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I 7 Vizi Capitali: Superbia, avarizia, lussuria. ira, gola, invidia e accidia

Ultimo Aggiornamento: 03/09/2009 19:14
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03/09/2009 19:10

GOLA

Il vizio della gola consiste nell'abuso del mangiare e del bere.

Il corpo ha bisogno di riparare di con­tinuo le perdite che necessariamente de­ve subire; il nutrirlo quindi è un dovere. Se è un bene dare l'alimento al corpo, è però un male l'esagèrare nella quantità ed anche nella qualità. Questa esagera­zione è causata dal piacere che sente la gola. Il Creatore ha disposto che si provas­se gusto nel palato e nella gola, affinchè fa­cilmente il corpo potesse assumere i cibi e le bevande; ma quando la gola prende il sopravvento, si va contro la disposizione di Dio, perchè allora si mangia e si beve più del bisogno unicamente per saziare l'avidità della gola.

Di per sè il peccato di gola è leggero; diventa peccato grave quando l'abuso del mangiare e del bere pregiudica gravemen­te la salute del corpo e quando si beve si­no ad ubriacarsi, perdendo del tutto la ragione.

Il troppo mangiare ed il troppo bere arreca al corpo tanto male. Non poten­do l'organismo assimilare la quantità su­periore dei cibi, si sforza di riuscirvi; questo sforzo se è continuo porta all'esau­rimento. Inoltre, il cibo che non può as­similarsi, si converte in veleno per l'or­ganismo; da ciò hanno origine certe malat­tie, che presto o tardi portano al sepolcro. Le vittime della gola sono molte, tanto che c'è la frase proverbiale: Ne uccide più la gola che la spada.

L'esagerazione nel bere il vino od altre sostanze alcooliche, porta alle malattie del cervello.

L'intemperanza della gola è sorgente di molti gravi peccati.

Innanzi tutto, quando lo stomaco è troppo pieno, la volontà resta snervata e non sente la forza di operare il bene, anzi prova noia e disgusto delle cose spiri­tuali.

Quando il corpo è bene nutrito, facil­mente insorgono le passioni e specialmen­te la passione dell'impurità. Chi non sa fre­nare la gola, difficilmente è in grado di frenare gli altri sensi, per cui si può affer­mare che spesso chi cede alla gola, diven­ta debole in fatto di purezza.

Dall'ubriachezza hanno origine le be­stemmie, le parole indecenti, le percosse, i ferimenti e gli omicidi.



TEMPERANZA

Chiamasi temperanza la virtù che mo­dera e frena i sensi del corpo, specialmen­te la gola.

La temperanza è di grande utilità al­l'anima ed al corpo. I medici la raccoman­dano. Noi però dobbiamo praticare que­sta virtù in vista della nostra salvezza eterna.

Parte integrale della temperanza è la mortificazione cristiana, tanto inculcata da Gesù Cristo e dalla Santa Chiesa.



L'esempio di Gesù.

Gesù Cristo è perfetto Dio e perfetto uomo. Come tale, aveva un corpo simile al nostro, soggetto cioè al bisogno della nutrizione. Egli però era molto frugale. Durante le peregrinazioni della sua vita pubblica, veniva alimentato dalla carità di pie persone; qualche volta si conten­tava di nutrirsi con alcune spighe di grano raccolto nei campi.

Gesù volle dare inoltre un grande esempio di penitenza corporale, restan­do digiuno per quaranta giorni e quaran­ta notti. In tutto questo tempo non prese ne cibo ne bevanda; alla fine ebbe fame, tanto che il demonio colse l'occasione per tentarlo. - Se sei Figlio di Dio, gli disse, fa' che queste pietre diventino pane.

Gli rispose Gesù: Non di solo pane vive l'uomo, ma di ogni parola che pro­cede dalla bocca di Dio. -

L'esempio dei Santi.

Persuasi i Santi della necessità di se­guire le orme di Gesù, erano molto li­mitati nel cibo e per lo più si contenta­vano dello stretto necessario.

Sappiamo di alcuni Santi che s'indu­striavano di rendere disgustosi i cibi e le bevande, mettendovi sostanze amare o nauseanti.

Gli eremiti vivevano nel deserto e si nutrivano di erbe, di qualche frutto e di un po' di acqua; con tutto ciò, sappiamo che buon numero di essi raggiunse un'età avanzata, anzi parecchi oltrepassarono i cento anni, come Sant'Antonio Abate e San Paolo, primo eremita.

Si sa di altri Santi che arrivarono a tale grado di mortificazione della gola, da su­perare la naturale ripugnanza assumendo cibi disgustosi. Un esempio lo troviamo nella vita di San Giovanni Bosco.

Questo Santo lavorava molto e man­giava poco, tanto da recare meraviglia ai commensali.

Una sera, dopo una giornata fatico­sissima, rincasò ad ora tarda; nell'Ora­torio tutti erano a riposo. Per non mo­lestare alcuno, entrò in cucina, speran­do trovare qualche boccone, fosse anche freddo. Scorse in un cantuccio un pentolino, con qualche cosa dentro. Si cibò di quella sostanza. L'indomani mattina la madre sua cercava la colla e non poteva darsi pace avendo trovato il pentolino vuoto. - Non datevi pensiero, disse tran­quillamente Don Bosco; mi servì di cena ieri sera. - Ma come potesti mangiare quella roba? - Eh, madre mia, l'appe­tito condisce ogni cosa! E poi non ci si vedeva bene in cucina; del resto il fatto è fatto. -

L'esempio dei Santi è un forte rim­provero a quelli che trattano troppo de­licatamente la gola.

Quanto tempo s'impiega nella prepa­razione di cibi prelibati! Quanto dena­ro si spreca in dolciumi ed in bibite non necessarie, e forse anche dannose!

Quanti lamenti, se un cibo non in­contra il proprio gusto! ...

Coloro che assecondano il vizio della gola, invertono l'ordine voluto da Dio, cioè non mangiano per vivere, ma vivo­no per mangiare. Il loro Dio è lo sto­maco; ad esso rivolgono le cure principali della giornata; imitano in qualche modo le bestie, le quali non hanno al­tra preoccupazione.



La pratica della Chiesa.

Data l'importanza della mortificazione della gola, la Santa Chiesa prescrive delle penitenze.

È bene conoscere le norme per l'a­dempimento del precetto ecclesiastico. La Santa Chiesa prescrive che al ve­nerdì non si mangi la carne, per un sen­so di gratitudine e di rispetto verso Gesù Cristo, che in detto giorno morì in Croce. Il venerdì non si mangia la carne (o il sanguinaccio o le interiora degli ani­mali a sangue caldo). Però si può sup­plire in questo giorno con qualche altra opera buona.

In Quaresima non si mangia la carne in tutti i venerdì e nel giorno delle Ce­neri, cioè, l'indomani di carnevale, che è primo giorno di Quaresima.

Sino ai quattordici anni compiuti non si è tenuti ad osservare questa legge ec­clesiastica. Dopo i quattordici anni que­sto Precetto non ha limite di età.

Sono esenti gli ammalati e quelli che hanno qualche grave motivo. Ma in que­sto caso si può soltanto consigliare di fare qualche altra opera buona.

Il digiuno è prescritto due volte l'an­no: il giorno delle Ceneri ed il Venerdì Santo.

È tenuto al digiuno chi ha compiuti i ventuno anni di età, sino ai cinquanta­nove anni compiuti. Ne sono dispensati gli ammalati, chi è troppo debole e chi fa lavori molto faticosi. A costoro si può soltanto consigliare di fare qualche altra opera buona.

Può digiunarsi così: a colazione è per­messo, a chi ne sentisse il bisogno, un leggerissimo cibo. Il caffè non rompe il digiuno. A pranzo, che può iniziare alle ore undici, è permesso tutto, in quantità ed in qualità, tranne la carne. La cena sia molto moderata. Si può invertire il pranzo con la cena.



La mortificazione della gola.

La mortificazione della gola non so­lo fa evitare l'eccesso del mangiare e del bere, ma anche priva la gola di qualche piacere lecito. Ecco un piccolo elenco di mortificazioni, che potrà essere utile alle anime di buona volontà.

1) Sentendo la sete, non bere subito, ma aspettare alquanto; oppure bere in quantità minore di quanto si vorrebbe, cioè senza saziarsi.

2) Fuori dei pasti ordinari, non pren­dere alcun cibo o bevanda, tranne il caso di vera necessità o di convenienza sociale.

3) Avendo desiderio di mangiare un frutto, una caramella oppure qualche dol­ce, rimandare ad altro orario; meglio an­cora se ci si priva del tutto e se ne fa dono a un bambino o ad un poverello.

4) Tenere in bocca qualche sostanza amara o disgustosa, unicamente per con­trariare il gusto.

5) Privarsi dello zucchero nel pren­dere il caffè oppure il latte.

6) Stando à tavola, mangiare e bere senza avidità, anzi scegliere le porzioni meno appetitose.

7) Non lamentarsi se i cibi sono in poca quantità o se sono mal preparati.

8) Non parlare dei cibi che piaccio­no di più e non brigare per averli.

9) Dare ai poverelli il denaro che si vorrebbe destinare ai gelati, alle bibite o ai dolciumi.

10) Prendere le medicine senza lamen­tarsi e senza lasciare trasparire la natu­rale ripugnanza.

Chi si esercita nelle piccole mortifi­cazioni di gola, arreca grande bene al­l'anima sua.

Ecco l'utilità di queste mortificazioni: Si acquista il dominio di se stessi, per cui con facilità si possono tenere a freno gli altri sensi del corpo; si scontano i peccati commessi col corpo; si acquista un grado di gloria maggiore per il Paradiso; nel­l'anima scende di continuo la rugiada della grazia divina, per cui si è sempre più disposti ad operare il bene; più che tutto si dà piacere a Dio, perchè gli si offrono dei sacrifici.



Venerdì e sabato.

Alle persone pie sono tanto cari i ve­nerdì ed i sabati, perchè tali giorni sono dedicati al Sacro Cuore di Gesù ed a Maria Santissima.

Ovunque si va diffondendo la pratica dei fioretti spirituali al venerdì ed al sa­bato, fioretti che consistono nel fare qual­che opera buona particolare o nell'impor­si qualche sacrificio volontario.

Vorrei suggerire, a proposito di gola, qualche mortificazione da farsi in detti giorni. Un fioretto potrebbe essere: Non mangiare nel venerdì e nel sabato frut­ta fresca oppure dolci; ovvero non bere fuori dell'orario dei pasti.

Ho trovato tanto bello il fioretto di un'anima di mia conoscenza, la quale il venerdì prepara il pranzo ed invita un povero a consumare il pasto bene ap­parecchiato; essa non solo serve il pove­ro, ma per mortificazione di gola si li­mita a mangiare soltanto pane con scar­so companatico.

Non tutti sono nella possibilità di fare ciò; ma chi potesse e volesse farlo, quanta gloria darebbe a Dio e quanto merito acquisterebbe!



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