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I DIECI COMANDAMENTI

Ultimo Aggiornamento: 04/09/2009 16:28
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04/09/2009 16:25

IL NONO COMANDAMENTO

Non desiderare la casa del tuo prossimo. Non desiderare la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo, né la sua schiava, né il suo bue, né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo ( Es 20,17 ).

Chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore ( Mt 5,28 ).

 

 

2514 San Giovanni distingue tre tipi di smodato desiderio o concupiscenza: la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita [Cf 1Gv 2,16 ]. Secondo la tradizione catechistica cattolica, il nono comandamento proibisce la concupiscenza carnale; il decimo la concupiscenza dei beni altrui.

 

 

2515 La “concupiscenza”, nel senso etimologico, può designare ogni forma veemente di desiderio umano. La teologia cristiana ha dato a questa parola il significato specifico di moto dell'appetito sensibile che si oppone ai dettami della ragione umana. L'Apostolo san Paolo la identifica con l'opposizione della “carne” allo “spirito” [Cf Gal 5,16; Gal 5,17; 2515 Gal 5,24; Ef 2,3 ]. E' conseguenza della disobbedienza del primo peccato [Cf Gen 3,11 ]. Ingenera disordine nelle facoltà morali dell'uomo e, senza essere in se stessa un peccato, inclina l'uomo a commettere il peccato [Cf Concilio di Trento: Denz. -Schönm., 1515].

 

 

2516 Già nell'uomo, essendo un essere composto, spirito e corpo, esiste una certa tensione, si svolge una certa lotta di tendenze tra lo “spirito” e la “carne”. Ma essa di fatto appartiene all'eredità del peccato, ne è una conseguenza e, al tempo stesso, una conferma. Fa parte dell'esperienza quotidiana del combattimento spirituale:

 

Per l'Apostolo non si tratta di discriminare e di condannare il corpo, che con l'anima spirituale costituisce la natura dell'uomo e la sua soggettività personale; egli si occupa invece delle opere, o meglio delle stabili disposizioni - virtù e vizi - moralmente buone o cattive, che sono frutto di sottomissione (nel primo caso) oppure di resistenza (nel secondo) all' azione salvifica dello Spirito Santo. Perciò l'Apostolo scrive: “Se pertanto viviamo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito” ( Gal 5,25 ) [Giovanni Paolo II, Lett. enc. Dominum et Vivificantem, 55].

I. La purificazione del cuore

 

2517 Il cuore è la sede della personalità morale: “Dal cuore provengono i propositi malvagi, gli omicidi, gli adultèri, le prostituzioni” ( Mt 15,19 ). La lotta contro la concupiscenza carnale passa attraverso la purificazione del cuore e la pratica della temperanza:

 

Conservati nella semplicità, nell'innocenza, e sarai come i bambini, i quali non conoscono il male che devasta la vita degli uomini [Erma, Mandata pastoris, 2, 1].

 

2518 La sesta beatitudine proclama: “Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio” ( Mt 5,8 ). I “puri di cuore” sono coloro che hanno accordato la propria intelligenza e la propria volontà alle esigenze della santità di Dio, in tre ambiti soprattutto: la carità, [Cf 1Tm 4,3-9; 2Tm 2,22 ] la castità o rettitudine sessuale, [Cf 1Ts 4,7; Col 3,5; 2518 Ef 4,19 ] l'amore della verità e l'ortodossia della fede [Cf Tt 1,15; 1Tm 1,3-4; 2Tm 2,23-26 ]. C'è un legame tra la purezza del cuore, del corpo e della fede:

 

I fedeli devono credere gli articoli del Simbolo, “affinché credendo, obbediscano a Dio; obbedendo, vivano onestamente; vivendo onestamente, purifi chino il loro cuore, e purificando il loro cuore, comprendano quanto credono” [Sant'Agostino, De fide et symbolo, 10, 25: PL 40, 196].

 

 

2519 Ai “puri di cuore” è promesso che vedranno Dio faccia a faccia e che saranno simili a lui [Cf 1Cor 13,12; 1Gv 3,2 ]. La purezza del cuore è la condizione preliminare per la visione. Fin d'ora essa ci permette di vedere secondo Dio, di accogliere l'altro come un “prossimo”; ci consente di percepire il corpo umano, il nostro e quello del prossimo, come un tempio dello Spirito Santo, una manifestazione della bellezza divina.

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