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San Giovanni Crisostomo

Ultimo Aggiornamento: 13/09/2009 08:03
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13/09/2009 07:58

XXV. Il matrimonio è necessario ai deboli

 

Il matrimonio è una bella cosa, perché conserva l’uomo nella temperanza e gl’impedisce di rotolare nella fornicazione e di morirvi. Non va quindi calunniato. E' in effetti di grande utilità, giacché non consente alle membra di Cristo di diventare membra di una prostituta, e vieta che il sacro tempio venga profanato ed insozzato. E’ bello perché sostiene e rimette in piedi chi sta per cadere. Ma di quale utilità può essere per colui che sta già in piedi e che non ha bisogno del suo aiuto? In tal caso, esso non è né utile né necessario, ma è solo d’impedimento alla virtù, non solo perché le frappone molti ostacoli, ma anche perché la priva della maggior parte degli elogi.

 

 

 

XXVI. Chi si sposa pur essendo in grado di restare vergine, reca un gravissimo torto a se stesso

 

Chi ricopre di armi un uomo che può combattere nudo e vincere, non solo non gli giova, ma gli fa il più grande torto, privandolo dell'ammirazione e delle più grandi corone: impedisce alla sua forza di rivelarsi in modo completo, e fa perdere al suo trofeo molta fama. Nel caso del matrimonio, il danno è ancora più grave: si priva l'uomo non solo della grande considerazione della gente ordinaria, ma anche dei premi riservati alla vergine. Per questo vien detto: "E' bene per l'uomo non toccare donna". Perché allora permetti di toccarla? "A causa della fornicazione, ciascuno abbia la propria moglie". "Esito - dice l'apostolo - a condurti fino all'altezza della verginità, nel timore che tu possa precipitare nel baratro della fornicazione. Le tue ali non sono ancora abbastanza leggere, perché io possa sollevarti fino a quella vetta". Eppure, essi hanno deciso di cimentarsi e si sono slanciati verso la bellezza della verginità. Perché allora hai paura e tremi, o beato Paolo? "Perché - risponderebbe forse - mostrano tanta voglia in quanto ignorano di che cosa si tratta; io invece, avendo esperienza e conoscendo già questa battaglia, esito a consigliarla agli altri".

 

 

 

XXVII. La verginità è un gran bene e dispensa grandi beni

 

1. Conosco le difficoltà di quest’impresa, l’asprezza di questo combattimento, la pesantezza di questa guerra. Bisogna avere un'anima combattiva, violenta, disperatamente decisa nella sua lotta contro i desideri, giacché si deve camminare sui carboni senza bruciarsi e sulle spade senza farsi colpire. La forza del desiderio è infatti pari a quella del fuoco e del ferro; e l'anima, se non impara a non voltarsi verso questi dolori, ben presto perisce. Ci occorrono un pensiero di diamante, un occhio che non si addormenta mai, molta pazienza, delle mura robuste, [dei muri esterni] e delle sbarre, delle guardie vigili e prodi, e prima di ogni altra cosa, l’intervento superiore: "Se il Signore non custodisce la città, invano vegliano i suoi custodi".

 

2. Come potremo dunque far giungere a noi quest'aiuto? L'otterremo solo dopo che avremo dato tutto il nostro contributo: mi riferisco ai pensieri sani, alla forte intensità dei digiuni e delle veglie, alla scrupolosa osservanza della legge, al rispetto dei comandamenti, e soprattutto alla sfiducia in noi stessi. Anche se riusciamo a realizzare grandi cose, dobbiamo infatti dire sempre: "Se non è il Signore a costruire la casa, invano hanno lavorato i suoi costruttori. "Noi non lottiamo contro il sangue e la carne, ma contro le dominazioni, contro le potestà, contro i capi delle tenebre di questo mondo, contro gli spiriti maligni che si trovano negli spazi celesti". Restando armati di giorno e di notte, dobbiamo tener desti i nostri pensieri e mettere paura ai desideri impudenti. Basta che i pensieri si rilassino un po', che compare il diavolo con in mano il fuoco, che scaglia per incendiare il tempio di Dio. Dobbiamo dunque essere fortificati da ogni parte. La nostra è una battaglia contro le necessità naturali; cerchiamo d'imitare il modo di vita degli angeli e di correre assieme alle potenze incorporee. Noi, terra e cenere, facciamo di tutto per renderci uguali agli esseri che vivono in cielo: la corruzione vuole gareggiare con l’incorruttibilità.

 

3. Dimmi: qualcuno oserà ancora paragonare il piacere del matrimonio a tale stato? Come non sarebbe oltremodo sciocco? Paolo, sapendo bene tutto questo, disse: "Ognuno abbia la propria moglie". Per questo si mostrava ritroso, per questo non osava parlare loro subito della verginità, ma si soffermava a discorrere sul matrimonio, nell’intento di distaccarli da esso a poco a poco; le poche parole che diceva sulla continenza le mescolava ai suoi lunghi discorsi sul matrimonio, in modo che l'udito non fosse colpito dalla severità dell’esortazione. Chi infatti intreccia in tutto il suo discorso argomenti troppo severi si rende molesto all'ascoltatore, e costringe spesso alla ribellione l'anima che non sopporta il peso di ciò che vien detto. Chi invece lo varia, e vi mescola più argomenti piacevoli che argomenti spiacevoli, evita di renderlo pesante, e facendo riposare l'ascoltatore riesce meglio a persuaderlo e ad attirarlo, come fece appunto Paolo.

 

4. Subito dopo aver detto "E' bene per l'uomo non toccare la donna", passò al matrimonio con le parole: "Ognuno abbia la propria moglie". Benedisse la verginità e la mise da parte limitandosi a dire: "E' bene per l'uomo non toccare la donna". Per quanto riguarda invece il matrimonio, dà dei consigli e degli ordini e ne spiega il motivo: "A causa della fornicazione"; sembra così voler giustificare il permesso che dà di sposarsi. In verità egli, parlando del matrimonio, fa nascostamente l'elogio della continenza: non lo svela apertamente, ma lo lascia alla coscienza degli ascoltatori. Chi infatti si rende conto che Paolo l'esorta al matrimonio non perché lo consideri il sommo della virtù ma perché gli rimprovera una sensualità troppo forte, che non può essere scacciata senza di esso, pieno di rossore e di vergogna cerca di abbracciare subito la verginità e di allontanare da sé tale reputazione.

 

 

 

XXVIII. Ciò che viene detto sul matrimonio è un'esortazione alla verginità

 

1. Perché Paolo dice quindi "Il marito dia alla moglie l’affetto dovuto, e similmente si comporti la moglie con il marito"? Per spiegare queste parole e renderle più chiare, aggiunge: "La moglie non è padrona del proprio corpo, ma solo il marito lo è; similmente, il marito non è padrone del proprio corpo, ma solo la moglie lo è". Queste parole sembrano dette in favore del matrimonio. In realtà però Paolo riveste un amo con l'esca consueta, e lo getta nelle orecchie dei suoi discepoli nell'intento di distoglierli dal matrimonio parlando di esso. Chi infatti sente che dopo il matrimonio non sarà più padrone di sé ma dipenderà dalla volontà della moglie, cerca di liberarsi subito da questa schiavitù così amara, o piuttosto non vuole neanche cominciare a sottomettersi a questo giogo, perché una volta che vi si è sottomesso deve restare schiavo finché lo vuole la moglie.

 

. Che io non faccio delle semplici congetture sul pensiero di Paolo lo si può capire facilmente, se si pensa ai discepoli del Signore: costoro non ritennero il matrimonio una cosa pesante e molesta finché non si avvidero che il Signore voleva rinserrarli nello stesso obbligo in cui Paolo avrebbe poi rinchiuso i Corinzi. Le frasi "Chi ripudia la propria moglie quando non ricorre il motivo della fornicazione la spinge all'adulterio" e "il marito non è padrone del proprio corpo" esprimono lo stesso pensiero, anche se con parole diverse.

 

. Se si esaminano più attentamente le parole di Paolo, si vede che esse accrescono la tirannide del matrimonio e ne rendono più pesante la schiavitù. Se infatti il Signore non consente al marito di scacciare la propria moglie dalla sua casa, Paolo lo priva perfino della facoltà di disporre del proprio corpo, dando tutto il potere alla moglie e mettendolo al di sotto di un servo comprato. Quest’ultimo può spesso ottenere la completa libertà se, divenuto ricco, riesce a pagare il prezzo al padrone. Il marito invece, anche se ha la moglie più terribile, si vede costretto a fare buon viso alla sua schiavitù, non potendo trovare il modo di liberarsi da tale dominio o di sfuggirne.

 

 

 

XXIX. Le parole "Non negatevi l'uno all’altro" sono un'esortazione alla verginità

 

1. Paolo, dopo aver detto "La moglie non è padrona del proprio corpo", aggiunge: "Non negatevi l'uno all'altro se non quando siete d'accordo, nel momento più opportuno, in modo che possiate attendere alla preghiera ed al digiuno; dopo di che, ritornate a stare insieme". Penso ora che molti di coloro che hanno abbracciato la verginità arrossiscano e si vergognino della grande indulgenza di Paolo. Ma non abbiate timore, e non siate sciocchi. Queste parole sembrano essere state dette da chi vuole compiacere gli sposati, ma chi le esamina attentamente si accorge che sono animate dallo stesso pensiero delle frasi precedenti. Se infatti le si ascoltassero staccandole dalla questione che precede, sembrerebbero degne più di una pronuba che di un apostolo, ma una volta spiegato il significato di tutto il contesto, si vedrebbe che anche quest'esortazione è conforme alla dignità dell'apostolo.

 

Perché Paolo si dilunga su questo discorso? Una volta indicato il suo pensiero in modo più dignitoso con le parole precedenti, non avrebbe potuto contentarsi di limitare ad esse la sua esortazione? Che cosa dice in più la frase "Non negatevi l’uno all'altro se non quando siete d'accordo, nel momento più opportuno" delle altre "Il marito dia alla moglie l’affetto dovuto" e "il marito non è padrone del proprio corpo"? Certo, non dice nulla di più; ma qui l’apostolo, usando più parole, ha reso più chiaro ciò che prima aveva detto più brevemente ed in modo più oscuro.

 

2. Agendo così, egli ha voluto imitare Samuele, il santo di Dio. Come questi spiegò al popolo con la maggiore esattezza possibile le leggi di chi regna non perché accettasse un re ma perché lo rifiutasse (il suo discorso sembrava un insegnamento, ma in realtà mirava a distogliere il popolo da un desiderio inopportuno), così anche Paolo dibatte con maggiore continuità e chiarezza la questione della tirannia del matrimonio nell'intento di distogliere da esso gli ascoltatori con le sue parole. Dopo aver detto "la moglie non è padrona del proprio corpo", aggiunge "Non negatevi l'uno all'altro se non quando siete d'accordo, in modo che possiate attendere al digiuno ed alle preghiere". Vedi come conduce alla pratica della continenza le persone sposate, senza destare sospetti e senza rendersi molesto? All’inizio si limitò a lodare la continenza, dicendo: "E' bene per l'uomo non toccare la donna". Ora, invece, aggiunge un'esortazione: "Non negatevi l'uno all'altro, se non quando siete d'accordo". Tale discorso è più gentile, e rivela il pensiero del maestro, che non accampa pretese con veemenza, soprattutto quando il mettere in pratica i suoi consigli richiede una grande bontà. Egli non cerca di consolare l'ascoltatore soltanto così: trattato con poche parole l'aspetto più austero, prima ancora che l'ascoltatore si addolori, passa all'aspetto più piacevole e vi si sofferma più a lungo.

 

 

 

XXX. Come mai Paolo, pur ritenendo il matrimonio una cosa pregevole, raccomanda a chi digiuna di astenersi dai rapporti coniugali

 

1. Vale la pena di esaminare come mai, "se il matrimonio è una cosa pregevole e se il letto coniugale è esente da contaminazione", Paolo non consente il rapporto coniugale nel periodo del digiuno e della preghiera. Sarebbe del tutto assurdo che mentre gli Ebrei - nei quali tutti i bisogni corporei sono profondamente impressi, e che hanno il permesso di avere due mogli, di ripudiarle e di sposarne altre al loro posto - si preoccupano della continenza fino al punto di astenersi dal rapporto legittimo non per un giorno o due soltanto ma per più giorni quando devono ascoltare la parola di Dio, noi invece - che godiamo di una grazia così grande, che abbiamo ricevuto lo spirito, che siamo morti e siamo stati sepolti assieme a Cristo, che siamo stati ritenuti degni di essere figli adottivi di Dio, che siamo stati elevati ad una dignità così grande e che abbiamo goduto di tanti e così grandi beni - non dobbiamo avere neppure la stessa preoccupazione di quei piccoli.

 

2. Se qualcuno poi insistesse a ricercare il motivo per cui Mosè proibì agli Ebrei questi rapporti, direi che, anche se il matrimonio è una cosa pregevole, può soltanto giungere a non contaminare chi ne fa uso; mettere in mostra i santi, rientra però non nelle sue possibilità, ma in quelle della verginità. Mosè e Paolo non sono stati i soli a dare tali precetti: ascolta le parole di Ioel: "Santificate il digiuno, annunziate la guarigione, radunate l'assemblea, fate venire gli anziani". Ma cerchi forse il passo in cui ha ordinato di tenersi lontani dalle mogli? "Lo sposo esca dal suo letto e la sposa esca dalla sua camera nuziale". Quest’ordine va al di là di quello di Mosè. Se lo sposo e la sposa, in cui il desiderio è al culmine, in cui la giovinezza è piena di vigore, in cui il desiderio è indomabile, non devono avere rapporti nel periodo del digiuno e della preghiera, non devono comportarsi così a maggior ragione gli altri, che non sono sottoposti ad una costrizione così grave? Chi vuol pregare e digiunare nel modo giusto deve eliminare ogni desiderio terreno, ogni pensiero ed ogni motivo di dispersione, e presentarsi a Dio dopo essersi ben raccolto in sé sotto ogni rispetto. Il digiuno è bello perché recide le preoccupazioni dell’anima, perché allontana la pigrizia che circonda la mente, perché fa sì che il pensiero si raccolga tutto in se stesso. Alludendo a tutto questo, Paolo vieta il rapporto e fa uso di parole ben appropriate. Non dice infatti "Perché non veniate contaminati", ma "perché possiate attendere al digiuno ed alla preghiera", come se il rapporto con la propria moglie fosse causa non d'impurità, ma di una perdita di tempo.

 

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