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Quel che Don Bosco diceva ai suoi giovani e che noi oggi non diciamo più

Ultimo Aggiornamento: 03/09/2009 18:06
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03/09/2009 18:00

Presentazione

Il lettore potrà chiedersi il perché di questa riedizione delle meditazioni che Don Bosco scrisse per i suoi giovani nel celebre libretto «Il Giovane provveduto», a più di cento anni dalla loro prima pubblicazione.

Il motivo è che queste pagine sono un teso­ro di sapienza del quale anche i giovani di oggi (specialmente quelli di oggi!) hanno estremo bisogno.

In una società materialistica come la nostra in cui tutto pare essere divenuto lecito, invece di richiamare i giovani a un cristianesimo autenti­co, fondato sul Vangelo e vissuto nella rinuncia e nel sacrificio, abbiamo offerto loro solo «ideali sociali» o «valori umani». Quale meraviglia se i giovani di oggi sono crollati moralmente, trasci­nando nella rovina gli stessi valori sociali ed umani che avevamo loro proposto?

Don Bosco invece è riuscito a formare generazioni di giovani santi perché li richia­mava insistentemente alle verità eterne, alla realtà della morte, del giudizio di Dio, del Paradiso e dell'Inferno eterno, della necessità di pregare, di fuggire il peccato e le occasioni che inducono a peccare, e di accostarsi frequentemente ai Sacramenti.

E in realtà, anche se i tempi sono mutati, la natura umana ferita dal peccato originale, resta sempre la stessa; le Verità eterne non mutano, e la Croce e la Grazia di Cristo sono necessarie oggi come allora se ci si vuole sal­vare!

A Don Bosco affidiamo la diffusione di questo libretto che è Suo e che lo fa ritornare tra i giovani del nostro tempo, per i quali tra­scriviamo le parole con cui Egli invitava a ini­ziarne la lettura:

«Miei cari, io vi amo con tutto il cuore, e basta che siate giovani perché io vi ami assai. Troverete scrittori di gran lunga più virtuo­si e più dotti di me, ma difficilmente potrete trovare chi più di me vi ama in Gesù Cristo e più di me desidera la vostra vera felicità».

Don Angelo Albani
Don Massimo Astrua



BREVE VITA DI DON BOSCO

Giovannino Bosco nacque il 16 Agosto 1815 in una piccola frazione di Castelnuovo D'Asti, in Piemonte, chiamata popolar­mente «i Becchi».

Ancora bimbo, la morte del babbo gli fece sperimentare il dolore di tanti poveri orfanelli dei quali si farà padre amoroso. Trovò però nella mamma Mar­gherita, un esempio di vita cri­stiana che incise profondamen­te nel suo animo.

A nove anni ebbe un sogno profetico: gli parve di essere in mezzo a una moltitudine di fan­ciulli intenti a giocare, alcuni dei quali però, bestemmiavano. Subito, Giovannino si gettò sui bestemmiatori con pugni e calci per farli tacere; ma ecco farsi avanti un Personaggio che gli dice: «Non con le percosse, ma con la bontà e l'amore dovrai guadagnare questi tuoi amici... Io ti darò la Maestra sotto la cui guida puoi divenire sapien­te, e senza la quale, ogni sa­pienza diviene stoltezza».

Il personaggio era Gesù e la maestra Maria Santissima, alla cui guida si abbandonò per tutta la vita e che onorò col tito­lo di «Ausiliatrice dei cristia­ni».

Fu così che Giovanni volle imparare a fare il saltimbanco, il prestigiatore, il cantore, il giocoliere, per poter attirare a se i compagni e tenerli lontani dal peccato. «Se stanno con me, diceva alla mamma, non parla­no male».

Volendosi far prete per dedi­carsi tutto alla salvezza dei fan­ciulli, mentre di giorno lavorava, passava la notte sui libri, finché all'età di vent'anni potè entrare nel Seminario di Chieri ed essere ordinato Sacerdote a Torino nel 1841, a ventisei anni di età.

In quei tempi Torino era ripiena di poveri ragazzi in cerca di lavoro, orfani o abban­donati, esposti a molti pericoli per l'anima e per il corpo. Don Bosco incominciò a radunarli la Domenica, ora in una Chiesa, ora in un prato, ora in una piaz­za per farli giocare ed istruire nel Catechismo finché, dopo cinque anni di enormi diffi­coltà, riuscì a stabilirsi nel rione periferico di Valdocco e aprire qui il suo primo Oratorio.

In esso i ragazzi trovavano vitto e alloggio, studiavano o imparavano un mestiere, ma soprattutto imparavano ad amare il Signore: San Dome­nico Savio, era uno di loro.

Don Bosco era amato dai suoi «brichini» (così Egli li chiamava) fino all'inverosimile. A chi gli domandava il segreto di tanto ascendente rispondeva: «Con la bontà e l'amore cerco di guadagnare al Signore questi miei amici». Per essi sacrificò tutto quel poco denaro che pos­sedeva, il suo tempo, il suo ingegno che aveva fervidissi­mo, la sua salute. Per essi si fece santo.

Per essi ancora fondò la Congregazione Salesiana, for­mata da sacerdoti e laici che vogliono continuare l'opera sua e alla quale diede come «scopo principale di sostenere l'auto­rità del Papa» (Memorie Biografiche, VII, 622; X, 762 e 946).

Volendo estendere il suo apostolato anche alle fanciulle fondò, con Santa Maria Dome­nica Mazzarello, la Congre­gazione della Figlie di Maria Ausiliatrice, che oggi è diffusa in tutto il mondo.

Dedicò tutto il suo tempo libero, che spesso sottrasse al sonno, per scrivere e divulgare facili opuscoli per l'istruzione cristiana del popolo.

Stremato di forze per l'inces­sante lavoro, si ammalò grave­mente. Particolare commovente: molti giovani offrirono per lui al Signore la propria vita.

Una delle ultime sue racco­mandazioni fu questa: «Dite ai giovani che li aspetto tutti in Paradiso...».

Spirava il 31 gennaio 1888, nella sua povera cameretta di Valdocco, all'età di 72 anni.

Il 1 aprile 1934, Pio XI, che ebbe la fortuna di conoscerlo personalmente, lo proclamò Santo.


1. IL FINE DELL’UOMO

Tu sai, mio caro giovane, che sei stato creato da Dio a Sua immagine, senza alcun merito da parte tua. Sai anche che Dio ha voluto farti Suo figlio nel Santo Battesimo; e che ti ha amato con tanta tenerezza da assegnarti come scopo della vita di essere un giorno FELICE PER SEMPRE CON LUI in Paradiso.

Perciò tu non sei al mondo solo per godere, per diventar ricco, per mangiare e bere come le bestie; il tuo fine è infinitamente più nobile e sublime: è di amare e servire Dio in questa vita e di goderLo nell'altra per tutta l'eternità.

Quelli che pensano solo a soddisfare il proprio corpo con azioni, discorsi e divertimenti cattivi, quando verrà l'ora della morte si troveranno in gran pericolo di andare eternamente perduti; men­tre chi avrà amato e servito il Signore, quando sarà in fin di vita proverà una grande gioia al pensiero di vedere Gesù.

Ti raccomando di non imitare quei disgraziati che si illudono dicendo: «Ora commetto questo peccato, ma poi me ne confesserò», perché Dio maledice ci pecca nella speranza del perdono! Ricordati che tutti quelli che ora sono all'Inferno avevano la speranza di pentirsi in tempo, ma poi non vi sono riusciti. Chi ti dice che avrai il tempo di confessarti? Chi ti assicura che tu non muoia subito dopo il peccato e che in un istante, senza neppure accorgerti, ti abbia a ritrovare nell'Inferno? E non è una pazzia farsi una ferita nella speranza che poi il medico la guarisca? Non rimandare quindi la tua conversione, ma in questo stesso momento detesta e abbandona il peccato, che è la somma di tutti i mali, e che impedendoti di raggiungere il fine per cui sei creato, ti priva di tutti i beni.

Molti giovani, pur sapendo di essere creati da Dio per amarlo e servirlo, non mettono in pratica quello che sanno, e pensano a tutto fuorché a sal­varsi. Non è sufficiente conoscere la religione, ma bisogna anche praticarla. San Luigi, che essendo di famiglia nobile e ricca poteva permettersi piace­ri, ricchezze e onori, rinunciò a tutto, pensando: «Che mi giovano queste cose per l'eternità?».

Anche tu comportati così: hai solo un'anima da salvare e se perdi quella hai perduto ogni cosa. Anche se diventassi un grand'uomo, ricco, sapien­te, onorato da tutti, ma non ami Dio e perdi l'ani­ma tua, che cosa ci ha guadagnato?

Di' dunque così: «Sono stato creato da Dio per salvarmi l'anima, e la voglio salvare a qualunque costo! Quindi amare Dio e salvare l'anima sarà d'ora innanzi l'unico scopo di tutte le me azioni! Si tratta di essere o sempre beato o sempre danna­to: vada dunque ogni cosa, purché io mi salvi!».

«Gesù, perdona i miei peccati e fa che io non Ti offenda mai più; aiutami con la tua grazia affin­ché d'ora in poi io ti ami e ti serva fedelmente per tutta la mia vita». «Maria, Madre mia, fa che io salvi l'anima mia!».

2. IL PECCATO MORTALE

Se tu, mio caro giovane, sapessi cosa fai quan­do commetti un peccato mortale!

Tu VOLTI LE SPALLE A DIO, a quel Dio che ti ha creato, e disprezzi i Suoi doni e la Sua amicizia. Quando pecchi, di fatto tu dici al Signore: «Va via da me, io non ti voglio più amare, nè servire, né riconoscere per il mio Dio. Il mio dio è quel piace­re, quella vendetta, quella collera, quel discorso cattivo, quel giornale, quel cinema, quella bestem­mia...».

Si può immaginare una ingratitudine più mo­struosa di questa? Eppure questo tu hai fatto tutte le volte che hai offeso il tuo Dio!

L'ingratitudine ti apparirà ancora più grande se pensi che per peccare tu ti servi di quelle stesse cose che Dio ti ha date per amarLe. Orecchie, occhi, bocca, lingua, mani, piedi... sono tutti doni di Dio: e tu te ne sei servito per offenderLe!

Ma ancor più comprenderai l'enormità del pec­cato, se pensi che per cancellarlo Gesù è morto per te sulla Croce! Dall'alto della Croce Gesù ti dice: «Vedi quanto ti ho amato? Ti ho creato dal nulla, ti ho dato tutto quanto sei ed hai, ti ho dato la mia stessa Vita divina, e tu mi hai offeso! potevo lasciarti morire quando eri in peccato e invece ti ho conservato in vita ed ho versato il mio Sangue per non lasciarti cadere nell'Inferno. Perché disprezzi il mio Amore? perché ti servi dei miei doni per offendermi?».

Da ultimo devi pensare che Dio, benché buono e infinitamente misericordioso, resta grandemente sdegnato quando Lo offendi. Quanto più pecchi e quanto più a lungo tu vivi in peccato, tanto più tu provochi l'ira di Dio contro di te. C'è infatti da temere che il numero dei peccati colmi la misura, e che Dio, alla fine, ti abbandoni. Quanta gente che, abusando della misericordia di Dio, ha sem­pre rimandato la propria conversione, non ha poi avuto il tempo di chiedere perdono e si trova ora a bruciare nell'Inferno!

Ma tu sei ancora in tempo! Chiedi subito per­dono a Gesù, dicendoGli: « O Gesù, quel poco di vita che mi resta non voglio più sciuparlo nei pec­cati, ma lo adoprerò per amarti e per piangere il male che Ti ho fatto! Gesù, ora Ti amo, e non voglio offendertimai più!».

3. LA MORTE

La morte è la separazione dell'anima dal tuo corpo e il totale abbandono delle cose di questo mondo.

TUTTI SANNO DI DOVER UN GIORNO MORIRE, ma nessuno sa dove e come morrà.

Tu non sai se la morte ti coglierà nel tuo letto o sul lavoro, o per strada, o altrove. La rottura di una vena, un infarto, un tumore che forse già cresce nel tuo organismo, una caduta, un incidente, un terremoto, un fulmine ed altre mille cause che tu ora nemmeno sospetti possono privarti della vita. E ciò può avvenire di qui a un anno, a un mese, a una settimana, a un'ora e, forse, appena finita la lettura di questa meditazione.

Quanti sono andati a letto la sera in buona salu­te, e la mattina furono trovati morti! Quanti ancor oggi muoiono improvvisamente! E dove si trova­no ora? Se erano in Grazia di Dio, beati loro! sono per sempre felici. Ma se erano in peccato mortale, ora sono eternamente perduti!

Dimmi, mio caro giovane, se tu dovessi morire in questo momento, che ne sarebbe della tua anima?

Benché il luogo e l'ora della tua morte ti siano sconosciuti, tu sai con certezza che dovrai morire.

Speriamo pure che la tua ultima ora non venga improvvisamente, ma, lentamente, per ordinaria malattia. Ad ogni modo verrà un giorno in cui, steso su un letto, starai per passare all'eternità assi­stito da un Sacerdote e circondato dai parenti che piangono. Avrai la testa piena di dolori, gli occhi oscurati, la lingua riarsa, le labbra secche, il sudore gelato e il cuore debolissimo. Appena spirata l'ani­ma, il tuo corpo verrà vestito con un abito e messo nella cassa. Qui i vermi incominceranno a rodere le tue carni, e ben presto di te non resterà niente altro che quattro ossa spolpate e un po' di polvere. Prova ad aprire un sepolcro, e vedrai come è ridotto quel giovane un tempo pieno di salute, quel potente, quell'ambizioso, quel superbo!

Mio caro figliolo, leggendo queste righe pensa che parlano di te, come di tutti gli altri uomini! Ora il demonio, per indurti a peccare, vorrebbe distoglierti da questi pensieri e scusare le tue colpe, dicendoti che non c'è poi un gran male in quel piacere, in quella disobbedienza, nel trala­sciare la Messa alla festa, e così via; ma quando verrà il momento della tua morte sarà lui stesso a rivelarti la gravità di questi e di altri tuoi peccati, e te li metterà innanzi alla tua coscienza! Cosa farai allora? Guai a te se in quel momento sarai in disgrazia di Dio!

Non dimenticare, o mio giovane amico, che dal momento della morte dipende la tua eterna salvez­za o la tua eterna dannazione.

Due volte ci viene accesa dinnanzi una candela: nel Battesimo e in punto di morte. La prima volta per farci vedere i precetti della Legge divina che dovremo osservare, e la seconda per farci vedere se li abbiamo osservati. Alla luce di quella candela quante cose si vedranno! Vedrai se avrai amato il tuo Dio, oppure se lo avrai disprezzato; se avrai onorato il Suo santo Nome o se lo avrai bestemmiato; vedrai le feste profanate, le Messe perdute, le impurità commesse, gli scandali dati, i furti, gli odii, le superbie... oh Dio! tutto vedrai in quel momento nel quale ti si aprirà dinnanzi la porta dell'eternità!

Grande e terribile momento da cui dipende una eternità di gloria o di tormenti! Capisci quel che ti dico? Ti dico che da quel momento dipende l'an­dare in Paradiso o all'Inferno; l'essere per sempre felice o disperato, per sempre figlio di Dio o per sempre schiavo di Satana; per sempre godere con gli Angeli e i Santi in Cielo o gemere e bruciare per sempre con i dannati nell'Inferno!

Perciò preparati a quel grande momento facen­do subito un atto di pentimento e più presto che puoi una santa Confessione. Decidi poi di vivere sempre in Grazia di Dio, perché come si vive così si muore.


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