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San Giovanni Crisostomo

Ultimo Aggiornamento: 13/09/2009 08:03
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13/09/2009 07:58

XVIII. Non la verginità, ma il peccato riduce il genere umano

 

Che non la verginità, ma il peccato e gli accoppiamenti fuori luogo sono la causa dell'estinzione del genere umano, lo mostra l'annientamento degli uomini, delle bestie ed in una parola di tutti gli esseri che respiravano sulla terra verificatosi ai tempi di Noè. Se i figli di Dio avessero allora resistito a quell’innaturale desiderio ed onorato la verginità, se non avessero gettato degli sguardi peccaminosi sulle figlie degli uomini, tale calamità non li avrebbe colpiti. Non si creda che io intenda addossare sul matrimonio la colpa della loro rovina; non sto dicendo questo: dico che la rovina e la distruzione della nostra razza dipendono non dalla verginità, ma dal peccato.

 

 

 

XIX. Anticamente il matrimonio aveva due ragioni, ora ne ha una sola

 

1. Certo, il matrimonio fu concesso per la procreazione; ma ancora di più fu concesso per spegnere il fuoco della nostra natura. Lo testimonia Paolo, là dove dice "per evitare la fornicazione, ciascuno abbia la propria moglie": della procreazione non fa parola. Inoltre, egli non invita la coppia a restare unita perché procrei molti figli; per quale ragione allora raccomanda questo? "Perché Satana non vi tenti": sono le sue parole. Più avanti, non dice "si sposino se desiderano i figli" ma "si sposino, se non riescono a rimanere continenti". All’inizio, come ho detto, il matrimonio aveva queste due funzioni; successivamente invece, dopo che la terra, il mare e tutte le regioni abitabili furono popolate, rimase solo un motivo per contrarlo, l’eliminazione della sfrenatezza e della scostumatezza.

 

2. In effetti, coloro che anche adesso si rotolano in queste passioni, che desiderano vivere come i porci e corrompersi nei lupanari, vengono non poco aiutati dal matrimonio, che li allontana dall’impurità e dalla schiavitù e li conserva nella santità e nel decoro. Ma fino a quando dovrò continuare a combattere contro ombre? Anche voi che parlate così conoscete quanto me l’eccellenza della verginità: tutte le cose da voi dette non sono che delle scuse e dei pretesti che mirano a velare l'incontinenza.

 

 

 

XX. Anche ammettendo che coloro che disprezzano la verginità non corrano alcun pericolo, nondimeno tale denigrazione non è esente da rischi

 

Ma anche se non si corresse alcun pericolo parlando così, bisognerebbe ora porre fine alle calunnie. Chi infatti assume un atteggiamento ostile di fronte alle cose belle, pronunziando un giudizio così depravato ed ingiusto, oltre a danneggiare se stesso dà anche di fronte a tutti una non piccola prova della propria malvagità. Dovreste quindi tenere a posto la lingua, se non per altre ragioni, per lo meno per evitare di attirarvi una reputazione così cattiva: dovete ricordare che, mentre chi ammira coloro che si distinguono nelle gare più impegnative può trovare presso tutti comprensione se non riesce a raggiungere gli stessi risultati, chi invece non solo non riesce, ma denigra le imprese degne di molte corone, è giustamente odiato da tutti come un acerrimo nemico della virtù e come più miserabile degli stolti; questi ultimi infatti non sanno cosa fanno, né sopportano volontariamente la propria sorte. Perciò, anche se oltraggiano i potenti, non solo non vengono puniti, ma sono oggetto di commiserazione da parte di coloro che hanno offeso. Ma se qualcuno osasse fare consapevolmente ciò che essi fanno senza volerlo, sarebbe giustamente condannato con giudizio unanime come nemico della nostra natura.

 

 

 

XXI. Coloro che disprezzano la verginità corrono un grave pericolo

 

1. Come ho detto, anche se tale accusa non facesse correre dei pericoli, bisognerebbe abbandonarla: ne ho spiegato le ragioni. In realtà però il fatto comporta un grave pericolo: sarà punito non solo "chi siede parlando male del proprio fratello e sollevando scandali contro il figlio di sua madre", ma anche chi cerca di calunniare le cose che sembrano belle a Dio. Ascolta le parole di un altro profeta, là dove parla di quest'argomento: "Guai a chi chiama buono il cattivo ed il cattivo buono, a chi trasforma la tenebra in luce e la luce in tenebra, il dolce nell'amaro e l'amaro nel dolce". E che cosa c’è di più dolce, di più bello e di più risplendente della verginità? Essa emette degli splendori più luminosi dei raggi del sole, e mentre ci allontana da tutte le cose materiali, ci mette in condizione di guardare fissi, con occhi puri, a sole della giustizia. Queste grida lanciava Isaia contro coloro che ospitavano in sé tali idee distorte.

 

2. Ascolta che cosa dice un altro profeta su coloro che pronunziano contro altri queste parole pestifere; egli comincia con la stessa esclamazione: "Guai a chi versa al vicino una sporca bevanda". La parola "guai" non è un semplice modo di dire, ma una minaccia che ci annunzia una punizione indicibile, che non conosce perdono; nelle Scritture, tale avverbio è usato a proposito di coloro che non possono sfuggire alla punizione imminente.

 

3. E un altro profeta, accusando gli Ebrei, disse da parte sua: "Avete dato da bere il vino ai santi". Se chi fa bere il vino ai Nazirei dovrà sopportare una punizione così grande, chi versa una bevanda sudicia nelle anime dei semplici di quale punizione non sarà degno? Se chi elimina una piccola parte dell'ascesi prevista dalla legge subisce un castigo inesorabile, chi dileggia tutta quanta la santità, quale condanna subirà? "Se - dice il Signore - qualcuno scandalizzerà uno di questi piccoli, sarà meglio per lui attaccarsi al collo una macina da mulino e gettarsi in mare". Che cosa potranno dire allora coloro che con queste parole scandalizzano non solo un piccolo, ma molte persone? Se chi chiama sciocco il proprio fratello sarà condotto direttamente al fuoco della Geenna, chi calunnia questo modo di vita uguale a quello degli angeli quanta ira non attirerà sul suo capo?

 

4. Una volta Miriam parlò contro Mosè non con il tono che voi usate contro la verginità, ma in modo molto meno grave ed in termini più moderati. Non schernì l'uomo, né derise la virtù di quel beato, che anzi ammirava molto: si limitò a dire che anche lei godeva dei suoi stessi privilegi. Purtuttavia, attirò su di sé l'ira divina a tal punto, che neanche le molte preghiere del presunto offeso valsero ad ottenere qualcosa per lei: anzi, il suo castigo andò molto al di là di quello che Mosè stesso aveva pensato.

 

 

 

XXII. La morte dei fanciulli al tempo di Eliseo fu utile

 

1. Ma perché parlare di Miriam? Alcuni fanciulli che giocavano vicino a Betlemme, solo per aver detto ad Eliseo "Sali, calvo", provocarono a tal punto Dio, che questi fece piombare su di loro degli orsi proprio mentre parlavano; erano quarantadue, e tutti furono dilaniati fino all’ultimo da quelle bestie. Né la giovane età, né il numero, né il fatto che scherzassero valse a proteggere quei bambini: ed era giusto. Se coloro che si sobbarcano a così grandi fatiche dovessero essere dileggiati dai bambini e dagli uomini, quale persona più debole accetterebbe mai di sopportare fatiche che attirano le risa e gli scherni? Quale uomo ordinario cercherà più d’imitare la virtù, vedendo che è così ridicola?

 

2. Ora la virtù è universalmente ammirata non solo da coloro che la praticano, ma anche da coloro che, in seguito a delle cadute, se ne allontanano; eppure, molti esitano ed indietreggiano di fronte a queste fatiche: chi sarebbe allora più disposto ad abbracciarla subito, se vedesse che non solo non è ammirata, ma è calunniata da tutti gli uomini? Le persone molto forti, che si sono già trasferite in cielo, non hanno bisogno della consolazione della gente ordinaria, perché a consolarle basta la lode di Dio. Chi invece è più debole e solo da poco si fa guidare m tale pratica, riceve un non piccolo aiuto anche dalla spinta prodotta dall'opinione del volgo: solo m seguito, quando sarà completamente educato, potrà mettersi piano piano in condizione di non aver più bisogno di tale aiuto.

 

3. Questi eventi si verificano non solo per costoro, ma anche per la salvezza degli schernitori, i quali procederebbero oltre nella loro malvagità, se vedessero impuniti i loro misfatti precedenti. Ma mentre parlavo, mi sono tornati in mente certi episodi della storia di Elia. La sorte che gli orsi fecero subire a quei fanciulli a causa di Eliseo, toccò anche, a causa del suo maestro, a cinquantadue uomini ed ai loro capi, quando il fuoco si accese in cielo. Allorché essi, con un fare molto ironico, vennero a chiamare il giusto invitandolo a scendere tra loro, in sua vece scese un fuoco, che li divorò tutti cosi come fecero quelle bestie.

 

4. Voi tutti, o nemici della verginità, riflettete dunque su questo e mettete sulla vostra bocca una porta ed una sbarra, per non dover dire il giorno del giudizio, vedendo rifulgere in quel luogo le persone vergini: "Questi sono coloro che deridevamo ed a cui lanciavamo oltraggi; e noi stolti ritenevamo pazza la loro vita, ed ignominiosa la loro morte. Come possono essere stati annoverati tra i figli di Dio ed avere la sorte dei santi? Ci siamo dunque allontanati dalla strada della verità, e la luce della giustizia non ha brillato per noi". Ma a che cosa gioveranno queste parole, se il pentimento non sarà più efficace in quel frangente?

 

 

 

XXIII. Come mai coloro che commettono gli stessi peccati non vengono puniti allo stesso modo

 

Ma forse qualcuno di voi chiederà: "Nessuno dunque dopo quei tempi insultò i santi?" Molti, ed in molti punti della terra, l’hanno fatto. "Come mai allora non sono stati puniti allo stesso modo?". Sappiamo che molti di loro lo sono stati. Se poi alcuni sono sfuggiti al castigo, non sfuggiranno ad esso per sempre. Secondo il beato Paolo "i peccati di alcuni sono evidenti e portano al giudizio, mentre per altri si rivelano successivamente". Come i legislatori mettono per iscritto le pene dei trasgressori, così anche nostro Signore Gesù Cristo, quando punisce uno o due peccatori e scrive per così dire i loro castighi su di una colonna di bronzo, si serve della loro sorte per parlare a tutti; Egli dice che coloro che osano commettere gli stessi peccati di chi è stato punito, anche se per il momento non vengono puniti, in futuro subiranno un castigo più severo.

 

 

 

XXIV. Coloro che peccano e non sono puniti non devono rassicurarsi, ma piuttosto temere

 

1. Di conseguenza, se non soffriamo alcun male pur avendo peccato oltre misura, non dobbiamo rassicurarci, ma piuttosto temere. Se infatti qui non siamo giudicati da Dio, lì saremo condannati assieme al mondo. Anche in questo caso, le parole non sono mie, ma di Cristo che parla in Paolo. Parlando a coloro che prendono i sacramenti senza esserne degni, egli dice: "Per questo tra voi ce ne sono molti che sono deboli e malati, mentre un buon numero dorme. Se ci giudicassimo, non saremmo giudicati; ora invece, se siamo giudicati, veniamo educati dal Signore per non essere condannati assieme al mondo". Vi sono alcuni che hanno bisogno soltanto di una condanna su questa terra, quando nei loro peccati non oltrepassano una certa misura e quando, dopo essere stati puniti, non corrono più verso di essi, imitando il cane che si volge verso ciò che ha vomitato; vi sono poi altri che per l'enormità delle loro colpe sono puniti sia qui che lì; altri, infine, saranno puniti solo lì per avere commesso le colpe più gravi, non essendo stati ritenuti degni di essere sferzati assieme agli uomini. "Non saranno sferzati assieme agli uomini" - è detto -, in quanto sono destinati ad essere puniti con i demoni. "Andate via da me - dice il Signore - verso la tenebra eterna, preparata per il diavolo ed i suoi seguaci".

 

2. Molti sono riusciti ad ottenere il sacerdozio pagando, senza essere rimproverati da nessuno e senza ascoltare le parole che Simone udì a suo tempo da Pietro. Non per questo però sfuggono al castigo: ne subiranno uno molto peggiore di quello che avrebbero dovuto subire qui, giacché neanche l'esempio è valso a renderli più saggi. Molti hanno osato fare quello che fece Core; non hanno subito la sua sorte, ma soffriranno in seguito una pena più grave. Molti che hanno imitato l'empietà del Faraone non sono annegati come lui, ma sono attesi dall'oceano della Geenna. Neanche coloro che chiamano sciocchi i propri fratelli sono stati puniti, ma il castigo è riservato per loro nell'al di là.

 

3. Non pensate dunque che le minacce di Dio siano solo parole. Egli ha dato esecuzione ad alcune di esse come nel caso di Saffira, di suo marito, di Carmi, di Aaron e di molti altri, perché chi non crede alle sue parole, convinto dall'evidenza dei fatti, in futuro non s'illuda più di sfuggire alla punizione ed impari che la bontà di Dio consiste non nel non punire affatto chi persevera nei suoi peccati, ma nel concedere una proroga ai peccatori.

 

4. Si potrebbe parlare anche più a lungo, per dare un’idea di tutto il fuoco che si preparano coloro che disprezzano la bellezza della verginità. Ma queste parole sono sufficienti ai saggi, mentre neanche un discorso più lungo del presente potrebbe allontanare gl’incorreggibili ed i pazzi dalla loro mania. Chiudiamo quindi questa parte, e rivolgiamo il nostro discorso ai saggi, ritornando al beato Paolo. "Riguardo a ciò su cui mi avete scritto - dice - è bene per l'uomo non toccare la donna". Si vergognino ora entrambe le categorie di persone, sia quelli che denigrano il matrimonio, sia quelli che lo esaltano oltre il dovuto. Ad entrambi il beato Paolo chiude la bocca sia con queste parole che con quelle che seguono.

 

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