; i pregiudizi cadevano. Infine, dando libero sfogo all'e­mozione fino allora contenuta, ci gridammo l'un l'altro. - È un prodigio!... È sublime!... È divino!...».



Riflessioni: La virtù dell'umiltà

L'umiltà è come il filo di una corona del Santo Rosario; i grani sono le virtù. Se il filo si spezza, i grani se ne vanno.

L'umiltà e la purezza sono come i due piatti di una bilancia. Quando l'umiltà è profonda, la purezza si innalza. Se l'umiltà si innalza e diviene superbia, la purezza si inabissa e scompare.

Perché praticare l'umiltà. - Benché il mondo pensi in modo contrario, senza umiltà non si può piacere a Dio, non si può piacere alla Madonna e dirsi suoi devoti. Il «Serpente» è superbia ed i suoi seguaci sono superbi.

«Non servirò a Dio!,, fu il grido di Lucifero. L'Immacolata ama invece l'umiltà ed i suoi figli debbono essere umili. «Ecco la schiava del Signore», rispose Maria all'Angelo.

Bernadette comprese subito molto bene questa lezione di umiltà. Quando le chiedevano:

- Non hai sentito qualche tentazione di orgoglio, per essere stata così favorita dalla Santa Vergine?

- Oh, - rispondeva -, se la S. Vergine mi ha scelto, è solo per­ché ero la più ignorante. Se avesse trovato una più ignorante di me, avrebbe scelto quella!

Come praticare l'umiltà. - Non stimarsi migliori degli altri e non pensare di aver maggiori doti. Non giudicare mai gli altri, ma pensa­re alle proprie colpe e difetti.

Dei doni che Dio ti ha elargito, non insuperbirti. Li hai ricevuti e devi farli fruttificare; non sono tua proprietà e ne dovrai rendere conto.

Comportati con gli altri con mitezza e bontà di tratto e di pensiero.

Fioretto: Non parlerò oggi di me o delle mie imprese con super­bia o vanagloria.

Giaculatoria: O Gesù, mite ed umile di cuore, rendi il mio cuo­re simile al tuo!



GUARIGIONE E CONVERSIONE DI ENRICO LASSERRE PRIMO STORICO DELLE APPARIZIONI DI LOURDES (1862) Giornalista, scrittore e uomo illustre per cultura, Enrico Lasserre non si era mai curato troppo delle cose di Religione, ma nel 1862 la sua vista, che era stata sino allora eccellente, si indebolì talmente che dovette abbandonare i libri e la penna e mettersi in assoluto riposo.

Sacrificio enorme per un uomo di grande attività come il Lasser­re.

Fu un suo amico, protestante, ad indurlo a rivolgersi alla Madon­na di Lourdes.

- «Se io fossi cattolico - gli scriveva questo amico, dopo essere per caso passato da Lourdes e dopo aver veduto l'entusiasmo delle folle -, non esiterei a tentare la sorte!».

Enrico Lasserre aveva un presentimento che la Madonna lo avrebbe esaudito, ma, leale com'era, confessò al suo amico che egli addirittura temeva un miracolo: «Un miracolo come quello di cui io potrei essere l'oggetto, mi imporrebbe l'obbligo di sacrificare tutto e di diventare un santo; ed io non ne ho né la voglia, né la vocazione!».

Ciononostante l'amico protestante scrisse al parroco di Lourdes, perché gli venisse inviata a Parigi un po' di acqua della sorgente miracolosa e, strano eretico davvero, esortò nell'attesa il Lasserre a confessarsi e comunicarsi bene, «come deve fare un buon cattolico», diceva.

Ecco come il Lasserre stesso racconterà più tardi, nel libro Notre Dame de Lourdes», la sua guarigione:

,Prima di supplicare Dio di guarire il mio corpo, pensai, devo fare qualche cosa per guarire la mia anima. E, riflettendo a queste serie considerazioni, mi diressi verso la casa del confessore... ma non lo potei vedere in quel momento e dovetti tornare più tardi...

Rientrato in casa vide sul caminetto la cassetona dell'acqua di Lourdes.

«Conteneva - egli dice proseguendo nel racconto -, una botti­glia piena di acqua. Tolsi il turacciolo, versai dell'acqua in una chicchera e presi dal cassettone un tovagliolino...

La fede, una fede ardente, intensa, era venuta a infiammarmi l'a­nima.

"Santa Vergine Maria, - dissi a voce alta -, abbiate pietà di me e guarite la mia cecità fisica e morale".

E, dicendo queste parole, col cuore pieno di fiducia, bagnai suc­cessivamente tutti e due gli occhi e la fronte col tovagliolo, che avevo immerso nell'acqua di Lourdes.

Appena ebbi toccato con l'acqua miracolosa gli occhi e la fronte, mi sentii d'un tratto guarito, bruscamente, senza intervallo di tempo, con una velocità che, nel mio modo di esprimermi imperfetto, non posso paragonare che al fulmine.

Strana contraddizione! Un momento prima credevo, avevo fede che sarei guarito, ed ora invece non potevo credere che la guarigione fosse avvenuta!...

Andai a cercare sul caminetto un opuscolo sulle apparizioni; lessi 104 pagine senza interrompermi e senza l'ombra di stanchezza. Venti minuti prima non avrei potuto leggere tre righe! E, se mi fer­mai a pag. 104, fu perché erano le 17,35 del 10 ottobre e a Parigi, a quest'ora, è quasi notte: nei negozi si accende la luce...».

Enrico Lasserre il mattino seguente faceva la Comunione in rin­graziamento a Dio ed alla Vergine Santa e più tardi diveniva il primo storico dei fatti di Lourdes. La sua opera «Notre Dame de Lourdes» ha avuto numerose edizioni in tutte le lingue, con oltre un milione di copie. Forse fu il libro che ebbe maggior successo nel secolo XIX (Cfr. L. Manent, op. cit. p. 13).



CAPITOLO XIII

VIII APPARIZIONE

Mercoledì 24 febbraio 1858 -Mattino presto


Penitenza! Penitenza! Penitenza! - Bernadette giunse, come al solito, al sorgere del sole. Una folla di 400-500 per­sone l'attendeva alla grotta. Si inginocchiò e incominciò il S. Rosario.

Subito il suo volto si accese, come se riflettesse una luce divina, straordinaria. Ora sorrideva, ora pareva triste, men­tre i suoi grandi occhi sembravano insaziabili di contempla­re la Regina del cielo. Poi un dolore profondo parve impa­dronirsi del suo viso ed i suoi occhi si riempirono di lacri­me. Si alzò in piedi, consegnò il suo cero ad una vicina, e lentamente a piccoli passi, avanzò verso l'interno della grotta. Poi, inginocchiatasi nuovamente, sembrò assistere ad uno spettacolo impressionante.

Di che cosa le parlava la Bella Signora? Da quanto si seppe dopo, si può pensare che la Vergine Santa le facesse passare davanti agli occhi il quadro terrificante dei peccati degli uomi­ni e le facesse sentire l'urgenza di espiare per i peccatori.

Il primo messaggio di Lourdes. - Poi Bernadette, sem­pre in lacrime, si alzò e si volse verso la folla con le mani giunte sul suo Rosario. Le sue labbra mormoravano una sola parola: «Penitenza!... Penitenza!... Penitenza!...». Era la parola che le aveva suggerito la SS. Vergine, sempre in ansia nel suo cuore materno, per la salvezza eterna dei suoi figli.

La folla ricevette il messaggio con umiltà e riflessione e la parola «Penitenza! passò di bocca in bocca. Era il primo messaggio di Lourdes.



Riflessioni: Il peccato

Il peccato è una parola, un'azione, un pensiero contro la legge di Dio, calpestata ad occhi aperti.

Se in questa disobbedienza a Dio concorrono i tre elementi: materia grave, piena avvertenza e pieno consenso, si ha il peccato mortale; se manca uno solo di questi tre elementi, la disobbedienza è lieve ed il peccato si dice veniale.

«Il peccato - scrive Bernadette (lettera del 4-VIII-1876) - è la più grande disgrazia, è quello che ci attira i castighi.

Conseguenze del peccato mortale. - Il peccato mortale dà morte all'anima, donde il suo nome; la stacca dalla vera vita, che è la vita della Grazia; l'allontana da Dio, la rende sua nemica e incapace di qualsiasi azione meritevole sul piano soprannaturale. In questo sen­so il peccato è veramente la più grande sventura in cui un'anima, chiamata da Dio con tanta bontà alla sua amicizia, alla vita sopran­naturale della Grazia, possa cadere. L'anima, volutamente, calpesta tutti questi doni, lascia tutto per un istante di piacere o di superbia, e, con la sua libertà, che è pure un dono di Dio, si apre le porte di un castigo eterno.

Coloro che commettono il peccato mortale calpestano il sangue di Gesù Redentore e rinnovano in un certo senso la causa della sua passione e della sua morte: «...crocifiggono di nuovo in se stessi il Figlio di Dio!» (Ebrei, VI-6).

Il peccato veniale dispone al peccato mortale. È un terribile tarlo che rode l'edificio della virtù a poco a poco, indebolendo l'efficien­za e la prontezza della volontà a respingere gli assalti del demonio sempre in agguato.

Il peccato veniale, se non rinnova la causa della passione e mor­te di Gesù, impugna però lo staffile, per usare una metafora elo­quente, e batte qualche colpo sulle spalle del Salvatore; prende il martello e dà alcuni colpi sui chiodi che gli trapassano le mani; con­ficca nel suo capo alcune delle pungenti spine.

Fuggi più che puoi il peccato mortale ed il peccato veniale deli­berato. Sono la vera rovina dell'anima.

Fioretto: Nelle tue confessioni non far lunghi elenchi di mancanze veniali; fermati sui tre peccati veniali in cui cadi più frequente­mente, a fine di concentrare su di essi la tua attenzione e correg­gertene meglio.

Giaculatoria: «Gesù e Maria, fate sì che tutta la mia consolazione in questo mondo sia di amarvi e di soffrire per i peccatori!» (Dal «Dia­rio di Bernadette»).



CONVERSIONE DELL'EBREO ALFONSO RATISBONNE [SM=g27998]

Gli anni 1841 e 1842 segnarono per la Francia le date di due avvenimenti contrapposti: la stampa del libro blasfemo «Essenza del Cristianesimo» di Feuerbach, pietra basilare dell'ateismo, e la conver­sione, per diretto intervento di Maria, del giovane banchiere ebreo e libero pensatore, Alfonso Ratisbonne.

Giunto a Roma in visita turistica il 6 gennaio 1842, il banchiere di Strasburgo accettò per pura deferenza da un amico protestante con­vertitosi al cattolicesimo, una Medaglia Miracolosa dell'Immacolata e promise di portarla al collo. «Un portufortuna come un altro!», egli pensava nel suo cuore.

Il 20 gennaio, Alfonso e l'amico Teodoro entrano nella chiesetta di Sant'Andrea delle Fratte e mentre il primo gironzola distrattamen­te per le cappelle, il secondo si reca un momento in sacrestia. Quando rientra in Chiesa trova Alfonso inginocchiato nella cappella di S. Michele, come in estasi e con gli occhi pieni di lacrime di gioia.

Ha tra le mani la Medaglia Miracolosa, la bacia con affetto e ripe­te con riconoscenza: «L'ho vista, l'ho vista, l'ho vista!... Io che mezz'o­ra fa bestemmiavo ancorai Io che provavo tanto odio per la Chiesa Cattolica!... ».

Quando poté parlare, a quanti erano accorsi presso di lui, così raccontò l'accaduto: «Ero da poco nella chiesa, quando, tutto ad un tratto, mi sono sentito pervaso da un turbamento indicibile. Ho alza­to gli occhi: l'edificio era sparito ai miei sguardi; una sola cappella aveva, per così dire, concentrata tutta la luce e, in quello splendore, è apparsa in piedi, grande, sfolgorante, piena di maestà e di dolcez­za, la vergine Maria, così com'è sulla Medaglia... Mi ha fatto segno di inginocchiarmi... Non ha parlato, ma io ho capito tutto.!».

Alfonso Ratisbonne divenne cattolico e sacerdote (1847) nella Compagnia di Gesù. Cinque anni dopo, col permesso del Papa Pio IX, lasciò la Compagnia, si recò in Palestina e si dedicò alla conver­sione del suo popolo e all'assistenza dei bambini del Medio Oriente, senza alcuna distinzione di razza. Ricostruì il santuario dell'Ecce mo e morì santamente il 6 maggio 1884, ad Ain-Karim, il paese natio di S. Giovanni Battista.



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