QUESTO FORUM E' CONSACRATO ALLO SPIRITO SANTO... A LUI OGNI ONORE E GLORIA NEI SECOLI DEI SECOLI, AMEN!
 
Innamoriamoci della Sacra Scrittura! Essa ha per Autore Dio che, con la potenza dello Spirito Santo solo, è resa comprensibile (cf. Dei Verbum 12) attraverso coloro che Dio ha chiamato nella Chiesa Cattolica, nella Comunione dei Santi. Predisponi tutto perché lo Spirito scenda (invoca il Veni, Creator Spiritus!) in te e con la sua forza, tolga il velo dai tuoi occhi e dal tuo cuore affinché tu possa, con umiltà, ascoltare e vedere il Signore (Salmo 119,18 e 2 Corinzi 3,12-16). È lo Spirito che dà vita, mentre la lettera da sola, e da soli interpretata, uccide! Questo forum è CONSACRATO ALLO SPIRITO SANTO e sottolineamo che questo spazio non pretende essere la Voce della Chiesa, ma che a Lei si affida, tutto il materiale ivi contenuto è da noi minuziosamente studiato perchè rientri integralmente nell'insegnamento della nostra Santa Madre Chiesa pertanto, se si dovessero riscontrare testi, libri o citazioni, non in sintonia con la Dottrina della Chiesa, fateci una segnalazione e provvederemo alle eventuali correzioni o chiarimenti!
 
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Sant’Ambrogio

Ultimo Aggiornamento: 13/09/2009 07:50
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13/09/2009 07:48

Capitolo 14

 

68.Il serpente mangia questa terra, se Gesù è misericordioso verso di noi, così che l’anima soffra per la debolezza della carne, ma non si bruci a causa del calore del corpo e dell’ardore della membra. “E’ meglio sposarsi che ardere”. C’è una fiamma, infatti, che avvampa dentro di noi. Dunque, affinché non ci bruciamo la veste dell’io interiore e la vorace fiamma della dissolutezza non logori l’abito esterno dell’anima, cioè, la sua tunica di pelle, non dobbiamo tenere stretto il fuoco nel grembo della mente, nel segreto del cuore. Occorre varcare la fiamma. Se qualcuno, perciò, incappa nel fuoco divampante dell’amore, spicchi un salto e lo attraversi. Non trattenga l’impudico desiderio, avvincendolo con i lacci dei cattivi pensieri. Non stringa a sé i legami con i nodi di una mente unicamente assorta dalla bramosia. Non rivolga troppo spesso gli occhi alla appariscente bellezza di una prostituta. La ragazza non sollevi lo sguardo al volto del giovane. Se ha per caso guardato ed è rimasta colpita, lo sarà ancora maggiormente, se curiosa fisserà gli occhi.

69.La consuetudine, almeno, ci sia maestra. La donna si vela il capo perché il suo pudore sia salvaguardato tra la folla, perché il volto si sottragga facilmente agli occhi del giovane. E’ necessario che si ricopra del velo nuziale per non essere esposta a causa di occasionali incontri a ferite infertele da altri o che sia essa a cagionare. La piaga, comunque, in entrambi i casi, è lei a subirla. E se si vela il capo perché non sia vista o sia essa a vedere - quando la testa è coperta, il volto anche è nascosto -, ancora di più deve ammantarsi del velo del pudore, affinché, anche in mezzo alla folla, rimanga come appartata.

70.Ammettiamolo pure: l’occhio si è casualmente posato. L’animo, però, non si soffermi con desiderio. Non è colpa il vedere, ma dobbiamo guardarci che da esso scaturisca il peccato. L’occhio corporale vede, il pudore dell’animo, tuttavia, tenga a freno gli occhi del cuore. Abbiamo il Signore maestro di spiritualità e, a un tempo, di dolcezza. Il profeta ha detto: “Non guardare alla bellezza di una cortigiana”. Il Signore, tuttavia, ha affermato: “Chiunque guarderà una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore”. Non ha detto: “Chiunque guarderà” ha commesso adulterio, ma “chiunque guarderà per desiderarla”. Non vuole imporre limiti di sorta alla vista, bensì fa questione di sentimento. Santo è il pudore che ama tenere a freno gli occhi del corpo, così che spesso non vediamo addirittura ciò che ci è innanzi. Apparentemente l’occhio vede ogni cosa che gli si para davanti, ma se non si aggiunge l’intenzione, questo nostro vedere, di cui la carne ci dà possibilità, riesce vano.

71.Dunque, vediamo con la mente più che con il corpo. La carne abbia pure veduto il fuoco, non teniamoci, però, la fiamma stretta in grembo, nel segreto, cioè, della mente, nell’intimo dell’animo. Non facciamo penetrare il fuoco nelle ossa, non incateniamoci da noi stessi, non parliamo con gente da cui emani ardente la fiamma della colpa. L’eloquio della ragazza è nodo che avvince i giovani. Le parole dell’adolescente sono lacci d’amore per la giovinetta.

72.Giuseppe fece esperienza di un fuoco del genere, allorché la femmina desiderosa d’adulterio gli parlò. La donna meditò di adescarlo con le sue parole. Ricorse alle malizie tutte delle labbra, non riuscì, però, ad imprigionare l’uomo casto. La voce del pudore, la serietà dell’eloquio, le briglie della prudenza, l’ossequio della fede, l’esercizio della castità, sciolsero i lacci che la donna intendeva stringere. La svergognata non poté accalappiarlo con le sue reti. Tese la mano e lo afferrò alla veste per stringere il nodo. Le parole della donna sfacciata sono le reti della cupidigia, la mano il vincolo della sua passione. Non reti, non lacci ebbero ragione dell’uomo casto. Scosse via la veste, il nodo fu sciolto. Non trattenne la fiamma nel grembo della mente e impedì, pertanto, che la carne si bruciasse.

73.Non comprendi, dunque, che il nostro animo è la fonte del peccato? La carne è innocente, ma per lo più è lo strumento della colpa. Pertanto, non ti lasciare soggiogare dal desiderio che suscita la bellezza. Il diavolo tende reti infinite, tagliole di ogni specie. L’occhio della cortigiana è il laccio che accalappia l’amante. I nostri occhi stessi sono reti. Sta scritto: “Non lasciarti adescare dai tuoi occhi”. Noi medesimi tendiamo le reti che ci avvolgono e stringono. Siamo noi ad intrecciarci nodi. Perciò, si legge: “Ciascuno è catturato con le funi dei suoi peccati”.

74.Orsù, passiamo attraverso il fuoco dell’adolescenza, le fiamme dell’età giovanile. Attraversiamo l’acqua, ma non indugiamo in essa, per non restare sommersi nel profondo delle fiumane. Varchiamole, dunque, così da dire: “L’anima nostra è passata attraverso le acque impetuose”. Se uno, infatti, riesce a superarle è salvo. D’altronde, il Signore afferma: “Se dovrai attraversare le acque, io sarò con te, i fiumi non ti sommergeranno”. Il profeta dice: “Ho visto l’empio trionfante ergersi al di sopra dei cedri del Libano; sono passato e non c’era più”. Passa, dunque, attraverso le vanità del secolo e vedrai del tutto fiaccata la tracotanza degli empi. Anche Mosè, varcando i fiumi di questo mondo, ebbe una visione sublime, e disse: “Passerò attraverso, contemplerò questo meraviglioso spettacolo”. Se avesse perseverato nei vizi del corpo, nelle fallaci passioni del secolo, non avrebbe contemplato i misteri ineffabili.

75.Varchiamo, dunque, anche noi questo fuoco dell’incontinenza. Paolo non ne ha avuto certo paura: se lo ha temuto, è stato soltanto per amore nostro. Infliggendo, infatti, castighi al corpo, lo aveva messo in condizione di non nutrire paura per sé. Dice: “Fuggite la fornicazione”. Fuggiamo, dunque, lontano dalla lussuria che ci incalza, ci insegue, e non è già alle nostre spalle, bensì in noi stessi. Guardiamoci dal trascinarcela con noi, mentre cerchiamo in ogni modo di sfuggirle. Siamo, sì, disposti spesso a sottrarci a lei, ma se non la eliminiamo, ce la portiamo con noi invece di disfarcene. Passiamole, dunque, attraverso con un salto, perché non ci dica: “Camminate nelle fiamme del vostro fuoco che avete acceso per voi”. Come chi “porta il fuoco nel petto si brucia le vesti”, così chi cammina sul fuoco non può non bruciarsi i piedi. Sta scritto: “Chi camminerà sulla brace senza scottarsi i piedi?”.

76.Il fuoco è esiziale. Non alimentiamolo con la dissolutezza. La lussuria si pasce di imbandigioni, si nutre di piacevoli raffinatezze, si infiamma con le libagioni, divampa allorché siamo ubriachi. Ma ancora più funesti sono gli allettamenti delle parole che inebriano l’animo con il vino, per così dire, della vite di Sodoma. Guardiamoci, tuttavia, anche dall’uso del vino che è a nostra disposizione e per il cui effetto la carne diventa ebbra, la mente vacilla, l’anima tentenna, il cuore ondeggia. Il precetto con cui Paolo esorta Timoteo: “Fa’ uso di un po’ di vino a causa delle tue frequenti malattie”, vuole significare che se il vino, da un lato, quando il corpo è in balia delle passioni, ne accresce il peccaminoso ardore, dall’altro, somministrato, invece, quando la carne è resa gelida dalla malattia, dà sollievo allo spirito. Se il corpo è in preda del dolore, la mente è afflitta, la tua tristezza, però, si muterà in gioia.

77. Non avere, perciò, timore, se la tua carne è data in pasto: la tua anima non è divorata. David dice di non avere paura, poiché, come leggiamo, i nemici mangiavano la sua carne, non lo spirito: “Quando mi assalgono i malvagi per straziarmi la carne, sono essi, i nemici che mi tormentano, a inciampare e a cadere”. Il serpente cagiona morte soltanto a se stesso. Chi egli stritola gli è affidato perché lo faccia risorgere dopo averlo abbattuto e la resurrezione dell’uomo diventi la sconfitta della belva. Nella Scrittura Paolo ci addita in Satana l’autore della distruzione e infermità della carne e del corpo: “Mi è stata messa una spina nella carne, un inviato di Satana incaricato di schiaffeggiarmi, perché io non vada in superbia”. Paolo ha imparato a curare i malati con le medicine medesime che hanno restituito a lui la vita.

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