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Innamoriamoci della Sacra Scrittura! Essa ha per Autore Dio che, con la potenza dello Spirito Santo solo, è resa comprensibile (cf. Dei Verbum 12) attraverso coloro che Dio ha chiamato nella Chiesa Cattolica, nella Comunione dei Santi. Predisponi tutto perché lo Spirito scenda (invoca il Veni, Creator Spiritus!) in te e con la sua forza, tolga il velo dai tuoi occhi e dal tuo cuore affinché tu possa, con umiltà, ascoltare e vedere il Signore (Salmo 119,18 e 2 Corinzi 3,12-16). È lo Spirito che dà vita, mentre la lettera da sola, e da soli interpretata, uccide! Questo forum è CONSACRATO ALLO SPIRITO SANTO e sottolineamo che questo spazio non pretende essere la Voce della Chiesa, ma che a Lei si affida, tutto il materiale ivi contenuto è da noi minuziosamente studiato perchè rientri integralmente nell'insegnamento della nostra Santa Madre Chiesa pertanto, se si dovessero riscontrare testi, libri o citazioni, non in sintonia con la Dottrina della Chiesa, fateci una segnalazione e provvederemo alle eventuali correzioni o chiarimenti!
 
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Che cosa è la Santa Messa?

Ultimo Aggiornamento: 05/09/2009 17:26
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05/09/2009 11:55

MARIA E LA SANTA MESSA

"Gesù allora, vedendo la Madre e lì accanto a Lei il discepolo che Egli amava, disse alla Madre: Donna, ecco il Tuo Figlio!" (Gv 19,26). Era l'ultimo dono di Gesù prima di morire; ci ha dato sua Madre come Madre nostra.

Da quel momento il discepolo di Cristo ha qualcosa di suo: ha per Madre sua Maria. Il suo posto di Madre nella Chiesa durerà per sempre: "E da quel momento il discepolo La prese nella sua casa", (Gv 19,27).

Quella è l'ora di Gesù, che inaugura con la sua Morte redentrice una nuova èra fino alla fine dei tempi. Da allora, "SE VOGLIAMO ESSERE CRISTIANI DOBBIAMO ESSERE MARIANI", disse Papa Paolo VI nell'omelia del 24 aprile 1979; per essere un buon cristia­no è necessario avere un grande amore per Maria. L'opera di Gesù può essere riassunta in due meravigliose realtà: ci ha dato la filia­zione divina, facendoci figli di Dio, e ci ha fatto figli di Maria Santissima.

La Vergine vede in ogni cristiano suo Figlio Gesù. Ci tratta come se al posto nostro ci fosse Cristo stesso.

Come potrebbe dimenticarsi di noi quando ci vedesse nel biso­gno? Che cosa non otterrà da suo Figlio per noi? Non potremo mai immaginare l'amore di Maria per ciascuno di noi.

Abituiamoci a incontrare Santa Maria mentre celebriamo o par­tecipiamo alla Santa Messa. Lì "nel Sacrificio dell'Altare, la parte­cipazione di Maria rievoca il silenzioso riserbo con cui accompa­gnò la vita di suo Figlio, quando percorreva la terra di Palestina. La Santa Messa è un'azione della Trinità; per volontà del Padre, cooperando con lo Spirito Santo, il Figlio si offre in oblazione redentrice. In questo insondabile mistero si scorge, come tra veli, il volto purissimo di Maria: Figlia di Dio Padre, Madre di Dio Figlio, Sposa di Dio Spirito Santo.

L'intimità con Gesù, nel Sacrificio dell'Altare, porta con sé necessariamente l'intimità con Maria, sua Madre. Chi incontra Gesù incontra anche la Vergine senza macchia, come accadde a quei Santi personaggi - i Re Magi - che vennero ad adorare Cristo: Entrati nella casa, videro il Bambino con Maria sua Madre" (Mt 2, 11)" (Escrivà).

Con Lei possiamo offrire tutta la nostra vita - tutti i pen­sieri, gli affanni, le fatiche, gli affetti, le azioni, gli amori - aven­do in noi gli stessi sentimenti che ebbe Cristo Gesù: "Padre Santo!", gli diciamo nell'intimità del nostro cuore, e lo possiamo ripetere durante la Santa Messa, per il Cuore Immacolato di Maria io Ti offro Gesù Tuo Figlio amatissimo e offro me stesso insieme a Lui, con Lui e per Lui, per tutte le sue intenzioni e in nome di tutte le creature.

Celebrare o assistere come conviene al Santo Sacrificio dell'Altare è quanto di meglio possiamo offrire a Gesù, al suo Corpo Mistico e a tutta l'umanità. Accanto a Maria, nella Santa Messa, siamo particolarmente uniti a tutta la Chiesa.

Lei è Corredentrice con Cristo. Come Lei, anche noi possiamo essere corredentori in tutte le ore del giorno, se le colmiamo di pre­ghiera, se lavoriamo con coscienza, se viviamo una carità amabile con coloro che abbiamo modo di incontrare durante le nostre faccende, in famiglia; se offriamo con serenità le contrarietà che ogni giorno porta con sé.



POSSIAMO AIUTARE MOLTO E IN MOLTI MODI LE ANIME DEL PURGATORIO

La Santa Messa, che ha valore infinito, è quanto di più impor­tante possiamo offrire per le Anime del Purgatorio. A loro suffragio possiamo applicare anche le indulgenze che lucriamo in questa vita; le nostre preghiere, specialmente il Santo Rosario; il lavoro, il dolo­re, le contrarietà, eccetera. I suffragi sono il modo migliore per manifestare il nostro amore a coloro che ci hanno preceduti e aspet­tano di incontrarsi con Dio; e, in particolar modo, dobbiamo prega­re per i nostri parenti e amici. Nelle nostre preghiere ci ricorderemo particolarmente e in primo luogo dei nostri genitori e anch'essi ci aiuteranno molto in quello scambio di beni spirituali che è la Comunione dei Santi. "Le Anime Sante del Purgatorio. Per dovere di carità, di giustizia, tienile molto presenti nei tuoi sacrifici e nella tua orazione.

Potessi tu dire, nel nominarle: "Le mie buone amiche, le Anime del Purgatorio... ". Esse sono molto potenti davanti a Dio!



IMPORTANZA DELLA CONFESSIONE

La Chiesa ci ricorda l'inderogabile necessità della Confessione sacramentale affinché tutti possiamo vivere la Risurrezione di Cristo non soltanto nella liturgia, ma anche nella nostra propria anima. La Confessione ci fa partecipi della Passione di Cristo e, per i suoi meriti, della sua Risurrezione. Ogni volta che riceviamo questo Sacramento con le dovute disposizioni si opera nella nostra anima una rinascita alla vita della Grazia. Il Sangue di Cristo, amorosamente sparso, purifica e santifica l'anima, e per sua virtù il Sacramento conferisce la Grazia - se fosse stata perduta - o l'aumenta, benché in gradi diversi a seconda delle disposizioni del penitente.

"L'intensità del moto suddetto talora capita che sia proporzio­nata a una Grazia superiore a quella da cui il penitente era deca­duto col peccato; talora invece capita che sia uguale; e talora infe­riore. Perciò il penitente talora risorge con una Grazia superiore a quella precedente; talora con una uguale; e talora con una Grazia inferiore. Lo stesso si dica delle virtù che accompagnano la Grazia", afferma San Tommaso.

Nella Confessione l'anima riceve da Dio maggiori luci e Grazie particolari per combattere le inclinazioni confessate, per evitare le occasioni di peccato, per non ricadere nelle colpe commesse, per la lotta quotidiana. Guarda com'è buono Dio e come facilmente per­dona i peccati; non solo ti rimanda perdonato ma ti concede anche doni insperati.

Quante volte le Grazie maggiori le abbiamo ricevute dopo una Confessione, dopo aver detto al Signore che ci siamo comportati male con Lui! Gesù rende sempre bene per male, per incoraggiarci a essere fedeli. Il castigo che meritiamo per i nostri peccati come quello che meritarono gli abitanti di Ninive, come oggi ci viene nar­rato nella prima lettura della Messa, è annullato da Dio quando vede il nostro pentimento e le nostre opere di penitenza e di ripara­zione.

La Confessione sincera delle nostre colpe lascia sempre nell'a­nima grande pace e gioia. La tristezza del peccato o della mancan­za di corrispondenza alla Grazia si muta in gioia. "Forse i momen­ti di una Confessione sincera sono tra i più dolci, più confortanti e più decisivi di una vita" (Paolo VI).

Il Santo Escrivà, con criterio semplice e pratico, consigliava che la Confessione fosse "concisa, concreta, chiara e completa". Confessione "CONCISA", di non molte parole: quelle che servo­no, che sono necessarie per dire con umiltà ciò che si è fatto o si è omesso, senza prolissità, senza perifrasi.

L'abbondanza di parole denota, talvolta, il desiderio più o meno cosciente di sfuggire la sincerità diretta e piena; per evitare ciò, bisogna fare bene l'esame di coscienza.

Confessione "CONCRETA", senza divagazioni, senza genericità. "Se il penitente è sconosciuto al confessore, è bene che gli precisi la sua condizione, il tempo trascorso dall'ultima Confessione, le even­tuali difficoltà della sua vita cristiana..." (Paolo VI, Ordo Poenitentiae). Dichiarerà i suoi peccati e le circostanze che aggrava­no le colpe perché il confessore possa giudicare, assolvere e curare.

Confessione "CHIARA", perché ci capiscano, dichiarando la gravità precisa della colpa e mettendo in evidenza la nostra miseria con la modestia e la delicatezza dovute.

Confessione "COMPLETA", integra, senza tralasciare nulla per falsa vergogna, per non fare brutta figura davanti al confessore. Verifichiamo se, nel prepararci per ricevere questo Sacramento, facciamo sempre in modo che quello che stiamo per dire al confes­sore abbia le caratteristiche sopra descritte.

La santità si realizza nella continua purificazione dell'intimo dell'anima, condizione indispensabile per amare ogni giorno di più Dio. Per questo, amare la Confessione frequente è chiaro sintomo di delicatezza interiore, di amore a Dio; disprezzarla o non averla a cuore - quando facilmente si trovano scuse o si rimanda - indica mancanza di finezza d'animo e, forse, tiepidez­za, stoltezza e insensibilità per le mozioni che il Signore ci susci­ta in cuore.

É necessario che ci risolleviamo e allontaniamo quel che ci osta­cola, il peso delle nostre colpe. Ogni Confessione contrita ci aiuta a guardare avanti per percorrere con gioia e pieni di speranza la stra­da che ancora ci rimane.

Ogni volta che riceviamo questo Sacramento udiamo, come Lazzaro, le parole di Cristo: "Scioglietelo e lasciatelo andare" (Gv 11,44), perché le mancanze, le debolezze, i peccati veniali tratten­gono e intralciano il cristiano, e non gli consentono di percorrere svelto il cammino.

Il Sacramento della Confessione spezza tutti i legami con cui il demonio tenta di tenerci asserviti perché non ci dirigiamo solleciti e determinati verso Cristo.

La Confessione frequente dei nostri peccati è in stretta rela­zione con la santità, con l'amore a Dio; è lì, quindi, che il Signore ci affina e ci insegna a essere umili. La tiepidezza, al contrario, cresce dove c'è trascuratezza e abbandono, negligen­ze e peccati veniali di cui non ci si pente sinceramente. La Confessione contrita rende l'anima chiara e purificata. E, se siamo deboli, solo la Confessione frequente renderà possibile una costan­te condizione di purezza e di amore; nella vita interiore diventa il miglior rimedio per allontanare ogni sintomo di tiepidezza, di imborghesimento, di disamore nella vita interiore.

"Uno dei motivi principali per tenere in gran conto la Confessione frequente è che, se si pratica con buone disposizioni, è letteralmente impossibile uno stato di tiepidezza. Può essere questo il motivo per cui la Santa Chiesa raccomanda con una notevole insistenza la Confessione frequente o la Confessione settimanale", ha scritto Baur nel libro La confessione frequente. Per questa ragio­ne dobbiamo sforzarci di curarne la puntualità e di accostarci a essa con sempre migliori disposizioni.

Cristo, l'Agnello senza macchia, è venuto a purificarci dai nostri peccati: non solo da quelli gravi, ma anche dalle imperfezioni e dalle mancanze d'amore della vita corrente. Esaminiamoci oggi sul­l'amore con cui ci accostiamo al Sacramento della Confessione, e se lo riceviamo con la frequenza che Dio ci chiede.



ATTI DI FEDE

Dobbiamo fare molti atti di Fede nell'orazione e durante la Santa Messa. Si racconta di San Tommaso che quando guardava la Sacra Specie, nell'elevarla al momento della consacrazione, ripeteva: "Tu sei il re della gloria, Tu sei il Figlio sempiterno del Padre". E il venerabile Josè Maria Escrivà in quegli istanti era solito ripetere: "Aumentaci la Fede, la speranza e la carità ", e, mentre faceva la genuflessione: "Ti adoro con devozione, o Dio nascosto".

Molti fedeli hanno l'abitudine di ripetere, con lo sguardo rivolto al Santissimo Sacramento, l'esclamazione dell'Apostolo Tommaso davanti a Gesù risorto: "Mio Signore e mio Dio!". Quale che sia il modo, non possiamo lasciarci sfuggire questa opportunità senza manifestare al Signore la nostra fede e il nostro amore.



RINGRAZIARE DIO PER TUTTI I BENEFICI È UNA MANIFESTAZIONE DI FEDE, DI SPERANZA E DI AMORE, E I MOTIVI PER ESSERE GRATI SONO INNUMEREVOLI

"Ti loderò, Signore, fra tutti i popoli, ai miei fratelli annunzierò il tuo nome. Alleluia" (Sal 17,50). La Sacra Scrittura ci invita inces­santemente a rendere grazie a Dio: gli inni, i salmi, le parole di tutti gli uomini giusti sono pervasi di lode e di ringraziamento a Dio. "Benedici il Signore, anima mia, non dimenticare tanti suoi bene­fici" (Sal 102,2) canta il salmista. Il ringraziamento è un modo dav­vero bello di metterci in relazione con Dio e con gli uomini. È un modo di pregare molto gradito al Signore, e anticipa in qualche modo la lode che gli rivolgeremo per sempre nell'eternità; ed è un modo di rendere più gradevole la convivenza quotidiana.

Chiamiamo precisamente "azione di grazie" il Sacramento dell'Eucaristia, attraverso il quale anticipiamo l'unione in cui consi­ste la beatitudine eterna.

Nel Vangelo leggiamo come il Signore si dispiaccia per l'ingra­titudine di alcuni lebbrosi che non sanno ringraziare: dopo essere stati guariti non si ricordano più di colui che ha reso loro la salute, e con essa gli affetti familiari, il lavoro, la vita stessa. In un'altra occasione si rammarica per la città di Gerusalemme, che non com­prende l'infinita misericordia del Dio che va a visitarla, né il dono che il Signore le ha fatto quando ha cercato di raccogliere i suoi figli come una chioccia raduna i pulcini sotto le ali.

Ringraziare è una maniera di manifestare la Fede, perché rico­nosciamo in Dio la fonte di tutti i beni; è manifestazione di speran­za, perché siamo convinti che in Lui sono tutti i beni; e conduce all'amore e all'umiltà, dato che ci ravvisiamo poveri e bisognosi. San Paolo esortava vivamente i primi cristiani a essere riconoscen­ti: "In ogni cosa rendete grazie; questa è infatti la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi" (1 Ts 5,18); vedeva nell'ingratitudine a Dio la causa del paganesimo.

"Anche Paolo rende grazie in tutte le sue lettere per il bene che Dio diffonde nel mondo. Ringraziamo dunque continuamente anche noi il Signore delle Grazie, grandi e piccole, che fa a noi e agli altri" afferma San Giovanni Crisostomo. Un giorno, quando sare­mo ormai alla presenza di Dio per sempre, comprenderemo con tutta chiarezza non solo che dobbiamo a Lui la nostra esistenza, ma che l'ha colmata di tante attenzioni, Grazie e benefici "il cui nume­ro sorpassa quello dei granelli di sabbia". Ci renderemo conto che dobbiamo immensa gratitudine a Dio e agli altri. Solo quando la Fede si intiepidisce non si riconoscono più i doni e, dunque, l'ob­bligo della riconoscenza.

Scrive il Santo Escrivà: "Abituati a innalzare il cuore a Dio, in rendimento di grazie, molte volte al giorno. Perché ti dà questo e quest'altro. Perché ti hanno disprezzato. Perché non hai ciò di cui hai bisogno o perché lo hai. Perché ha fatto così bella sua Madre, che è anche Madre tua. Perché ha creato il sole e la luna e quell'a­nimale e quella pianta. Perché ha fatto eloquente quell'uomo, e te impacciato nel parlare... Ringrazialo di tutto, perché tutto è buono".



IL RINGRAZIAMENTO DOPO LA SANTA MESSA E LA COMUNIONE

Il nostro rapporto quotidiano col Signore deve essere contrasse­gnato da frequenti atti di ringraziamento, perché siamo circondati dalle sue cure e dai suoi favori: "Ci inonda la Grazia", dice Journet.

C'è però, un momento veramente straordinario nel quale il Signore ci colma dei suoi doni, e in cui dobbiamo essere partico­larmente pieni di gratitudine: il ringraziamento dopo la Messa.

In quei momenti il nostro dialogo con Gesù deve essere intimo, semplice e allegro. Formuleremo atti di adorazione, di petizione, di umiltà, di espiazione e di ringraziamento. Un grande maestro di spi­rito, Garrigou-Lagrange ha scritto: "I Santi hanno ripetutamente affermato che l'azione di grazie sacramentale è per noi il momento più prezioso della vita spirituale".

È il momento in cui dobbiamo escludere dal nostro cuore tutto il resto, per quanto importante possa essere o sembrare, per stare a tu per tu soli col Signore. Talvolta staremo in sua compagnia e non saranno necessarie le parole; ci basterà sapere che Egli è lì, nella nostra anima, e noi in Lui.

Questo ci farà provare una profonda gratitudine, una grande contentezza, e sperimenteremo la vera amicizia con l'Amico. Lì accanto gli Angeli Lo adorano nella nostra anima, che in quegli istanti è quanto al mondo somiglia più al cielo. Come mettersi a pensare ad altro?

In altre occasioni ci serviremo delle preghiere raccolte nei libri di devozione, che hanno alimentato la pietà di generazioni di cri­stiani lungo i secoli: il Te Deum, il Trium puerorum, l'Adoro te devote e molte altre che i Santi e i buoni cristiani ci hanno lasciato come alimento della nostra pietà.

"L'amore per Cristo, che si offre per noi, ci fa trovare, al termi­ne della Messa, alcuni minuti per un ringraziamento personale, intimo, che prolunghi nel silenzio del cuore l'azione di grazie dell'Eucaristia. Come rivolgersi a Lui, come parlargli, come com­portarsi? La vita cristiana non è fatta di rigide norme. Penso tut­tavia che, molte volte, oggetto fondamentale del nostro dialogo con Cristo può essere la considerazione che il Signore è per noi Re, Medico, Maestro, Amico"; afferma Escrivà.

Re, perché ci ha riscattati dal peccato e ci ha riportati nel regno della luce. Gli chiederemo che regni nel nostro cuore, nelle parole che pronunceremo quel giorno, nel lavoro che gli abbiamo offerto, nei nostri pensieri, in ciascuna delle nostre azioni.

Nella Comunione incontriamo Gesù come Medico, e con Lui troveremo la cura per le nostre infermità. Ci accostiamo alla Comunione come si avvicinavano a Lui i ciechi, i sordi, i paraliti­ci... E non dimentichiamo che abbiamo nella nostra anima, a nostra disposizione, la Fonte della vita. Egli è la Vita.

Gesù è il Maestro, e riconosciamo che Egli ha parole di vita eter­na; e in noi c'è tanta ignoranza, invece. Egli insegna incessante­mente, ma noi dobbiamo prestargli attenzione. Se non custodiamo l'immaginazione, la memoria, i sensi, non potremo udirlo.

Nella Comunione contempliamo l'Amico, il vero Amico, da cui impariamo che cosa sia la vera amicizia. A Lui raccontiamo quel che ci succede, e troviamo sempre una parola di conforto, di inco­raggiamento... Ci capisce. Pensiamo che è presente realmente come in cielo, dove lo attorniano gli Angeli. Qualche volta potremo chie­dere aiuto al nostro Angelo Custode: "Ringrazialo per me, tu sai farlo meglio".

La Vergine, che ha portato in grembo per nove mesi il Figlio di Dio, più di qualsiasi altra creatura potrà insegnarci a fare l'atto di ringraziamento dopo la Comunione. Chiediamo il suo aiuto.



LA REDENZIONE DIVENTA ATTUALE NELLA SANTA MESSA. SIAMO CORREDENTORI CON GESÙ CRISTO, SE CORRISPONDIAMO

Possiamo avere sempre nella giornata un momento opportuno per ricordare che la Redenzione, continua a farsi giorno dopo gior­no e per soffermarci a considerare i momenti in cui essa diventa più manifesta: "Ogni volta che il Sacrificio della Croce, col quale Cristo, nostro Agnello pasquale, è stato immolato (cfr 1 Cor S, 7), viene celebrato sull'altare, si rinnova l'opera della nostra redenzione" (LG 3). Ogni Messa possiede un valore infinito; i frutti per ogni fedele dipendono dalle disposizioni personali. Insieme a Sant'Agostino possiamo dire, applicandolo alla Messa: "Vi si imprima nel cuore Colui che per voi fu confitto in Croce. Non vi è consentito amare con tiepidezza".

La Redenzione si è realizzata una sola volta attraverso la Passione, Morte e Risurrezione di Gesù Cristo, e si riattualizza ora, in modo particolarmente intenso, in ciascun uomo, che partecipa intimamente al Sacrificio della Messa.

La Redenzione si realizza anche, in modo diverso da quanto detto sopra per la Santa Messa, in ogni nostra conversione interio­re, quando facciamo una buona Confessione, quando riceviamo con devozione i Sacramenti, che sono come "canali della Grazia". Il dolore offerto in riparazione dei nostri peccati - che meritavano un castigo ben maggiore - per la salvezza eterna nostra e di tutto il mondo, ci fa anche corredentori con Cristo.

Ciò che era inutile e devastante si muta in un acquisto di valore incalcolabile. Un malato in ospedale, una madre posta di fronte a problemi che sembrano sovrastarla, la profonda pena per la notizia di una disgrazia, le difficoltà nelle quali ogni giorno inciampiamo, le stesse mortificazioni che volontariamente cerchiamo, tutto ciò serve per la Redenzione del mondo se lo mettiamo sulla patena insieme al pane che il Sacerdote offre nella Santa Messa.

Magari ci sembrano cose piccole, di poco conto, come paiono di poco conto le poche gocce d'acqua che il Sacerdote aggiunge al vino nell'offertorio. Tuttavia, così come quelle gocce d'acqua si uni­scono al vino che diventerà il Sangue di Cristo, anche le nostre azioni, offerte, avranno agli occhi di Dio un valore immenso, per­ché le abbiamo unite al Sacrificio di Gesù Cristo. "Il peccatore per­donato è capace di unire la sua propria mortificazione fisica e spi­rituale, ricercata o almeno accettata, alla Passione di Gesù che gli ha ottenuto il perdono" (Giovanni Paolo II). Diventiamo così cor­redentori con Cristo.

Ricorriamo sempre alla Vergine perché ci insegni a vivere la nostra vocazione di corredentori con Cristo nella vita quotidiana. "Che hai provato, Madonna, al vedere Tuo Figlio?", Le chie­diamo nell'intimità della nostra preghiera: "Ti guardo, e non trovo parole per descrivere il Tuo dolore. Ma ben capisco che accetti tutto senza vacillare quando vedi che Tuo Figlio lo vuole, che noi Tuoi figli ne abbiamo bisogno. E un nuovo "fiat" nella Tua vita. Un nuovo modo di accettare la corredenzione. Grazie, Madre mia! Dammi una ferma volontà di dedizione, un completo distacco da me stesso. Che tutto mi sembri poco di fronte alle anime, avendo imparato da Te quel che significa corredimere. Ricordati, però, di venirmi incontro, nel cammino, perché da solo non saprei procede­re", scrive appassionatamente M. Montenegro.



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