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I NOVISSIMI (Morte, Giudizio, Paradiso e Inferno)

Ultimo Aggiornamento: 03/09/2009 18:51
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03/09/2009 18:45

V. - IL CIELO.

39. L'entrata d'un eletto in Paradiso.

Il Figlio di Dio, dando a S. Brigida le sue istruzioni, le parlò in questi termini d'un generoso cavaliere che aveva praticato le virtù cristiane: «Quando quest'amico del mio Cuore fu arrivato all'estremo della sua vita e l'anima sua si separò dal corpo, cinque legioni d'angeli furono inviate incontro a lui. Si udirono allora in cielo voci melodiose che risonavano soavemente e dicevano: O Si­gnore e Padre, questi non è forse colui che aderì fortemente ai vostri voleri e che perfet­tamente li compì? Poi una voce da parte della Divinità gli disse: Io ti creai e ti diedi il corpo e l'anima. Tu sei mio figlio e facesti la volontà del Padre tuo. Ora vieni dunque al tuo Creatore onnipotente e al tuo Padre amantissimo. L'eredità eterna ti è dovuta, poiché tu sei figlio e fosti obbediente. Vieni dunque, o mio dolcissimo figlio, io ti rice­verò con gioia ed onore.

« Una seconda voce, ch'era quella del­l'Uomo Dio, gli disse: Vieni al tuo fratello, perché io mi sono offerto per te, ho versato il mio sangue per amor tuo. Vieni a me, per­ché hai seguito la mia volontà; vieni a me, perché hai versato sangue per sangue, hai dato vita per vita e morte per morte. Dunque tu che m'hai seguito, vieni alla mia vita, alla mia gioia che non finirà mai.

« Una terza voce parlò da parte dello Spi­rito Santo: Vieni, o mio cavaliere, che m'haì tanto desiderato e in cui io mi sono compia­ciuto di stabilire la mia dimora. Per le fa­tiche del tuo corpo, entra nel riposo; in cambio delle tribolazioni del tuo spirito, entra nelle consolazioni ineffabili; in ricompensa della tua carità e delle tue generose lotte, entra in me stesso; io rimarrò in te e tu rimarrai in me.

« Poi le cinque legioni d'angeli fecero echeggiare la loro voce. La prima diceva: andiamo incontro a questo generoso soldato e portiamo davanti a lui le sue armi; cioè presentiamo al nostro Dio la fede ch'egli con­servò senza vacillare e che difese contro i suoi nemici.

« La voce della seconda legione disse: por­tiamo davanti a lui il suo scudo e mostriamo al nostro Dio la sua pazienza; benchè ella sia a Dio nota, più gloriosa ne sarà per la nostra testimonianza.

« La terza legione disse: Andiamo in­ contro a lui e presentiamo a Dio la sua spada, cioè l'obbedienza ch'egli praticò, tanto nelle cose penose quanto in quelle facili.

« La quarta: andiamo e rendiamo testimo­nianza alla sua umiltà, perchè l'umiltà prece­deva e seguiva tutte le sue buone opere.

« La quinta voce disse: diamo testimo­nianza del suo desiderio divino, per cui egli sospirava a Dio. Ad ogni ora a lui pensava nel cuor suo; egli l'aveva sempre in bocca, sempre nelle sue opere; lo desiderava sopra tutte le cose; per amor di lui, egli sempre si mostrò come morto al mondo.

« Ecco come il mio amico viene a me e con qual premio è ricompensato. E, quantun-

que non tutti abbiano versato il loro sangue per amore del mio nome, pure riceveranno le medesime ricompense, se essi hanno la volontà di dar la loro vita per amor mio, quando se ne offriranno il tempio e l'occasione. Vedi quanti beni reca la mia volontà. (1. II, cap. xi).

40. Accoglienza fatta dal Signore all'anima glorificata.

Il nostro buon Signore, racconta Giuliana di Norwich, mi disse: «Io ti ringrazio di ciò che facesti per me, e specialmente d'avermi consacrata la tua giovinezza». Poi Dio mi mostrò tre gradi di beatitudine in cielo per quell'anima che lo servì di buon animo: il primo, quando il Signore la ringrazia alla sua uscita dal purgatorio, ringraziamento così ele­vato e così glorioso ch'ella si sente ricolma e sufficientemente ricompensata. Il secondo è che tutta la corte celeste ne è testimonio, perchè Dio fa conoscere a tutti gli eletti i servizi che gli furono resi. Il terzo è che la gioia data all'anima nel momento in cui è così ringraziata deve durare per tutta l'eter­nità (VI Rivelazione, c. xiv).

« Quanto più avrai sofferto, disse l'eterna Sapienza al beato Enrico Susone, tanto più sarai ricevuto con riguardi e dignità. Qual gioia produce quest'onore come l'anima e il cuore sono inondati di felicità vedendosi lo­dati e glorificati da me dinanzi al Padre mio e a tutto il celeste esercito. Io li loderò d'aver sofferto tanto in questa vita, d'aver combat­tuto tanto, d'aver riportate tante vittorie (L'Exemplaire, Trattato II, c. XII).

Nostro Signore ci dichiara ancora nel Van­gelo ch'egli farà l'elogio degli eletti: « Ve­nite, benedetti del Padre mio; io ebbi fame e mi deste da mangiare, ecc. - Coraggio, servo buono e fedele, tu fosti fedele nelle piccole cose. - Chi mi avrà confessato da­vanti agli uomini io lo confesserò davanti al Padre mio. - Allora, dice l'Apostolo san Paolo, ognuno riceverà dal Signore la lode che gli sarà dovuta » (I Cor., Iv, 5).

41. Quello che perdono coloro che non hanno amore.

Una volta, racconta S. Teresa, per lo spazio d'un'ora e più, nostro Signore, tenendosi sempre vicino a me, m'aveva scoperto cose meravigliose. Poi mi disse: « Vedi, figlia mia, quello che perdono coloro che sono contro di me. Non mancar di dirlo loro » (Vita, e. XXXVIII).

S. Caterina da Siena, che rimase morta per quattro ore e ritornò poi a vita, aveva veduto e le pene dei peccatori nell'altro mondo e la gloria degli eletti. E il Signore le disse: « Tu vedi di qual gloria sono privati e con quali pene sono puniti coloro che m'offen­dono. Ritorna dunque a loro per mostrare ad essi il loro errore, il loro pericolo e il torto che fanno a se stessi » (Vita, del B. Rai­mondo, Parte II, c. vi).

Parole simili furono dette a Francesca di Bona dopo ch'ella fu favorita d'un conosci­mento elevatissimo della SS. Trinità: « Figlia mia, io volli farti vedere di qual bene si pri­vano i peccatori che muoiono nel loro pec­cato » (lib. III, c. xiv).

42. La gloria di Dio veduta in lui, in noi e in tutto, ecco il cielo.

S. Caterina da Bologna (1413-1483) ebbe una visione, in cui nostro Signore le apparve, circondato d'angeli e di Santi, che cantavano queste parole d'Isaia (Lx, 2) : « E la sua gloria sarà veduta in voi ». Il Salvatore con­dusse S. Caterina presso il suo trono e le disse: « Figlia mia, ascolta questo canto e intendi bene il senso di queste parole: E la sua gloria sarà veduta in voi » (Piccoli Bol­landisti, 9 marzo).

43. Dio tutto in tutti.

In una visione, racconta S. Geltrude, in cui l'anirna rnia ben sentiva, in slanci d'una gioia perfetta, ch'ella ora arricchita dei gaudii del suo Diletto, io intesi il senso di queste parole così piene di dolcezza: « Dio sarà tutto in tutti » (I Cor., xv, 28). L'anima mia beveva, con un'avidità insaziabile, queste parole che il cielo presentava in una pozione deliziosa all'ardore della sua sete: « Com'io sono la figura della sostanza di Dio, mio Padre, nella Divinità stessa, così tu sarai la figura della mia sostanza nell'umanità e, come l'aria riceve la chiarezza dei raggi del sole, così tu riceverai nell'anima tua deificata le emanazioni della mia divinità; allora penetrata fino al midollo dai raggi della mia luce, tu diventerai capace d'una più familiare unione con me » (lib. II, c. vi).

Mentre S. Paolo della Croce, meditando sui novissimi, considerava le gioie del para­diso, udì il Signore che gli diceva: « Mio figlio, in cielo, il beato non sarà unito a me com'è un amico all'amico suo, ma come il ferro penetrato dal fuoco » (Vita, c. iv).

44. Dio in cielo ama di esser lodato ne' suoi eletti.

Dopo la morte di S. Matilde, Geltrude vide tre raggi che partivano dal Cuore di Dio e passavano per l'anima della sua santa amica per dirigersi su tutti i Santi che, essendo mirabilmente illuminati e rallegrati, si misero a lodare per lei il Signore, dicendo: noi vi lodiamo per l'incantevole bellezza della vo­stra sposa, per l'amabile compiacenza che ri­ponete in lei, per l'unione perfetta che la fece una sola cosa con voi. E vedendo Geltrude che il Signore si pigliava un gran piacere in quelle lodi, gli disse: Perchè, mio Signore, godete tanto d'esser lodato in quest'anima? Egli rispose: « Perchè nella sua vita ella desiderava sopra tutto di vedermi lodato; ella ha conservato questo desiderio ed io voglio saziarla colla mia lode incessante » (P. VII, cap. xvi).

45. Le nostre buone opere in cielo cantano la lode di Dio.

Suor Matilde aveva un fratello chiamato Balduino, che era domenicano. Il Signore, parlandole di questo fratello, ch'era assai vir­tuoso e zelante, le disse: « Ho saputo e ve­duto tutte le fatiche a cui si sobbarca, le let­ture che fa e i libri che scrive: tutto quello ch'egli fa canterà un cantico d'amore a mia lode davanti alla mia eterna famiglia e dirà: Dio grande, eterno, forte, ammirabile, alle­luia! Ed io esalterò il suo capo e tutte le sue forze, come feci per te, non solo nell'ordine della natura, ma ancora in quello della gra­zia » (lib. II, c. xxi).

46. Come Cristo fu glorificato nel suo corpo.

Mentre Matilde pregava il Signore Gesù di rendere grazie a Dio della sua risurrezione futura, il Signore le disse: « Io lo faccio pre­sentemente per te e per ognuno de' miei così volentieri come per me stesso, perchè consi­dero la gloria de' miei membri come la mia stessa e l'onore che loro è reso come tribu­tato a me stesso. L'anima per cui io compio così queste lodi e questi ringraziamenti, men­tre ella è ancora sopra la terra, ne rice­verà una gran gloria e una gran gioia ne' cieli ». E, poichè Matilde cercava in se stessa ciò che era stata la glorificazione dell'u­manità di Cristo nel momento della sua ri­surrezione, il Signore le disse: « La glori­ficazione del mio corpo consistette in questo, che mio Padre mi diede ogni potere in cielo e in terra, per modo ch'io fossi onnipotente nell'umanità, come nella divinità, per ricom­pensare, elevare e colmare i miei amici delle testimonianze del mio amore, secondo tutta la generosità de' miei desideri. La glorifica­zione de' miei occhi e dei miei orecchi mi diede modo di poter penetrare fino in fondo a tutti i bisogni e a tutte le tribolazioni de' miei fedeli, udire ed esaudire i loro voti e le loro preghiere. Tutto il mio corpo ha al­tresì ricevuta questa gloria ch'io possa essere da per tutto nell'umanità compio sono nella divinità con tutti e con ciascuno de' miei amici, dovunque io voglio; ciò che nessun altro, per potente che sia, non ha mai potuto e mai non potrà». (Parte I, c. xrx; ediz. lat., pag. 67).

47. La misura dell'amor meritorio è la misura dell'amor beatificato.

Ascoltiamo Iddio che a S. Caterina da Siena dice: « L'anima giusta che finisce la vita in affetto di carità è eternamente legata in amore. Ella non può più crescere in virtù, perchè è venuto meno il tempo, ma può sempre amare coll'ardore ch'ella ebbe per venire a me, e quest'ardore è la misura della sua felicità. Sempre desidera me e sempre ama, onde il suo desiderio non è vuoto, ma avendo fame è saziato, e saziatosi ha fame, senza mai provare la noia della sazietà nè la pena della fame.

« Gli eletti dell'amore godono nell'eterna mia visione, partecipando quel bene ch'io ho in me medesimo, ognuno secondo la misura sua, e questa misura è l'amore ch'essi avevano venendo a me. Perchè sono stati nella carità mia e in quella del prossimo, e uniti insieme colla carità comune e colla particolare, ch'esce pure da una medesima carità. Godono ed esultano, partecipando l'uno il bene dell'altro, con l'affetto della carità, oltre al bene universale, ch'essi hanno tutti insieme. E go­dono ed esultano cogli angeli, coi quali i Santi sono collocati, secondo le varie virtù, le quali principalmente ebbero nel mondo, essendo legati tutti nel legame della carità (Dialogo, c. XLI).

48. Partecipazione alla felicità di quelli che noi abbiamo amato di più sopra la terra.

« Ed hanno una singolare partecipazione con coloro, coi quali strettamente d'amor sin­golare s'amavano nel mondo. Quest'amore era un mezzo d'aumentare in essi la virtù: erano gli uni per gli altri occasione di glorificare il mio nome in essi e nel prossimo loro e, siccome l'amore che li univa non è distrutto in cielo, essi ne godono con maggior abbon­danza, e tal amore accresce la loro felicità. « E non vorrei però che tu credessi che gli eletti soli godessero della loro felicità particolare; perchè essa è partecipata da tutti quanti i beati abitanti del cielo, dagli an­geli e da' miei diletti figliuoli. Onde quando l'anima giunge a vita eterna, tutti parteci­pano il bene di quell'anima, e l'anima del bene loro. Non già che il vaso suo, nè il loro, possa crescere, nè che abbia bisogno di empirsi, perocchè egli è pieno, e perciò non può crescere, ma hanno un'esultazione, una giocondità, un giubilo, un'allegrezza, che si rinfresca in loro per il conoscimento, che han trovato in quell'anima. Veggono che per mia misericordia ella è levata dalla terra, colla plenitudine della grazia; e così esultano in me, nel bene che quell'anima ha ricevuto dalla mia bontà. E quell'anima gode in me, e nelle anime, e negli spiriti beati, vedendo in loro e gustando la bellezza e la dolcezza della mia carità » (Dialogo, c. XLI).

49. Gli eletti infiammati di carità hanno sete della salute delle anime.

« I loro desideri sempre gridano dinanzi a me per la salvezza di tutto quanto il mondo; e perchè la loro vita finì nella carità del pros­simo, questa carità non li ha abbandonati, anzi con essa passeranno per la porta dell'U­nigenito mio Figliuolo, per lo modo che di sotto ti dirò. Sicchè vedi che con quel legame dell'amore in che finì la loro vita, con quello permangono ed esso dura eternamente » (Ibi­dem).

50. Unione perfetta alla volontà di Dio.

« Essi sono tanto conformati alla mia vo­lontà, che non possono volere se non quello ch'io voglio; perchè l'arbitrio loro è legato nel legame della carità, per siffatto modo che venendo meno il tempo alla creatura che ha in sè ragione, morendo in stato di grazia non può più peccare. E in tanto è unita la sua volontà con la mia, che vedendo il padre, o la madre, il figliuolo nell'inferno, o il figliuolo il padre e la madre, non se ne curano; anzi sono contenti di vederli puniti, come nemici miei, onde in nessuna cosa si discordano da me, e i desideri loro sono tutti pieni » (Dia­logo, cap. XLI).

51. Desideri degli eletti sempre saziati.

« Il desiderio dei beati è di vedere l'onore mio in voi viandanti e quali siete peregrini, che sempre correte verso il termine della morte. Nel desiderio del mio onore desiderano la salute vostra, e perciò sempre mi pregano per voi. Il qual desiderio è adempito da me dalla parte mia, colà dove voi ignoranti non recalcitrate alla mia misericordia. Hanno de­siderio ancora di riavere la dote del corpo loro; e questo desiderio non li affligge, non avendolo attualmente, ma godono gustando per certezza, ch'essi hanno ad avere il loro desiderio pieno, onde non li affligge, perocché non avendolo, non manca loro beatitudine, e perciò loro non dà pena » (Ibid.).

« Sai tu qual è il più singolar bene che hanno i beati? E' avere la volontà loro piena di quel che desiderano. Desiderano me; e de­siderando me, essi mi hanno e mi gustano, senz'alcuna ribellione, perocchè hanno lasciata la gravezza del corpo, il quale era una legge che impugnava contro lo spirito... Ma poichè l'anima ha lasciato il peso del corpo, la volontà sua è piena; perocchè desiderando di vedere me, ella mi vede; nella qual visione sta la vostra beatitudine. E vedendo conosce, e co­noscendo ama, e amando gusta me, sommo ed eterno Bene, e gustando sazia e adempie la volontà sua, cioè il desiderio ch'egli ha di vedere e conoscere me. Onde desiderando ha, e avendo desidera. E com'io ti dissi, allonta­nata è la pena dal desiderio, e il fastidio dalla sazietà » (Dialogo, c. xLv).

52. Gloria e beatitudine del corpo.

« Non ti pensare che la beatitudine del corpo, dopo la risurrezione, dia più beatitu­dine all'anima. Che se questo fosse, seguite­rebbe che infino che non avessero il corpo, avrebbero beatitudine imperfetta, la qual cosa non può essere, perchè in loro non manca alcuna perfezione. Sicchè non è il corpo che dia beatitudine all'anima, ma l'anima darà beatitudine al corpo; perocchè darà dell'ab­bondanza sua, rivestita, nell'ultimo dì del giu­dizio, del vestimento della carne che aveva lasciata.

« Come l'anima è fatta immortale, fermata e stabilita in me, così il corpo in quell'unione diventa immortale, e, perduta la gravezza, è fatto sottile e leggero. Onde sappi che il corpo glorificato passerebbe per lo mezzo del muro; nè il fuoco nè l'acqua non l'offende­rebbe non per virtù sua, ma per virtù del­l'anima, la quale virtù; è mia data a lei per grazia e per l'amore ineffabile, col quale io la creai alla immagine e similitudine mia. L'occhio dell'intelletto tuo non è sufficiente a vedere, nè l'orecchio a udire, nè la lingua a narrare, nè il cuore a pensare il bene loro.

« O quanto diletto hanno in vedere me, che sono ogni bene! O quanto diletto avranno, essendo col corpo glorificato il quale bene ora non avendo fino al giudizio generale, non hanno pena, perchè non manca loro beatitu­dine; perocchè l'anima è piena in sè; la quale beatitudine parteciperà col corpo, come ti ho detto » (Dialogo, c. XLI).

53. La comunione celeste, ossia l'unione deli­ziosa dei corpi gloriosi al corpo glorificato di nostro Signore Gesù Cristo.

« Che dire di quella gioia ineffabile dei corpi glorificati nell'umanità glorificata del­l'Unigenito mio Figliuolo, che vi dà la cer­tezza della vostra risurrezione! Ivi esulteranno nelle sue piaghe, le quali sono rimaste fre­sche, e conservate le cicatrici nel corpo suo, le quali gridano continuamente misericordia: per voi a me sommo ed eterno Padre, e tutti saranno conformi con lui in gaudio e giocon­dità. Sì, per i vostri occhi, per le vostre mani, per il vostro corpo tutto quanto voi sarete uniti agli occhi, alle mani, al corpo del dolce Verbo mio Figliuolo. Essendo in me, voi sarete in lui, perchè egli è una me­desima cosa con me » (Dialogo, c. XLI).

54. Sempre avidi e sempre sazi.

« Quando l'anima è separata dal corpo, ha pieno il desiderio suo, e però ama senza pena. Allora è saziata, ma senza fastidio, perchè es­sendo saziata ha sempre fame, senza aver la pena della fame; ribocca d'una felicità perfetta e nulla può desiderare senza averlo. Desidera di veder me e mi vede a faccia a faccia; desidera di veder la gloria del mio nome ne' miei Santi e la vede nella natura angelica e nella natura umana » (Dialogo, ca­pit. LXXIX).

55. Gli eletti veggono risplendere la gloria di Dio sopra la terra ed anche nell'inferno.

« La vista dell'anima beata è tanto perfetta che vede la gloria e l'onore del mio nome non solo nei cittadini che sono a vita eterna, ma anche nelle creature mortali. Voglia o non voglia, il mondo mi rende gloria. Vero è che non me la rende come dovrebbe, amando me sopra ogni cosa; ma dalla parte mia io traggo dagli uomini gloria e lode al nome mio, poi­chè in loro brillano la mia misericordia e la grandezza della mia carità.

« Io loro lascio il tempo e non comando alla terra d'inghiottirli per i loro difetti; anzi io li aspetto, e alla terra comando, che loro doni i frutti suoi, al sole, che li scaldi e dia loro la luce e il caldo suo, al cielo che si muova, e spando la mia misericordiosa bontà su tutte le cose che sono fatte per loro. Non solo io non le sottraggo da essi per i difetti loro, ma ancora le do a1 peccatore come al giusto, ed anche spesse volte più al pecca­tore che al giusto, perchè il giusto può sof­frire ed io lo privo dei beni della terra per dargli più abbondantemente i beni del cielo. Così la mia misericordia e la mia carità bril­lano sopra di essi.

« Alcuna volta le persecuzioni che i servi del mondo fanno sopportare a' miei servi, provano la loro pazienza e la loro carità; esse non servono che a farmi offrire da loro umili e continue preghiere: così ridondano a gloria e ad onore del nome mio; sicchè voglia o non voglia, l'iniquo salva la mia gloria, anche con ciò ch'egli fa per offendermi » (Dialogo, C. LXXX).

« I peccatori stanno in questa vita ad au­mentare la virtù ne' servi miei, così come i demònii stanno nell'inferno, in qualità di miei giustizieri e aumentatori, cioè facendo giu­stizia dei dannati. Essi servono altresì alle mie creature, che, nel loro terreno pellegri­naggio, desiderano d'arrivare a me, loro fine. Servono loro esercitando la loro virtù con molte molestie e tentazioni in diversi modi, esponendoli alle ingiurie ed alle ingiustizie degli altri, a fine di far loro perdere la ca­rità; ma volendo spogliare i miei servi, essi li arricchiscono esercitando la loro pazienza, la loro fortezza e la loro perseveranza. Per que­sto modo rendono gloria e lode al nome mio » (Dialogo, C. LXXXI).

56. La vista dei peccati cagiona compassione, ma non tristezza, nel cuore degli eletti.

« L'anima, in cielo, vede l'offesa che mi è fatta; ella non può più, come un tempo, sentirne dolore, ma ne prova solo compas­sione; ama senza pena e prega sempre con carità perchè io faccia misericordia al mondo. In lei la pena è passata, ma non la carità. Il Verbo, mio Figliuolo, vide finire, nella morte dolorosa della croce, la pena del desiderio della vostra salute che lo tormentava, ma il desiderio della vostra salute non è cessato colla pena.

« Parimenti i Santi, che hanno la vita eterna, conservano il desiderio della salute delle anime, ma senza averne la pena; la pena si spense nella loro morte, ma non l'ar­dore della carità. Essi sono come inebriati del sangue dell'Agnello immacolato e rivestiti della carità del prossimo. Passarono per la porta stretta, tutti inondati del sangue di Gesù Crocifisso, e, in me, oceano della pace, si trovano liberati dall'imperfezione, cioè dalla pena del desiderio, perchè sono arrivati a quella perfezione in cui sono saziati d'ogni bene » (Dialogo, c. Lxxxii).

La beata Osanna da Mantova, all'età di dodici anni fu rapita in cielo, ové le fu dato di contemplare lo splendore dei Santi. Quello spettacolo accese il suo cuore d'un tale amore che avrebbe desiderato di non più ritornare sopra la terra. L'Onnipotente le disse: « Figlia mia carissima, io volli farti intravedere la gloria dei vergini e dei martiri, affinchè il ricordo di questa incomparabile felicità ti pre­servi da ogni immondezza e ti renda fedele e diligente nel mio servizio ».

57. L'anima immersa nella gioia celeste.

Dio Padre diede a S. Maria Maddalena de' Pazzi quest'istruzione sulla felicità del cielo « Vedi, figlia mia, la differenza che corre fra un uomo che beve un bicchier d'acqua e un altro che si bagni nel mare. Si dice del primo che l'acqua entra in lui, perchè essa dalla bocca passa nello stomaco per rinfrescarlo; ma del secondo si dice ch'entra nel mare, perchè la quantità d'acqua che lo compone è così grande che eserciti interi possono en­trarvi e perdervisi, senza che ne resti la menoma traccia. Così è dell'anima. Le con­solazioni ch'ella riceve in questo mondo non fanno altro che entrare in lei, come l'acqua in un ristrettissimo vaso, per modo ch'ella non può riceverle se non in una misura assai limitata. Il che faceva dire ad una di tali anime, ricolma di dolcezze, deplorando la pic­ciolezza del suo vaso che non poteva conte­nerne quanta avrebbe voluto: basta, Signore, basta. Dovechè nel cielo si entra nella gioia del Signore, ci si immerge in un oceano senza fondo di dolcezze e di consolazioni ineffabili, cioè in Dio stesso, che sarà tutto in tutti. Dentro di voi, fuori di voi, sopra di voi, at­torno a voi, davanti a voi e dietro a voi, tutto sarà gioia, allegrezza, dolcezze e consolazioni, perchè da ogni lato troverete Iddio. Erit Deus omnia in omnibus » (P. I, c. XYII).

58. Dio si compiace ne' suoi eletti e gli eletti si compiacciono in Dio.

« Nel cielo, disse ancora l'Eterno Padre alla medesima Santa, le anime beate non ces­sano di godere nella compiacenza della sua divina essenza. Esse trovano in tale compia­cenza un piacere inenarrabile ed una grande gloria, il che fa si che anch'io mi compiaccia grandemente in esse; e siffatta compiacenza reciproca di me in loro e di loro in me produce, negli angeli, ineffabili trasporti d'al­legrezza e forma la felicità di tutto il para­diso » (P. IV, c. xiii).

59. Dolcezze corrispondenti ai dolori dell'esilio.

Il Signore disse a Geltrude a proposito di un'eletta: « Perchè il suo più gran dolore fu nel suo braccio, ella mi tiene abbracciato con una sì grande gloria di beatitudine che desidererebbe d'aver sofferto cento volte di più » (lib. V, e. III).

Una volta, dopo la Comunione, racconta Maria Amata, nostro Signore mi mostrò che un giorno si vedrebbero nelle anime tutti i pensieri della loro vita, tutti i loro sentimenti, affetti ed intenzioni (Vita, c. xvui).

60. Ciascun genere d'opere virtuose avrà una speciale ricompensa.

Il Signore diede un giorno a S. Geltrude questa istruzione: « In quella guisa che il corpo si compone di risolti membri fra loro uniti, così l'anima è costituita da diversi af­fetti, come il timore, il dolore, la gioia, l'a­more, la speranza, l'odio, il pudore. Secondo che l'uomo si sarà esercitato per la mia gloria in ciascuno di questi affetti egli ritro­verà in me altrettante gioie ineffabili e ine­stimabili. Nel dì della risurrezione quando questo corpo mortale rivestirà l'incorruttibi­lità, ciascun membro riceverà una ricompensa speciale per ciascuna delle opere che avrà compiute, e per ciascuno degli esercizi prati­cati in mio nome e per mio amore. Ma l'a­nima riceverà una ben più nobile ricompensa per ciascun movimento di santo affetto, che per mio amore l'avrà animata o penetrata di compunzione » (lib. III, c. Lxix).

Un giorno, festa di Tutti i Santi, S. Gel­trude ebbe la visione del cielo. Poi il Signore le mostrò sparsi e mescolati fra i Santi del cielo tutti i fedeli militanti ancora sopra la terra, ciascuno secondo i meriti suoi. Per esempio quelli che, vivendo onestamente nel matrimonio, si esercitano in buone opere nel timore di Dio apparivano aggiunti ai santi patriarchi. Quelli che meritano di conoscere i segreti di Dio sembravano riuniti ai profeti. Quelli che si dedicano alla predicazione e all'insegnamento della santa dottrina erano riuniti agli apostoli e così degli altri. Vide altresì che i martiri avevano nelle loro file i religiosi che vivono sotto l'obbedienza. I santi martiri, nella parte del loro corpo dove soffrirono per il Signore, ricevevano uno splendore speciale e una dilettazione d'una potenza inestimabile. Similmente i religiosi per tutte le delicatezze che rifiutarono a se stessi nei sensi della vista, del gusto, dell'u­dito, nel passeggio o nella conversazione, o per altri simili sacrifizi, hanno in cielo la medesima ricompensa dei martiri » (lib. IV, cap. Lv).

61. « I giusti brilleranno come il sole nel regno del Padre mio ».

Parole del Signore a S. Matilde: « Il corpo, nella sua risurrezione, sarà sette volte più brillante del sole, e l'anima sette volte più brillante del corpo, cui ella ripiglierà come un vestimento, spandendo la luce in tutte le sue membra come il sole in un cristallo. Ed io penetrerò tutte le parti più intime dell'a­nima con una luce ineffabile e così, nel ce­leste soggiorno, brilleranno corpo ed anima, per sempre » (Parte V, c. xiv).

62. Gli eletti nei cori degli angeli.

Il Signore disse a Margherita da Cortona: « Tu mi pregasti per Gilia, ebbene io per amor tuo e per le sue opere virtuose la col­locherò in paradiso nell'ordine dei Cherubini » (cap. VIII, § 6). E qualche tempo dopo: « Oggi rallegrati con Frate Giunta (France­scano, confessore della santa penitente e autore della sua vita) di vedere la sua cara figlia Gilia, ammessa, secondo la mia promessa, nel coro dei Cherubini » (cap. ix, § 31). Gilia era un'amica intima della santa peni­tente. Il Signore un giorno disse a questa: « Tu sai che Giovannello e Gilia, tua com­pagna, per imitare la tua vita penitente, vol­lero mortificare il loro corpo all'eccesso e abbreviarono così la loro vita » (c. x, § 14). Poichè Margherita pregava per Gilia morta allora, un angelo le disse: « Ella starà per un mese in purgatorio, non vi soffrirà che pene leggere, per essersi lasciata trascorrere all'ira per eccesso di zelo ». Il Signore inviò quattro angeli per liberarla dal purgatorio (cap. ix, § 30 e 31).

63. Ciascun eletto gode della felicità di tutti.

« Nel cielo, figlia mia, disse l'Eterno Padre a S. Maria Maddalena de' Pazzi, ogni beato non si rallegra meno della gloria degli altri che della sua propria, perchè l'amore, come sai, mette tutto in comune, e il cielo è il sog­giorno del sincero e perfetto amore. Dirò di più: la perfezione di quest'amore è così grande che un'anima, vedendo un'altra rive­stita di una gloria più fulgida della sua, per­chè ebbe sulla terra una carità più grande, si rallegra più di quella gloria estranea che della sua propria. Così s'aumenta la gloria di ciascun'anima beata, a misura che la sua carità si dilata, poichè ella partecipa della gloria di tutte le altre, così come di quella degli angeli e di tutti gli spiriti da me glo­rificati nel cielo. Vedi, figlia mia, quale abisso di gloria! » (Parte I, c. xxiii).

Il Signore disse a Matilde: « Loda la mia bontà nei Santi, ch'io rimunerai con una tal beatitudine ch'essi abbondano di tutti i beni, non solo in se stessi, ma la gioia dell'uno si accresce ancora colla gioia dell'altro, a tal segno che uno gode della felicità dell'altro più che una madre dell'elevazione dell'unico suo figliuolo, o che un padre del trionfo e della gloria del suo figlio. Così ognuno di loro gode dei meriti particolari di tutti in una dolce carità » (Parte I, c. xxxiv).

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