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Le "Lampade Viventi" (gruppi e singoli per non lasciare solo Gesù in Chiesa)

Ultimo Aggiornamento: 03/09/2009 23:04
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03/09/2009 22:27

LUCI E SCINTILLE



Dal discorso radiofonico tenuto il 25 novembre 1933 su: Le Lampade viventi, dal P. Petazzi, ho estrat­to questi pensieri, che fanno ben conoscere la bella istituzione.



Lampada e lampade.

Secondo un antico uso liturgico, osservato ancora in molti luoghi, qualche momento pri­ma della Consacrazione si accende una can­dela, che non si spegne se non dopo la Co­munione. Questa fiammella sensibile, non me­no di quella che arde continuamente dinanzi al Tabernacolo, in cui se ne sta Gesù Sacramentato, è un simbolo bellissimo di altre fiam­me, che devono ardere incessantemente pres­so il nostro Divino Re, realmente presente sui nostri altari.

In verità dobbiamo confessare che l'Ospite divino sembra contentarsi di ben piccola cosa per esprimere il Mistero della sua reale pre­senza tra noi. La fiammella timida e tremo­lante di una piccola lampada annunzia che lì vicino, in quel Tabernacolo, arde la grande fiamma di una vita divina. Adorato Signore! come ti contenti di poco per annunziare la tua presenza! non così fanno i grandi della terra! Tu ti riveli davvero qual Re d'amore.

Ma noi vorremo affidare solo a quella pic­cola lampada il rappresentarci davanti a Lui? Gesù nel suo amore immenso per noi ha vo­luto lasciare di se stesso un ricordo non già freddo ed inanimato, ma vivo e vitale, quale soltanto l'amore divino poteva ideare ed ese­guire. Dunque è giusto, è necessario che noi abbiamo a ricordarci di Lui, vivendo realmen­te dinanzi a Lui, trasformando i nostri cuori stessi in altrettante Lampade che ardano alla sua presenza.

Convenienza del Turno di adorazione.

Sarebbe certo desiderabile che in ogni ora del giorno e della notte vi fossero anime ado­ranti presso l'altare; ma non essendo ciò pos­sibile, almeno comunemente, si vuole che in ogni ora del giorno, sempre vi siano in un banco apposito convenientemente addobbato, persone adoratrici.

La convenienza di questo Turno di adora­zione è manifesta a chiunque viva di fede. Quando un re od un altro illustre personaggio visita una città si organizza un gruppo eletto di persone che rappresentino tutto il popolo per rendergli omaggio. Or siccome il Re di­vino, il Sovrano del cielo e della terra, si degna rimanere in mezzo a noi, non sarà giusto che si abbia a fare una eletta rappresentanza di tutto il popolo per rendergli onore e per chiedergli quelle grazie di cui abbiamo inces­sante bisogno?

In rappresentanza di tutto il popolo.

E' questo il concetto ispiratore delle Lam­pade viventi: sono anime che non fanno solo l'adorazione per conto proprio, per privata de­vozione, per presentare a Gesù i propri parti­colari bisogni; ma sono una rappresentanza volontaria e nobilissima di tutto il popolo cri­stiano. Sono, per conseguenza, una protesta magnifica di fede, di. adorazione e di amore al Divin Sacramento: sono una eletta Guardia di onore al Re del cielo, che si è degnato di fissare le sue tende su questa terra dove si soffre, si combatte, si muore. Sono Angeli vi­sibili che vogliono gareggiare con gli invisi­bili nell'elevare a Lui i cantici più melodiosi, quelli del cuore.

Chiedono grazie per tutti.

Queste anime adoratrici presentano a Gesù, tanti e tanti cuori, perchè li arricchisca dei suoi doni celesti.

Sono cuori di poveri ciechi, che non sanno rivolgere a Lui il grido possente: Domine, ut videam! Signore, fate che io veda!

Sono cuori di tanti ammalati che non sanno credere al suo potere taumaturgo per risanar­li, non sanno rivolgergli il gemito amoroso delle sorelle di Lazzaro: Ecce quem amas in­firmatur! Colui che Tu ami è infermo!

Sono cuori di anime agitate dalle piú furi­bonde tempeste dello spirito e non sanno de­starlo dall'apparente suo sonno, non sanno chia­marlo: Domine, salva nos! perimus! Signore, salvateci, perchè periamo!

Sono cuori di bimbi innocenti, esposti a mil­le pericoli per l'incuria delle stesse loro ma­dri; cuori di giovani che l'ala nera di Satana sta per travolgere nella cupa voragine della corruzione; cuori di persone che proprio allo­ra stanno per varcare le soglie dell'eternità, per le quali, propria allora, sta per pronunziarsi la tremenda, inappellabile sentenza!

Sono cuori di Ministri di Dio, di Religiosi, di Religiose, che hanno bisogno di luce e di forza celeste per poter compiere la loro angelica missione di pace, di conforto, di vita in tante anime!

Sono i cuori di Missionari, che attraverso mille stenti e dolori, spesso improntando di san­gue i loro sentieri, stanno per annunciare il Vangelo di Cristo e quei poveri popoli che ancora giacciono nelle tenebre del pagane­simo!

Mio Dio, come sono vasti gli interessi che queste anime adoranti presentano al Dio del­l' Eucarestia! Ma questa stessa vastità, lungi dal diminuire l'intensità della supplica e la speranza di essere esauditi, le moltiplica a mille doppi, sia perchè nulla è così potente a muovere il Cuore di Gesù a concederci le sue grazie, quanto il presentargli domande chè siano degne di un Re e Re divino, sia perchè il dilatare del nostro cuore fuori delle strette cerchie dei nostri interessi, siano pure spirituali, il far nostri i bisogni altrui, l'unione di molti in una sola preghiera è il mezzo infallibile per ottenere ogni grazia.

Parlano di Gesù a molti cuori.

Queste anime adoratrici e riparatrici, men­tre parlano a Gesù di tanti cuori, hanno un meraviglioso potere per parlare di Gesù a mol­ti e molti cuori.

Sì: quel banco di adorazione è un pulpito, dove con eloquenza meravigliosa si fa 1' apo­logia del Sacramento d'amore, si annunziano e rivendicano i diritti che ha Gesù al nostro culto sovrano.

Ah, confessiamolo: quante volte il deserto e la desolazione delle nostre chiese, il mondo indegno con cui si tratta il divino Ospite dei nostri altari è stato un argomento agli incre­duli, agli eretici, per rinfacciarci: - Come! voi cattolici dite di credere che lì, su quell'al­tare, vi è il Re del cielo e della terra, il Giu­dice del mondo, Colui, nelle cui mani sono le nostre sorti presenti ed eterne; e Lo la­sciate così solo tutto il giorno? No, voi stes­so non vi credete! Se voi Lo vedeste coi vo­stri occhi materiali, certo non agireste così! Ah, dunque, no! voi non vi credete!

Questo rimprovero non può non deve farsi mai più; e le Lampade viventi si impegnano a distruggerlo con la potenza di una risposta viva, calda, palpitante di fede, e di amore: ri­sposta invincibile.

Ardono d'amore per l'Ospite divino.

Se nobilissimo è l'ufficio delle Lampade vi­venti, in quanto attestano la presenza del di­vino Re d'amore, gli presentano gli omaggi dovuti e le suppliche devote in nome di tutto il popolo, molto più prezioso e stupendo è il loro ufficio in quanto gli parlano d'amore: an­zi questo è soprattutto il loro ufficio, questa la loro missione.

Le Lampade viventi con la loro vivida fiam­ma riconoscono Gesù l'Amico divino e gli ripetono incessantemente quella parola che è sempre nuova, sempre bella, sempre cara, anche se ripetuta milioni di volte: Io ti amo!

Io ti amo! perchè credo a quell'amore infi­nito che ti ha spinto a rimanere con noi fino alla consumazione dei secoli, per assistere i tuoi cari, per rinnovare per ciascuno di essi il tuo Sacrificio, per comunicar loro la tua vi­ta divina.

Io ti amo! perchè so che il tuo Cuore vibra di tenerezza verso tutte le povere anime uma­ne, ancorchè deboli, ingrate, peccatrici.

Io ti anno! perchè so che tanto tuo amore non è purtroppo riconosciuto dalla maggior par­te degli uomini, che non rispondono se non con l'indifferenza, col disprezzo, con gli insul­ti e le offese più atroci.

Ed ecco in che modo le Lampade viventi vengono assumendo l'ufficio nobilissimo di Ri­paratrici, di Consolatrici dell'Amore non ama­to.

Si moltiplicano sempre più.

La bellissima istituzione delle Lampade vi­venti è difficile ad attuarsi? Le difficoltà cer­to non mancano; ma qui fanno a proposito le parole dell'angelico cantore dell'Eucaristia, San Tommaso d'Aquino: Quantum potes, tantum aude! Quando si tratta di glorificare questo grande Mistero, ogni audacia è legittima e santa. I santi ce ne danno esempio mirabi­le...

Dirò di più: le anime più semplici intuisco­no subito la bellezza di questa istituzione e vi si dedicano con tanto entusiasmo; non appe­na se ne parla, subito il popolo cristiano si sente scosso vorremo dire elettrizzato; e su­bito si vengono formando schiere di persone, che, anche a costo di gravi sacrifici organizza­no il turno di adorazione.

Consolatissima realtà: la candida luce di queste Lampade viventi viene ormai illumi­nando così le grandi cattedrali, come le umili chiesuole dei villaggi; e quanto è commoven­te vedere le povere contadine indossare gli abiti da festa o adornarsi di candidi veli, per fare più degnamente la corte al Re d'amore! come è bello vedere bimbe biancovestite che spontaneamente si uniscono alle altre adora­trici, per fare anch'esse il loro piccolo turno! Questo spettacolo deve certamente intenerire il celeste Amico dei pargoli.

E brillano queste Lampade sacre e viventi da Venezia a Catanzaro, da Trieste a Roma, da Firenze ad Ancona, da Verona a Macerata, da Bologna a Bari, da Ravenna a Rimini, per tutta la Romagna, per tutta l'Italia.

Brillano queste fiamme d'amore con la so­lenne approvazione di Colui che S. Ambrogio chiama Sommo Vicario dell'amore di Cristo, il Santo Padre, che ne benedisse l'erezione nel­la stessa Città del Vaticano.

Sì, nella parrocchia di quella città, - e proprio in quel luogo, dove la crudeltà di Ne­rone aveva eretto quali faci notturne i corpi stessi dei Martiri, ardenti sopra pali spalmati di pece, - altre faci, faci eucaristiche, ardo­no ad attestare che la grande fiamma dell'amo­re di Cristo che si era accesa nel cuore dei Martiri, non si é estinta oggi nei cuori!



L'ADORAZIONE

E il Verbo si è fatto carne e abitò fra noi... Egli è là, nel sacro Tabernacolo: che fa Egli, il buon Gesù, nel Sacramento del suo amo­re?... Ha voluto prendersi un cuore per a­marci; e da questo suo cuore sgorga tanto di tenerezza e di misericordia da annegare i pec­cati del mondo. Egli è là siccome in cielo... Oh! che bella cosa... Se l'uomo conoscesse bene questo mistero, ne avrebbe a morire di amore... Oh Gesù, conoscervi.. ed amarvi... E può darsi che v'abbiano cuori sì duri da non amarvi, vedendosi tanto amati? Può dar­si che v'abbiano anime sì disgraziate da mo­rire senza aver gustata la felicità che abbia­mo su questa terra?... Essere amato da Dio, essere unito a Dio... Vivere nella presenza di Dio, vivere per Dio?.. Che bella, che cara vi­ta... Com'è bello il destino dell'uomo... Vede­re Dio, amarlo, benedirlo, contemplarlo su que­sta terra e nell'eternità. (Santo Curato d’Ars)

Certamente, fra tutte le devozioni, questa di adorare Gesù Cristo Sacramentato è la prima, dopo i Sacramenti, la più cara a Dio e la più utile a noi.

Fatene l'esperienza e vedrete il gran pro­fitto che ne ricaverete. Sappiate che il tempo che spenderete a trattenervi con devozione da­vanti a questo divinissimo Sacramento sarà il tempo che meglio vi profitterà in vita e vi consolerà nella vostra morte e nell'eternità. E sappiate che forse guadagnerete di più in un quarto d'ora di adorazione alla presenza del Sacramento, che in tutti gli altri esercizi spi­rituali del giorno. (S. Alfonso de’ Liguori)

Ai piedi del Tabernacolo, alla mite luce del­la vigile lampada, l'uomo può ad ogni ora in­ginocchiarsi in intima conversazione col suo Creatore, rivelargli tutti i fremiti del proprio cuore, tutti i sentimenti di gioia e di mestizia che gli riempiono l'anima; prostrarsi per a­dorarlo, per consacrarsi a Lui, per invocare sui duri travagli del corpo e del pensiero le dolci benedizioni di quel Pontefice, che sa sì ben compatire a tutte le nostre infermità.

Aprendo allora il tesoro delle sue grazie, l'a­dorato Maestro si compiace spargerne l'abbon­danza nei cuori che veramente lo amano: e li rafforza contro le tentazioni, e li stacca dalla terra, e loro insegna a non più desiderare che il cielo: li illumina, li consola, li calma, e ver­sa in loro una unzione divina sconosciuta, la cui dolcezza sorpassa ogni espressione ed ogni sen­timento. (Monnin: Vita del S. Curato d'Ars).

Imperfetta sarebbe l'adorazione se, tendendo all'onore di Dio, non procurasse insieme la santificazione dell'anima.

L'adorazione ricerca l'onore di Dio nella fe­de, nell'amore, nella lode dello spirito, del cuo­re, della volontà. Ma Iddio ha ben maggiori diritti, ond'è che tutta la vita, la vita pratica deve lodarlo col concerto di tutte le virtù, at­testante esteriormente per mezzo delle opere. La lode di Dio, perfetta, consiste nella rassomi­glianza nella santità con Lui; essa inizia nella convinzione, nel desiderio, nella risoluzione, e deve terminarsi nelle opere! Così doppio è lo scopo dell'adorazione: onorare Dio colla lode delle facoltà interiori; poscia santificare l'uomo, onde porlo in stato di dare a Dio la lode delle virtù e delle opere. (P. Tessiére: Manuale d’adorazione del San­tissimo Sacramento).



DIRETTORIO PRATICO PER L’ADORAZIONE (Del Beato Eymard)

Il santo Sacrificio della Messa è la piú gran­de preghiera: Gesù, Cristo vi si offre al suo Padre - lo adora, lo ringrazia gli fa ammen­da onorevole e lo supplica in favore di tutti gli uomini suoi fratelli.

Gesù mediante il perpetuo suo stato di vit­tima nell'Eucaristia continua senza posa que­sta augusta preghiera. Uniamoci dunque alla preghiera di nostro Signore, com'esso preghia­mo secondo i quattro fini del Sacrifzio. Que­sta preghiera riassume tutta la religione.

I. - Adorazione

Facendo eco al cantico di lode di tutte le creature esclamiamo: « A Lui che siede sul trono, e all'Agnello, benedizione e onore, e gloria e potestà pei secoli dei secoli » (Apoc. VI; 13) e offriamo l'omaggio totale della nostra persona.

Poi contempliamo la grandezza dell'amore di Gesù nell'istituire, moltiplicare e perpetuare l'Eu­caristia sino alla fine del mondo.

Ammiriamo la sua sapienza in questa inef­fabile invenzione, lodiamone la potenza che ha trionfato in tutti gli ostacoli, esaltiamone la bon­tà che ne ha profuse le grazie.

Sfoghiamoci in trasporti di amore e di alle­grezza nel vedere che ciascun di noi è il fine del Sacramento incomparabilmente più grande tra tutti. Gesù avrebbe fatto per me solo quel­lo che ha fatto per tutti: oh quale amore! Nell’'incapacità di adorare Gesù Sacramentato co­me lo merita invochiamo il soccorso del no­stro buon Angelo, fedele compagno della nostra vita. Come sarà lieto di fare con noi quag­giù quello che farà eternamente con noi nella gloria!

Uniamoci a tutte le adorazioni dei Santi sul­la terra, degli Angeli e dei Santi nel cielo e sopratutto alle adorazioni di Maria e di Giu­seppe quando soli possessori del Dio nascosto formavamo come tutta la sua famiglia così tut­ta la sua corte.

Adoriamo il Padre Celeste per mezzo del suo Figlio, oggetto di tutte le sue compiacenze, e la nostra adorazione si confonderà con quella stessa di Gesù.

II. - Rendimento di grazie

Il rendimento di grazie è l'atto di amore più dolce al cuor nostro, ed è l'omaggio alla infi­nita bontà di Dio. L'Eucaristia è il ringrazia­mento perfetto, come indica il nome, che ap­punto significa ringraziamento: Gesù vi rende grazie al suo Padre e vi è come il nostro perpetuo rendimento di grazie.

Ringraziamo lo Spirito Santo che continua a produrlo ogni giorno sull'altare pel ministero del sacerdote come già con l'immediata sua virtù nel seno verginale di Maria.

Ma il nostro ringraziamento salga al trono dell'Agnello, al Dio nascosto, come un grade­vole incenso, come la più bella armonia della nostra anima, come l'amore più puro e più tenero del nostro cuore.

Ringraziamo nell'umiltà del cuore come San­ta Elisabetta in presenza di Maria e del Ver­bo incarnato; ringraziamo con l'esultanza di Giovanni Battista che sente vicino il suo Si­gnore, con la gioia e la generosità di Zac­cheo che riceve la visita di Gesù nella sua casa; ringraziamo con la Santa Chiesa, con la corte celeste. E perchè il nostro ringraziamen­to possa essere continuo, anzi sempre crescen­te, consideriamo la bellezza, la bontà sempre eguale e sempre nuova del Dio dell' Eucari­stia che senza posa si consuma e rinasce sul­l'altare per amore di noi; contempliamo il suo stato sacramentale, i sacrifici a cui dal Cena­colo in poi si è assoggettato per giungere sino a noi, le lotte che ha dovuto sostenere contro le esigenze della sua gloria per abbassarsi fin quasi all'annientamento, sacrificando la liber­tà, il suo Corpo, tutta la sua persona, e tutto questo senza limiti di tempo e di luogo ma abbandonandosi, senz'altra difesa che il pro­prio amore, e all'amore e all'odio dell'uomo.

Alla vista di tante prove della bontà del Di­vin Salvatore per tutti gli uomini e special­mente per noi che lo possediamo, ne godia­mo, che viviamo, apriamo il nostro cuore ed il ringraziamento che erompa come fiamma da un gran fuoco la quale avviluppi il trono eucari­stico, si unisca e si confonda con la fiamma raggiante e divorante del Cuor di Gesù. Que­ste due fiamme si sollevino sino al Cielo, sino al trono dell'Eterno Padre che ci ha dato il Figlio, nel quale riceviamo tutta la Trinità.

III. - Propiziazione

Al rendimento di grazie deve succedere la ammenda onorevole che è riparazione e pro­piziazione. Dalla gioia il nostro cuore deve passare alla tristezza, ai gemiti, al dolore più profondo nel considerare l'indifferenza, l'ingra­titudine, la empietà della maggior parte de­gli uomini contro Gesù in Sacramento.

Oh gl'ingrati! Non vogliono più amarlo per­chè è troppo amante, non vogliono più rice­verlo perchè è troppo buono, perchè si è fat­to troppo piccolo, troppo umile, non vogliono più vederlo e lo fuggono, scacciano la sua pre­senza e il suo ricordo che loro fanno impor­tune istanze.

Ve ne sono che per vendicarsi del suo amo­re troppo grande, l'oltraggiano e lo rinnegano giacchè non possono ignorarlo questo Padre sì buono, questo Padrone sì amabile. Chiudono gli occhi a questo sole di amore per non più vederlo.

Ecco, adoratori, il nostro grande compito: piangere appiè di Gesù disprezzato dai suoi, posto in croce in tanti cuori, abbandonato in tanti luoghi; consolare il Cuore di questo te­nero Padre, a cui il demonio ha rapito i figli. Prigioniero dell'Eucaristia più non può cor­rere dietro le pecorelle smarrite ed esposte al dente dei lupi. La nostra missione è di doman­dar perdono per i colpevoli, pagare il riscatto alla divina misericordia che ha bisogno di cuo­ri supplicanti, farci vittime di propiziazione in­sieme con Gesù, che più non può soffrire nel suo stato di gloriosa risurrezione, ma soffrirà in noi.

IV. - Supplicazione

Infine la Supplicazione o impetrazione deve coronare l'adorazione nostra.

Non tutti possono predicare Gesù Cristo con la parola o lavorare direttamente alla santifica­zione delle anime, ma tutti gli adoratori han­no la missione di Maria appiè di Gesù, che è la missione apostolica della preghiera eucari­stica, innanzi al trono della grazia e della mi­sericordia.

Pregare è dar gloria all'infinita bontà di Dio, mettere in azione la sua misericordia, ralle­grare, dilatare l'amor di Dio verso la sua crea­tura. E nella preghiera sono tutte le virtù per­chè tutte la preparano e la compongono. La fede crede, la speranza supplica, la carità do­manda per dare altrui, l'umiltà di cuore com­pone la preghiera, la perseveranza trionfa di Dio.

La preghiera eucaristica è fra tutte eccel­lente perchè va al cuore di Dio come un dar­do infuocato. L'ardore pregando per mezzo di Gesù Cristo lo mette sul suo trono d'inter­cessione presso il Padre come il divino avvoca­to dei fratelli redenti.

Ora quale sarà l'oggetto della preghiera? La domanda adveniat regnum tuum dev'essere il fondo e la regola della preghiera degli ado­ratori: Essi debbono pregare perchè la luce della dottrina di Gesù Cristo rischiari tutti gli uomini, perchè gl'infedeli, gli eretici, gli sci­smatici si convertano alla vera fede e per es­sa alla vera carità. Debbono domandare che, la santità di Gesù regni nei suoi fedeli, sacer­doti e religiosi, cosicchè Egli viva in essi per l'amore.

Sovratutto debbono pregare pel Sommo Pon­tefice secondo tutte le sue intenzioni, pel Ve­scovo della diocesi secondo tutti i desideri del suo zelo, per i sacerdoti del luogo affinchè Id­dio benedica alle loro fatiche apostoliche e li accenda di zelo per la sua gloria e di amore per la Chiesa e per le anime.

Gli adoratori non si ritirino dalla presenza del divin Maestro senza ringraziarlo della sua udienza di amore, gli domandino perdono del­le distrazioni e irriverenze, gli offrano in o­maggio di fedeltà un fiore di virtù da prati­carsi, un mazzetto di piccoli sacrifici, poi par­tano come dal Cenacolo, come l'Angelo dal trono di Dio per volare ad eseguirne gli ordini.



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