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Chi è il PAPA? (magisteriale lezione catechetica dottrinale)

Ultimo Aggiornamento: 03/09/2009 20:06
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03/09/2009 19:56

L'«INFALLIBILE»

Il Papa è il maestro universale della Fede e della Morale; è il maestro che insegna a tutti gli uomini a credere secondo verità e a operare rettamente per raggiunge­re il Regno dei cieli.

Ma il Papa è un maestro di verità unico al mondo, veramente eccezionale, perché è un maestro che non può mai sbagliare nel suo insegnamento di fede e di morale al Popolo di Dio: è un maestro, cioè, «infalli­bile».

Il Catechismo della Chiesa Cattolica insegna che il romano Pontefice, il Papa, è infallibile «quando, quale supremo pastore e dottore di tutti i fedeli, che conferma nel­la fede tutti i suoi fratelli, proclama con un atto definitivo una dottrina riguardante la fede o la morale» (n. 891) o «quando, pur senza arrivare ad una decisione infallibile e senza pronunziarsi in `maniera definitiva', propone, nell'esercizio del Magistero ordi­nario, un insegnamento che porta ad una migliore intelligenza della Rivelazione in materia di fede e di costumi» (n. 892).



Il Concilio Vaticano

Ci fu un Concilio Ecumenico che definì l'infallibilità del Romano Pontefice. Fu il Concilio Ecumenico Vaticano I, indetto dal Papa Pio IX, il Papa dell'Immacolata, che ebbe il Pontificato lungo ben 32 anni.

Il 18 luglio 1870, presenti 533 vescovi venuti da ogni parte del mondo, nella basi­lica di San Pietro a Roma, venne definita e proclamata l'infallibilità pontificia, quale «dogma rivelato da Dio».

Quale grazia e quale dono fu questo dogma di fede per tutta la cristianità, per tutta l'umanità! La Chiesa intera con il Papa ha proclamato questa verità di fede che ci dona tanta certezza di verità, superiore a qualsiasi altra certezza o sicurezza che pos­sa venire da qualunque uomo sulla terra e neppure da tutti gli uomini insieme.

San Tommaso Moro, gran cancelliere del Regno, fu martire della fede cattolica in Inghilterra per non aver voluto aderire alla Chiesa nazionale anglicana di Enrico VIII. Quando venne portato in tribunale, dinanzi al Concilio della Chiesa nazionale, per esse­re condannato, egli pronunziò queste nobili parole: «Il grande Concilio d'Inghilterra è contro di me; ma io ho dalla mia parte il gran Concilio della Cristianità, dove Pietro è redivivo nel suo Successore».

Come insegnava San Giovanni Bosco, infatti, soltanto «dov'è il successore di San Pietro, là è la vera Chiesa di Gesù Cristo», perché «il Papa e la Chiesa - afferma S. Francesco di Sales - sono una cosa sola».



Infallibilità non è impeccabilità

Si fa confusione, a volte, tra infallibilità e impeccabilità, che sono due cose ben diverse, anche se stanno ottimamente bene insieme.

L'impeccabilità, infatti, è immunità dal peccato, sia pur minimo, ed è stata prerogativa solo di Gesù Cristo e di Maria sua Madre. Nessun Papa, come nessun Santo, ha avuto mai l'impeccabilità, ossia l'immu­nità da qualsiasi peccato.

L'infallibilità pontificia, invece, è immunità dall'errore in materia di fede e di morale, e riguarda l'insegnamento che il romano Pontefice rivolge al Popolo di Dio per guidarlo sulla via della salvezza eterna. Lo Spirito Santo assiste personalmente il Papa in questo compito e lo rende fedele custode del deposito della Fede e della Morale. Per questo egli non può errare nel guidare i fedeli sulla via sicura della salvez­za e della santificazione, nonostante le insi­die e le trame delle forze del male.

Si può anche dire, e meglio, con il Catechismo della Chiesa Cattolica, che l'infallibilità «si estende anche a tutti gli elementi di dottrina, ivi compresa la morale, senza i quali le verità salvifiche della fede non possono essere custodite, esposte o osservate» (n. 2035).

Ma l'infallibilità del Papa come Pasto­re universale non esclude che egli possa errare come persona privata, così come, e ancor più, non esclude la debolezza nei comportamenti personali. Basti pensare proprio a San Pietro, il quale arrivò a «rin­negare per tre volte», e pubblicamente, il suo divin Maestro, nelle ore buie della Pas­sione e Morte (cf Lc 22, 55-62).

Fu lo stesso Gesù, del resto, a presenta­re a San Pietro il dono dell'infallibilità pro­prio in un contesto di debolezza e di fragi­lità: «Simone, Simone, ecco satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, confer­ma i tuoi fratelli» (Lc 22, 31).

L'infallibilità, quindi, è dono dell'intel­letto, a differenza dell'impeccabilità, che è dono della volontà. Perciò, anche se un Papa agisse male nei suoi comportamenti personali, resterebbe sempre intatta e salda la sua infallibilità nell'insegnare agli uomi­ni la verità secondo la pura Fede e la retta Morale cristiana.

Il dotto Padre Ventura così conferma questa verità: «La storia ci attesta che... anche in quei secoli in cui i costumi di alcu­ni Pontefici non furono santissimi, le loro decisioni dommatiche però furono infallibi­li...; le passioni che alcune volte circondaro­no le cattedre eterne, non poterono però mai oscurarne la verità...»

Inoltre, a differenza della Chiesa, che è anch'essa infallibile - ma soltanto se è in comunione con l'insegnamento del Papa -, il romano Pontefice è infallibile anche da solo, senza il consenso della Chiesa, e magari contro il parere della Chiesa. È lui solo, dunque, la vera «Pietra» della verità in tutto ciò che riguarda la Fede e la Morale. Diceva bene, quindi, quel grande difensore dell'infallibilità pontificia che fu S. Alfonso de' Liguori: «Dopo Dio, non abbiamo che il Papa».



Fermezza contro l'errore

Per il dono dell'infallibilità personale, il romano Pontefice, qualora volesse devia­re dalla retta fede e morale ne sarebbe impedito dall'assistenza speciale dello Spi­rito Santo. E in più occasioni, per resistere alla tentazione o al pericolo di cedimento, egli deve armarsi di fortezza anche intrepi­da ed eroica contro l'errore.

Ne abbiamo avuti esempi mirabili lun­go i due millenni di storia della Chiesa, dai primi tempi fino ai nostri giorni. Molte vol­te i Papi si sono trovati di fronte all'aut-aut, all'alternativa estrema: o negare una verità o perdere la vita, o affermare un errore o prendere la via dell'esilio, o concedere ciò che è male o essere imprigionato e perdere magari masse intere di popolo.

Contro l'antico Ario, ad esempio, che negava la divinità di Cristo, convincendo e tirando dalla sua parte un gran numero di vescovi della Chiesa d'oriente, il romano Pontefice rispose opponendosi risolutamen­te e fermamente, appoggiando il grande Padre della Chiesa, S. Atanasio, con S. Eusebio, invitti campioni antiariani.

Contro Dioscoro ed Eutiche che nega­vano l'esistenza dell'umanità reale in Cri­sto, il Papa S. Leone Magno inviò al Conci­lio IV di Calcedonia una lettera di aperta condanna dell'eresia. Allora si disse in Con­cilio: «Pietro ha parlato per bocca di Leo­ne!», e un grido eruppe dal petto dei Padri conciliari: Questa è la fede degli Apostoli. Questa noi crediamo fermamente!».

Nelle controversie contro i Pelagiani che negavano la realtà della grazia e della reden­zione dell'uomo, S. Agostino si batteva da gran maestro nel presentare le verità di fede secondo l'insegnamento della Tradizione e gli approfondimenti della speculazione teologica più alta. Ma era sempre in attesa della senten­za che doveva arrivare da Roma, dal Pontefi­ce romano, Zosimo. Quando difatti arrivò la sentenza del Papa, S. Agostino coniò la famo­sa espressione: «Roma ha parlato, la causa è finita» (Roma locuta est, causa finita est).



Perdite di popoli interi

La difesa della verità a volte è costata davvero grosse perdite che hanno lacerato la Chiesa, mettendo i fratelli contro i fratelli. Ma non si può transigere sulla verità, perché la verità è vita, l'errore è morte. La storia della Chiesa attesta con vigore questa dife­sa della verità, da parte dei romani Pontefi­ci, anche a costo di sofferenze incalcolabili.

Contro Fozio e Cerulario, ad esempio, che da Costantinopoli chiedevano al Papa di abolire una sola parola del Credo («filio­que») per poter andare d'accordo e salvare l'unità fra Oriente e Occidente, la risposta del romano Pontefice fu sempre ferma e inflessibile: la verità non si tocca neppure per un punto.

Contro Enrico VIII, che minacciava di staccare l'Inghilterra da Roma, se non gli veniva concesso il divorzio, i Papi Clemen­te VII e Paolo III furono irremovibili nel ribadire l'insegnamento di Cristo: «L'uomo non separi ciò che Dio ha unito» (Mt 19,6), perdendo di fatto gran parte del popolo inglese.

Contro Lutero, deciso a spaccare l'Eu­ropa per far valere le sue dottrine ereticali, la risposta del Papa fu sempre ferma e deci­sa, anche se ripetuta con l'angoscia più profonda del cuore per la perdita di interi popoli e nazioni cristiane.

Anche ai nostri tempi, contro i tentativi di coinvolgere la Chiesa nelle lubriche vie della contraccezione praticata ormai ovun­que sul pianeta terra, ecco alzarsi le voci accorate e ferme dei romani Pontefici Paolo VI con l'Enciclica Humance vitcu e del Papa Giovanni Paolo II con l'Enciclica Familia­ris consortio.

Lo stesso si dica dei problemi ango­sciosi dell'aborto, dell'eutanasia, dell'ingeg­neria genetica con le nascite in provetta: la voce più sollecita e potente, la voce più alta e paterna viene ancora dal romano Pontefi­ce, dal Papa, unico difensore della vita con­tro tutte le violenze e sopraffazioni, le oppressioni e manipolazioni di morte.

È proprio vero ciò che affermava San Pierdamiani quando scriveva che «la Sede Apostolica è quella che riforma tutto ciò che è erroneo e malvagio».



Infallibilità per l'unità

L'unità dell'insegnamento sostiene l'u­nità della Fede. Un insegnamento infallibi­le, poi, garantisce al massimo l'unità della fede tra i credenti e non può ammettere divi­sioni dal momento che elimina ogni possi­bile questione secondo le opinioni personali. Con l'insegnamento infallibile, in effetti, ci si ritrova tutti uniti intorno alla «verità che fa liberi» (Gv 8,32) e fa crescere nella «carità» (cf 1 Ts 3,12).

Per convincersi subito di ciò, basta dare un'occhiata rapida al Protestantesimo, fran­tumato in più di quattrocento gruppi (o set­te), molto spesso contrapposti. È difficile fare un conto esatto. La contraddizione sta soprattutto nel fatto che i protestanti, pur sostenendo che la Bibbia è infallibile, ammettono poi il libero esame, ossia la libe­ra ispirazione e interpretazione della Sacra Scrittura; e siccome non c'è nessuno fra di loro che sia infallibile - essi negano l'infal­libilità pontificia - bisognerà ammettere che tutti ... hanno ragione. Di qui le centinaia e forse migliaia di chiese protestanti piccole o grandi, con una vera babele di verità di fede, quanti sono i singoli magisteri personali o di gruppo...

Senza la presenza del Papa, interprete infallibile della Parola di Dio, noi ci trove­remmo sempre nella totale incertezza riguardo alla verità del Vangelo, riguardo al vero contenuto del messaggio di Cristo, riguardo alla via stessa della salvezza. Vie­ne da chiedersi: poteva mai il Signore Gesù lasciarci in questo stato di confusione babe­lica?

Ascoltare il Papa, quindi, essere in comunione con il Papa: significa trovarsi in comunione con lo Spirito Santo, anima del­la Chiesa, che lo ispira e lo assiste nel discernimento della verità dall'errore. «Io sono unito alla cattedra di Pietro; - scrive­va S. Girolamo - se qualcuno è unito alla Cattedra di Pietro, noi siamo fratelli».

Oggetto dell'infallibilità del Papa, in­fatti, sono anche l'interpretazione del vero senso della Sacra Scrittura e della Tradizio­ne, la condanna degli errori contrari alla fede e ai costumi, le canonizzazioni dei Santi, le approvazioni delle Regole per la vita consacrata.

È bene precisare, inoltre, che il Papa esercita il suo magistero infallibile in due modi:

1) con il magistero solenne, attraverso le bolle dommatiche con cui si definisce la verità rivelata (ad esempio, la Bolla Ineffa­bilis Deus per definire l'Immacolata Concezione, e la Bolla Munificentissimus Deus per definire l'Assunzione di Maria in anima e corpo al Cielo);

2) con il magistero ordinario universa­le, attraverso Encicliche, Esortazioni apo­stoliche, Lettere, Discorsi e ogni altra forma di comunicazione con cui trasmettere il patrimonio di fede della Chiesa.

Possiamo anche noi ripetere con S. Girolamo, che per il dono dell'infallibilità «la Chiesa Romana è inaccessibile all'ere­sia». Con il Papa, vero Maestro universale, primo e sommo teologo, noi camminiamo sicuri verso l'eternità, ricordando bene quanto l'Alighieri ha scritto nei suoi mirabi­li versi: «Avete il nuovo e '1 vecchio testamento e '1 Pastor de la Chiesa che vi guida: questo vi basti a vostro salvamento» (Par, 5,76).



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