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Alle sorgenti della vera pietà (Carità nella Verità dottrinale) di don Fusina

Ultimo Aggiornamento: 05/09/2009 16:24
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05/09/2009 16:19


- Capitolo 28 -

"CREDO LA CHIESA UNA, SANTA, CATTOLICA E APOSTOLICA"

UNA E SANTA


ieccoci a meditare sull'articolo del Credo che afferma: "Credo la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica". Osservate bene come la Chiesa venga designata secondo quattro caratteristiche o note: una, santa, cattolica, apo­stolica. Non si tratta di quattro etichette da appiccicare alla vera chiesa per distinguerla, ma di un unico grande dono a quattro facce, come un meraviglioso gioiello, che Dio Padre ha voluto regalare alla Sposa del suo diletto Figlio Gesù. E' un seme che deve svilupparsi fino a germogliare in quattro bellissimi fiori. Questo seme ha la sua origine ed il suo mo­dello nella Ssa.ma Trinità, ci è stato dato nel Signore Gesù e viene portato a maturazione dall'opera dello Spirito Santo. Esso è perciò oggetto di fede. Per questo diciamo: credo la Chiesa una santa cattolica ed apostolica!

1 - La Chiesa è una.

Se dovessimo fondarci sulla nostra esperienza ci troveremmo di fronte ad una realtà umanamente triste e peccaminosa. Le confessioni sono tante, le riunioni di persone che credono in Gesù sono molte, le Chiese sono parecchie, ma divise tra di loro. Dov'è la Chiesa una? Che se poi abbassiamo lo sguardo alla nostra comunità ecclesiale quante divisioni, quante chiusure, quanti ghetti!

Ciò nonostante noi crediamo la Chiesa una: "Essa è un popolo adunato dall'unità del Padre e del Figlio e dello Spí­rito Santo", dice S. Cipriano. Questa frase, citata anche dal

Concilio Vaticano 11, ci offre il vero senso dell'unità della Chiesa.

"E' un popolo": quindi una moltitudine di persone, di gruppi, di comunità più o meno grandi. Ma è un popolo adunato, ossia convergente. La parola adunare (ad = verso qualcuno o qualcosa) (unificare = diventare una cosa sola), ci dice che questa moltitudine ha un punto di convergenza, come i raggi di una ruota convergono, sono adunati, nel perno. Notate bene che il verbo è messo nella forma passiva. Si dice: "è un popolo che viene adunato". Chi è allora che ci aduna?

S. Cipriano dice: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. E' la Ss.ma Trinità che ci unifica. Ed attorno a che cosa ci unifica? Attorno alla sua unità divina: "La. Chiesa è un popolo adunato dall'unità del Padre del aglio e dello Spirito Santo". Dio ci dona la sua misteriosa unità come sorgente della nostra. Ecco perché Gesù quando prega per i suoi discepoli dice: "Fa che siano uno in noi!" (cfr Gv 17,21). Gesù ci svela anche altri aspetti di questa misteriosa unità. Prega infatti così: "Come tu, Padre, sei in Me ed io sono in Te, anch'essi siano in noi. Così il mondo crederà che tu mi hai mandato". La Ss.ma Trinità non solo è la sorgente dell'unità, ma ne è pure il modello. La Chiesa non può essere una in qualsiasi modo, ma nello stesso modo secondo cui le Tre Persone Divine sono un Dio solo. Ecco allora che questa unità diventa testimonianza per il mondo affinché possa credere in Gesù. Ed ecco perché questa unità non può essere opera degli uomini, ma unicamente di Dio. Perciò Gesù continua: "Io ho dato ad essi la stessa gloria che tu avevi dato a me, affinché anch'essi siano una cosa sola come noi" (Gv 17,22). Che cos'è questa gloria se non il Dono dello Spirito Santo? Lo stesso Spirito che fa di Gesù uomo un'unica persona con il Verbo di Dio unificando la natura umana e la natura divina, è quello che "di tanti credenti fa una Chiesa sola, l'unico corpo mistico del Signore".

Vi è, dunque, nella Chiesa di Gesù un'unità donata da Dio ed operata dallo Spirito Santo perché sia testimonianza in favore di Gesù.

E' necessario perciò che questa unità sia resa visibile, palpabile.

Ed è qui che il dono dell'unità diventa il nostro impegno di unità. Sentite come ce ne parla il Concilio: "Gesù per mezzo della fedele predicazione del Vangelo, dell'amministrazione dei sacramenti e del governo esercitato nell'amore da parte degli Apostoli e dei loro successori, cioè i vescovi, con a capo il Papa, sotto l'azione dello Spirito Santo, vuole che il suo popolo cresca e sia perfezionata la sua comunione nell'unità: nella confessione di una sola fede, nella comune celebrazione del culto divino, e nella fraterna concordia della famiglia di Dio..." (Decr. Ecum. n. 2).

Vediamo un po':

- chi è che vuole tutto questo nella Chiesa? E' Gesù;

- che cosa vuole? "Che il suo popolo cresca e sia perfezionata la sua comunione nell'unità". Notate bene: non dice che sia conquistata o che sia ottenuta l'unità: essa c'è già nella Chiesa. Ce l'ha messa Dio. E' dono di Dio! Gesù ora vuole che questa comunione nell'unità cresca e sia perfezionata;

- come dovrà essere perfezionata? "Nella confessione di una sola fede, nella comune celebrazione del culto divino, nella fraterna concordia della famiglia di Dio". Sono le tre linee su cui deve correre il cammino di ogni credente e di tutte le comunità cristiane;

- la confessione di una sola fede: cioè avere tutti lo stesso credo; - la comune celebrazione del culto divino: cioè tutti la stessa eucarestia, gli stessi sacramenti, la stessa liturgia anche se con modalità diverse;

- la fraterna concordia della famiglia di Dio: cioè la carità rispettosa delle differenze e dei vari doni al servizio del bene comune.

Con quali strumenti Gesù vuole ottenere tutto questo? "Per mezzo della fedele predicazione del Vangelo, e del governo esercitato nell'amore da parte degli Apostoli e dei loro successori, cioè i vescovi con a capo il Papa, sotto l'azione dello Spirito Santo".

Ritornano qui le tre linee strutturali che rendono visibile la Chiesa e, in questo caso, ne rendono visibile il cammino verso la pienezza dell'unità.

Questa, è l'unità perfetta, questo è il dono di Dio Padre concesso mediante l'azione continua dello Spirito Santo nella storia nonostante le resistenze e le riluttanze dei cri­stiani.

Questa unità ha una rappresentazione sacramentale che è data dall'Eucarestia, sacrificio e sacramento del Signore, attorno alla quale si unificano i cristiani come diciamo nella preghiera o canone della Messa: "Per la comunione al Corpo ed al Sangue di Cristo lo Spirito Santo ci riunisca in un solo corpo".

Questa unità ha pure una sua rappresentazione istituzionale nel Vescovo della Chiesa locale unito al collegio dei vescovi e con a capo il Papa vescovo di Roma. Ebbene, anche nella strutturazione visibile dell'unità, mediante il segno dell'eucarestia e della gerarchia rimane e vive il mistero della Chiesa "popolo adunato dall'unità del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo".

2 - La Chiesa è santa.

Se è un mistero l'unità, altrettanto lo è la santità della Chiesa. Occorre la fede: Credo la Chiesa santa! Infatti, volendo cogliere la santità della Chiesa attraverso le persone che la compongono, si rischia di avere una grande delusione! Del resto anche il Concilio Vaticano II parla esplicitamente di Chiesa peccatrice, bisognosa di conversione continua. Ma anche nell'antichità non si cercava la santità della Chiesa nei suoi membri. Anzi l'espressione Chiesa santa era molto rara. Nella Bibbia la troviamo una volta sola e precisamente nella Lettera agli Efesini dove si dice: "Mariti, amate le mogli come Cristo ha amato la Chiesa ed ha dato se stesso per Lei per renderla santa, purificandola per mezzo del lavacro dell'acqua accompagnata dalla Parola al fine di farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa ed immacolata" (Ef 5,25-27).

Qui la Chiesa appare personificata come una sposa e la sua santità non è che il dono nunziale dello Sposo. Chiediamoci. - Quale è la causa della santità della Chiesa secondo questo passo della Lettera agli Efesini? E' l'amore di Cristo portato fino al sacrificio: "Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei".

La santità, dunque, non è una conquista della Chiesa e dei membri che la compongono, ma un regalo, un dono dello Sposo Celeste.

- In che cosa consiste questo dono? La Bibbia ci dice che il dono della santità della Chiesa è fatto di purificazione e di gloria: "per renderla santa purificandola", ecco il dono nella sua prima parte. 'Alfine di farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa ed immacolata": ecco il dono della santità nella sua fase finale.

La prima fase è quella della terra, la seconda fase è quella del Cielo. Nella prima fase Gesù purifica la Chiesa, nella se­conda la fa comparire davanti a sè tutta gloriosa.

- Infine chiediamoci: in che modo Gesù purifica, qui sulla terra, la sua Chiesa e la prepara a comparirglisi davanti in Cielo tutta gloriosa? Ancora la Bibbia risponde: "mediante il lavacro dell'acqua e la Parola", cioè mediante i sacramenti e la Parola di Dio.

Sono questi i mezzi che Gesù ha dato alla sua Chiesa perché sia resa pura, senza macchia né ruga o alcunché di simile. Le ha dato anche l'anticipazione ed il modello della vera e perfetta santità nella Vergine Maria riempita di grazia e assunta in Cielo.

Guardando alla Madonna ogni cristiano e tutta la comunità dei credenti, mentre La onorano e La amano come loro Madre, ne ammirano la perfezione e vi si ispirano con tutto il loro impegno e tutta la loro fede, sfor­zandosi di imitarla.

Ed è qui, in questo sforzo, sostenuto dalla Parola e dai Sacramenti che ciascuno di noi viene coinvolto nel dono di Dio, così come avvenne in Maria. Anche la santità, la pienezza di grazia, che c'è in Maria (pienezza già immensa quaggiù, ma resa perfetta ora in Cielo) è dono gratuito di Dio. Maria però non è rimasta passiva, ma ha accolto nella fede questo dono aderendo al Signore Gesù con tutto il suo cuore. Così deve fare la Sposa di Cristo, la Chiesa; così deve fare ciascuno di noi. Ma il cammino di questa adesione a Gesù, sorgente divina di grazia, è lungo, difficile, ostacolato dalla fragilità umana e dalla concupiscenza.



IL CAMMINO DELLA SANTITA'

E' un cammino che ha due risvolti: a) il primo è quello ascendente: è un cammino che va in su, verso l'alto, verso la perfezione ed è faticoso e duro. Noi usia­mo chiamare questo risvolto "ascesi o ascetica cristiana";

b) il secondo risvolto invece è quello discendente: è il cammino della grazia divina che viene in giù, verso di noi per attrarci. Esso precede, accompagna e corona il primo ri­svolto ed è misterioso, sfugge al nostro controllo ed al no­stro sforzo. Per questo noi lo chiamiamo "mistica cristiana". Essenzialmente la mistica consiste nel dono della grazia di-

vina elargito con modalità e gradualità diverse, infinite, se­condo il Disegno di Dio su ciascuno di noi.

Nessuno merita la grazia: essa è gratuita e ci è data solo perché Gesù l'ha meritata per noi e noi crediamo in Lui. Ma quando la grazia arriva al cuore può essere accolta o respinta. Essa interpella la buona volontà dell'uomo.

Anche Maria, che pure aveva ricevuto in un dono privilegiato di grazia fin dalla sua concezione, ha fatto un cammino di perfezione aderendo sempre più a Cristo suo Salvatore e Si­gnore. Per questo la Chiesa si specchia in Lei e nella sua santità. E per questo anche noi, che vogliamo contribuire con la nostra vita santa a rendere sempre più pura e senza macchia la Chiesa, guardiamo a Lei e La invochiamo con fi­liale affetto.

Fermiamoci qui. Vedremo nel prossimo capitolo le altre due note: la cattolicità e 1'apostolicità.

Preghiamo per la Chiesa! Affidiamola alla materna prote­zione di Maria ed impegniamoci ogni giorno ad essere santi secondo la volontà del Signore!



CONTEMPLAZIONE

Contempliamo la bellezza della Chiesa, Sposa del Signore, con occhi di fede fissi nel Cielo dove già molti nostri fratelli sono uniti a Maria nella gloria della Celeste Gerusalemme.

Apocalisse cap. 21

Vidi poi un nuovo cielo e una nuova terra, perché il cielo e la terra di prima erano scomparsi e il mare non c'era più.

Vidi anche la città santa, la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. Udii allora una voce potente che usciva dal trono: «Ecco la dimora di Dio con gli uomini! Egli dimorerà tra di loro ed essi saranno suo popolo ed egli sarà il "Dio-con-loro".

E tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate».

E Colui che sedeva sul trono disse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose»; e soggiunse: «Scrivi, perché queste parole sono certe e veraci.

Ecco sono compiute! Io sono l'Alfa e l'Omega, il Principio e la Fine. A colui che ha sete darò gratuitamente acqua della fonte della vita.

Chi sarà vittorioso erediterà questi beni; io sarò il suo Dio ed egli sarà mio figlio.

Ma per i vili e gl'increduli, gli abietti e gli omicidi, gl'immorali, i fattucchieri, gli idolàtri e per tutti i mentitori è riservato lo sta­gno ardente di fuoco e di zolfo. E' questa la seconda morte». Poi venne uno dei sette angeli che hanno le sette coppe piene degli ultimi sette flagelli e mi parlò: «Vieni, ti mostrerò la fidanzata, la sposa dell'Agnello».

L'angelo mi trasportò in spirito su di un monte grande e alto, e mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scendeva dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio.

Il suo splendore è simile a quello di una gemma preziosissima, come pietra di diaspro cristallino.

La città è cinta da un grande e alto muro con dodici porte: sopra queste porte stanno dodici angeli e nomi scritti, i nomi delle dodici tribù dei figli d'Israele.

A oriente tre porte, a settentrione tre porte, a mezzogiorno tre porte e ad occidente tre porte.

Le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell'Agnello.

Colui che mi parlava aveva come misura una canna d'oro, per misurare la città, le sue porte e le sue mura.

La città è a forma di quadrato, la sua lunghezza è uguale alla larghezza. L'angelo misurò la città con la canna: misura dodici mila stadi; la lunghezza, la larghezza e l'altezza sono eguali.

Ne misurò anche le mura: sono alte centoquarantaquattro braccia, secondo la misura in uso tra gli uomini adoperata dall'angelo.

Le mura sono costruite con diaspro e la città è di oro puro, simile a terso cristallo.

Le fondamenta delle mura della città sono adorne di ogni specie di pietre preziose. Il primo fondamento è di diaspro, il secondo di zaffiro, il terzo di calcedònio, il quarto di smeraldo, il quinto di sardònice, il sesto di cornalina, il settimo di cri­sòlito, l'ottavo di berillo, il nono di topazio, il decimo di crisopazio, l'undecimo di giacinto, il dodicesimo di ametista.

E le dodici porte sono dodici perle; ciascuna porta è formata da una sola perla. E la piazza della città è di oro puro, come cristallo trasparente.

Non vidi alcun tempio in essa perché il Signore Dio, l'Onnipotente, e l'Agnello sono il suo tempio.

La città non ha bisogno della luce del sole, né della luce della luna perché la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l'Agnello.

Le nazioni cammineranno alla sua luce e i re della terra a lei porteranno la loro magnificenza.

Le sue porte non si chiuderanno mai durante il giorno, poiché non vi sarà più notte.

E porteranno a lei la gloria e l'onore delle nazioni.

Non entrerà in essa nulla d'impuro, né chi commette abominio o falsità, ma solo quelli che sono scritti nel libro della vita dell'Agnello.



- Capitolo 29 -

"CREDO LA CHIESA CATTOLICA ED APOSTOLICA"

CATTOLICA E APOSTOLICA


Nel parlarvi delle quattro note della Chiesa "una, santa, cattolica ed apostolica" mi sento sempre più incapace man mano che procedo perché vedo l'orizzonte farsi sempre più ampio, mentre invece il tempo e le capacità si restringono. Per me è una sofferenza grande dover dire: ora basta! Per voi, forse, sarà un sollievo!

II fatto è che sull'unità e sulla santità della Chiesa non ho fatto che balbettare alcune povere cose, quando la realtà è così grande e così bella! Ma pazienza! Voi perdonerete la mia incapacità, come, ne sono certo, mi perdonerà il Signore! Passiamo dunque alle altre due note della Chiesa: la Chiesa è cattolica, la Chiesa è apostolica.



1 - LA CHIESA E' CATTOLICA

- Che cosa significa "la Chiesa è cattolica"?

In greco la parola katholicos significa "universale" e nell'antica filosofia serviva a designare delle affermazioni valide per tutti.

Il primo ad attribuire alla Chiesa questo titolo fu Ignazio di Antiochia il quale scrive: "dove c'è il vescovo, là c'è la comunità, come dove c'è Cristo, là c'è la Chiesa cattolica". Più tardi l'aggettivo divenne sostantivo così che parlando della Chiesa sparsa nel mondo si usava chiamarla senz'altro " la Cattolica". Infine, nel bollore delle polemiche fra le varie Chiese, la parola è ritornata ad essere aggettivo per desi­gnare la nostra Chiesa, quella cioè che fa capo al Vescovo di Roma, al Papa, per cui oggi parliamo di Chiesa Cattolica, di Chiesa Riformata e di Chiesa Ortodossa. Di qui è facile che intorno alla nota "cattolica" professata nel Credo sorgano equivoci e pregiudizi o, comunque, interpretazioni non complete.

Diciamo subito che quando il Credo venne composto le Chiese erano ancora unite per cui il titolo di "cattolica" non designava una di esse in particolare, ma l'unica Chiesa allora esistente.

Diciamo anche che la cattolicità della Chiesa non consiste per se nel fatto che attualmente essa sia diffusa in tutto il mondo e tra tutti i popoli: caso mai questa realtà è il frutto della cattolicità, non la sorgente. La Chiesa era già cattolica al mattino della Pentecoste quando tutti i suoi membri erano contenuti in una piccola sala; lo era ancora al tempo in cui le ondate ariane sembravano sommergerla nella loro eresia, lo sarà anche domani qualora le masse si staccassero dalla vera fede ed essa rimanesse priva di quasi tutti i suoi figli. Infatti l'essere cattolica per la Chiesa non è questione di geografia o di cifre, ma è prima di tutto e soprattutto qualche cosa di intrinseco (cfr H. De Lubac, Cattolicesimo).

In che cosa consiste, dunque, l'essenza della cattolicità della Chiesa?

Consiste nel fatto che la vita che essa porta e comunica è di tale natura che può riunire tutto il genere umano e condurlo a Dio. Consiste, dunque, in un dono che essa ha ricevuto dal Signore per compiere il Disegno della salvezza universale. Questo disegno, più e più volte annunciato dai profeti e proclamato dagli apostoli, lo troviamo espresso anche sulle labbra del grande accusatore di Gesù, il sommo sacerdote Caifa, il quale, senza saperlo, profetizzò quando disse: 'E' meglio che muoia uno solo per tutti". Queste parole vengono commentate così dall'evangelista Giovanni: "Questo però non lo disse di suo, ma essendo sommo sacerdote profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione e non per la nazione soltanto, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi" (Giov 11,50-52). Le parole di Caifa, senza che egli se ne rendesse conto, rivelano il cuore della fede cristiana e cioè che il Cristo è morto per tutti, perché sia data la vita eterna a tutta la famiglia umana: è l'universalità della salvezza, è la cattolicità di cui facciamo professione; cattolicità che noi attribuiamo alla Chiesa quale luogo della salvezza nel corso della storia.

Questa, è la capacità, questa è la vocazione intrinseca della Chiesa: dare la vita di Dio a tutti gli uomini, di tutti i luoghi e di tutti i tempi, senza distinzione alcuna. Dice la Bibbia: "Dio vuole che tutti gli uomini si salvino e giungano alla conoscenza della verità" (1Tim 2,4). Poi soggiunge: "Perché uno solo è Dio e uno solo è il mediatore tra Dio e gli uomini: l'uomo Gesù Cristo. Egli ha dato la vita come prezzo del riscatto di noi tutti. A questo modo, nel tempo stabilito, egli ha dato la prova che Dio vuol salvare tutti gli uomini. Per questo io sono stato fatto messaggero ed apostolo, con l'incarico di insegnare ai pagani la fede e la verità" (id. 5-7). In queste parole della Scrittura abbiamo non solo la rivelazione della cattolicità, cioè dell'universalità, del Vangelo, ma anche quello della Chiesa. Paolo, infatti, afferma di essere stato fatto messaggero ed apostolo con la missione di portare a tutti i popoli il vangelo della salvezza.

E qui nasce il nostro impegno di cattolici. Non possiamo rimanere fermi. Abbiamo ricevuto un dono che è stato dato per tutti gli uomini del mondo. Ogni cristiano deve essere anche cattolico, il che significa missionario, proteso verso tutta l'umanità per evangelizzarla.

Rileggiamo meglio e più a fondo le parole della Bibbia.

- S. Paolo afferma innanzitutto quale è la volontà di Dio: "Dio vuole che tutti gli uomini si salvino". Questa volontà è assoluta, non esclude nessuno.

- Ma come possono salvarsi tutti gli uomini? Risponde S. Paolo: "e giungano alla conoscenza della verità". La salvezza è data gratuitamente per fede. E la fede presuppone l'annuncio della verità, cioè dell'evangelo.

- Paolo mette il fatto, l'evento, della morte di Cristo in Croce come fondamento e sorgente della salvezza: "Gesù ha dato la vita come prezzo del riscatto di noi tutti". Ecco la fonte della vita, ecco la base della fede che salva: non verità astratta, ma un fatto concreto: la morte di Cristo. E' su questo fatto che si deve fondare la nostra fede ed il nostro apostolato. Gesù è morto per noi, è morto per tutti!

- "A questo modo, nel tempo stabilito, egli ha dato la prova che Dio vuole salvare tutti gli uomini". Morendo in croce per tutti, Gesù non solo ha compiuto di fatto la salvezza, ma l'ha proclamata, manifestando al mondo il Disegno di Dio. Aveva detto a Nicodemo: "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo unico Figlio perché il mondo si salvi per mezzo di Lui" (Gv 3,16). Ed ancora: "Io quando sarò esultato da terra attirerò a Me tutte le cose" (Gv 12,32). E' questo fatto centrale che noi dobbiamo annunciare a tutti gli uomini testimoniandolo con la nostra fede e con la nostra vita.

- Ma se davvero crediamo al Disegno di Dio - scrive San Paolo - ne viene di conseguenza l'impegno apostolico: "Per questo io sono stato fatto messaggero e apostolo, con l'incarico di insegnare ai pagani la fede e la verità".

Questo impegno è connaturale alla Chiesa: fa parte del suo essere. La Chiesa è per essenza "mandata" a tutte le genti: è cattolica!

Ebbene, anche la natura della cattolicità deve essere visibile: non basta che la Chiesa la possegga: è necessario che si veda! Come l'unità, come la santità anche la cattolicità deve farsi visibile, palpabile.

Ora, secondo il mio modesto avviso, è proprio nel ministero del Papa che ciò avviene. Mentre l'essenza della cattolicità è presente in ogni comunità ecclesiale, non così lo è la sua vi­sibilità. C'è soltanto una persona che incarna visibilmente questa cattolicità perché si presenta al mondo come il vescovo di tutta la Chiesa, il Vicario di Gesù in terra, Colui attorno al quale si raduna tutto il Popolo di Dio, pecorelle e pastori. Questa persona è il Papa. E' nel Papa che ogni credente trova il punto d'incontro con tutti i fratelli sparsi nel mondo e si sente membro di un'unica famiglia. Non certo perché il Papa, in quanto uomo, possa avere il potere di essere centro della Chiesa. Vi è un solo centro nella Chiesa e questo centro è il Cristo. Ma il Papa ne è il segno che Lo rende visibile come Pastore universale. Quando ho avuto la grazia di celebrare l'Eucarestia insieme al Papa ho fatto un'intima esperienza della cattolicità. Sentivo che quel piccolo altare, nella cappella privata del Pontefice, era il vertice del mondo, il punto più alto della Chiesa, il luogo dell'incontro di Gesù con la sua Sposa. Ciò avviene in ogni messa e su ogni altare, lo so. Ma lì io lo sentivo in maniera quasi palpabile. Sentivo che lì si unificavano tutte le preghiere e le aspirazioni dei credenti e di tutto il mondo. E lì ho imparato a rendere più cattolica la mia Messa. Lì c'era una visione grande, come dall'alto di una montagna. Lì, per me, il Papa era il segno visibile della cattolicità della Chiesa. Ogni altra persona, per quanto degna ed importante rappresenta e rende visibile solo una parte del Popolo di Dio. Un Vescovo, pur essendo vescovo per tutta la Chiesa, di fatto rende visibile la sua diocesi: è il vescovo di quella porzione del Popolo di Dio. Il Patriarca d'Oriente esprime la sua comunità, il Pastore protestante la sua congregazione, il Prete la sua parrocchia. Solo il Papa esprime visibilmente l'universalità della Chiesa, la sua cattolicità. Lui solo è il Pastore per eccellenza: "pasci i miei agnelli, pasci le mie pecorelle!" (Gv 21,15 ss). Se mancasse il Papa non saprei come la nota della cattolicità si potrebbe rendere visibile in maniera adeguata! Basta aprire la radio e la televisione in una delle grandi feste cristiane per avere un'immagine visibile della cattolicità ecclesiale! Basta trovarsi una volta tanto in piazza S. Pietro e partecipare ad una di quelle grandiose udienze per sentirci coinvolti nell'universalità della Chiesa. Lì ci si trova diversi per lingua, costume, espressione: ma ci si sente un cuor solo ed un'anima sola nell'unica fede. Ed il segno di questa unità e di questa cattolicità è sempre quell'uomo vestito di bianco: il Papa. Italiani, tedeschi, inglesi, spagnoli, americani, asiatici, africani: ci sentiamo come nel giorno di Pentecoste: ci sentiamo cattolici; respiriamo l'universalità del Vangelo e della Chiesa.



2 - LA CHIESA E' APOSTOLICA

- Vediamo ora che cosa significa che la Chiesa è apo­stolica.

Immediatamente questa parola rievoca l'immagine dei dodici apostoli e ben a ragione. Su di essi, infatti, è costruita la Chiesa come dice S. Giovanni nell'Apocalisse quando de­scrive la Celeste Gerusalemme: "Le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i nomi dei dodici apo­stoli dell'Agnello" (Ap 21,14). E S. Paolo nella Lettera agli Efesini scrive: "Voi siete concittadini dei santi a familiari di Dio, edíficati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti avendo come pietra angolare lo stesso Cristo Gesù. In Lui tutta la costruzione cresce ben ordinata per essere tempio santo nel Signore; in Lui anche voi, insieme con gli altri venite edificati per diventare dimora di Dio per mezzo dello Spirito" (Ef 2,19-22).

Ecco qui chiaramente descritta la nota dell'apostolicità della Chiesa.

Esaminiamola un po' meglio.

- S. Paolo si rivolge ad una comunità particolare, quella di Efeso, e che cosa dice? Dopo aver riconosciuto che una volta questi fedeli erano pagani, senza Dio, separati dal Popolo di Dio, ora afferma che, per la redenzione di Cristo, essi sono diventati concittadini dei santi e familiari di Dio. Qui la parola santi non indica i beati del Cielo, ma i credenti in Cristo, i cristiani. Mediante la fede ed il battesimo gli Efesini (e con loro ogni altro uomo che crede in Gesù) entrano a far parte della famiglia di Dio e diventano concittadini dei santi, cioè parte del Popolo di Dio che è la Chiesa e figli di Dio, quindi fratelli tra loro.

- "Infatti - scrive ancora S. Paolo - voi siete stati integrati in quella costruzione che ha per fondamento gli apostoli ed i profeti". Egli paragona la chiesa al Tempio Vivente di Dio, alla sua casa, alla sua Dimora. Ebbene questa Casa ha come fondamento gli apostoli ed i profeti (qui con la parola profeti s'intendono i predicatori del Vangelo più che i profeti dell'Antico Testamento) cioè ha per fondamento la predicazione, la parola, la dottrina degli apostoli di Gesù. La vera Chiesa è fondata sull'insegnamento apostolico. Infatti è agli apostoli che Gesù comanda: 'Andate in tutto il mondo e predicate il mio Vangelo a tutte le creature".

- S. Paolo prosegue affermando che Gesù stesso è la pietra angolare, quella cioè che tiene unite in un corpo solo le due componenti della Casa di Dio: gli ebrei ed i pagani. Una volta essi erano divisi, ora, per opera della predicazione apostolica, essi formano una sola cosa in Cristo. In tal modo "tutta la costruzione cresce ben ordinata per essere tempio santo nel Signore".

Vedete, cari amici, quanto sia importante essere fondati sulla predicazione apostolica. E' questa predicazione che ci garantisce l'appartenenza alla vera Chiesa di Gesù. S. Ire­neo, vescovo di Lione e martire, scrive: "Il Signore di tutte le cose diede ai suoi apostoli il potere di annunciare il Vangelo ed attraverso di loro abbiamo conosciuto la verità, cioè l'insegnamento del Verbo di Dio. A loro il Signore disse: chi ascolta voi, ascolta me e chi disprezza voi, disprezza me e Colui che mi ha inviato. Non attraverso altri noi abbiamo conosciuto l'economia (il progetto) della nostra salvezza, ma attraverso coloro per mezzo dei quali il Vangelo è giunto fino a noi. Quel Vangelo essi allora lo predicarono, poi per la volontà di Dio ce lo trasmisero in alcune scritture perché fosse fondamento e colonna della nostra fede... Chi non dà il proprio assenso a questi insegnamentí, disprezza coloro che sono diventati partecipi del Signore, disprezza il Signore, e di­sprezza anche il Padre e si condanna da sè... " (Ad. Her. III, par. 1,2). Più avanti S. Ireneo ci dice che la predicazione apostolica continua per mezzo dei vescovi della Chiesa: " la tradizione che viene dagli apostoli si conserva nella Chiesa grazie alla successione dei presbiteri... Questa tradizione, manifestata in tutto il mondo, possono vederla in ogni Chiesa tutti coloro che vogliono vedere la verità e noi possiamo enumerare i vescovi stabiliti dagli apostoli nelle chiese ed i loro successori fino a noi". S. Ireneo scrive queste parole per confondere gli eretici che insegnavano dottrine contrarie a quelle insegnate dalla tradizione apostolica e chiama a prova di quanto dice la successione apostolica dei vescovi. "Ma poiché sarebbe troppo lungo in quest'opera enumerare la successione di tutte le chiese - egli scrive - prenderemo la Chiesa grandissima ed antichissima ed a tutti nota, la Chiesa fondata e stabilita a Roma dai due gloriosissimi apostoli Pietro e Paolo... Infatti con questa Chiesa, in ragione della sua origine più eccellente, deve necessariamente essere d'accordo ogni Chiesa, cioè i fedeli che vengono da ogni parte - essa nella quale per tutti gli uomini sempre è stata conservata la tradizione che viene dagli apostoli" (Ir. C. H. 111, 3). "Questa è la prova più completa che una e medesima è la fede vivificante degli apostoli che è stata conservata e trasmessa nella verità" (id.).

E' ancora nel Papa e nei vescovi in comunione con Lui che risalta la nota della apostolicità. La vera Chiesa di Gesù è apostolica in quanto è fondata sulla tradizione degli apostoli conservata e predicata dai loro successori, il Papa ed i vescovi. Chi si separa da loro si separa dalla vera Chiesa.

Come possiamo far risplendere questa nota se non mediante la fedeltà al Papa ed al Vescovo? Non è fedeltà agli uomini, ma al Signore che rappresentano. Possono essere anche meno capaci e meno degni di tanti altri, possono essere pieni di li­miti e di debolezze, addirittura possono essere anche dei grandi peccatori, ma non cessano per questo di essere i garanti della Tradizione Apostolica: "Chi non dà il suo assenso ai loro insegnamenti - dice San Ireneo - disprezza il Signore, disprezza anche il Padre e si condanna da sè!".

Fedeltà all'insegnamento del Papa e dei Vescovi: ecco il no­stro impegno di cattolici ed apostolici. Ecco come noi pos­siamo e dobbiamo mostrare a tutto il mondo la realtà della vera Chiesa.

"Credo la Chiesa, una, santa, cattolica, apostolica" è la professione della nostra vera fede, è l'impegno della nostra te­stimonianza cristiana.

Se amiamo Gesù e amiamo la Chiesa facciamo sì che la no­stra vita sia adorna di queste quattro note, le quattro note che rendono visibile e garantita l'autentica Chiesa del Signore.

La Madonna vi illumini e vi accompagni in questo vostro impegno.



CONTEMPLAZIONE

Questa volta useremo per la nostra contemplazione un brano dell'Antico Testamento. Immagina di vedere, con gli occhi del cuore, quanto descrive il profeta e lasciati trasportare dalla preghiera.

Isaia cap. 2

Ciò che Isaia, figlio di Amoz, vide riguardo a Giuda e a Gemsalemme.

Alla. fine dei giorni, il monte del tempio del Signore sarà eretto sulla. cima dei monti e sarà più alto dei colli; ad esso affluiranno tutte le genti.

Verranno molti popoli e diranno: «Venite, saliamo sul monte del Signore, al tempio del Dio di Giacobbe, perché ci indichi le sue vie e possiamo camminare per i suoi sentieri». Poiché da Sion uscirà la legge e da Gerusalemme la parola del Signore. Egli sarà giudice fra le genti e sarà arbitro fra molti popoli. For­geranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci; un popolo non alzerà più la. spada contro un altro popolo, non si eserci­teranno più nell'arte della guerra.

Casa di Giacobbe, vieni, camminiamo nella luce del Signore. Salmo 86

Le sue fondamenta sono sui monti santi;

il Signore ama le porte di Síon più di tutte le dimore di Giacobbe. Di te si dicono cose stupende, città di Dio.

Ricorderò Raab e Babilonia fra quelli che mi conoscono; ecco, Palestina, Tiro ed Etiopia: tutti là sono nati.

Si dirà di Sion: «L'uno e l'altro è nato in essa e l'Altissimo la tiene salda».

R Signore scriverà nel libro dei popoli: «Là costui è nato». E danzando canteranno; «Sono in te tutte le mie sorgenti».



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