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San Giustino, filosofo e martire

Ultimo Aggiornamento: 13/09/2009 08:11
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13/09/2009 08:04

APOLOGIA PRIMA

SAN GIUSTINO

Apologia prima

 

Indirizzo

 

 I. - 1. All'imperatore Tito Elio Adriano Antonino Pio Cesare Augusto e al figlio Verissimo filosofo, ed a Lucio, figlio del Cesare filosofo e, per adozione, del Pio, amante del sapere, al Sacro Senato ed a tutto il popolo romano.

 

2. Io, Giustino, di Prisco, figlio di Baccheio, nativi di Flavia Neapoli, città della Siria di Palestina, ho composto questo discorso e questa supplica, in difesa degli uomini di ogni stirpe ingiustamente odiati e perseguitati, io che sono uno di loro.

 

 II.- 1. La ragione suggerisce che quelli che sono davvero pii e filosofi onorino e amino solo il vero, evitando di seguire le opinioni degli antichi qualora siano false. Infatti la retta ragione suggerisce non solo di non seguire chi agisce o pensa in modo ingiusto, ma bisogna che in ogni modo e al di sopra della propria vita, colui che ama la verità, anche se è minacciato di morte, scelga sia di dire sia di fare il giusto.

 

 2. Voi dunque godete in ogni luogo la fama di essere pii e filosofi e custodi della giustizia e amanti della sapienza: se poi davvero anche lo siete, sarà dimostrato.

 

 3. Eccoci infatti dinanzi a voi non per adularvi attraverso questi scritti né per parlarvi in modo accattivante, ma per chiedervi di pronunciare il giudizio secondo il criterio di un attento e preciso esame, senza attenervi a pregiudizi né al desiderio di piacere a gente superstiziosa: ritorcereste la condanna contro di voi stessi, con un comportamento irragionevole e seguendo una cattiva fama ormai inveterata.

 

 4. Noi infatti siamo persuasi che non possiamo subire alcun male da alcuno, a meno che si provi che siamo operatori di malvagità o che si riconosca che siamo malvagi: voi potete sì ucciderci, ma non nuocerci.

 

 Esaminare le accuse

 

 III.- 1. Ma affinché nessuno pensi che queste siano parole senza senso e temerarie, riteniamo giusto che siano prese in esame le accuse mosse ai cristiani, e che, qualora esse si dimostrino rispondenti al vero, siano puniti come conviene punire i convinti colpevoli; se invece non si può provare nulla, la vera ragione non consente di trattare ingiustamente, a causa di una cattiva fama, uomini innocenti: o meglio, trattare ingiustamente voi stessi, che ritenete giusto intervenire (penalmente) secondo un impulso irrazionale anziché secondo un giudizio di discrezione.

 

 2. Chiunque sia saggio dimostrerà bella e giusta solo questa richiesta, che i sudditi rendano conto delle proprie azioni e delle proprie parole, come irreprensibili; e che, a loro volta, i governanti giudichino non secondo violenza o tirannicamente, ma seguendo pietà e sapienza. In tale modo sia i governanti sia i sudditi potrebbero godere della felicità.

 

 3. Disse in un passo anche uno degli antichi: "Se e governanti e sudditi non sono filosofi, non è possibile che le città siano felici.

 

 4. Nostro dovere, dunque, è di offrire a tutti la prova della nostra vita e delle nostre dottrine, affinché per colpa di coloro che vogliono ignorare quanto ci riguarda, proprio noi non paghiamo il fio di colpe che essi commettono per cecità; quanto a voi, è vostro dovere - secondo quanto richiede la ragione - dimostrarvi buoni giudici, ascoltandoci.

 

 5. Ingiustificabile sarà in seguito la vostra azione dinanzi a Dio se, dopo aver conosciuto i fatti, non agirete secondo giustizia.

 

 Non è accettabile la condanna del Solo "nome" cristiano

 

  IV. - 1. L'appellativo di un nome non si giudica né buono né cattivo, senza i fatti che sottostanno al nome stesso; del resto, per quanto attiene al nostro nome che ci viene contestato, noi siamo ottimi.

 

 2. Ma se, da una parte, non riteniamo giusto chiedere di essere assolti a causa del nome, qualora si dimostri che siamo colpevoli, così, d'altra parte, se non si trovano prove che commettiamo del male a causa del nome con cui siamo chiamati e di come viviamo, è vostro dovere adoperarvi per non dover pagare il fio alla giustizia per il fatto di punire ingiustamente coloro la cui colpevolezza non è provata.

 

 3. Infatti non sarebbe ragionevole che dal nome derivasse o lode o biasimo, se non si potesse dimostrare dalle opere la bontà o la malvagità di una cosa.

 

 4. Infatti non siete soliti condannare tutti coloro che sono accusati davanti a voi, prima che siano convinti di colpa. Invece, nei nostri confronti, usate il nome come prova, mentre, per quanto riguarda il nome, dovreste piuttosto punire i nostri accusatori.

 

 5. Infatti ci si accusa di essere cristiani: ma non è giusto odiare ciò che è buono.

 

 6. Viceversa: se uno degli accusati nega, a parole, affermando di non esserlo, voi lo lasciate andare libero, come se non aveste nulla di cui accusarlo come colpevole; se invece uno ammette di esserlo, voi lo punite per la sua ammissione. Bisogna invece esaminare la vita, sia di colui che confessa sia di colui che nega, affinché appaia chiaro, attraverso le opere, come ciascuno sia.

 

 7. Come, infatti, alcuni, appreso dal maestro Cristo a non negare, quando sono interrogati offrono buon esempio, allo stesso modo altri, vivendo male, offrono un'occasione a quelli che intendono accusare indiscriminatamente tutti i cristiani di empietà e di ingiustizia. 

 

8. Ma neppure questo è giusto! Infatti, si pongono l'etichetta ed assumono l'atteggiamento di filosofi certuni che non compiono nulla degno di tale professione. Sapete come con l'unica denominazione di filosofi siano chiamati, tra gli antichi, anche uomini che hanno professato ed insegnato teorie opposte.

 

9. Alcuni di costoro insegnarono l'ateismo, ed i poeti proclamano che Zeus è dissoluto, insieme ai suoi figli; eppure coloro che seguono gli insegnamenti di quelli non sono da voi imprigionati, anzi stabilite premi ed onori a chi, con belle parole, oltraggia questi dèi.

 

L'influsso dei demoni

 

 V. - 1. Che significato può dunque avere ciò? Per noi, che professiamo di non commettere alcun male né di seguire tali dottrine atee, voi non apprestate processi regolari, ma, spinti da irragionevole passione e dalla sfera dei demoni malvagi, ci condannate senza processo e senza riflessione.

 

2. Ma la verità sarà proclamata! Poiché anticamente cattivi demoni, facendo apparizione, violarono donne, corruppero fanciulli e mostrarono paurose visioni agli uomini, tanto che ne erano spaventati costoro, che non erano capaci di giudicare i fatti che capitavano con il lume della ragione, ma, preda della paura ed ignorando che quelli fossero demoni cattivi, li chiamavano dèi e ciascuno col nome che ciascun demone si assegnava.

 

3. Quando poi Socrate con discorso ispirato alla verità e alla critica cercava di porre in chiaro questi fenomeni, e di allontanare gli uomini dai demoni, questi demoni, per opera di uomini che si compiacciono del male, fecero sì che anche lui fosse ucciso come ateo ed empio.

 

Affermarono che voleva introdurre nuovi demoni: nello stesso modo operano nei nostri confronti.

 

4. Infatti non solo tra i Greci queste menzogne furono confutate dalla ragione attraverso Socrate, ma anche fra i barbari dal Logos in persona, che prese forma e divenne uomo e si chiamò Gesù Cristo: obbedendo a Lui noi diciamo che i demoni, i quali hanno operato in codesto modo, non solo non sono buoni, ma sono cattivi ed empi, poiché non compiono nemmeno azioni simili agli uomini amanti della virtù.

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