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05/09/2009 12:23 | |
RICORDATI, O SIGNORE!
Immersi nell'offerta di Cristo, uniti al coro osannante degli Angeli e dei Santi, invisibili ma presenti, ci rivolgiamo al Padre per ricordargli i nostri defunti e tutti coloro che sono morti in Cristo.
È questo il momento in cui, più del solito, dobbiamo convincerci che la morte ci ha tolti, ma non separati dai nostri cari defunti. Infatti sia noi che loro continuiamo a vivere quella vita che ci è stata conferita dal sacrificio di Cristo: "Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna". Noi la viviamo nella fede, essi nella visione.
Gesù, fattosi Pane e presente nell'altare, non è soltanto "vita", ma anche "via" che conduce al Padre, perché "nessuno può venire al Padre, se non per me".
Noi, pellegrini in questo mondo, siamo nutriti e sostenuti dal Pane eucaristico; ma anche i nostri defunti, che possono ancora trovarsi in un cammino di purificazione, hanno bisogno del sacrificio eucaristico per l'espiazione delle loro colpe.
Noi possiamo aiutarli in questo cammino di purificazione.
Le loro anime, liberate dall'involucro del corpo, tendono istintivamente a congiungersi alla Sorgente della vita, ma da Essa si trovano distanziate nella misura in cui, nella vita terrena, l'hanno ignorata, trascurata, rifiutata.
Nel sentirsi attratte e nel doversi trattenere, perché indegne, soffrono quella sofferenza che le purifica, che le prepara alla completa visione di Dio.
Noi possiamo diminuire, eliminare questa sofferenza attingendo dal Sacrificio eucaristico il flusso di grazia, che fa vivificare, intensificare la circolazione di quella vita divina, nella quale siamo inseriti e per la quale siamo uniti ai nostri defunti.
Questa intercomunicazione opera un meraviglioso scambio di beni. Noi comunichiamo ai defunti un aumento della grazia purificante, loro ci offrono l'intercessione per quelle grazie che desideriamo.
Quindi i defunti non sono scomparsi nel nulla, non esistono nel nostro semplice e momentaneo ricordo, ma sono viventi in Dio e si trovano dove si trova Dio.
Nella celebrazione della Messa, Gesù si fa presente e riattualizza il suo sacrificio di espiazione. Anche i defunti vi si rendono presenti e attendono con desiderio infinito quella grazia che li fa passare dallo stato di purificazione alla contemplazione divina.
Vivifichiamo la nostra fede per vederli attorno all'altare, per sentirci in loro compagnia, per metterci in comunione con loro, per trasmettere loro i benefici del sacrificio di Cristo.
Crediamo: furono con noi, sono con noi, saremo con loro. Formiamo la famiglia di Dio, nella quale possiamo fare distinzione - noi pellegrini sulla terra, alcuni in uno stato di purificazione, altri nella contemplazione del Dio uno e trino - ma non separazione -; siamo tutti vincolati in Cristo e viventi della sua vita. -
Partecipiamo alla Messa per realizzare e vivere questo incontro di famiglia. Allora non saremo più tentati di fare, della sofferenza, una sofferenza per la scomparsa di una persona cara.
CONCEDI ANCHE A NOI...
Dopo esserci uniti all'assemblea degli angeli e dei santi, dopo aver ricordato i nostri defunti e tutti coloro che sono morti in Cristo, preghiamo il Padre di concedere anche a noi, "al termine di questo pellegrinaggio, di giungere alla dimora eterna..., dove con tutte le creature, liberate dalla corruzione del peccato e della morte, canteremo la sua gloria".
È una preghiera su la quale dobbiamo riflettere, perché chiediamo e nello stesso tempo non desideriamo. Chiediamo di essere ammessi "nell'eredità eterna del suo regno", ma non desideriamo la chiave che ci apre la porta di questo regno, cioè la morte.
Diciamo di essere in attesa della venuta di Cristo, ma abbiamo paura che Egli venga, perché la sua venuta determina la fine di questa vita, e nessuno desidera morire.
Diciamo di amare il Signore, ma che sorta di amore è il nostro se temiamo che Egli venga, quando l'amore per sua natura tende ad unirsi alla persona amata?
Purtroppo, dobbiamo riconoscere che non siamo coerenti. Questa incoerenza è favorita dalla superficialità con cui partecipiamo alla Messa.
Non pensiamo, non consideriamo, non ci rendiamo conto di quello che chiediamo.
Infatti tutta la celebrazione della Messa ci proietta nel futuro, è un'anticipazione della realtà eterna, è una continua e insistente richiesta della vita eterna.
Fin dall'inizio, dopo aver chiesto a Dio perdono dei nostri peccati, Lo preghiamo che "ci conduca alla vita eterna".
Nell'offerta del pane diciamo: "...questo pane ... lo presentiamo a te perché diventi per noi cibo di vita eterna ".
Prima della consacrazione chiediamo al Signore: "Salvaci dalla dannazione eterna e accoglici nel gregge degli eletti".
Appena Gesù si è fatto presente nel Pane eucaristico, Lo acclamiamo: "Annunziamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell'attesa della tua venuta"; e Lo preghiamo: "Donaci di aver parte alla vita eterna, insieme con la beata Maria ...e tutti i santi ".
Dopo il "Padre Nostro" chiediamo: "di vivere sempre liberi dal peccato... nell'attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro salvatore Gesù Cristo ".
Nella frazione dell'Ostia il celebrante afferma: "Il Corpo e il Sangue di Cristo, uniti in questo calice, siano per noi cibo di vita eterna".
Quando ci comunichiamo, diciamo: "Il corpo di Cristo mi custodisca per la vita eterna".
E subito dopo: "...il dono a noi fatto nel tempo ci sia rimedio per la vita eterna ".
Le preghiere su le offerte e quelle dopo la comunione, in genere fanno riferimento alla vita eterna.
Nella Solennità di tutti i Santi, nella preghiera dopo la Comunione, diciamo: 'Fa', o Signore, che raggiungiamo anche noi la pienezza del tuo amore, per passare da questa mensa eucaristica... al festoso banchetto del cielo".
Se, dunque, la Messa ci presenta, ci immette nella realtà eterna, dobbiamo abituarci a vederla, desiderarla
e viverla, se vogliamo che l'amore superi la paura della morte.
Accogliendo e vivendo l'insegnamento escatologico della Messa, possiamo acquisire quello stato d'animo in cui per noi "Il vivere è Cristo" e, di conseguenza, sentire il desiderio di essere sciolti dal corpo per essere con Cristo (Cfr.; Fil. 1,21-23).
Meravigliosa trasformazione! La morte che è sempre temibile alla nostra debolezza, diventa manifestazione, comunione di vita.
Se poi acquisteremo l'abitudine d'inserirci nella Messa, in questo mistero di morte e di risurrezione di Cristo, anche spiritualmente durante la giornata, un giorno ci sarà di passaggio dalla liturgia terrena alla liturgia celeste.
...DONI AL MONDO OGNI BENE
Al termine di alcune preghiere eucaristiche il celebrante, in nome di tutta l'assemblea, si rivolge a Dio Padre con queste parole: "In Cristo... tu doni al mondo ogni bene".
"Dio che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà ogni cosa insieme con lui?" (Rom. 8,32)
Il Padre ci dona il Figlio
Dio, essere infinito e perfettissimo, non può donare che se stesso. Ed essendo purissimo spirito, per donarsi all'uomo deve scendere alla condizione dell'uomo, assumere la natura umana.
"Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio" (Giov. 3,16).
"E il Verbo si è fatto uomo" (Giov. 1,14). Il Figlio ci dona se stesso
"Cristo ha dato se stesso per noi" (Ef. 5,2). - Da lui e per lui riceviamo:
la remissione dei peccati, la riconciliazione con il Padre, la natura divina, la figliolanza di Dio.
- Per meglio conoscere questi doni riceviamo: l'esistenza, l'intelligenza, la volontà, l'amore. - Per servircene, ci vengono concessi:
il nutrimento, la salute, il lavoro, la vita di ogni giorno, la gioia della famiglia...
In genere ci soffermiamo su questi doni, sono questi infatti che desideriamo, che chiediamo, che sospiria-
mo...; per cui ci rimane difficile comprendere che anche il loro opposto, come la mancanza di salute, di benessere, di amicizia..., ci può condurre ugualmente alla sorgente di ogni bene, a Cristo Gesù.
La corrispondenza dell'uomo
Per attirare l'attenzione e suscitare la riconoscenza dell'uomo, il Signore, nel suo amore di Padre, rinnova questo dono del suo Figlio e in Lui ogni bene, ad ogni celebrazione eucaristica.
- Ma, purtroppo, gli uomini nella stragrande maggioranza o non conoscono, o ignorano, o deridono Colui nel quale "viviamo, ci muoviamo ed esistiamo" (At. 17,28).
Per cui, alla luce preferiscono le tenebre che li hanno immersi in tanto smarrimento e confusione morale e culturale, familiare e nazionale..., da non saper più distinguere il bene dal male, il giusto dall'ingiusto.
- Vi sono anche coloro che credono al dono e lo ricevono, ma senza preoccuparsi di trasmettere il suo messaggio divino in contrapposizione a tanta corruzione. Hanno una certa premura di tenerlo chiuso nel tabernacolo, come quel tale che aveva sotterrato il talento ricevuto.
- Infine vi è un piccolo gregge di anime sensibili, che comprendono, ascoltano, accolgono e vivono le attese di Gesù Eucaristico, che è l'unica salvezza, "Non vi è infatti, altro nome dato agli uomini sotto il cielo, nel quale è stabilito che possiamo essere salvati" (At. 4,12).
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