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La Santa Messa: FONTE DI VITA VERA

Ultimo Aggiornamento: 05/09/2009 12:30
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05/09/2009 12:28

EUCARISTIA

1. È il prodigio della onnipotenza di Dio


L'onnipotenza di Dio risplende nell'ottenere i più grandiosi effetti coi mezzi più umili. Il sommo Iddio che le intelligenze non possono contenere si racchiude con tutte le sue infinite perfezioni in una mi­nuscola ostia. Li c'è il Corpo glorioso di Gesù la cui bellezza sorpas­sa qualunque nostra idea e qualunque nostro sogno di bellezza. Lì c'è tutta l'infinita potenza di Dio.

Nell'Eucaristia, in una piccola ostia c'è racchiusa una potenza in­finitamente superiore a qualunque forza della natura; c'è l'onnipo­tenza di Dio, capace di incenerire l'universo e di tenere a freno, im­briggliate nella materia, le formidabili energie che la costituiscono.

Dinanzi all'Eucaristia c'è veramente da tremare, da umiliarsi, da prostarsi per terra in muta adorazione. Non possiamo avere parole per esaltare un tanto miracolo; non possiamo compiere i nostri do­veri verso di esso.

L'unica cosa degna che possiamo fare è di unirci a Gesù stesso ed offrire al Padre le nostre adorazioni insieme a quelle che Egli nel­l'Eucaristia continuamente gli offre.

Dinanzi a tale miracolo impallidiscono i miracoli operanti da Ge­sù nella sua vita pubblica e tutti i miracoli della creazione. Tale som­mo miracolo Gesù riesce per di più ad ottenerlo con una semplice parola di un povero uomo, un prete.



2. È il prodigio dell'amore di Dio

L'Eucaristia è il mezzo della nostra elevazione allo stato sopranna­turale ed il pegno della futura gloria.

Gesù si chiude in migliaia di tabernacoli per star sempre vicino a noi; ivi resta trascurato ed abbandonato dagli uomini per poter es­sere avvicinato ogni tanto da qualcuno bisognoso di conforto, di pa­ce, di elevazione. Gesù non sa stare senza di noi. « Le mie delizie so­no nello stare tra i figli degli uomini » (Prov. 8, 31). Oh, amore infi­nito di un Dio! Dove abbondò il peccato sovrabbondò la grazia. Dal tabernacolo Egli ci ripete: « L’uccello può dimenticare i suoi piccoli, la madre può dimenticare il frutto del suo seno, ma io non mi di­menticherò di te » (Is. 49, 15).

Un re avendo dovuto mettere il figlio ribelle in prigione e non ba­standogli il cuore a lasciarlo lì solo a soffrire, lasciò i suoi abiti rega­li, si vestì da galeotto e andò a fare compagnia al figliuolo per aiu­tarlo a scontare la pena. Il re è Dio; il figliuolo siamo noi, esiliati in questa terra di castigo e di prova.

Oh, tenerezza infinita di Gesù per dei miserabili peccatori!



3. È il prodigio della Sapienza di Dio

Realizza:

- il Corpo Mistico;

- il sacrificio completo della creazione (S. Messa);

- la nostra santificazione.



LA SANTA MESSA

Gesù nella sua vita terrena iniziò, non completò la sua missione. La sua missione era la gloria di Dio e la salvezza delle anime. A que­sto fine fece del suo corpo un'ostia pura, santa e immacolata e la of­frì in sacrificio perfetto a Dio; ma egli voleva che Dio ottenesse dal­la sua creazione il massimo onore e la massima gloria possibile.

A questo fine istituì l'Eucaristia colla quale riunisce gli uomini in un sol corpo, il suo Corpo Mistico, e li offre al Padre nel sacrificio della Messa.

Come il suo corpo fisico Gesù lo prese per sacrificarlo sulla croce, così forma il suo Corpo Mistico per sacrificarlo sull'altare. Nella S. Messa Gesù offre al Padre in sacrificio se stesso e tutti i fedeli a Sé uniti: così per essa tutte le membra hanno la possibilità di fare a Dio un sacrificio perfetto.

Il sacrificio della Messa è un unico sacrificio con quello della cro­ce. Come il Corpo Mistico è uno sviluppo di Gesù, mediante l'assor­bimento e l'assimilazione degli uomini che entrano a far parte della Chiesa; così il sacrificio della Messa è uno sviluppo del sacrificio di Gesù medante l'offerta e l'immolazione dei corpi e delle anime dei fedeli.

Ogni fedele come costituisce un membro del Corpo Mistico così deve costituire una parte del suo sacrificio. Il sacrificio di Gesù deve essere completato dal sacrificio di tutte le sue parti: questo attua la S. Messa.

Il sacrificio dei fedeli è tutt'uno col sacrificio di Gesù e da esso ac­quista il suo valore.

Le offerte, i sacrifici e i dolori degli uomini fatti e sopportati al di fuori della comunione al sacrificio di Gesù, cioè senza almeno lo stato di grazia, non hanno nessun valore. Dio accetta e premia tali offerte, sacrifici e dolori secondo il grado e l'intensità con cui sono uniti al sacrificio di Gesù.

La S. Messa è quanto di più sublime accade sulla terra: è il centro di tutto il creato e di tutti i tempi. Essa ha lo stesso valore infinito del sacrificio della Croce.

La vittima è la stessa: Gesù.

Il sacrificio della Croce è la causa della Redenzione: il sacrificio della Messa ne è l'applicazione e la perpetuazione. La S. Messa rac­coglie tutti i meriti della Croce e li distribuisce in grazia ai fedeli. Per mezzo della Messa, Iddio raggiunge tutti gli scopi propostisi nella creazione. L'umanità, mondata dal sangue di Gesù, si offre in­sieme al suo Capo in un unico sacrificio a Dio, in ogni angolo della terra ed in ogni momento del tempo. Si attua così la profezia di Ma­lachia: « Ecco in ogni luogo viene offerta al mio nome un'oblazione monda ». Non sono nominativamente tutti gli uomini che fanno quest'offerta; tuttavia sono tutti i gruppi e tutti i luoghi; sono i mi­gliori uomini che si trovano in ogni angolo della terra. Dio per essi preliba i più bei frutti di ogni albero umano. Essi rappresentano uf­ficialmente quanti sono buoni e temono Dio. Il cielo e la terra per virtù della Messa si congiungono: il ponte di congiunzione è Gesù. Tutti gli Angeli e i Santi trasaliscono di gioia, vedendo per essa rico­nosciuti e soddisfatti i diritti di Dio da parte degli uomini e vedendo gli uomini ricolmati da torrenti di misericordia, di grazia e di meriti, e resi idonei alla felicità eterna.

Senza la S. Messa non avrebbero più motivo di vivere gli uomini, di esistere la terra, di splendere il sole, di girare le stelle. Non ci sa­rebbe stato neppur motivo della creazione dell'universo, della crea­zione dell'uomo e dell'incarnazione di Gesù. La S. Messa è il centro dei disegni di Dio ed il movente di tutte le operazioni divine. Nella Messa Dio riceve la adorazione che tutta l'umanità gli deve, ed i do­vuti ringraziamenti per gli innumerevoli benefici con cui continua­mente inonda la terra: benefici materiali, quali l'aria, l'acqua, il sole, la vita, ecc.; benefici spirituali, quali la continua misericordia, i sa­cramenti, le grazie attuali, ecc.

Gesù nell'Eucaristia offre continuamente al Padre le sue adorazio­ni e i suoi ringraziamenti e quelli di quanti a Lui si uniscono.

Nella Messa la Divina giustizia, continuamente provocata dai pec­cati dell'umanità, si placa per il sacrificio di Gesù e continua ad aspettare gli uomini a penitenza.

La B. Anna Maria Taigi vide in una visione un globo, figura della terra, su cui si avventavano furiosamente da tutte le parti immense fiamme per incenerirlo, ma nello stesso tempo vide sul mondo il Di­vin Crocifisso mentre la SS. Vergine Addolorata si prostrava ai suoi piedi, implorando dal Padre misericordia per il sacrificio di Gesù. Ed ecco le fiamme si allontanavano ed il pericolo della fine della terra venne scongiurato. È quello che continuamente avviene e per cui il mondo ancora sopravvive, nonostante tutti gli innumerevoli pecca­ti. Gesù si presenta crocifisso al Padre nella S. Messa, la SS. Vergine intercede. La S. Messa a chi assiste ottiene il compatimento di Dio sulle proprie negligenze ed omissioni; il perdono dei peccati veniali; l'abbreviazione della pena del purgatorio meritato dai propri pecca­ti; la preservazione da molti pericoli e disgrazie dell'anima e del cor­po. La S. Messa raggiunge infine le anime del Purgatorio e solleva ed abbrevia le loro pene.

La S. Messa è come il mare. Quanto maggiore è la capacità dei re­cipienti, tanto maggiore sono i tesori che se ne riportano. I meriti del S. Sacrificio sono proporzionati al fervore con cui vi assistiamo e al grado con cui partecipiamo.

Con una S. Messa possiamo far discendere torrenti di grazie su tutta la Chiesa; grazie di conversioni, di divine ispirazioni, di provvi­denza, ecc. Tutte le grazie vengono a noi per la S. Messa. Essa appli­ca a noi i meriti infiniti del Sacrificio di Gesù in croce, proporziona­tamente alle nostre disposizioni. Si merita di più ascoltando devota­mente la S. Messa che col distribuire ai poveri tutte le proprie so­stanze e col girare pellegrinando tutta la terra (S. Bonaventura).

Il Signore ci accorda tutto quello che nella S. Messa gli domandia­mo e, ciò che è di più, ci dà quello che noi non possiamo neppure chiedere e ci è più necessario (S. Girolamo).

Per la S. Messa, Dio continua a dare a tutta l'umanità l'assistenza della sua Provvidenza, continua a far spuntare il sole sopra i buoni e sopra i cattivi, a far germogliare le messi, ed attirare l'umanità a Sé. Tutta la perfezione dipende dalla S. Messa.

La nostra maggiore o minore bontà e santità dipende dal grado maggiore o minore di partecipazione al S. Sacrificio.

L'opera della nostra santificazione è la nostra Messa; è la nostra unione e continuazione del sacrificio di Gesù.

Per capire la santità, bisogna capire la S. Messa. Per raggiungere la santità bisogna vivere integralmente la S. Messa.

Frattanto la cosa più grande che tu possa fare nella tua giornata è di ascoltare la S. Messa. Devi mettere tutti gli sforzi per ascoltarla ogni giorno, facendo sempre la S. Comunione, che della Messa è il compimento. Se hai tempo cerca di ascoltare tutte le Messe che puoi. La S. Messa è una perla preziosissima, di inestimabile valore che tu devi cercare giornalmente di incastonare nella tela della tua gior­nata. Dice un proverbio sapientissimo: Messa ascoltata, giornata guadagnata.



1. Offerta mistica

L'offertorio ricorda e rinnova l'offerta del Corpo di Gesù e della sua anima, di tutti i suoi sentimenti e di tutte le sue azioni, fatta da Gesù stesso al Padre fin dal momento della sua Incarnazione, e rin­novata solennemente nella sua presentazione al Tempio, privata­mente in tutti i momenti della sua vita.

La vita di Gesù fu tutta consacrata e riservata al Padre. Con ogni sua azione ed in ogni istante della sua vita Gesù diede al Padre una gloria infinita ed acquistò per tutti noi la grazia di santificare la no­stra vita e le nostre azioni, sì da poter con esse glorificare Dio e per­fezionare noi.

Col suo lavoro Gesù meritò a noi la grazia di santificare il nostro lavoro, il riposo, colle sue refezioni meritò a noi la grazia di santifi­care le nostre refezioni, colle sue sofferenze e colle sue lagrime meri­tò a noi la grazia di santificare le nostre sofferenze e le nostre lagri­me, colle sue preghiere meritò a noi la grazia di santificare, cioè ren­dere degne di Dio, le nostre preghiere, colla sua morte meritò a noi la grazia di santificare la nostra morte, ecc.

Il mezzo unico di santificare tutte queste cose nostre è quello di unirci a Lui e di offrirle per mezzo suo al Padre.

Nell'offertorio della Messa Gesù rinnova l'offerta di tutto se stesso ed insieme del suo Corpo Mistico. Allora egli offre al Padre noi e ciò che noi gli presentiamo.

Tutto quanto è offerto è naturale, come è frutto di natura l'ostia presentata nell'offertorio; ma come quel pane sarà trasformato nel­l'Immolazione in Corpo, Sangue, Anima e Divinità di Gesù, così tut­to quanto uniamo all'offerta del pane, fatta dal sacerdote in nome di Gesù e sotto le vesti di Gesù, si trasforma in azione e passione di Gesù.

Niente fuori di Gesù piace al Padre e glorifica il Padre: niente fuo­ri di Gesù è meritorio di grazia e di vita eterna.

Tutta la perfezione nostra consiste nel rivestirci della dignità e dei meriti di Gesù, offrendo a Lui noi stessi e tutte le cose nostre perché vengano assunte da Lui e da Lui santificate ed offerte come cosa sua al Padre.

Questo è il mistero e l'operazione della Messa.

Quando il Sacerdote offre a Dio l'Ostia bianca, noi, dopo esserci purificati colla confessione e colla contrizione, dobbiamo mettere sopra quella bianca ostia il nostro cuore, il nostro corpo, l'anima no­stra, il nostro lavoro, le nostre preghiere, le nostre fatiche di cui quel pane è simbolo.

Quanto il Sacerdote offre a Dio il Calice dobbiamo offrire insieme le nostre sofferenze e le nostre preoccupazioni, che sono come il succo del nostro corpo e della nostra vita.



a) Simboli dell'offerta

La Chiesa simboleggia:

NELLA COLLETTA


La partecipazione nostra al sacrificio. Anticamente i fedeli porta­vano dei pani che a principio della Messa il diacono raccoglieva e deponeva sull'altare. Alcuni dovevano essere consacrati, gli altri era­no destinati al mantenimento dei ministri ed il resto ai poveri. In se­guito fu sostituita l'offerta dei pani con l'offerta di denari, da servire per gli stessi scopi. Oggi lo scopo non si raggiunge per la poca gene­rosità dei fedeli. Nella colletta, potendo, dà la tua offerta, anche con sacrificio come simbolo dell'offerta del tuo cuore.



NEL PANE L'UNIONE E L'UNITA’ DEL CORPO MISTICO
Come infatti i molti chicchi di frumento macinati e riuniti, e quin­di fermentati dal lievito, formano un unico pane; così i molti cristia­ni, sacrificati e riuniti dalla professione dell'unica fede, dalla stessa osservanza della legge di Dio e dall'ubbidienza allo stesso Vicario di Gesù, e fermentati dallo stesso lievito di vita che è il Corpo di Gesù, formano un unico Corpo Mistico.

La Chiesa simboleggia la nostra divinizzazione nella infusione delle poche gocce d'acqua nel calice fatta un momento prima dell'of­ferta del vino. Come infatti quelle gocce d'acqua unite alla massa del vino diventano vino e quindi, nella consacrazione, anch'esse sangue di Gesù; così noi, unendoci all'offerta di Gesù e quindi al suo Corpo, restiamo divinizzati.

Come le gocce d'acqua se non fossero state unite al vino sarebbero restate sola acqua; così se non ci uniamo a Gesù restiamo allo stato naturale. Tutto quanto non viene unito a Gesù resta nello sta­to naturale, non acquista alcun valore divino né merito di vita eter­na. L’unione con Gesù produce la trasformazione in Lui.

Quanto più l'offerta nostra e delle cose nostre è totale e fervorosa tanto più ci uniamo a Gesù, ci soprannaturalizziamo, partecipiamo al suo sacrificio e quindi parteciperemo della sua felicità e della sua gloria.

I bambini che muoiono appena battezzati vengono offerti al Pa­dre da Gesù al momento stesso del battesimo per mezzo di chi li fa battezzare. Essi non fanno personalmente alcun sacrificio; viene lo­ro imputato il sacrificio di Gesù e solo per Lui si salvano, senza al­cuna cooperazione personale.

Moltissimi cristiani non fanno mai alcuna offerta di sé a Dio: non lo amano, tutt'al più lo temono. Vivono quasi perennemente in pec­cato mortale; se lo evitano è per paura dell'inferno, e se vanno a Messa e fanno pure il precetto è piuttosto per salvarsi.

Costoro vivono al margine del cristianesimo, alla periferia del Corpo Mistico e stanno continuamente nell'alternativa di salvarsi o di dannarsi. Sono come i ramoscelli malati e semisecchi di un albe­ro: non crescono e non producono frutti, ossia non acquistano al­cun merito. La loro salvezza più che da loro dipende dalle circostan­ze cioè dalla Misericordia di Dio; bisognerà che muoiano precisa­mente in qualcuno di quei rarissimi giorni o momenti in cui si tro­vano in grazia di Dio, cioè subito dopo confessati o quando, im­provvisamente illuminati da Dio, hanno fatto un atto di contrizione perfetta. Intanto, non c'è grazia che riceva un peccatore che non sia stata pagata per lui da un giusto.

Questi tiepidi e mali cristiani che si salvano, si salvano solo per i meriti altrui, per i sacrifici e per le preghiere dei giusti. Essi sono i parassiti del Corpo Mistico: vivono sul sangue altrui. Iddio permet­te la loro esistenza per la formazione di un eletto stuolo di Santi: co­storo infatti si santificano precisamente coll'unirsi maggiormente al sacrificio di Gesù, cioè col pigliare insieme a Lui un buon numero di peccati di tutti questi mali cristiani e col mutarli in sé col sacrificio della propria vita, unita al sacrificio di Gesù.



b) Gradi di offerta

I gradi di offerta e di partecipazione al sacrificio sono vari, e cor­rispondono ai gradi di amore di Dio e di vita soprannaturale.

Il 1° grado è l'offerta del proprio essere a Dio colla volontà di amarlo e servirlo per tutta la vita, disposti a voler sacrificare tutto, piuttosto che offenderlo gravemente col peccato mortale. Ad esso corrisponde il 1° grado di vita spirituale, detto vita purgativa, perché in esso si bada ad evitare i peccati e a purificarsi di essi. È il grado in cui generalmente si ferma la massa dei buoni cristiani. Non si è buo­ni senza tale volontà.

Il 2° grado è l'offerta al Signore del proprio essere colla volontà di amarlo e servirlo per tutta la vita, disposti a sacrificare tutto piutto­sto che offenderlo col peccato veniale. Ad esso corrisponde il 2° gra­do di vita spirituale, detta vita illuminativa, perché in esso si bada a conoscere meglio il modello divino e i suoi insegnamenti per osser­varli. È il grado in cui generalmente si fermano i fervorosi. Non ci può essere fervore senza volontà decisa di evitare a tutti i costi il pec­cato veniale.

Il 3° grado è l'offerta del proprio essere a Dio in puro amore, dis­posti a voler cercare unicamente e con tutte le proprie energie il maggior beneplacito e la maggior gloria di Dio, fino ad essere con­sumati per questo fine in un sacrificio totale. Ad esso corrisponde il 3° grado di vita spirituale detta vita unitiva, perché in esso si bada soprattutto ad amare Dio e a stare a Lui continuamente uniti colla preghiera.

Questa è l'offerta delle anime perfette.

Quanto maggiore è il grado di offerta, tanto maggiore è il distacco dal mondo, e tanto più intenso e più stretto è il vincolo con cui ci si obbliga, perché ogni cosa consacrata deve essere separata da quanto è profano e riservata a Dio.

Nel 1° grado ci si distacca dai legami e dai piaceri gravemente ille­citi e ci si obbliga col vincolo della promessa: la si fa nel battesimo e la si rinnova nella conversione.

Nel 2° grado ci si distacca dai legami e dai piaceri leciti, dalle co­modità materiali, dai piaceri carnali e dalle stesse inclinazioni della volontà e ci si invola coi voti di povertà, castità e obbedienza, priva­ti o solenni.

Non bisogna fare il secondo passo senza aver fatto il primo; né il terzo senza aver fatto il primo e il secondo. Chi salta, costruisce sen­za fondamenta e rovina tutto il proprio lavoro ed i propri sacrifici. Molti si fanno scrupolo di un peccato veniale e non curano quelli mortali, per es. rispettano al millesimo la roba altrui, ma non fanno la carità secondo la propria condizione, oppure vanno sempre a messa ma peccano contro il matrimonio, ecc. Vorrebbero fare una vita fervorosa e intanto perdono ogni merito perché cadono e spes­so anche vivono nel peccato mortale.

Molti fanno i voti religiosi e intanto cadono, e spesso vivono, in peccato veniale.

Niente vi è di più lagrimevole della loro sorte: non hanno né le gioie terrestri dei mondani, né quelle celesti delle anime consacrate. Fanno come quegli emigranti che vendono la proprietà, lasciano la famiglia per andare lontano ed arricchire, ed ivi invece si riduco­no a fare i pezzenti. Non valeva la pena far tanti sacrifici per questo. Era meglio restare a casa propria. Questa è la sorte di tanti religiosi. Sarebbe stato molto meglio per loro se avessero fatto i buoni pa­dri o le buone madri di famiglia.

Chi non vuol rovinare la sua vita non deve far voto di castità se non ha ferma volontà di santificarsi.



c) Qualità dell'offerta

L'offerta nostra è più o meno gradita a Dio secondo il grado della nostra vita spirituale, ossia del nostro amore. La qualità del frutto dipende dalla qualità dell'albero. Non può un albero cattivo far frut­ti buoni, né un albero ammalato far frutti di buona qualità.

Lo stesso sacrificio divino offerto a Dio da un cristiano mediocre attira su di lui qualche grazia; offerto da un S. Andrea Avellino libe­ra un gran numero di anime purganti ed attira su tutta la Chiesa grandi grazie; offerto da Maria SS. scampa tutto il mondo da gravi sciagure ed attira su un immenso numero di anime grazie efficaci di conversione.

Così una palla di ferro lanciata da un bimbo arriva a qualche metro, lanciata da un uomo arriva a diverse diecine di metri, lan­ciata da un cannone arriva a molti chilometri. Tutto sta nella po­tenza di lancio. Quello che importa è aumentare la nostra potenza di lancio nel fare la nostra offerta a Dio, cioè aumentare il grado del nostro amore.

È così che le stesse azioni fatte nello stesso convento da una suo­ra tiepida le permetteranno a stento di salvarsi; fatte da una suora fervorosa li rendono un'anima molto accetta a Dio e molto distinta nel cielo; fatte da suor Teresa del Bambino Gesù ne fanno una gran santa.

Non basta far l'offerta; bisogna viverla. Tutto il lavoro della nostra vita spirituale sta nel vivere la nostra Messa. Ogni qualvolta nella Messa offri a Dio te stesso e le cose tue per le mani di Gesù, rinnovi e completi l'offerta di Gesù. Dio si ferma e si compiace nella tua of­ferta più ancora di quanto si è compiuto nel sacrificio di Abele, di Abramo e di Melchisedec, perché nella tua offerta vede il suo figlio­lo che offre.

E tutte le volte che nella tua giornata offri a Dio il tuo cuore e le tue opere in unione a Gesù e per mezzo suo, rinnovi a Dio la sua di­vina compiacenza per l'offerta stessa di Gesù. Bada però che quanto è a Dio consacrato non si ritira più.



2. Immolazione

Nel sacrificio della S. Messa l'immolazione della vittima si rinno­va nella consacrazione. Qui Gesù muore misticamente. Si tratta di uno stato di morte misteriosa. È il mistero dell'attuale e perenne agonia di Gesù nella Chiesa. Gesù soffre certamente nell'Eucaristia. Lo ha rivelato esplicitamente in molte apparizioni. Qualche esem­pio:

a) Nella terza grande rivelazione a S. Margherita Alacoque Gesù, lamentando le ingratitudini e le sconoscenze degli uomini, disse: « E questo è quello che mi addolora ancora più di quanto ho sofferto nella mia passione ... ».

b) Il 26.11.1922 Gesù disse a Suor Josefa Menendez: « I peccato­ri mi feriscono senza compassione, e non soltanto i peccatori, ma quante altre anime mi trafiggono con frecce che causano grande do­lore. Consolami, amami, abbandonati. Un atto di abbandono mi consola più di molti sacrifici ».

c) A Limpias, nella Spagna, dal 1919 al 1922 in molte volte oltre centomila persone, fra cui anche moltissimi medici, scienziati, sacer­doti ed anche un Vescovo, mons. Manuele Rujz y Rodriguez di Cu­ba, videro il crocifisso muovere gli occhi tristissimi, sudare abbon-

dantemente come i moribondi, contrarre spasmodiscamente il pet­to, boccheggiare affannosamente, muovere e piegare il capo sconso­latamente come nel momento della sua morte.

Volere spiegare queste ed innumerevoli altre rivelazioni riferendo­le ai dolori da Gesù sofferti per la sua onniscienza nella sua vita ter­rena è un voler forzare il senso evidente. Non bisogna mai compli­care e rendere difficile il senso delle parole quando questo è chiaro.

« Ci si domanda come si possono spiegare teologicamente le ma­nifestazioni di Cristo sofferente per i peccati e le offese degli uomini.

Prima di rispondere a questo quesito è necessario porre in rilievo due fatti:

1. Gesù Cristo nel presente stato glorioso non è più soggetto alle sofferenze come nella vita terrena. Essendo infatti nello stato di ter­mine e quanto al corpo e quanto all'anima, nessun agente estrinseco può influire in lui a modo di causa efficiente di dolore, né fisico, né morale.

2. Le manifestazioni di Gesù Cristo a S. Margherita Alacoque non possono dirsi allucinazioni emotive, ma debbono ritenersi reali, og­gettive e storiche; ciò è dimostrato dall'esplicita dichiarazione della Chiesa: sia nell'approvazione dei detti e dei fatti della stessa santa, sia nel decreto della sua canonizzazione, sia nell'approvazione del culto al S. Cuore di Gesù. Dalla lettera apostolica di Leone XIII del 28.6.1889 risulta evidente che motivo del culto al S. Cuore di Gesù è consolarne l'amore disprezzato ed integrarne l'onore leso.

Poste tali premesse ci si domanda come conciliare lo stato di Ge­sù glorioso con le manifestazioni di Gesù sofferente.

Le spiegazioni dei teologi sono varie:

a) Gesù soffre così come soffre Dio stesso in quanto odia il pec­cato. È da notare che in questo caso la ragione del dolore è fuori di Cristo stesso.

b) Gesù soffre in atto nelle membra del suo Corpo Mistico, come è dato vedere negli Atti IX, 4: "Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?". Anche in questo caso il motivo della sofferenza è estrinseca a Ge­sù Cristo stesso. Infatti è proprio dell'amore infinito effondere le sue manifestazioni di bene e di grazia sull'umanità. Ora, l'uomo abusan­do della propria libertà si dichiara nemico di Cristo quando disordi­natamente, si orienta alle creature. Ciò costituisce l'ostacolo perché si attui la manifestazione della bontà e della misericordia divina.

Il peccato dunque non è causa dei dolori di Gesù, ma solo condi­zione.

Il concetto di causa include il concetto di dipendenza e di possibi­lità che nel nostro caso non può verificarsi.

Dunque la causa della sofferenza di Gesù è da ricercarsi nella sua stessa infinita carità verso gli uomini, impedita dalla sua giustizia che non gli fa manifestare la sua carità così, quando e dove egli vor­rebbe.

Quindi le manifestazioni della sofferenza di Gesù sono manifesta­zioni della infinita perfezione del suo amore e della sua giustizia » (Santi Pesce).

Gesù soffre perché ama; vuol diffondere il suo amore, ma molti­tudini lo rigettano.

Come le onde del radar, se intercettate, ritornano all'apparecchio generatore perturbandolo e segnalando così l'oggetto intercettato; così l'amore di Gesù, rigettato dai peccatori, ritorna a Lui facendolo soffrire.

Come conciliare l'agonia di Gesù, dal Getsemani in poi, colla feli­cità della visione beatifica?

È un mistero. Una pallida intuizione di tale conciliazione ce la può dare la patetica musica funebre. Essa ci rattrista ancor di più quando siamo già tristi, spesso ci scioglie come un grumo in gola e ci fa piangere, ci immerge in un mare di amarezze e di nostalgie, ma nello stesso tempo ci attrae, ci incanta, ci placa, ci fa diventare dolce la tristezza ed il pianto, e ci spinge a voler naufragare in un mare di lagrime e di armonie.

Tuttavia non vorremmo per tutto l'oro al mondo che si ripetesse quel lutto o quel dolore.

Nell'Eucaristia si ripete misticamente l'agonia del Getsemani.

I motivi, a parte la visione della sua passione e morte, sono gli stessi:



a) La visione dei peccati

Nel Getsemani Gesù doveva riparare a Dio l'offesa dei peccati e soddisfare la giustizia di Dio. La malizia del peccato è infinita ed in­finita è pure la giustizia di Dio.

Gesù dovette sostenere su di sé il peso tremendo di Dio infinito e onnipotente che l'oppresse, lo schiantò e l'annientò più ancora che tutto il peso dell'universo.

È terribile sostenere il peso del Dio vivente che precipita come un uragano sulla terra desolata dal peccato.

Nessun uomo può sostenere, neppure per un istante, una scintilla della giustizia di Dio. Gesù ci riuscì unicamente perché sostenuto dalla stessa forza di Dio; ma si sentì l'anima stritolata da una tristez­za spaventosa. Un solo peccato ha fatto soffrire Gesù più di tutti i tormenti della sua passione.

Ora continuamente la giustizia di Dio, provocata dagli infiniti peccati degli uomini, gravita col suo peso infinito sopra l'umanità, e Gesù continuamente la trattiene e la sostiene perché non incenerisca gli uomini e la terra.

Ogni peccato è una freccia al cuore di Gesù. Gli uomini continua­no a vivere e a divertirsi peccando, e non riflettono che frattanto Ge­sù, l'innocentissimo, il sensibilissimo, il più bello dei figli degli uo­mini, geme col cuore squarciato e con l'anima straziata per il suo amore disprezzato.



b) L'immolazione continua della Chiesa

Il corpo di Gesù non ha più la corona di spine; non percepisce più i suoi dolori fisici, ma soffre nel suo Corpo Mistico.

La Chiesa rinnova continuamente l'immolazione fisica di Gesù. Essa è sempre universalmente e parzialmente in catene, sempre torturata, sempre crocifissa.

Nei primi tre secoli fu perseguitata ferocemente dagli imperatori romani. I cristiani a migliaia venivano decapitati, bruciati, torturati, divorati dalle belve.

Nei successivi tre secoli fu perseguitata dai barbari e dagli eretici: prevalsero i tormenti morali, gli imprigionamenti, gli esili, ma non mancarono torture e uccisioni particolarmente da parte di Giuliano l'apostata, dei Vandali e dei Visigoti.

Nel secolo VII cominciò la persecuzione mussulmana che si pro­trasse, tra alti e bassi, fino alla caduta della potenza islamica nel XVII secolo, uccidendo e facendo schiavi molti milioni di cristiani.

Nel XVI e XVII secolo imperversarono le persecuzioni protestanti in buona parte dell'Europa, particolarmente quella luterana nella Germania e quella anglicana nell'Inghilterra, che a furia di imprigio­namenti, di confische e di uccisioni, distrusse il nome cattolico in quelle nazioni già interamente cattoliche.

Nel secolo XVI si scatenò nella fiorente cristianità giapponese una violentissima persecuzione che mise a morte diverse centinaia di migliaia di cristiani ed abolì nel Giappone la Chiesa Cattolica.

Nel XVIII secolo si scatenò la Rivoluzione Francese che mise a morte tutti i vescovi, i sacerdoti, i religiosi, le suore, i cristiani di un certo nome, che furono decapitati.

Nel secolo XIX si ebbero violente persecuzioni in Cina, nel Ton­chino, nella Cocincina e quelle sanguinosissime dei Drusi contro gli Armeni, protrattasi fino al primo quarto del presente secolo.

Infine nel secolo XX ci sono state le tremende persecuzioni comu­niste in Russia, nel Messico, nella Spagna, negli Stati Baltici, negli Stati Balcanici, in Cina, che hanno messo a morte o imprigionati molti milioni di cristiani in odio alla fede. I martiri dei primi secoli sono stati calcolati 18 milioni. Ma quanti sono quelli che in tutti i tempi hanno perduto la vita direttamente o indirettamente per cau­sa della fede? Quanti quelli che per lo stesso motivo hanno perduto i diritti civili, hanno subíto dei soprusi, delle ingiurie, o danni fisici e morali? Incalcolabili.

Gesù soffre nel corpo dei suoi martiri tutti i loro tormenti.

Come la SS. Vergine ai piedi della croce soffrì nel suo cuore tutti i tormenti di Gesù, per cui divenne la regina dei Martiri; così sempre Gesù dall'Eucaristia soffre tutti i dolori della sua sposa dilettissima, la Chiesa.

Ma oltre il martirio classico c'è la passione di un immenso numero di cristiani, vittime del proprio zelo o della volontà di Dio o della mali­zia dei cattivi. Per il cuore di Gesù passano i dolori dei penitenti, i tor­menti dei miliardi di ammalati, gli strazi dei suoi figli squarciati nei campi di battaglia, negli ospedali, nelle disgrazie, le separazioni delle persone amate subíte in vita o in morte a causa del suo amore o della sua volontà, il freddo e la fame di milioni di poveri sofferenti nell'oscu­ro dei propri tuguri, nelle strade o nei campi di concentramento, ecc.

Gesù geme con gemiti inenarrabili per tutti i dolori dell'umanità e li offre al Padre perché li accetti come tributo di sangue dell'umanità, e ne faccia strumento di gloria per le vittime e di conversione per i peccatori.

Tutto questo Gesù compie nell'immolazione mistica che conti­nuamente rinnova nelle sante Messe celebrate in ogni istante sulla faccia della terra.



c) La dannazione dei peccatori

Il più grande dolore Gesù lo soffre per coloro che si dannano. L'ultimo istante mortale di costoro è l'istante in cui egli perde tutte le speranze, in cui vede frustrato tutto il suo sacrificio, in cui sente do­lorosamenhte amputate le membra del suo Corpo vivo, in cui versa l'ultima amara lagrima sulla loro eterna sventura, perché appena morti la giustizia di Dio li dovrà gettare all'inferno.

Come una madre di numerosa famiglia piange desolatamente la morte di uno dei suoi figli sebbene altri ne restino, perché intanto quel figlio è perduto; così Gesù amaramente piange su ogni sventu­rato figlio del suo cuore e del suo dolore che va all'inferno, non con­siderando in quel momento quanti altri gli restano vivi.

È così che nell'Eucaristia si rinnova misticamente e continuamen­te l'immolazione e la morte di Gesù.

L'Eucaristia è la consumazione del sacrificio di Gesù. Nell'Incarnazione egli si abbassa a pigliare la forma di servo, cioè la forma di uomo; ma l'uomo è il re della natura e Gesù si abbassa ancora, coll'Eucaristia, fino a pigliare la forma di cosa inanimata, cioè dell'essere che possiede il grado minimo di esistenza. Nella sua vita umana Gesù poteva ancora difendersi, sottrarsi ai suoi nemici, confonderli colla sua sapienza. Nell'Eucaristia è a disposizione di tutti, anche dei suoi nemici. Questi lo possono sempre pigliare, rice­vere sacrilegamente, insozzare e trafiggere: Gesù non si difende mai, non fulmina nessuno, non confonde nessuno, non risponde a nes­suno. Chiunque può scapricciarsi su di Lui, può sfogare su di Lui il suo veleno. Questo stato di supremo dolore, di suprema umiliazio­ne, di supremo annientamento glorifica sommamente il Padre; è espresso nella doppia consacrazione del pane e del vino nel corpo e nel sangue di Gesù, che così permangono separati fino al momento della trasformazione.

Per perpetuare questa massima glorificazione del Padre, Gesù isti­tuisce l'Eucaristia non solo come sacrificio, ma anche come sacra­mento.

Mediante l'immolazione, cioè la consacrazione del pane e del vi­no, nella S. Messa Gesù perpetua la sua immolazione nella croce e manifesta in modo più completo il suo amore e la sua obbedienza al Padre, il suo amore agli uomini, ai quali così estende i benefici della sua redenzione.

Offri a Dio, durante la consacrazione, Gesù immolato in supremo sacrificio di lode e di espiazione, per supplire degnamente ai tuoi doveri di adorazione e di ringraziamento a Dio, per espiare i peccati tuoi e dell'umanità e per implorare su te e su tutti la divina miseri­cordia e le divine grazie. Rinnova spesso durante il giorno la se­guente offerta che l'Angelo insegnò ai bambini di Fatima, raccoman­dando loro di ripeterla spesso, ogni volta per tre volte: « SS. Trinità, Padre, Figliuolo e Spirito Santo, io profondamente vi adoro; vi offro il preziosissimo corpo, sangue, anima e divinità di nostro Signore Gesù Cristo in riparazione degli oltraggi coi quali egli medesimo è offeso. Per i meriti del suo sacratissimo cuore e per l'intercessione del cuore immacolato di Maria vi domando la conversione dei pec­catori. Gloria al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo, com'era nel prin­cipio, ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen ».

In questa sua continua agonia Gesù è piuttosto solo, come nel Getsemani, e cerca anime generose che gli facciano compagnia e lo sostengano nell'eccesso del suo sconforto.

Ma gli uomini sfuggono dalla croce: la vita è bella, il sole splen­dente ed essi sentono ripugnanza alla rinunzia, al raccoglimento, al pianto.

Niente vi è di più grande nella vita nostra che consolare Gesù nel­la sua agonia.

Questo puoi fare:


TOGLIENDO LE SPINE AL CUORE DI GESÙ


Naturalmente prima bada a non conficcargliene tu coi peccati tuoi; quindi bada a far evitare dagli altri quanti peccati puoi; infine bada a riparare i peccati di tutti. « Ogni atto d'amore ripara per mil­le peccati », ha rivelato Gesù a suor Josepha Menendez.

Mentre ti è data questa meravigliosa possibilità, fa spesso, duran­te il giorno e nelle veglie della notte, ma specialmente quando senti bestemmiare o vedi peccare, degli atti d'amore.



COMPATENDO AI DOLORI DI GESÙ

Una lagrima di compassione sparsa sulle sue sofferenze è immen­samente più preziosa di qualunque brillante e più grande di qualun­que opera umana. Ogni bacio dato sul corpo di Gesù agonizzante gli chiude qualche piaga apertagli dagli uomini. Unendoci a Gesù agonizzante colla meditazione amorosa, colla preghiera e colla com­passione, lo confortiamo, lo solleviamo, gli diamo per tutto quel tempo una tregua di gioia in mezzo ai suoi dolori. Per questo Gesù chiede a tutte le anime generose, come già a S. Margherita Alacoque, che gli facciano per un'ora la settimana compagnia, possibilmente alle ore 23 di ogni giovedì. Fa' settimanalmente la tua ora santa, sia pure in altra ora.



LAVORANDO PER SALVARE LE ANIME

Quanti dolori risparmiano a Gesù, quale gioia gli danno coloro che lavorano e si sacrificano per la conversione delle anime. Una tra le più grandi prove d'amore a Gesù è il consacrarsi all'apostolato. Per questo Gesù, dopo la resurrezione chiese a S. Pietro se lo amas­se e per prova gli chiese: « Pasci i miei agnelli » (Jo. 21, 15).



IMMOLANDOTI INSIEME A GESÙ COL VOTO DI VITTIMA
Questo è il massimo che possa fare e la prova più grande di amo­re che possa dare.



3. Trasformazione

La resurrezione è la terza parte del sacrificio di Gesù. Per essa venne trasformato tutto il suo corpo: si spogliò della mortalità e del­la corruttibilità e si rivestì dell'immortalità; ogni sua fibra brillò del­lo splendore della gloria di Dio, e così divenne degno di sedere alla destra del Padre e capace di tutta la felicità preparatagli da Lui.

Con la risurrezione si compie la gloria di Dio.

Tale atto di somma gloria a Dio Gesù lo rinnova nel sacrificio della Messa e lo perpetua nell'Eucaristia ove il suo corpo è presente nello stato di gloria per partecipare la gloria della resurrezione agli uomini. Nella S. Messa, la risurrezione di Gesù si rinnova misticamente quan­do il sacerdote spezza l'ostia consacrata e ne lascia cadere una parte nel calice; allora il corpo di Gesù presente nell'ostia si riunisce al suo sangue presente nel calice come nella mattina di Pasqua.

Tale mistione e riunione applica a quanti si uniscono colla comu­nione al sacrificio di Gesù la grazia della vita eterna e della resurre­zione gloriosa. Ma se Gesù risorto ormai più non muore, non può naturalmente tornare ancora a risorgere. Risorge però continuamen­te nella sua Chiesa e nelle membra vive del suo Corpo Mistico, che egli a contatto del suo corpo glorioso rende idonei alla resurrezione finale nel giudizio universale.

Dall'assieme della sua Chiesa, da ciascuno dei suoi membri vivi, che egli vivifica nella S. Comunione, Gesù continuamente riceve, rinnovata, la gioia dolcissima della sua resurrezione.

Per questo gli è dolce restare nell'Eucaristia: « Le mie delizie sono nello stare coi figli degli uomini » (Prov. 8, 31).

Tali consolazioni sono il contrabbilancio alle pene infinite della sua continua agonia, causata dai mali e dai peccati dell'umanità. Un giusto ripara per mille peccatori.



a) Gesù risorge nella sua Chiesa

Gesù vive la vita della Chiesa; la vita della Chiesa è la sua vita prolungata.

Come il martirio della Chiesa costituisce il suo martirio, così lo sviluppo, lo splendore della Chiesa, che egli ha meritato colla sua immolazione nella croce ed alimenta colla sua immolazione nell'al­tare, costituiscono la sua delizia e la sua felicità. Dall'Eucaristia Gesù vede con grande giubilo:

• la sempre maggiore stabilizzazione e lo sviluppo sempre maggio­re del dogma lungo i secoli.

• La nascita e lo sviluppo degli ordini religiosi contemplativi e atti­vi, delle congregazioni dedicate all'apostolato o alla carità, delle scuole di spiritualità, delle case e dei centri di formazione; dell'a­zione cattolica, delle sue specializzazioni e delle sue molteplici forme di apostolato; di ogni organizzazione e forma di pietà litur­gica, di carità e di apostolato, ecc.

• Lo sviluppo interno della perfezione della Chiesa.

Quanto maggiormente cresce il male e l'attrattiva del piacere, del lusso e del denaro, tanto maggiormente cresce il bene, il merito del sacrificio della carne, del disprezzo e della povertà. Mai il mondo è stato così allettante come oggi, mai lo scandalo più eccitante. II vizio viene direttamente suggerito e potentemente colorito nelle reclames, nelle varietà, nelle riviste. Il nudo più sfacciato esibito nei teatri, ne­gli sport, nelle spiagge. La moda ispirata quasi per intero alla sen­sualità. Da ogni poro respiriamo lo scandalo. La corruzione ci in­canta e ci attrae coi suoi mille tentacoli.

Ciononostante un esercito grande di fedelissimi taglia recisamen­te i mille tentacoli, rinuncia ad ogni piacere, combatte per mantener­si puro, umile, povero.

In questi umili eroi Gesù si compiace, esulta di gioia. « Ti ringra­zio, o Padre, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e le hai rive­late ai piccoli » (Mt. 11, 25).

• L’espansione della Chiesa.

Il granello di senapa da Lui seminato continuamente cresce e me­ravigliosamente si va sviluppando sotto i suoi occhi. I popoli ad uno ad uno vengono evangelizzati; da per tutto giungono i suoi missio­nari a impiantare la sua croce ed a formare centri di fervorose cri­stianità. Su tutti i fronti cresce la Chiesa. Gesù con infinita tenerezza segue e cura la sua Sposa; ne vede continuamente crescere la bellez­za, copia viva della sua; ne vede continuamente sviluppare la statu­ra e attende con amorosa ansia il giorno in cui sarà completa per correrle incontro nel giudizio universale, stringerla al suo cuore, es­sere con lei felice, offrirla al Padre ed immergersi con lei nel suo se­no.

L’apostolato della preghiera, del sacrificio e dell'azione per la con­quista delle anime ci fa contribuire allo sviluppo della bellezza e del­la statura della Chiesa e ci fa affrettare il giorno delle sue nozze col Verbo Incarnato per la sua e per la nostra felicità.



b) Gesù risorge in ciascuno di noi

Gesù vive la vita di ciascuno di noi come la madre vive la vita di ciascuno dei suoi figli. Dall'Eucaristia egli segue con tenerezza e gioia la vita nostra.


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