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RISURREZIONE

Ultimo Aggiornamento: 05/09/2009 16:27
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05/09/2009 16:25

P. Nicola Tornese

La Bibbia conosce due tipi o forme di risurrezione,: una spirituale, detta anche prima risurrezione, e l'altra corporea o della carne. Parleremo prima della risurrezione spirituale, di cui scrive specialmente Giovanni nel vangelo e nell'Apocalisse. Ma ne parla anche san Paolo.

 

LA RISURREZIONE SPIRITUALE

Giovanni 5, 24-27

Giovanni, il discepolo che Gesù amava (cfr. Giovanni 13,23), ci ha conservato le belle parole del Maestro:

< In verità, in verità vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita. In verità, in verità vi dico: è venuto il momento ed è questo, in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio, e quelli che l'avranno ascoltata, vivranno. Come infatti il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso al Figlio di avere la vita in se stesso; e gli ha dato il potere di giudicare, perché è il Figlio dell'uomo” (Giovanni 5, 24-27, cfr. 3,15-16).

Spiegazione:

a) Gesù parla di un passaggio dalla morte alla vita. Il discorso è rivolto a persone, che possono ascoltare la sua parola e prendere una decisione. Non è possibile perciò che si tratti di gente morta corporalmente. Si tratta di persone ancora vive, su questa terra, a cui è offerto un passaggio da una stato di morte a uno stato di vita. Questo passaggio avviene ora, al momento dell'ascolto e dell'accettazione della voce del Figlio di Dio. Gesù dunque afferma l'esistenza d'una risurrezione già in questa vita.

b) Questo passaggio conduce l'uomo dalla “morte” alla “vita”. Poiché - ripetiamo - le persone a cui è rivolto l'invito sono ancora fisicamente vive, la nuova vita che è offerta, deve essere diversa da quella fisica. Deve trattarsi d'una vita spirituale o soprannaturale, che fa risorgere da una morte pure spirituale. La vita, offerta qui da Gesù, consiste nel passaggio da uno stato di peccato, chiamato “morte”, a uno stato di amicizia con Dio, chiamato “vita”. Questa è la natura della prima risurrezione.

c) Verrà poi un altro momento, un'altra ora, in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la voce dello stesso Figlio di Dio e ne usciranno (cfr. Giovanni 5, 28). Ma si tratta evidentemente di un ,altro tipo o forma di risurrezione, proiettata nel futuro. E' quella corporea o della carne.

Spiega sant'Agostino:

“Gesù non parla ancora della seconda risurrezione, cioè della risurrezione dei corpi, che avverrà alla fine, ma della prima risurrezione, che avviene ora. E per distinguerla dice: E' venuto il momento, ed è questo. Non si tratta quindi della risurrezione dei corpi, bensì di quella delle anime. Anche le anime infatti hanno la loro morte nell'empietà e nel peccato (... ). Riguardo a costoro che sono morti nell'anima per empietà ed iniquità, il Signore dice: E' venuto il momento, ed è questo, in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio, e quelli che l'avranno ascoltata vivranno. Quelli che l'avranno ascoltata sono "quelli che avranno obbedito, che avranno creduto ed avranno perseverato sino alla fine” (cfr. Marco 16,16) (...). In tal modo, credendo in Colui che giustifica l'empio (cfr. Romani 4, 5), e giustificati nella nostra empietà come se fossimo passati dalla morte alla vita, possiamo partecipare alla prima risurrezione, che ha luogo ora”

Apocalisse 20, 4-6

La stessa dottrina in Apocalisse 20,4-6:

“Vidi anche le anime dei decapitati a causa della testimonianza di Gesù e della Parola di Dio, e quanti non avevano adorato la bestia e la sua statua (...). Essi ripresero vita e regnarono con Cristo per mille anni; gli altri morti invece non tornarono in vita fino al compimento dei mille anni. Questa è la prima risurrezione. Beati e santi coloro che prendono parte alla prima risurrezione. Su di loro non ha potere la seconda morte, ma saranno sacerdoti di Dio e del Cristo e regneranno con lui per mille anni” (Apocalisse 20,4-6).

Spiegazione:

a) Qui Giovanni parla d'una prima risurrezione (versi 5-6). E' impossibile che si tratti della risurrezione della carne perché questa verrà solo in seguito, immediatamente prima del giudizio finale (verso 13). D'altra parte una duplice risurrezione corporea dei buoni è inconcepibile. La Bibbia attesta solo e sempre una sola risurrezione della carne alla fine dei tempi (cfr. infra, pp. 23-34). La prima risurrezione può essere perciò solo una realtà spirituale, il passaggio dalla morte a causa del peccato alla vita soprannaturale mediante l'adesione a Cristo con la fede e il battesimo. Tutto è in armonia con Giovanni 5, 25-27 e anche con san Paolo (Romani 6, 4-11, infra).

b) La prima risurrezione o risurrezione spirituale è data a tutti coloro che aderiscono a Dio mediante il Cristo: in primo luogo ai martiri della fede e poi ai confessori, cioè a tutti coloro che non hanno adorato la bestia. Adorare la bestia equivale a rifiutare il Regno di Dio per aderire a quello di satana. Non vi è limite di; numero. San Paolo si rivolge a tutti i credenti in Cristo quando afferma: “Se con Lui (Cristo) perseveriamo, con Lui anche regneremo” (2 Timoteo 2,12). Regnare nel linguaggio biblico non VUOI dire avere dei sudditi, ma essere liberi e sovrani: liberi dalla schiavitù delle passioni e del peccato, liberi anche dalla morte (cfr. Apocalisse 21, 4).

c) La partecipazione al Regno con Cristo è data fin d'ora. Il senso è che tutti i cristiani, sia martiri, che hanno dato il sangue per Gesù Cristo, sia confessori, che conservano pura la loro fede, formano la concreta attuazione del Regno di Dio, ossia della Chiesa di Gesù Cristo. Questa scena si ha da collocare sia in cielo, dove i risorti spiritualmente, che hanno lasciato questa vita, formano la Chiesa trionfante, sia in terra, dove quanti possiedono la prima risurrezione, vivono la vita di grazia o di amicizia con Dio, ossia regnano con Cristo.

d) L'espressione “regnarono con Cristo per mille anni” non va presa dunque alla lettera. Basterebbe considerare che dai tempi dei primi martiri e dei primi confessori della fede cristiana ne sono già passati duemila. I Mille anni indicano il tempo della Chiesa lungo e indeterminabile, che va dalla instaurazione del Regno operata da Cristo mediante la sua morte e risurrezione. Il numero Mille va preso in senso simbolico, che è in perfetta armonia con lo stile dell'Apocalisse.

Un'appropriazione Indebita

L'errore:

Per i testimoni di Geova (tdG) le anime dei risuscitati, di cui in Apocalisse 20, 4-6, sarebbero i componenti della classe privilegiata dei 144.000. Essi appartengono a Cristo quali fedeli discepoli scelti a regnare con Lui. Solo essi prendono parte alla prima risurrezione, “la risurrezione dei morti che ha luogo più presto” (Filippesi 3:11). Più presto vuol dire “durante la presenza di Cristo, che ha avuto inizio nel 1914. Essi sono “primizie a Dio e all'Agnello” (Rivelazione 14:4).

La verità:

a) Questa spiegazione geovista contrasta radicalmente col testo biblico di Apocalisse 20,4-6, e con tutti gli altri testi citati e strumentalizzati dai geovisti.

Anzitutto in quanto al numero. Giovanni attribuisce la prima risurrezione a quelli che furono decapitati a causa della testimonianza di Gesù, cioè ai martiri cristiani. Ora, accurati studi storici hanno accertato che i martiri cristiani, solo nei primi tre secoli dell'Era Cristiana, vanno contati a centinaia di migliaia.

Inoltre, assieme ai martiri, vi sono coloro che non hanno adorato la bestia, vale a dire una schiera innumerevole di discepoli di Cristo, che si sono mantenuti fedeli a Lui per tutta la loro vita. Sono milioni! (cfr. Apocalisse 7,9ss).

A questi martiri e confessori dell'Era Cristiana vanno aggiunti, secondo alcuni, i martiri e confessori della fede israelita prima di Cristo. Ce n'è d'avanzo per superare le sparuto numero di 144.000! E' assurdo e ridicolo limitare a poche decine di migliaia il numero dei fedeli discepoli di Cristo.

b) A parere dei geovisti solo i 144.000 appartengono a Cristo durante la, sua presenza. A sostegno di questa assurdità essi citano 1 Corinzi 15, 20-23. Ora tutti ì biblisti sono del parere che Paolo qui parla della risurrezione dei morti o della carne alla fine dei tempi, non della prima risurrezione. Sulla risurrezione della carne dubitavano alcuni cristiani della comunità di Corinto. Paolo parla di questa risurrezione e solo di essa in tutto il capitolo 15 della 1 Corinzi.

Perciò la presenza di Cristo, di cui qui parla Paolo, va riferita alla sua venuta (parousìa) o presenza visibile alla fine dei tempi.  La presenza invisibile di Cristo non è mai mancata alla sua Chiesa: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Matteo 28,20). La data del 1914 è una data inventata dal Corpo Direttivo della setta geovista. Essa contrasta sia con la Bibbia sia con la storia. E' una data di comodo ai fini di una propaganda settaria.

E' poi sommamente offensivo dire che solo i 144.000 appartengono a Cristo! E a chi appartengono le centinaia di milioni di creature umane che durante duemila anni di cristianesimo si sono mantenute e si mantengono fedeli a Cristo?

c) Parimenti errato è l'uso. che i tdG fanno di Filippesi 3, 11, che essi traducono: “La risurrezione dei morti (che ha luogo) più presto”. L'espressione “più presto” non c'è nel testo critico originale e nessun biblista traduce così il testo paolino. E' un'aggiunta geovista (cfr. Apocalisse 22, 18).

Qui Paolo si riferisce alla risurrezione universale, quella dei corpi o della carne. E' risaputo che nei primi tempi della Chiesa, anche tra gli Apostoli, vi era come un'ansiosa attesa di questa risurrezione con il ritorno visibile del Signore o parousìa (cfr. 1 Tessalonicesi 4,13-18). Mai comunque gli Apostoli hanno fissato tempi di scadenza né hanno insegnato che vi sarebbe stata una risurrezione “più presto” e un'altra “più tardi”.

d) Parimenti errata è la spiegazione geovista di Apocalisse 14,4. A loro avviso le “primizie a Dio e all'Agnello” indicherebbero il numero limitato di 144.000.

“Primizia” indica il primo frutto di un raccolto, a cui seguono tanti altri della stessa specie.Nella Bibbia Cristo è detto “primizia” dei risorti da morte in quanto come Lui risorgeranno quelli che sono di Cristo (cfr. 1 Corinzi 15, 20.23; Filippesi 3, 20-21). 144.000 sono detti “primizie” in quanto rappresentano il primo frutto abbondante della Redenzione di Cristo. Sarà seguito da altri, da tantissimi altri nel corso dei secoli.

Romani 6,4-11

La dottrina della prima risurrezione si trova anche in altri testi biblici, specie in san Paolo. Ne citiamo uno, che vogliamo riportare per la sua bellezza:

“Ma Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amati, da morti che eravamo per i peccati, ci ha fatti rivivere in Cristo (...). Con lui ci ha anche risuscitati e ci ha fatto sedere nei cieli, in Cristo Gesù...” (Efesini 2,4-6).

Qui Paolo si rivolge a persone ancora vive su questa terra, ai cristiani di Efeso.

Ci soffermiamo ora ad analizzare un altre> testo paolino, anche a motivo dell'uso distorto che di esso fanno i tdG. Scrive l'apostolo:

“Per mezzo del battesimo siamo stati sepolti insieme a Lui (Cristo) nella morte perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova (...). Sappiamo bene che il nostro uomo vecchio è stato crocifisso con Lui, perché fosse distrutto il corpo del peccato e noi non fossimo più schiavi del peccato. Infatti chi è morto è ormai libero dal peccato (...). Ma se siamo morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con Lui (...). Così anche voi consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio in Cristo Gesù. Non regni più dunque il peccato nel vostro corpo mortale, sì da sottomettervi ai suoi desideri” (Romani (6,4-11).

Spiegazione:

a) San Paolo descrive gli effetti del battesimo cristiano. Per evidenziarli egli collega il battesimo cristiano alla morte e risurrezione di Cristo. Prima alla morte. Il battesimo fa morire l'uomo al peccato, lo libera dai peccati, li rimette (cfr. Atti 2, 38): “Per mezzo del battesimo siamo stati sepolti insieme a Lui nella morte”. Poi alla risurrezione. Il battesimo conferisce al battezzato una nuova vita in virtù della risurrezione di Cristo: “Come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una nuova vita”.

In altre parole, il battesimo cristiano, in virtù della morte e della risurrezione di Cristo, produce nella creatura umana un duplice effetto: uno negativo e uno positivo. Distrugge la morte spirituale e dà all'uomo una vita pure spirituale (cfr. Efesini 2,4-9).

b) Il primo effetto, quello negativo, è espresso con le parole: “Chi è morto è ormai libero dal peccato”. E' una formula giuridica. Che cosa intende dire l'apostolo?

Se la frase è presa in senso giuridico, con riferimento cioè a quanto avviene tra gli uomini nell'amministrazione della giustizia, il significato è che con la morte si ha l'estinzione di ogni procedura penale. li morto non solo non può più violare la legge, ma neppure è punibile per eventuali delitti commessi in vita. La legge umana non agisce più su di lui.

Ma è chiaro che il pensiero di Paolo non è questo. Il suo discorso spazia in un ordine superiore, sull'azione di Dio nei riguardi dell'uomo in virtù della morte e risurrezione di Cristo. L'Apostolo si serve solo d'una immagine, d'un paragone per spiegare l'effetto negativo del battesimo. Egli non intende parlare della morte fisica del battezzato. Il battezzato continua a vivere su questa terra, ma non è più punibile. Il peccato in lui è stato distrutto. Egli è morto al peccato in virtù della morte di Cristo. E' sempre l'effetto negativo del battesimo. Il battezzato è libero dal peccato in quanto Cristo lo ha purificato, redento, prosciolto.

c) Questa morte spirituale è seguita da una nuova vita, da una risurrezione pure spirituale, in virtù della risurrezione di Cristo. Il battezzato continua a vivere su questa terra, ma la sua vita, in tutta la sua dimensione, “spirito, anima e corpo” (1 Tessalonicesi 5, 23), è arricchita da una nuova vita soprannaturale.

Tuttavia il battezzato è ancora libero e in qualche modo esposto al peccato: può rinnegare la fede e perdere la nuova vita spirituale. Qualora lo faccia, subirà la conseguenza davanti a Dio (cfr. Romani 14, 10; 2 Corinzi 5, 10). Perciò Paolo esorta il battezzato a non ritornare a essere schiavo del peccato: “Non regni più dunque il peccato nel vostro corpo mortale così da sottomettersi ai suoi desideri” (Romani 6,12).

Una spiegazione falsa e settaria

L'errore:

Ai tdG il testo di Paolo (Romani 6,4-11) non dice nulla di tanta bellezza. Essi preferiscono soffermarsi su un solo verso del testo paolino, sul settimo con precisione (Romani 6,7), strappandolo dal contesto: “Colui che è morto è stato assolto dal (suo) peccato” (traduzione geovista). Spiegando settariamente questa citazione monca fanno intendere che “dopo la morte non si è più soggetti a ulteriori punizioni per i propri peccati”.

A loro avviso, san Paolo qui parla della morte fisica, della fine cioè della vita su questa terra, e afferma che dopo la morte non ci sarà nessuna sofferenza. Con parole più chiare questo equivale a dire che, dopo la morte, tutti gli uomini, qualunque sia stato il loro passato, onesti e criminali, si troveranno nella stessa condizione, che per i tdG è la non esistenza.

La verità:

a) Questo insegnamento geovista dà via libera al più deleterio immoralismo. Infatti, se dopo la morte non si è più soggetti ad alcuna punizione per i propri peccati, perché praticare la virtù e lottare contro il vizio? Tanto alla morte non c'è più peccato, nulla da scontare: “mangiamo e beviamo perché domani moriremo”! (1 Corinzi 15, 32). Proprio san Paolo condanna questo modo di pensare ed aggiunge con grande sapienza: “Non lasciatevi ingannare: le cattive compagnie corrompono i buoni costumi” (1 Corinzi 15, 33).

b) Ma la Bibbia non dice ciò che ad essa fanno dire i tdG. Il pensiero di san Paolo è ben diverso. Egli non parla di morte fisica, ossia della fine della vita terrena. Paolo si riferisce all'effetto negativo del battesimo ed afferma che nel battesimo il cristiano muore al peccato, cioè è liberato dal peccato che dominava il vecchio uomo. Nel battesimo il cristiano è reso giusto. Sì, se dovesse morire subito dopo il battesimo, non sarebbe soggetto a punizioni per i propri peccati cfr. Atti 2,38).

c) Tuttavia il battezzato può peccare dì nuovo, agire in modo che il peccato regni nel suo corpo mortale così da sottomettersi ai suoi desideri. E' un'eventualità che Paolo non esclude. In questa ipotesi, la morte fisica non lo libererà da ulteriori punizioni per i propri peccati. Lo stesso Paolo avverte che “tutti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, ciascuno 'per ricevere la ricompensa delle opere compiute finché era nel corpo, sia in bene che in male” (2 Corinzi 5, 10; cfr. Romani 14,10.12; Galati 6,7-9; Matteo 10, 28).

Secoli prima di Paola l'autore del Qoelet aveva scritto:

“Conclusione del discorso, dopo che si è ascoltato ogni cosa: Temi Dio e osserva i suoi comandamenti, perché questo per l'uomo è tutto. Infatti, Dio citerà in giudizio ogni azione, tutto cioè che è occulto, bene o male” (Qoelet 12,13-14).

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