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I Nostri Fratelli Defunti (Storia, Devozione, Preghiera) Fr.Pasquale Lorenzin

Ultimo Aggiornamento: 03/09/2009 18:28
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03/09/2009 18:22

LA PERSONALE PREPARAZIONE A UNA SANTA MORTE

Dopo l'invito alla preghiera, la raccomandazione più frequente che Gesù rivolge ai suoi discepoli è questa: Vigilate dunque, perché non sapate né il giorno né l'ora (Mt. 25,13). Mantenersi sempre pron­ti perché non si conosce quando ritorna il padrone di casa o lo sposo per le nozze, è conseguenza dell'im­prevedibilità della morte. La morte infatti tronca al­l'improvviso il tempo che Dio ha messo a disposizio­ne dell'uomo per guadagnarsi, con l'aiuto della sua grazia, la salvezza eterna dell'anima. La stessa alternativa del castigo eterno che Gesù minaccia a coloro che saranno colti dalla morte in peccato mortale, induce a prendere sul serio la sua raccomandazione di essere sempre preparati. La storia della Chiesa è piena di stupendi esempi di buoni cristiani che hanno abbandonato ogni cosa per prepararsi a una santa morte; e di molti peccatori che, accogliendo l'invito del Salvatore, hanno intra­preso un lungo e spesso difficile cammino di conver­sione.

La morte deve essere preparata durante la vita. Un fatto così decisivo e dalle alternative conseguenze di premio o di castigo eterni non può essere relegato all'ultimo posto o all'ultimo momento nelle preoccu­pazioni della vita umana. Molti, purtroppo, scacciano il pensiero della morte come un guastafeste, come un pensiero che solo i malati di mente possono coltivare... Il cristiano, invece, è convinto che il pensiero della morte è un pensiero efficace e stimolante; esso impo­ne una direttiva alla vita, frena le passioni, incoraggia nelle difficoltà e soprattutto spinge a conversione e penitenza. La parola di Gesù è tagliente come una spada: Qual vantaggio infatti avrà l’uomo se guadagnerà il mondo intero, e poi perderà la propria anima? (Mt. 16,26). Anzi per la salvezza dell'anima, Gesù provoca l'uo­mo a scelte radicali: Se la tua mano o il tuo piede ti è occasione di scandalo taglialo e gettalo via da te; è meglio per te entrare nella vita monco o zoppo, che avere due mani o due piedi ed essere gettato nel fuoco eterno. E se il tuo occhio ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te; è meglio per te entrare nella vita con un occhio solo, che avere due occhi ed essere gettato nella Geenna del fuoco (Mt. 18,8-9). Il cristiano, come deve essere pronto a mortificare se stesso pur di salvare la propria anima, così deve essere disposto ad accettare le persecuzioni più cru­deli e la stessa morte: Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno il potere di uccidere l'anima; temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l'anima e il corpo nella Geen­na (Mt. 10,28).



La «conversione» permanente e coraggiosa

L'uomo, «immagine di Dio», non è fatto per la ter­ra, ma per il cielo: in terra nasce, vive, soffre, com­batte e muore per divenire un giorno, nella Casa del Padre, da semplice «immagine» una stupenda «real­tà». La parola di Gesù è sicura: Questa è la vita eter­na: che conoscano te, unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo (Gv. 17,3). Di conseguenza: a) i fatti salvifici compiuti da Gesù per la salvezza umana, assicurano che l'uomo, pur fra le turbinose vicende della vita, è destinato a ritornare al suo Crea­tore; b) la parola di Dio è per il cristiano la direttiva di ogni sua attività; è la norma per conoscere il bene e il male e formarsi una coscienza retta e onesta; è lo stimolo per amare il suo Dio nell'osservanza fedele dei suoi comandamenti preparando così il suo ritor­no nella Casa del Padre; c) anche nell'amara esperienza del peccato, la fede nella misericordiosa bontà di Dio, invita il credente a intraprendere un cammino di «conversione», perché il Figlio di Dio è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto (Lc. 19,10). Così la fede e la speranza sono due ali potenti che sollevano il cristiano dal materialismo e gli fanno toccare con mano come la paterna provvidenza di Dio lavori con lui e per lui per condurlo alla patria eterna.

La preparazione a una morte santa è un impegno di tutti e per tutta la vita. La «conversione», predicata da Gesù, è rivolta a tutti come necessario cammino di liberazione dal male sempre in agguato nel cuore dell'uomo. La conversione «permanente» è necessa­ria quanto la fede, e Gesù non solo la comanda, ma la indica come condizione indispensabile per rag­giungere il traguardo: Se non vi convertirete e non diventerete come bambini, non entrerete nel regno dei cieli (Mt. 18,3). Il cristiano deve convincersi della necessità della «conversione permanente» per frenare le passioni, per correggere i vizi, per fuggire le occasioni del male... Deve essere una conversione «coraggiosa», pronta, quando occorre, a tagli dolorosi e a scelte radicali affinché il giorno della morte diventi il gior­no più bello della vita.



La comunione frequente e ben fatta

L'esperienza cristiana insegna che la migliore pre­parazione a una santa morte, oltre la fede viva e operosa, oltre la conversione permanente e corag­giosa, è la frequenza dei sacramenti e la preghiera quotidiana.

Ogni vita ha bisogno di nutrimento per vivere, altrimenti è destinata a morire. Dio ha predisposto un cibo per la vita del corpo e un «pane» celeste per la vita dell'anima. Le parole di Gesù nella sinagoga di Cafarnao sono chiare e stupende: In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell 'uo­mo e non bevete il suo sangue, non avrete la vita in voi. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell 'ultimo gior­no. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue è vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui (Gv. 6,53-56). Purtroppo l'uomo moderno si preoccupa fino al parossismo del cibo materiale, ma assai poco del pa­ne disceso dal cielo, il solo che può nutrire e saziare la sua anima. Infatti Gesù continua: Chi mangia di questo pane vivrà in eterno (Gv. 6,58). E una verità meravigliosa! La santa comunione, ri­cevuta spesso e con le dovute disposizioni, stabilisce la dimora di Gesù nel cuore dell'uomo e gli mette in mano la caparra più sicura di una santa morte.

La comunione ben fatta richiede la purezza dell'a­nima; e Gesù, conoscendo la debolezza dell'uomo, istituì il sacramento della penitenza per togliere il peccato dal cuore dell'uomo. Così la frequenza della confessione e della comu­nione, assicurano una perfetta vita cristiana e, per conseguenza, una santa morte.



La preghiera: caparra per una santa morte

Oltre che di cibo, l'uomo necessita anche di ossi­geno. L'ossigeno indispensabile all'anima è la pre­ghiera quotidiana. Come l'humus della terra fa cre­scere la pianta e la tiene rivolta verso il cielo, così la preghiera quotidiana rivolge l'uomo a Dio e lo tiene in comunione con lui. Del resto, se un figlio amore­vole desidera intrattenersi in dolce colloquio con il proprio padre, a maggior ragione il cristiano cercherà un colloquio amoroso con il Padre del cielo che gli ha promesso benevolo ascolto. Pregare, quindi, per una santa morte entra nella volontà di Dio e il cristiano ogni giorno domanderà al Signore questa grazia che gli assicurerà il premio eterno.

Il cristiano che visita il cimitero, fondato nella sua fede e con la ferma speranza che nel cielo incontrerà il suo Creatore, il suo Salvatore, la Madre celeste e suoi santi fratelli, è in grado di pregustare davvero come il giorno della sua morte sarà il giorno più bello della sua vita.



LA LITURGIA FUNEBRE PRESENTATA DALLA CHIESA

Alla vista di un corpo senza vita, tutti sono presi da un senso di smarrimento e di dolore. Sono sentimen­ti umani che la Chiesa cristiana rispetta e considera doverosi. Ai suoi figli che sono nel dolore per la morte di un fratello, la Chiesa ricorda il mistero pasquale di Cristo morto e risorto, per ravvivare la loro fede e confer­mare la loro speranza. Ecco le sue parole: «Nelle ese­quie, la Chiesa prega che i suoi figli, incorporati per il battesimo a Cristo morto e risorto, passino con lui dalla morte alla vita e, debitamente purificati nell'ani­ma, vengano accolti con i santi e gli eletti del cielo, mentre il corpo aspetta la beata speranza della venuta di Cristo e la risurrezione dei morti». A questo scopo «la Chiesa, madre pietosa, offre per i defunti il sacrificio eucaristico, memoriale della pa­squa di Cristo, e innalza preghiere e compie suffragi; e poiché tutti i fedeli sono uniti in Cristo, tutti ne risentono vantaggio: aiuto spirituale i defunti, conso­lazione e speranza quanti ne piangono la scomparsa» (ivi).

Ogni popolo, anzi ogni regione ha proprie tradi­zioni funebri, con usi e costumi diversi che la Chiesa rispetta. In queste tradizioni e culture essa inserisce la sua liturgia, ricca di preghiere per suffragare l'ani­ma del defunto, ricca di fede e di speranza a sollievo dei fedeli che sono nel dolore. Vediamone i momenti più significativi.

LA VEGLIA

In molte parrocchie la comunità cri­stiana si raduna, ad ora convenuta, nella casa del defunto per una veglia di preghiera. Oggi si preferi­sce fare questa pia pratica in chiesa con la partecipa­zione di tutta la comunità. Si recita il rosario della beata vergine Maria, si cantano dei salmi e si fanno delle letture appropriate della parola di Dio. È questo il primo suffragio comunitario per il defunto, e, nello stesso tempo, un fraterno conforto offerto ai parenti e amici che sono nel dolore. Ecco una fra le molte e meravigliose preghiere che la liturgia della Chiesa mette nella bocca e nel cuore dei fedeli in veglia davanti al defunto: Padre delle misericordie e Dio di ogni consolazio­ne, che ci ami di eterno amore e trasformi l'ombra della morte in aurora di vita; guarda i tuoi fedeli che gemono nella prova. Sii tu, Signore, il nostro rifugio e conforto, perché dal lutto e dal dolore siamo solle­vati alla luce della tua presenza. Ascolta la preghiera che ti rivolgiamo nel nome del tuo Figlio, nostro Signore, che morendo ha distrutto la morte e risor­gendo ci ha ridato la vita; e fa' che al termine dei nostri giorni possiamo andare incontro a lui, per unirci ai nostri frateli nella gioia senza fine, là dove ogni lacrima sarà asciugata e i nostri occhi vedranno il tuo volto (o.c., n. 31).

LA DEPOSIZIONE DEL CORPO NEL FERE­TRO

Il primo distacco dei familiari dal defunto av­viene quando il corpo, dal letto di morte, è accurata­mente sistemato nella bara. E’ una scena commoven­te! Ogni familiare ha qualche cosa da fare perché il defunto si trovi bene nella sua nuova dimora. È il primo distacco! È il primo addio! La Chiesa accompagna questo pietoso ufficio con le parole: Accogli, Signore, l'anima del fedele N. che hai chiamato da questo mondo a te, e fa' che liberata da ogni colpa sia partecipe della beata pace e della luce senza tramonto, e meriti di unirsi ai tuoi santi ed eletti nella gloria della risurrezione (o.c., n. 38).

DALLA CASA DEL DEFUNTO ALLA CHIESA

Il trasporto del feretro dalla casa del defunto o dall'obi­torio alla porta della chiesa, è fatto processionalmen­te. Il sacerdote, con i paramenti sacri e preceduto dalla croce, accoglie la bara e benedice la salma con le parole: Udii una voce dal cielo che diceva: «Bea­ti i morti che muoiono nel Signore» (o.c., n. 54). Parole meravigliose che aprono il cuore angosciato di fronte alla morte! Segue la recita o il canto di altri salmi e preghiere tradizionali fino all'inizio della mes­sa esequiale.

LA SANTA MESSA ESEQUIALE

Il centro della liturgia funebre è il sacrificio eucaristico in suffragio dell'anima del fratello che, chiamato da Dio, ha la­sciato questo mondo per presentarsi al suo giudizio. È desiderio della Chiesa che ogni funerale sia celebra­to con la santa messa esequiale, anche se prevede dei funerali senza messa, che può essere rimandata ad altro tempo e luogo. Una bella e costosa cassa, tanti fiori e preziose ghir­lande non giovano all'anima del defunto. Sono un segno di rimpianto e di affetto, ma spesso sono impo­ste dalla vanità dei parenti e degli amici! Da qui il detto cristiano: «Non fiori, ma opere di bene»! Que­ste «opere di bene» muovono la misericordia di Dio perché abbrevi il tempo della totale purificazione dell'anima nel purgatorio. La santa messa è la principale «opera di bene» per­ché la celebra lo stesso Gesù Cristo, unico ed eterno sacerdote, che, come offrì se stesso sulla croce in espiazione dei peccati dell'umanità, così sull'altare, sotto gli elementi del pane e del vino, rinnova la sua offerta al Padre per l'anima del defunto, il cui corpo sta ai piedi dell'altare. I cristiani che sinceramente e rettamente amano i loro defunti non devono preoccuparsi unicamente dei preparativi esterni, ma con una sincera confessio­ne e una santa comunione, s'impegnino a unirsi al sacrificio di Cristo in suffragio dell'anima del fratello. Anzi sarebbe ottima cosa che tutta la comunità cri­stiana, che partecipa al funerale, si accostasse alla santa comunione offrendo questa «opera di bene» per l'anima del defunto, che egli ripagherà, il cento per uno, quando lascierà il purgatorio per essere am­messo alla visione beatifica di Dio.

Per meglio entrare nel cuore della liturgia funebre è opportuno riflettere su alcune preghiere che la Chiesa mette sulla bocca del celebrante durante la santa messa. Sono un canto alla misericordia di Dio, invocata per l'anima del defunto, e un richiamo con­tinuo al mistero pasquale di Cristo risorto, segno e caparra della nostra risurrezione. Ecco la prima: Dio, Padre misericordioso, tu che ci doni la cer­tezza che nei fedeli defunti si compie il mistero di Cristo tuo Figlio morto e risorto: per questa fede che noi professiamo, concedi al nostro fratello che si è addormentato in Cristo, di risvegliarsi con lui nella gloria della risurrezione (o .c., n. 68). Le altre preghiere, con sottolineature diverse, con­tengono analoghi concetti e richiamano le stesse ve­rità.

Un'attenzione particolare merita il primo prefazio della messa funebre. Non è sufficiente leggerlo, biso­gna meditarlo. È un gioiello per i meravigliosi con­cetti che esprime. Per il credente questi concetti e queste verità sono un conforto che nessuna parola umana può dare. Le verità divine, condensate in questo prefazio, non solo illuminano l'oscurità della morte, ma la stes­sa vita acquista una dimensione escatologica che dà significato a tutto il dramma umano. Eccolo: È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno, per Gesù Cristo nostro Signore. In lui rifulge per noi la speranza della beata risurrezione, e se ci rattrista la certezza di dover morire, ci consoli la promessa dell'immortalità futura. Ai tuoi fedeli, Si­gnore, la vita non è tolta ma trasformata: e mentre si distrugge la dimora di questo esilio terreno, viene preparata una abitazione eterna nel cielo. Per questo mistero di salvezza, uniti agli angeli e ai santi cantia­mo senza fine l'inno della tua gloria.

COMMIATO E ULTIME PREGHIERE

Termina­ta la santa messa, prima d'iniziare il viaggio verso il camposanto, la Chiesa, madre pietosa, esorta ancora una volta a pregare per l'anima del fratello defunto. Ecco la preghiera accorata, ma piena di speranza che essa suggerisce: Prima di compiere, secondo il rito cristiano, il pietoso ufficio della sepoltura, supplichiamo Dio nostro Padre: in lui e per lui tutto vive. Noi affidia­mo alla terra il corpo mortale del nostro fratello nell'attesa della sua risurrezione: accolga il Signore la sua anima nella comunione gloriosa dei santi, apra le braccia della sua misericordia, perché questo no­stro fratello, redento dalla morte, assolto da ogni colpa, riconciliato con il Padre, e recato sulle spalle dal buon pastore, partecipi alla gloria eterna nel re­gno dei cieli (o.c., n. 73). Dopo aver benedetta e incensata la bara in segno di venerazione del corpo che racchiude, ecco ancora una preghiera. La Chiesa stessa, la mistica sposa di Cristo che egli amò e santificò con il suo sangue, si presenta davanti a Dio, tenendo fra le mani l'anima del suo figlio defunto. È commovente! Nelle tue mani, Padre clementissimo, consegna­mo l'anima del nostro fratello con la sicura speranza che risorgerà nell'ultimo giorno insieme a tutti i morti in Cristo. Ti rendiamo grazie, o Signore, di tutti i benefici che gli hai dato in questa vita come segno della tua bontà e della comunione dei santi in Cristo. Nella tua misericordia senza limiti, aprigli le porte del paradiso; e a noi che restiamo quaggiù dona la tua consolazione con le parole della fede, fino al giorno in cui, tutti riuniti in Cristo, potremo vivere con te nella gioia eterna (o.c., n. 77). La processione verso il sepolcro é ancora tempo pro­pizio per una ulteriore preghiera. A tale scopo la litur­gia propone delle commoventi invocazioni per colo­ro che vogliono veramente aiutare il fratello defunto. Purtroppo per molti questa processione si trasforma in una passeggiata di distrazione e di chiacchiere...

AL SEPOLCRO

Prima che gli operatori cimiteriali si mettano all'opera, il sacerdote benedice la tomba con queste parole pregne di fede e di speranza: O Dio, che nella tua misericordia doni riposo alle anime dei fedeli, benedici questa tomba e affidala alla custodia del tuo angelo santo; concedi che men­tre il corpo viene sepolto, l'anima, libera da ogni vincolo di peccato, in te si allieti di gioia perenne insieme ai tuoi santi (o.c., n. 87). La comunità cristiana che ha accompagnato al camposanto un fratello non può dimenticare gli altri fedeli che il Signore ha chiamato a sé. Ecco allora la preghiera per tutti i defunti; è una preghiera a largo respiro e ricorda le più importanti verità cristiane: Dio onnipotente che con la morte in croce del tuo Figlio hai vinto la morte, con il suo riposo nel sepol­cro hai santificato le tombe dei fedeli e con la sua gloriosa risurrezione ci hai ridato la vita immortale, accogli le nostre preghiere per coloro che morti e sepolti in Cristo attendono la beata speranza e la manifestazione gloriosa del Salvatore. Concedi, o Signore, a coloro che ti hanno fedelmente servito sulla terra di lodarti senza fine nella beatitudine del cielo (o.c., n. 89). La liturgia funebre, commovente e ricca di fede e di speranza, si conclude con la tradizionale preghie­ra: L'eterno riposo donagli, o Signore, e splenda a lui la luce perpetua (o.c., n. 90).



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