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San Giovanni Crisostomo

Ultimo Aggiornamento: 13/09/2009 08:03
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Sesso: Maschile
13/09/2009 07:59

XL. Aspra ed inevitabile è la schiavitú del matrimonio

 

1. Che cosa succede quando il marito è affabile, mentre la moglie è cattiva, incline al biasimo, ciarliera, prodiga — malattia quest'ultima che è comume a tutte le donne — e piena di molti vizi? Come farà il poveretto a sopportare questo tormento quotidiano, quest'orgoglio e quest'impudenza? E che cosa succede, se al contrario la moglie è modesta e mite, mentre il marito è insolente, portato al disprezzo, irascibile e gonfio di orgoglio per le sue ricchezze e la sua potenza, e tratta la consorte — che pure è libera — come una schiava, senza amarla piú delle ancelle? Come farà la sposa a sopportare tale costrizione e violenza? E che cosa succede, se il marito non fa che allontanarla, e continua a comportarsi cosí per tutta la vita? "Sopporta — dice l'apostolo — tutta questa schiavitú: sarai libera solo quando morirà; finché vivi, delle due l'una: o dovrai impegnarti molto per educarlo e renderlo migliore, oppure, se questo è impossibile, dovrai sopportare nobilmente questa guerra implacabile e questa battaglia senza tregua".

 

2. Prima aveva detto: "Non separatevi se non di comune accordo". Qui, ingiunge alla sposa che si è separata di restare d'ora in poi continente anche contro la sua volontà. Dice infatti: "Non si risposi, oppure si riconcili con il marito". Vedi com'è presa tra due fuochi? O deve sopportare la violenza del desiderio, o, se non vuole farlo, adulare chi l'offende e consegnarsi a lui perché faccia di lei ciò che vuole: egli può infierire con le percosse, sommergerla di rimproveri, consegnarla al disprezzo dei servi o fare altre simili cose.

 

3. Molti mezzi sanno escogitare i mariti, quando vogliono punire le loro mogli. Se la sposa non sopporta tutto questo, deve praticare una continenza sterile: dico sterile perché le manca il presupposto adatto, in quanto è prodotta non dal desiderio di santità, ma dall'ira verso il marito "Non si risposi — dice l'apostolo — o si riconcili con il marito". "Che cosa accade, se non vuole piú riconciliarsi?" ci si potrebbe chiedere. Hai un'altra soluzione ed un'altra via di uscita. Quale? Attendi la sua morte.

 

4. Come infatti la vergine non può mai sposarsi perché il suo sposo vive sempre ed è immortale, cosí alla donna sposata è consentito di risposarsi solo quando muore il marito. Se infatti, mentre vive, potesse passare da lui ad un altro uomo, e poi da quest'ultimo ad un altro ancora, a che cosa servirebbe piú il matrimonio? In tal caso, gli uomini si prenderebbero gli uni le mogli degli altri senza piú distinzioni, e tutti si unirebbero con tutte le donne. E come non si deteriorerebbero i nostri rapporti con coloro che coabitano con noi, se ora l'uno, ora l'altro, ora altri ancora, convivessero con la stessa donna? Giustamente il Signore ha chiamato tale condotta adulterio.

 

XLI. Perché Dio consentì ai Giudei il ripudio

 

1. Come ha potuto dunque Dio permettere questo ai Giudei? E' chiaro che l’ha fatto a causa della durezza dei loro cuori, perché non riempissero le loro case del sangue dei congiunti. Dimmi, cos'è meglio, scacciare la sposa odiata o trucidarla in casa? Avrebbero fatto questo, se non avessero avuto il permesso di scacciarla. Per questo è detto: "Se la odi, ripudiala". Quando invece parla con le persone piú miti e con quelle alle quali non permette neppure di adirarsi, che cosa dice l'apostolo? "Se si separa, non si risposi". Vedi la costrizione, la schiavitú inevitabile, il legame che stringe entrambi? Un vero e proprio legame è infatti il matrimonio, non solo a causa del gran numero di preoccupazioni e di angustie quotidiame, ma anche perché costringe i coniugi a sottostare l'uno all'altro, in un modo piú severo di quello usato con i servi.

 

2. E' detto: "Il marito abbia autorità sulla moglie". Ma quale guadagno ricava da tale signoria? Dio infatti, rendendolo a sua volta schiavo di colei che gli è sottoposta, ha escogitato un nuovo e strano scambio di schiavitú. Come i servi che hanno cercato di fuggire, quando vengono legati dai padroni sia uno per uno che l'uno all'altro e fissati da entrambe le parti ai ceppi con una breve catena, non possono camminare liberamente perché l'uno è costretto a seguire l'altro; cosí anche le anime delle persone sposate, pur avendo dei pensieri propri, subiscono la costrizione dovuta al legame che le stringe l'una all'altra: si tratta di una costrizione piú pesante di qualsiasi catena, perché le soffoca, le priva entrambe di ogni libertà, non dà mai il comando a nessuna delle due, ed insegna ad entrambe la facoltà di decidere. Dove sono coloro che sono pronti a sopportare tutte le condanne pur di essere consolati dal piacere?

 

3. In effetti, quando le liti e gli odi reciproci portano via molto tempo, una non piccola parte del piacere viene spesso annullata. La schiavitú dovuta al fatto che l'uno è costretto a sopportare suo malgrado la cattiveria dell'altro, basta a gettare un’ombra su ogni godimento. Per questo quel beato apostolo cercò in un primo tempo di frenare con le esortazioni l'impulso del desiderio, ricordando la fornicazione, l'intemperanza ed il fuoco. Accortosi però che queste parole di rimprovero non avevano molta presa sui piú, per distoglierli ricorse ad un argomento molto piú forte, quello che aveva fatto dire ai discepoli "Non conviene sposarsi": si tratta del fatto che nessuna delle persone sposate è piú padrona di sé. Egli non l'introduce sotto forma di esortazione, ma dà ad esso la costrizione del precetto e del comandamento. Mentre dipende da noi lo sposarsi o no, non dipende piú da noi sopportare la schiavitú non volontariamente, ma nostro malgrado.

 

4. E perché mai? Perché quando all'inizio la scegliemmo, non l'ignoravamo, ma conoscevamo bene le sue prescrizioni e le sue leggi, e ci sottomettemmo spontaneamente al suo giogo. Dopo avere parlato di coloro che coabitano con mogli non credenti, avere passato in rassegna minutamente tutte le leggi del matrimonio, avere fatto un discorso su servi ed avere consolato questi ultimi in misura sufficiente, esortandoli a non degradare con lo stato di schiavitú la loro nobiltà spirituale, Paolo passa quindi a parlare della verginità: già da tempo teneva dentro di sé queste parole e desiderava spargerle come semi, ma solo ora le fa venire alla luce; neanche durante il discorso sul matrimonio era però riuscito a tacere del tutto.

 

5. Nella sua esortazione al matrimonio ne aveva infatti parlato, sia pure in modo breve e frammentario: esercitate le orecchie e disposte bene le menti degli ascoltatori con quest'ottimo metodo, preparò per le sue parole il migliore ingresso. Dopo avere rivolto un'esortazione ai servi — "siete stati comprati ad un certo prezzo, non diventate schiavi degli uomini" -, dopo avere ricordato i benefici del Signore; dopo avere cosí innalzato ed elevato al cielo i pensieri di tutti, pronunziò il discorso sulla verginità dicendo: "Per quanto riguarda le vergini, non ho un ordine del Signore, ma esprimo un parere, giacché se sono credente, lo devo alla sua misericordia". Eppure, pur non avendo degli ordini, quando parlavi dei credenti sposati alle non credenti legiferavi con grande autorità e prescrivevi: "Agli altri parlo io, non il Signore: un fratello che ha una moglie non credente, se costei desidera vivere con lui, non la scacci".

 

6. Perché allora non ti esprimi allo stesso modo a proposito delle vergini? Perché su quest’argomento Cristo ha chiaramente manifestato il suo volere, vietando che la cosa assumesse la costrizione propria di un ordine. La frase "chi è in grado d'intendere, intenda" lascia l'ascoltatore libero di scegliere. Parlando della continenza, l'apostolo dice: "Voglio che tutti gli uomini siano come me", vale a dire continenti. E ancora: "Dico ai non sposati ed alle vedove: è una buona cosa se rimangono come me". Parlando invece della verginità, non si cita mai come esempio, ma si esprime con molta riservatezza e circospezione, perché egli stesso non era riuscito a realizzare questa virtú: "Non ho un'ordine, dice.

 

7. Egli dà il suo consiglio solo dopo avere lasciata libera la scelta ed essersi conquistato il favore dell'ascoltatore. Poiché infatti la parola "verginità", non appena profferita, fa subito pensare ad un gran numero di fatiche, non dà subito inizio alla sua esortazione, ma predispone prima il discepolo, lasciandolo libero di vedere o no nelle sue parole un ordine e rendendo la sua anima docile e malleabile: solo dopo aver fatto questo si spiega meglio. Hai sentito parlare di verginità, parola che comporta fatiche e sudori. Non temere: non hai a che fare con un ordine, né con la costrizione di un comandamento; la verginità concede in cambio i propri beni a coloro che l'abbracciano spontaneamente, di loro libera scelta, mettendo sul loro capo una corona splendida e fiorente, mentre non punisce né forza contro il suo volere chi la rifiuta e non la vuole avvicinare.

 

8. L'apostolo ha saputo eliminare dal suo discorso ogni aspetto sgradevole e renderlo piacevole non solo cosí, ma anche dicendo che non era lui, ma Cristo, a concedere questo favore. Non ha detto infatti: per quanto riguarda le vergini non comando, ma "non ho un comando". E' come se avesse detto: se avessi rivolto quest’esortazione mosso dai miei pensieri umani, non avrei meritato alcuna fiducia; ma poiché essa corrisponde ai voleri di Dio, il pegno della fiducia è sicuro. Sono privo della facolta di dare un simile ordine, ma se volete ascoltare uno che come voi è schiavo di Cristo, ricordatevi che "esprimo un parere, come un uomo che deve alla misericordia del Signore la sua fede in lui".

 

9. E' giusto ammirare, in questo contesto, la grande abilità ed intelligenza del beato apostolo: preso tra due esigenze contrarie, raccomandare la sua persona in modo che il suo consiglio trovasse una buona accoglienza e non vantarsi troppo giacché non aveva saputo raggiungere questa virtú, riuscí subito in entrambi gl’intenti. Dicendo "Come un uomo che deve alla misericordia del Signore", raccomanda in un certo senso se stesso; d'altra parte, non mettendosi troppo in luce nel momento in cui agisce cosí, si umilia e si abbassa.

 

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