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I NOVISSIMI (Morte, Giudizio, Paradiso e Inferno)

Ultimo Aggiornamento: 03/09/2009 18:51
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03/09/2009 18:42

II. - GIUDIZIO PARTICOLARE. GIUDIZIO UNIVERSALE.

10. Giudizio delle anime peccatrici.

Istruzioni divine date a S. Caterina da Siena: « Il peccatore non ha scusa, peroc­chè è ripreso e gli è mostrata la verità con­tinuamente. Onde s'egli non si correggerà, quando è ancor tempo, sarà condannato nella seconda riprensione, la quale si farà nell'ul­tima estremità della morte, dove grida la mia giustizia: Surgite mortui, venite ad iu­dicium, cioè, tu che sei morto alla grazia, e morto giungi alla morte corporale, levati su, e vieni dinanzi al Sommo Giudice con la ingiustizia e falso giudizio tuo, e col lume spento della fede, il qual lume traesti acceso dal santo battesimo, e tu lo spegnesti al vento della superbia e vanità del cuore, del quale facevi vela ai venti, ch'erano contrari alla salute tua; il vento della propria ripu­tazione nutrivi colla vela dell'amor proprio. Onde correvi per lo fiume delle delizie e stati del mondo colla propria volontà, se­guitando la fragile carne e le molestie e le tentazioni del demonio. Il quale demonio con la vela della tua propria volontà t'ha me­nato per la via di sotto, la quale è un fiume corrente. Onde t'ha condotto con lui all'e­terna dannazione » (Dialogo, xxxvi).

11. Giudizio di colui che non volle sperare nella misericordia.

« Quando compariste la morte e l'uomo vede che non può più sfuggirmi, il verme della coscienza, che era stato soffocato dal­l'amor proprio, comincia a risvegliarsi e a roder l'anima, giudicandola e mostrandole l'abisso dove per colpa sua sta per cadere. Se essa anima avesse lume che conoscesse e si dolesse della colpa sua, non per la pena dell'inferno, che ne la seguita, ma per me, che m'ha offeso, che sono somma ed eterna Bontà, ancora troverebbe miseri­cordia. Ma se passa il ponte della morte senza lume, e solo col verme della coscienza, e senza la speranza nel sangue del mio Figliuolo, o con propria passione dolendosi del danno suo, più che dell'offesa mia, egli giunge al­l'eterna dannazione.

E allora è ripreso crudelmente dalla mia giustizia, ed è ripreso dell'ingiustizia e del falso giudizio; e non tanto dell'ingiustizia e giudizio generale, perchè ha seguito i sen­tieri colpevoli del mondo, ma molto maggior­mente sarà ripreso dell'ingiustizia e giudizio particolare, perchè nell'ultimo suo momento avrà giudicato la sua miseria più grande della mia misericordia. Questo è quel peccato che non è perdonato nè di qua nè di là. Egli ha respinto, disprezzato la mia misericordia, e questo peccato è maggiore di tutti quelli che ha commessi. Onde la disperazione di Giuda mi spiacque più e fu più grave al mio Figliuolo, che non fu il tradimento ch'egli fece. Sicchè l'uomo è soprattutto condannato per aver falsamente giudicato il suo peccato maggiore che la mia misericordia; e perciò è punito coi demonii e crucciato eternamente con loro.

L'uomo è convinto d'ingiustizia, per­chè si duole più del danno suo, che dell'of­fesa mia. Allora commette ingiustizia, per­ché non rende a me quello che è mio, ed a lui quello che è suo. A me deve rendere amore e amaritudine con la contrizione del cuore, e afferirla dinanzi a me per l'offesa che m'ha fatta. Ed egli fa il contrario, per­chè piange solo per amore verso di se stesso, la pena che ha meritata. Tu vedi adunque ch'egli è colpevole d'ingiustizia e d'errore e che è punito dell'uno e dell'altro. Avendo egli dispregiata la misericordia mia, io con giustizia lo mando all'eterno supplizio, con la serva sua crudele della sensualità e col crudele tiranno del demonio di cui egli si è reso schiavo per mezzo de' suoi sensi, che dovevano servirlo. Saranno insieme puniti e tormentati, come insieme m'hanno offeso: tormentati, dico, da' miei ministri demonii che la mia giustizia ha messi a rendere tor­mento a chi ha fatto male » (Dialogo, ca­pit. XXXVII).

12. Giudizio di una persona mondana.

S. Brigida ebbe un giorno la visione di un'anima ch'era presentata al Giudice Su­premo dal suo angelo custode sotto la figura d'un soldato armato e dal demonio che aveva la forma d'un negro dell'Etiopia. L'anima era tutta nuda e dolentissima, non sapendo che sarebbe stato di lei. L'angelo custode parlò in questi termini: Non è giusto che si rimproverino a quest'anima i peccati che ha confessato. Chi parlava in tal modo, dice S. Brigida, sapeva tutto in Dio, ma parlava affinchè io l'intendessi. Il Giudice rispose « Quando quest'anima faceva penitenza - ­mediante la confessione - non aveva vera contrizione ». E parlando egli all'anima, le disse: « La tua coscienza dica e dichiari i pec­cati di cui non facesti degna penitenza ». Al­lora l'anima alzò talmente la voce da poter quasi essere udita dall'universo intero, di­cendo : Guai a me, perchè io non vissi secondo i comandamenti di Dio, che pure conoscevo. Io non temetti i giudizi di Dio. E la voce del Giudice le rispose: « Ed è perciò che ora tu devi temere i demonii ». - L'anima con­tinuò: Io non ebbi quasi nessun amore di Dio, ed è perciò che feci poco bene. Nulla v'ha in me, dalla pianta dei piedi fino al vertice del capo, ch'io non abbia rivestito di vanità. Inventai abiti vani e superbi; cercai di farmi lodar come bella. La mia bocca spesso era aperta alle paroline melate e alle leziosaggini. Godevo assai che molti imitas­sero le mie azioni e i miei costumi. La voce del Giudice allora rispose: « Giustizia vuole che chi sarà preso a commettere il peccato del quale tu sei punita, subisca le medesime pene. E quando qualcuno che avrà seguito le tue vane invenzioni, si troverà al punto in cui tu ti trovi, le tue pene aumenteranno ».

Allora, dice S. Brigida, mi parve che alla testa di quella persona fosse attaccata una fune, che la circondava e serrava così forte, che il davanti e il di dietro della testa si congiungevano insieme. I suoi occhi erano usciti dall'orbita e penzolavano per le loro radici lungo le gote; i capelli parevano essere stati bruciati dal fuoco. Il suo cervello colava per il naso e per le orecchie. Le usciva fuori la lingua e le si rompevano i denti; le ossa delle braccia le erano serrate con corde, le sue mani scorticate le venivano legate al collo. Il petto e il ventre erano così fortemente stretti che, spezzate le costole, il cuore e tutte le interiora schiattarono.

Allora il negro, ch'era il demonio, disse: O Giudice, i peccati di quest'anima sono con­dannati secondo giustizia; adunque congiun­gete insieme me e l'anima per modo che noi non ci separiamo mai più.

Il soldato armato, ch'era il buon angelo, rispose: Ascoltate, o Giudice. Nell'ultimo mo­mento della sua vita, questa persona ebbe questo pensiero: Se Dio volesse darmi qual­che tempo per vivere, io correggerei i miei peccati, lo servirei in tutto il corso della mia vita e non vorrei mai più offenderlo. Allora la voce del Giudice si fece sentire. « A chi ebbe tali pensieri alla fine della sua vita l'inferno non è dovuto. Per la mia passione il cielo sarà aperto a quest'anima, dopo che ella avrà data soddisfazione e si sarà puri­ficata per tanto tempo quanto avrà meritato, salvo che gli uomini non la soccorrano colle loro buone opere.

Quest'anima era quella d'una persona che aveva votata la sua verginità nelle mani d'un sacerdote e che, infedele alla sua pro­messa, s'era poi sposata (lib. IV, c. LI).

13. Dannazione d'un empio cavaliere.

Nelle opere di S. Brigida si trova questa rivelazione di nostro Signore a proposito di un cavaliere ch'era stato infedele a Dio, aveva infranta la sua santa professione e violate le sue promesse: « Essendo uscito dal tempio dell'umiltà, disse nostro Signore, avendo gittato lo scudo della mia fede e ab­bandonata la spada del mio timore, egli in­superbì e si gonfiò d'orgoglio, si diede ad ogni sorta di voluttà, a tutti i capricci della sua volontà, ingolfandosi sempre più negli abissi del peccato e seppellendosi nei sozzi piaceri ».

Giunto all'estremo della sua vita, quando l'anima sua esalava dal suo corpo, i diavoli se ne impossessarono con gran violenza e tosto dall'inferno tre voci echeggiarono contro di lei. La prima diceva: Ecchè non è forse colui che, abbandonando l'umiltà, ci ha se­guiti in ogni sorta d'orgoglio? E se avesse potuto esser più orgoglioso di noi, lo sarebbe stato assai volentieri. L'anima rispose: Sì, son io. La giustizia gli rispose: « La ricom­pensa del tuo orgoglio sarà che tu precipiti da un demonio in un altro, finché tu sia piombato nel più profondo abisso dell'in­ferno... Non vi sarà alcun supplizio di cui tu non debba subire la violenza ».

La seconda voce gridò e disse: Questi non è forse colui che abbandonò la milizia di Dio che aveva professata e che si arruolò nella nostra milizia? L'anima rispose: Sì, sono io quel desco. E la Giustizia disse: « Tutti quelli che avranno seguita la tua perversità aumenteranno la tua pena e accresceranno il tuo dolore e, quando giungeranno al punto in cui tu sei, ti trafiggeranno come d'una piaga mortale. Come colui che ha una piaga cru­dele, se gli s'aggiungesse piaga sopra piaga, finchè il corpo ne fosse tutto coperto, soffri­rebbe dolori intollerabili, così una sventura attirerà sopra di te un mondo di sventure. La tua pena non cesserà mai e il tuo do­lore non scemerà punto ».

La terza voce diceva: Costui non è forse quello che vendette il suo Creatore per la creatura, l'amor del suo Dio per l'amor di se stesso? L'anima rispose: Sì, sono io quel cotale. - « Per questo appunto, riprese la voce della Giustizia, due porte gli saranno, aperte; per l'una entri ogni pena ed ogni dolore inflitto per tutti i peccati, piccoli e grandi, poichè egli vendette il suo Creatore per la sua voluttà. Per la seconda entri in lui ogni sorta di dolori e di vergogna, e mai non entreranno in lui nè consolazioni nè amore divino, perchè egli ha amato se stesso invece d'amar il suo Creatore. Perciò la sua pena durerà senza fine; egli vivrà senza mai morire e tutti i Santi rivolteranno da lui la loro faccia.

« Ecco, o mia sposa, quanto saranno mi­serabili coloro che mi disprezzano e quali dolori si procurano per una piccola e passeg­gera voluttà » (lib. II, c. ix).

14. È giusto che il corpo risusciti per partecipare alla pena o alla ricompensa.

Nel Dialogo di S. Caterina da Siena si leggono questi insegnamenti dati dall'Eterno Padre: « Ogni operazione buona o cattiva è fatta col mezzo del corpo. E però giusta­mente, figliuola mia, è renduto ai miei eletti gloria e bene infinito col corpo loro glorifi­cato, perchè il corpo e l'anima siano ricom­pensati entrambi delle fatiche che per me sopportarono insieme. Così agli iniqui sarà renduta pena eternale col mezzo del corpo loro, perchè esso fu strumento del male; il loro supplizio si rinnoverà e aumenterà quando ripiglieranno il loro corpo in presenza del mio Figliuolo.

« La loro miserabile sensualità coll'im­mondizia sua riceverà riprensione in vedere la natura umana unita in Gesù Cristo alla purezza della divinità, scorgendo la carne d'Adamo sopra tutti i cori degli angeli, mentre essi per i loro difetti si veggono profondati nel baratro dell'inferno. E veg­gono la larghezza e la misericordia rilucere nei beati, ricevendo il frutto del sangue dell'Agnello, e veggono le pene ch'essi hanno portate, che tutte stanno per adornamento nei corpi loro, sì come la fregiatura sopra del panno, non per virtù del corpo, ma solo per la plenitudine dell'anima, la quale rap­presenta al corpo il frutto della fatica, per­chè fu compagno con lei ad operare la virtù. Questa ricompensa è visibile, e appariste sul corpo come la faccia dell'uomo si riflette in uno specchio » (Dialogo, c. XLII).

15. Giudizio universale. Maestà del Giudice.

« A queste terribili parole: Alzatevi, o morti, e venite al giudizio! l'anima si riu­nirà al corpo per glorificarlo nei giusti e torturarlo eternamente nei cattivi. I dannati saranno coperti di onta e di confusione in presenza della mia Verità e di tutti i miei beati » (Dialogo, c. XLVIII).

« Sappi che nell'ultimo dì del giudizio, quando verrà il mio Figliuolo colla divina mia Maestà, a riprendere il mondo colla po­tenza divina, egli non verrà in qualità di poverello, come quando nacque dal seno della Vergine, in una stalla, fra due ani­mali, e morì fra due ladroni.

« Allora io nascosi la potenza mia in lui, lasciandolo sostenere pene e tormenti come uomo; non che la natura mia divina fosse però separata dalla natura umana, ma lo lasciai patire come uomo, per soddisfare alle colpe vostre. Non verrà così ora in questo ultimo punto, ma verrà con potenza a ri­prendere colla propria persona; e non sarà alcuna creatura, che non riceva tremore, e renderà a ognuno il debito suo.

« Ai dannati miserabili darà tanto tor­mento l'aspetto suo e tanto terrore, che la lingua non sarebbe sufficiente a narrarlo. A' giusti darà timore di riverenza con grande giocondità; non ch'egli si muti la faccia sua, perocchè egli è immutabile, perchè è una cosa con me, secondo la natura divina; e secondo la natura umana ancora la faccia sua è immutabile, poichè prese la gloria della risurrezione. Ma il reprobo lo vedrà solo con quell'occhio terribile e oscuro che egli ha in se medesimo. L'occhio malato che guarda la luce del sole non ci vede che tenebre, mentre che l'occhio sano ne ammira lo splen­dore. Questo non è per difetto della luce, che si muti più al cieco che all'illuminato, ma è per difetto dell'occhio che è infermo. Così i dannati lo veggono in tenebre, in con­fusione e in odio, non per difetto della mia Maestà, colla quale egli verrà a giudicare il mondo, ma per difetto loro » (Dialogo, ca­plt. XXXIX).

16. Terribile sentenza.

« Allo spettacolo della gloria e della fe­licità degli eletti di cui si sono privati, i dannati sentiranno crescere la loro pena e la loro confusione. Nel loro corpo appari­ranno i segni dei peccati commessi e i sup­plizi che avranno meritato. Onde in quella parola, ch'essi udranno terribile: Andate, ma­ledetti, nel fuoco eterno, l'anima e il corpo andranno a dimorare coi demonii senz'alcun rimedio di speranza, in quella sentina (lei mondo ove ognuno porterà la puzza delle sue iniquità.

« L'avaro vi arderà insieme colla sua pas­sione de' tesori della terra, il crudele colla sua crudeltà, l'immondo coll'immondizia e miserabile concupiscenza, l'ingiusto colle sue ingiustizie, l'invidioso coll'invidia, colui che odia il suo prossimo col suo odio. Quelli che si saranno amati di quell'amore disordinato che cagiona tutti i mali, perché insieme col­l'orgoglio, esso è il principio di tutti i vizi, saranno divorati da un fuoco intollerabile. Sicchè tutti in diversi modi saranno puniti in­sieme nell'anima e nel corpo » (Dialogo, ca­plt. XLII).
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