QUESTO FORUM E' CONSACRATO ALLO SPIRITO SANTO... A LUI OGNI ONORE E GLORIA NEI SECOLI DEI SECOLI, AMEN!
 
Innamoriamoci della Sacra Scrittura! Essa ha per Autore Dio che, con la potenza dello Spirito Santo solo, è resa comprensibile (cf. Dei Verbum 12) attraverso coloro che Dio ha chiamato nella Chiesa Cattolica, nella Comunione dei Santi. Predisponi tutto perché lo Spirito scenda (invoca il Veni, Creator Spiritus!) in te e con la sua forza, tolga il velo dai tuoi occhi e dal tuo cuore affinché tu possa, con umiltà, ascoltare e vedere il Signore (Salmo 119,18 e 2 Corinzi 3,12-16). È lo Spirito che dà vita, mentre la lettera da sola, e da soli interpretata, uccide! Questo forum è CONSACRATO ALLO SPIRITO SANTO e sottolineamo che questo spazio non pretende essere la Voce della Chiesa, ma che a Lei si affida, tutto il materiale ivi contenuto è da noi minuziosamente studiato perchè rientri integralmente nell'insegnamento della nostra Santa Madre Chiesa pertanto, se si dovessero riscontrare testi, libri o citazioni, non in sintonia con la Dottrina della Chiesa, fateci una segnalazione e provvederemo alle eventuali correzioni o chiarimenti!
 
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Sant’Ambrogio

Ultimo Aggiornamento: 13/09/2009 07:50
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13/09/2009 07:50

Capitolo 9

 

80.Sia, dunque, nostro convincimento che bisogna fare penitenza e che ad essa tiene dietro il perdono. Una remissione, tuttavia, frutto di fede e non, per così dire, di un nostro credito. C’è profondo divario tra il rendersi meritevoli di qualche cosa e l’arrogarsene il diritto. La fede ottiene in forza quasi di obbligazione scritta, la presunzione, invece, è propria di chi è arrogante e non già di chi domanda. Perché tu sia nella condizione di ottenere ciò in cui speri, prima devi far fronte al tuo pegno. Comportati da onesto debitore, così che per pagare la cambiale non debba far ricorso ad altro prestito, bensì possa soddisfare, mediante le ricchezze che ti provengono dalla fede, all’interesse del debito contratto a tuo nome.

81.Ha maggiore possibilità di pagare chi è debitore di Dio che dell’uomo. Questi esige denaro in cambio di denaro, e il debitore non sempre lo ha pronto. Dio si accontenta, invece, della buona disposizione d’animo che è in tuo potere attestare. Non è povero chi è debitore del Signore, tranne che non si renda indigente da se stesso. Non ha da vendere, possiede, però, i mezzi con cui pagare. Le preghiere, le lacrime, i digiuni, sono le ricchezze del buon debitore e beni più sostanziosi che se uno offra senza fede il denaro ricavato dalla vendita di proprietà.

82.Povero era Anania, allorché, venduto il podere, consegnava agli Apostoli il denaro che, lungi dal liberarlo dal debito contratto innanzi a Dio, doveva implicarlo in nodi stretti. Ricca era, invece, la vedova, la quale mise due piccole monete nella cassa delle offerte. Di lei è detto: “Questa vedova, povera, ha messo più di tutti”. Dio non domanda denaro, ma schiettezza di fede.

83.La colpa, credo, può essere mitigata mediante elargizioni ai poveri, purché la fede aggiunga credito ai donativi. A che offrire le proprie sostanze, se l’ardore di carità non si accompagna all’oblazione?

84. Alcuni non mirano che a soddisfare alla vanità personale, a conseguire la fama che può derivare dall’essere munificente. E’ loro intento apparire persone virtuose agli occhi del popolino, poiché hanno elargito tutte le sostanze. Vanno in cerca del premio del secolo presente, non mettono, però, in serbo quello del futuro. Se, infatti, “hanno già ricevuto la loro ricompensa” su questa terra, non possono sperare in quella dell’aldilà.

85.Altri, dopo aver donato i beni alla Chiesa in seguito a impulso precipitoso e non già a matura riflessione, hanno ritenuto opportuno di revocare la donazione. Sia l’uno che l’altro modo di comportarsi non è stato per loro redditizio, in quanto il primo, dettato da inconsulto consiglio, l’altro, informato a sacrilegio.

86.Alcuni, poi, si pentono di aver spartito gli averi con i poveri. Ma chi esercita la penitenza non deve affatto avere rincrescimento in materia, perché non abbia a pentirsi di essersi pentito. Non pochi, infatti, per timore dell’eterno castigo, consapevoli delle loro colpe, domandano di fare penitenza e, una volta ammessi, si tirano indietro per la vergogna di doverla esercitare pubblicamente. Essi, a mio parere, hanno domandato di fare penitenza delle malefatte e la fanno, invece, delle buone opere da loro compiute.

87.Alcuni, ancora, invocano la penitenza, ma allo scopo unico di essere reintegrati nella comunione dei fedeli. Non desiderano mondarsi, ma stringere con lacci il ministro di Dio. Non sgravano la loro coscienza, fanno violenza a quella del sacerdote, cui è stato comandato: “Non date le cose sante ai cani e non buttate le vostre perle davanti ai porci”. Si deve, cioè, vietare che persone imbrattate di immonde iniquità siano riammesse alla santa comunione.

88.Osservate queste persone: sono lì a passeggiare. Indossano abiti nuovi, mentre sarebbe stato loro conveniente essere in gramaglie, lamentarsi per avere infangato la veste della grazia battesimale. Le donne si sovraccaricano le orecchie di grosse, preziose perle: sono costrette, addirittura, a piegare le nuche, mentre bene avrebbero dovuto tenerle basse per amore di Cristo e non dell’oro, e versare, a un tempo, lacrime su se stesse per aver perduto la perla preziosa, la celeste.

89.Altri sono convinti che pentirsi significhi escludersi dai divini sacramenti. Sono giudici fin troppo spietati di se stessi. Si assegnano il castigo, rifiutano il rimedio. Sarebbe stato, invece, opportuno che si dolessero della pena inflittasi, poiché a causa di essa rimangono defraudati dalla divina grazia.

90.Altri, giacché è data speranza di fare ammenda delle colpe, credono che sia loro implicitamente concessa facoltà di continuare a peccare a piacimento. Ma la penitenza è rimedio del peccato, non già incentivo. Il farmaco è necessario alla ferita, non viceversa. Domandiamo il rimedio per curare la piaga, non già desideriamo questa per avere modo di applicarvi il medicamento. Fragile è, d’altra parte, la speranza che si affida al tempo. Ogni tempo è sempre incerto, né tutte le speranze gli sopravvivono.

 

Capitolo 10

 

91.Forse qualcuno potrebbe tollerare che tu provi vergogna di invocare Dio e non, invece, di pregare l’uomo, e che tu abbia ritegno di supplicare il Signore, cui il tuo modo di operare non sfugge, e non, invece, di fare palesi le tue colpe all’uomo, cui possono rimanere nascoste? Non vuoi che, se preghi, ci sia gente che lo sappia e possa riferirlo? Eppure, se si tratta di dare soddisfazione all’uomo, non ti accosti forse a un gran numero di persone, le scongiuri perché interpongano i buoni uffici, ti prostri alle ginocchia, baci i piedi, metti innanzi i figli innocenti, perché invochino pietà per il padre? Ostenti, tuttavia, neghittosità a fare ciò nella Chiesa, a supplicare Dio, a ricercare il patrocinio dei fedeli, perché preghino per te. Nella Chiesa si arreca disonore col non confessare le colpe, giacché tutti siamo peccatori. In essa merita di più chi è più umile, ed è più giusto chi maggiormente disprezza se stesso.

92.La madre Chiesa pianga per la tua salvezza e lavi la tua colpa con le lacrime. Cristo ti veda nella tua afflizione e dice: “Beati voi che piangete, perché riderete”. Egli gradisce che più persone preghino per una sola. Nel Vangelo, mosso a pietà delle lacrime della vedova, poiché erano moltissimi a piangere per lei, ne richiamò il figlio alla vita. Esaudì prontamente Pietro che pregava affinché Dorcade risuscitasse, poiché i poveri gemevano per la morte della donna. Perdonò subito l’apostolo che aveva versato amarissime lacrime. Se anche tu piangerai in tal maniera, Cristo rivolgerà a te gli occhi e la colpa sarà cancellata. L’esercizio del dolore allontana la morbosa cupidigia del peccare, la seduzione della colpa. Ci travagliamo per le iniquità perpetrate e, intanto, teniamo lontane quelle che potremmo commettere. Dalla condanna della colpa scaturisce una disciplina dell’innocenza.

93.Nulla, perciò, ti distolga dall’esercitare la penitenza. Ne sei partecipe con i santi, e voglia il cielo che tu riesca ad emulare il loro pianto! David “si nutriva di cenere come di pane; mescolava il pianto alla sua bevanda”. Ora maggiormente gioisce, poiché versò più abbondantemente le lacrime. Dice: “Fiumi di lacrime discesero dai miei occhi”.

94.Giovanni pianse molto e, come dice, gli furono rivelati i misteri di Cristo. Non così la donna che travolta dal peccato, non versò lacrime come avrebbe dovuto: se la spassava, indossava abiti di porpora e scarlatto, faceva sfoggio di molto oro e di pietre preziose. Meritatamente, pertanto, si strugge nel travaglio di un pianto senza fine.

95.Alcuni sono convinti che si possa più volte fare penitenza. Essi “sono presi da desideri indegni di Cristo”. Se attendessero, infatti, alla penitenza di tutto cuore, non crederebbero alla necessità di doverla ripetere. “Uno solo è il battesimo”, una sola è la penitenza, quella, s’intende, che si fa in pubblico. Ogni giorno, infatti, dobbiamo pentirci del peccato, ma, mentre la penitenza giornaliera è dei peccati più lievi, la pubblica è delle colpe di maggiore entità.

96.Mi sono imbattuto più spesso in persone che hanno conservato la loro innocenza che non in gente che abbia atteso a pentirsi con coerenza. Credi forse che si possa parlare di penitenza là dove si intriga in vario modo per ottenere cariche, regna il bere sfrenato, viene praticato l’accoppiamento carnale? Bisogna dire con decisione addio al secolo, abbandonarsi al sonno meno di quanto la natura esiga, alternarlo con lamenti, romperlo a mezzo con gemiti, riservarlo alla preghiera. E’ necessario, insomma, vivere come se fossimo per sempre morti al nostro modo di condurre l’esistenza terrena. L’uomo deve rinnegare se stesso, trasformarsi radicalmente, come la tradizione racconta a proposito di un giovane. Costui, dopo aver amato una cortigiana, partì alla volta di un paese lontano. Cancellata che ebbe dall’animo la passione, ritornò e si imbatté nella donna che aveva amata. Essa, meravigliata che il giovane non le rivolgesse neppure la parola e pensando, quindi, di non essere stata riconosciuta, incontratolo di nuovo, gli disse: “Sono io”, e l’altro: “Ma io non sono più io”.

97.Il Signore, perciò, a ragione dice: “Chi vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua”. I morti e sepolti con Cristo non devono, quasi fossero ancora in vita, avere l’animo rivolto alle cose di questo mondo. Paolo dice: “Non toccate, non prendete tutte le cose destinate a scomparire con l’uso. L’uso di per sé della vita cagiona, infatti, la corruzione dell’innocenza.

 

Capitolo 11

 

98.La penitenza, dunque, è un bene. Se essa non esistesse, tutti differirebbero la grazia del battesimo alla vecchiaia. A una ipotesi assurda del genere, valga come risposta che è preferibile possedere un qualcosa da rattoppare che non avere da ricoprirsi. Ma nemmeno gli abiti rappezzati una sola volta possono ancora essere usati come nuovi, quelli, invece, cuciti e ricuciti finiscono con il logorarsi del tutto.

99.Il Signore, quando dice: “Fate penitenza, perché il regno dei cieli è vicino”, ha sufficientemente ammonito coloro che rinviano la penitenza. Ignoriamo in quale ora viene il ladro, non sappiamo se la nostra anima ci sarà richiesta la notte stessa. Dio scacciò Adamo dal paradiso subito dopo la colpa. Non frappose indugi, ma, perché facesse penitenza, lo privò delle delizie e, immediatamente, lo rivestì di una tunica di pelle, non già di seta.

100.Quale giustificazione c’è perché tu debba rinviare? Forse quella di commettere un maggior numero di peccati? Dunque, perché Dio è buono, tu vuoi essere malvagio, e “ti prendi gioco dei tesori della sua bontà e pazienza”? La mitezza del Signore dovrebbe, al contrario, essere per te incitamento a pentirti. Appunto, il santo David dice a tutti: “Venite, adoriamo e prostriamoci innanzi a lui e piangiamo al cospetto di nostro Signore che ci ha creati”. Il medesimo David, come sai, versa lacrime sul peccatore che è morto senza pentirsi. In un caso del genere non rimane altro che provare forte dolore e piangere. Egli dice: “Figlio mio Assalonne, figlio mio Assalonne”! Chi è definitivamente morto va pianto senza alcuna riserva.

101.A proposito degli esuli, che, raminghi dagli aviti confini fissati dalla legge di Mosè, si erano infangati dei peccati di questo mondo, odi che canta: “Sui fiumi di Babilonia, là sedemmo e piangemmo al ricordo di Sion”. Il salmista vuole insegnare che la stirpe dei rei di apostasia deve provvedere al ravvedimento, quando i colpevoli sono ancora in condizione di avere tempo a disposizione e in situazione suscettibile di mutamento. Perciò, ricorre all’esempio dei Giudei trascinati in miseranda schiavitù come prezzo della colpa.

102.Non c’è dolore maggiore di quello che prova chi nella schiavitù del peccato si ricorda dei supremi beni dai quali è decaduto, ha tralignato. Si è, infatti, allontanato dal meraviglioso, sublime proposito di approfondire la conoscenza di Dio, per rivolgersi a ciò che è materiale, effimero.

103.Adamo pensò di nascondersi, non appena avvertì la presenza di Dio. Tentò di celarsi, quantunque lo ricercasse, lo chiamasse con parole che dovevano trafiggere il cuore di lui che si nascondeva: “Adamo, dove sei?”. Cioè, perché ti celi, perché ti occulti, perché eviti il Signore che desideravi vedere? La colpa rimorde la coscienza al punto tale che, anche senza il giudice, si punisce da se stessa e desidera occultarsi. Non riesce, però, a celarsi agli occhi di Dio.

104.Nessuno che sia in colpa deve arrogarsi, quindi, il diritto, l’uso illecito dei sacramenti. Sta scritto: “Hai peccato? Fermati”. Lo dice anche David nel salmo cui si è accennato: “Appendemmo le nostre cetre ai salici di quella terra”. Più avanti: “Come cantare il cantico del Signore in terra straniera?”. Se la carne combatte con lo spirito ed è riluttante a lasciarsi guidare dall’anima, ad ubbidirle, è terra straniera che non è dissodata dal lavoro del contadino e non produce, pertanto, i frutti della carità, della pazienza, della pace. Perciò, meglio fermarsi, quando non si è in grado di attendere alle opere della penitenza, affinché nell’esercitarla non capiti di agire in modo da dovere ancora ad essa far ricorso. Se, infatti, non è stata una sola volta bene usata e opportunamente praticata, non si ricava alcun frutto dalla penitenza cui si è atteso e ci è tolta la possibilità di valercene successivamente.

105.Quando la carne oppone resistenza, è necessario, allora, che lo spirito sia rivolto a Dio. Se le opere vengono meno, la fede porti soccorso. Se le seduzioni della carne o le potestà nemiche incalzano, lo spirito sia assorto in Dio. Quando, infatti, la carne sferra il suo attacco, corriamo i pericoli più gravi. Eppure alcuni, con tutte le loro forze, fanno violenza all’anima, tentando di privarla di ogni sostegno. Perciò, è detto: “Distruggete, distruggete, anche le sue fondamenta”.

106.David, appunto, mosso a pietà da lei esclama: “Figlia infelice di Babilonia!”. Senz’altro è sventurata, giacché è ormai figlia di Babilonia, non più di Dio. Invoca in suo favore l’intervento di chi possa guarirla: “Beato chi afferrerà i tuoi piccoli e li sbatterà sulla pietra”. Beato, cioè, chi spezzerà contro Cristo i pensieri caduchi, peccaminosi, e fiaccherà tutti gli impulsi non conformi a ragione, in virtù di una cosciente autocritica: chi, ad esempio, in balia di un amore adulterino possa tenere lontano lo struggente desiderio del congiungimento carnale con una prostituta e rinunziare alla passione per guadagnarsi Cristo.

107.Dunque, abbiamo appreso innanzi tutto che occorre fare penitenza, e ciò quando la bramosia di peccare si è spenta; ancora, che nella schiavitù del peccato dobbiamo essere rispettosi, non già arroganti. A Mosè che desiderava sempre più addentrarsi nella conoscenza del mistero celeste, è detto: “Togliti i sandali dai piedi”. A maggior ragione è necessario, quindi, che noi liberiamo i piedi della nostra anima dai legami del corpo e sciogliamo i passi dai nodi che ci avvincono a questo mondo.

 

 

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