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LA CONFESSIONE

Ultimo Aggiornamento: 05/09/2009 16:31
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05/09/2009 16:31

Una forma nuova di Confessione

A partire dal sesto secolo una nuova forma di Confessione entra in vigore e si diffonde con una certa rapidità. Sembra che abbia avuto origine e sviluppo nei monasteri delle isole del Nord Europa, in Gran Bretagna e in Irlanda, dove non era conosciuto il sistema o forma penitenziale pubblica. In un primo tempo fu praticata solo dai monaci e dai chierici. Poi fu estesa anche ai laici.

Dalle isole del Nord Europa questa forma di Confessione fu esportata nel continente quando san Colombano (543-615) con altri monaci dall'Irlanda si trasferì nella Francia. La nuova forma si diffuse con una certa rapidità perché più semplice di quella pubblica. Non vi erano ancora confessionali. Ma neppure il cammino più o meno lungo della penitenza pubblica sopra descritto.

Il peccatore si presentava spontaneamente al sacerdote e accusava i propri peccati. Il sacerdote gli imponeva le opere di penitenza secondo la gravità dei peccati. Compiuta la penitenza il peccatore tornava dal sacerdote per avere l'assoluzione. Questa avveniva mediante l'imposizione delle mani del sacerdote accompagnata da una preghiera.

Normalmente non avveniva alla presenza del popolo eccetto in alcune solennità come, per esempio, il Giovedì Santo. Il ministro era quasi sempre il presbitero. Il vescovo si riservava la riconciliazione solenne a più penitenti in casi particolari, come nella forma pubblica.

In effetti, anche la forma pubblica di penitenza continuò a praticarsi ancora per parecchio tempo specie in ambienti più tradizionali o legati al passato. In pratica, fino al tardo Medioevo si ebbero due forme di Confessione: quella pubblica per i peccati più gravi pubblici e quella privata per i peccati occulti o meno gravi.

Appare il confessionale

Con l'introduzione della forma privata della Confessione anche la sede o luogo della celebrazione subì delle mutazioni. All'inizio, i due momenti o tempi della Confessione - l'accusa dei peccati e spesso anche l'assoluzione dopo fatta la penitenza - avvenivano nell'abitazione del sacerdote. Di solito era il monastero. Ma già dagli inizi del secolo XI, tutto il rito si svolgeva abitualmente in chiesa davanti all'altare, col ministro seduto su una semplice sedia.

Verso la fine del Medioevo fu prescritta una sede chiusa, che divenne col tempo l'attuale confessionale. Questo era ed è quasi sempre costruito in legno, ma alcune volte anche in marmo o pietra, ricavato dall'interno delle mura dell'edificio.

Al tempo del Concilio Tridentino (1545 - 1563) la forma- privata col confessionale era quasi universalmente praticata. Il Concilio la suppone e si sofferma soprattutto sulla sostanza del Sacramento della Penitenza: istituzione, opera del peccatore, ministro ecc., in un contesto di errori che negavano la sostanza del Sacramento.

Circa la forma della Confessione il Tridentino ha fatto le seguenti precisazioni:

“Per quanto riguarda il modo di confessarsi è quello segreto al solo sacerdote, benché Cristo non abbia proibito che qualcuno possa confessare pubblicamente i propri peccati per suo castigo e umiliazione, come un esempio agli altri e ad edificazione della Chiesa che ha ricevuto l'offesa”.

Oggi questa forma è la più usata. I confessionali sono situati in chiesa oppure in qualche sala adiacente alla chiesa. Ma è pure in uso il solo inginocchiatele davanti al sacerdote seduto.

“Il luogo proprio per ricevere le confessioni sacramentali è la chiesa o l'oratorio. I vescovi d'una determinata regione (Conferenza Episcopale) garantiscano che si trovino in un luogo aperto i confessionali, provvisti di una grata fissa tra il penitente e il confessore, cosicché i fedeli che lo desiderano possano liberamente servirsene. Non si ricevano le confessioni fuori del confessionale, se non per una giusta causa”.

Il Nuovo Rito della Penitenza

In questi ultimi anni, dopo il Concilio Vaticano li, c'è stata una revisione per quanto riguarda la forma del Sacramento della Penitenza, ferma restando la sostanza. Questa è - ripetiamo - il potere dato da Cristo alla sua Chiesa di rimettere i peccati - tutti i peccati - commessi dal cristiano dopo il battesimo, se il peccatore è sinceramente pentito.

Questa revisione è contenuta nel Rito della Penitenza promulgato in latino il 2 dicembre 1973. La versione italiana del testo originale fu approvata il 7 marzo 1974 e il Nuovo Rito divenne normativo dal 21 aprile dello stesso anno 1974.

Sono prese in esame ed approvate tre forme del Sacramento della Penitenza.

La prima è la forma privata invalsa durante il Medioevo e divenuta la più comune dopo il Concilio Tridentino. E’ il rito di riconciliazione dei penitenti singolarmente. Il penitente confessa i suoi peccati al sacerdote dopo accurato esame di coscienza.

Quindi il confessore impone al penitente la soddisfazione, preghiere od opere buone soddisfattorie. Il rito si conclude con l'assoluzione. Tutto avviene in perfetto segreto.

La seconda è il rito di riconciliazione per più penitenti. Questa forma o rito si celebra quando più penitenti si riuniscono per celebrare la penitenza sacramentale. Si può chiamare la forma comunitaria. Ha vari momenti o tempi: lettura della Parola di Dio, omelia o spiegazione della Parola incentrata sulla misericordia di Dio e l'impegno del peccatore per una sincera conversione.

Dopo una pausa di riflessione, un accurato esame di coscienza e dopo opportune preghiere (il Confiteor, l'Atto di dolore, il Padre Nostro, che non si deve mai omettere), i singoli penitenti si recano dal sacerdote, confessano in segreto i loro peccati, accettano la penitenza o soddisfazione e ricevono l'assoluzione. Tutto avviene durante un'unica celebrazione.

Oggi è il rito o forma più raccomandata perché con la sua struttura induce meglio il peccatore a suscitare nel suo cuore sentimenti di pentimento e a fare propositi di vita rinnovata. L'ambiente comunitario aiuta a questo rinnovamento.

La terza forma presenta le caratteristiche della seconda, vale a dire di una celebrazione comunitaria, ma con l'assoluzione generale. E’ permesso usarla solo in casi determinati quando interviene una grave necessità. In qualche modo è un'eccezione alla regola. La regola consiste nel dire i peccati al sacerdote in vista dell'assoluzione individuale.

Coloro che usufruiscono di questa terza forma hanno l'obbligo di accostarsi alla confessione auricolare e confessare privatamente al sacerdote i peccati gravi, prima di ricevere nuovamente la comunione eucaristica. In ogni caso entro un anno.

Tuttavia “la confessione individuale e completa, con la relativa assoluzione, resta l'unico modo ordinario grazie al quale i fedeli si riconciliano con Dio e con la Chiesa a meno che un'impossibilità fisica o morale non li dispensi da una tale confessione. Ciò non è senza motivazioni profonde. Cristo agisce in ogni sacramento. Si rivolge personalmente a ciascun peccatore "Figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati" (Mc. 2, 5); è il medico che si china su ogni singolo ammalate che ha bisogno di lui (cf. Me. 2, 17) per guarirlo; lo rialza e lo reintegra nella comunione fraterna. La confessione personale è quindi la forma più significativa della riconciliazione con Dio e con la Chiesa”.

 

ERRORI E VERITA

1 , L'errore:

 I tdG sono del parere che la Chiesa Cattolica va contro la Bibbia quando insegna che “non c'è colpa per quanto grave ed empia, che non si cancelli grazie alla Penitenza; e non una sola volta, ma molte e molte volte”. Come prova citano Ebrei 10: 26, CEI: “Se pecchiamo volontariamente dopo aver ricevuto la piena conoscenza della verità, non rimane più alcun sacrificio per i peccati”. E ancora Mar. 3: 29, CEI: “Chi avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo, non avrà perdono in eterno”.

La verità:

a) Ricordiamo anzitutto che è sempre Dio che perdona i peccati. La Chiesa, tramite i suoi vescovi e presbiteri, esercita un potere datole da Dio. Sì, la Chiesa Cattolica insegna che non c'è colpa per quanto grave che non si cancelli con la Penitenza, e non una sola volta, ma molte e molte volte. Ciò dicendo e facendo la Chiesa Cattolica segue fedelmente la  Bibbia dov'è detto: “Egli (Dio) perdona tutte le tue colpe, guarisce tutte le tue malattie” (Salmo 103 (102), 2). E altrove: “Anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come neve” (Isaia 1, 18). E a Pietro che domandava., “Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?”. Gesù rispose: “Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette” cioè sempre (Matteo 18, 22). E Dio sarà meno misericordioso dell'uomo? (cf. 2 Pietro 3, 9).

b) Questo dice la Bibbia. Questo insegna la Chiesa Cattolica. Ma sia la Bibbia sia la Chiesa Cattolica aggiungono: “Purché il peccatore si converta e condanni i suoi peccati” (cf. Ezechiele 18, 23; 33, 11; Luca 15, 7.11 ecc.). Da parte sua la Chiesa Cattolica insegna: “Tra gli atti del penitente, la contrizione occupa il primo posto. Essa è “il dolore dell'animo e la riprovazione del peccato commesso, accompagnato dal proposito di non peccare più in avvenire” -. E altrove: “Il penitente non creda di essere stato assolto per la sola fede, senza nessuna contrizione”.

c) Contro queste verità nulla provano i testi citati dai tdG. In quanto a Ebrei 10, 26 va notato che il testo dice: “Se pecchiamo volontariamente”. Questo indica chiaramente che qui si tratta di persone che persistono nella volontà di peccare. Non c'è in esse vera conversione, non c'è pentimento. In effetti, l'autore di Ebrei 10, 26 parla del peccato di apostasia, che è ribellione deliberata contro Dio (cf. Ebrei 6, 6). L'apostata rifiuta la Parola di Dio ed è sordo ad ogni richiamo di ripensamento. La stessa Lettera (cf. Ebrei 6, 6-8) dice che tali cristiani rinnegati crocifiggono di nuovo Gesù il Cristo e sono come la terra che, benché imbevuta da pioggia abbondante, produce pruni e spine. Certo, per costoro non vi può essere perdono di peccati perché non hanno la volontà di essere perdonati. La Chiesa Cattolica non assolve in tali situazioni.

d) Neppure Marco 3, 29 invalida la dottrina cattolica della Confessione. Dal contesto appare chiaro perché la bestemmia contro lo Spirito Santo non può essere perdonata. Gli scribi avevano accusato Gesù di scacciare i demoni per mezzo del principe dei demoni (cf. Marco 3, 22). Gesù fa notare che è impossibile che uno spirito maligno si metta contro altri spiriti maligni. Questo equivaleva a chiudere gli occhi davanti all'evidenza.

Gli scribi conoscevano la verità, ma non volevano metterla, e la negavano consapevolmente, sapendo quindi di dire una menzogna in modo esplicito e cosciente, per calunniare Gesù e allontanare il popolo dal suo insegnamento. Ed è appunto, questa la bestemmia contro lo Spirito Santo:

“In base al contesto immediato, questo peccato consiste nel rifiuto di riconoscere il potere che agisce tramite Gesù, attribuendo a satana le opere che egli compie mediante lo Spirito Santo. Un simile rifiuto di conversione si oppone al perdono (cf. Matteo 12, 23)”.

e) Il peccato di cui in Marco 3, 29 si rinnova anche dopo Cristo, e non mancano casi ai nostri giorni. La Chiesa Cattolica, anzi tutta la Cristianità, nella maggior parte dei loro membri, sono impegnate nella lotta contro il male, dovunque si annidi: nella vita pubblica e privata, nel mondo degli affari, nella famiglia ecc. Eppure i tdG, chiudendo gli occhi davanti a tanta luce, qualificano la Chiesa Cattolica, anzi tutta la Cristianità, come agenti di satana. Non è questa una bestemmia contro lo Spirito Santo.

2 - L'errore:

“Nella Bibbia non è riportato un solo caso in cui un apostolo abbia ascoltato una confessione segreta e concessa l'assoluzione. Comunque, i requisiti per essere perdonati da Dio sono esposti nella Bibbia. Gli apostoli, sotto la guida dello spirito santo, potevano discernere  se le persone soddisfacevano tali requisiti e, su questa base, potevano dichiarare se Dio le aveva perdonate o no. Come esempi, vedi Atti 5, 1-11, e anche 1 Corinzi 5: 1-5  e 2 Corinzi 2: 6-8”.

La verità:

a) Come spesso avviene i tdG usano due pesi e due misure secondo che loro conviene, per ingannare persone ingenue e ignoranti. Nel caso presente, da una parte contestano alla Chiesa Cattolica il potere di rimettere i peccati; dall'altra affermano che nella Bibbia sono esposti i requisiti per essere perdonati da Dio. E aggiungono che nella Chiesa Apostolica le guide autorizzate (gli Apostoli) potevano dichiarare se Dio aveva perdonato o no. Questo equivale a dire che Dio ha dato alla sua Chiesa il potere di rimettere i peccati a chi è disposto a essere perdonato da Dio. E’ sempre Dio che perdona. Nessuno ha mai detto il contrario, anche se la propaganda maligna dei tdG vorrebbe far credere che è il prete che perdona. Ma questa è solo calunnia, che convince gli ignoranti. Il confessore discerne se vi sono i requisiti secondo la Parola di Dio e concede il perdono in nome di Dio. Questo ha fatto Paolo e gli anziani di Corinto (cf. 1 Corinzi 5, 1-5, supra pp. 35-36). La forma di esercitare questo potere era pubblica, ma la sostanza era la stessa: ieri, oggi, sempre.

b) I tdG negano alla Chiesa Cattolica il potere di rimettere i peccati, ma essi se lo appropriano. Due pesi e due misure ipocritamente! Si sa che gli anziani delle loro congregazioni locali sono, spesso costituiti giudici e assolvono o condannano per la morte eterna quei loro seguaci che si fossero macchiati di qualche colpa, soprattutto del peccato di apostasia. Nel gergo geovista apostasia equivale a non voler pensare ed agire come impone il cervello della setta, anche se si è convinti, e si hanno ottime ragioni, che la Bibbia dice il contrario. In nome di chi assolvono e condannano?

c) Nulla prova dire che nella Bibbia non vi è un ,solo caso di Apostolo che abbia ascoltato la confessione segreta e concessa l'assoluzione. Infatti la Bibbia non dice tutto quello che hanno fatto Gesù e gli Apostoli (cf. Giovanni 21, 25). Comunque, la Bibbia dice chiaramente che il Risorto ha dato agli Apostoli il potere di rimettere i peccati. Questo è l'essenziale. Dice pure che in diversi casi gli Apostoli hanno esercitato questo potere. La forma in cui l'hanno esercitato non cambia la sostanza. Quella può cambiare ed è cambiata, questa - la sostanza - rimane sempre. (Cf. 1 Corinzi 5, 1-5; 2 Corinzi 5, 19-20).

3 - L'errore:

San Giacomo ha scritto ai cristiani del suo tempo: “Confessate i vostri peccati gli uni agli altri e pregate gli uni per gli altri per essere guariti” (Giacomo 5, 16). L'insegnamento è chiaro: io per il mio fratello peccatore non posso fare altro che pregare, mai assolvere.

La verità:

a) Sì, l'insegnamento è chiaro. Qui san Giacomo non tratta della Confessione sacramentale e perciò non concede a tutti i discepoli di Gesù il potere di rimettere i peccati. Qui san Giacomo richiama e raccomanda una pia pratica in uso presso gli Ebrei e anche presso i primi cristiani (cf. Atti 19, 18) di confessare in pubblico i propri peccati. Era una dimostrazione pubblica di pentimento.

b) Parimenti era una pia pratica, e lo è anche adesso, il pregare gli uni per gli altri, specie quando si ha peccato e sì ha bisogno del perdono di Dio. E’ sempre Dio che perdona. Ma la preghiera, specie del giusto, vale molto per ricondurre “un peccatore dalla sua via di errore” (Giacomo 5, 20). Ma queste pie pratiche - quella di confessare in pubblico i propri peccati e pregare per gli altri, specie per i peccatori - non distrugge ciò che la Bibbia dice altrove molto chiaramente, vale a dire che Dio ha dato a degli uomini il potere di rimettere i peccati (cf . Matteo 9, 8).

4 - L'errore:

Quando si pecca contro Dio, bisogna chiedere perdono solo a Lui. Solo Dio perdona (cf. Matteo: 6, 12; Salmo 32, 5; 1 Giovanni 2, 1).

La verità:

 a) Nessun cattolico ha mai detto che è il papa o il vescovo o il presbitero che perdona i peccati, tutti i peccati, sia quelli contro Dio sia quelli contro il prossimo. E’ solo e sempre Dio che perdona sia i peccati direttamente contro di Lui sia quelli contro il prossimo, che sono anche contro di Lui. Ma Dio ha dato il potere agli uomini di perdonare i peccati in suo Nome, mediante l'assoluzione, perché voleva continuare la mediazione visibile di Cristo, attraverso la Chiesa. E così, attraverso le parole del sacerdote, il penitente può essere certo e sicuro che Dio lo ha veramente perdonato.

b) Nei testi citati di Matteo 6, 12; Salmo 32, 5; 1 Giovanni 2, 1 è affermata una sola verità. che solo Dio perdona. Ma nulla è detto contro quanto lo stesso Dio. ha voluto fare per assicurarci del suo perdono. A tale scopo egli ha istituito il sacramento della penitenza.

Aggiungiamo infine o ripetiamo che, se il perdono di Dio deve avvenire nel segreto, nella camera privata, a porte chiuse (cf. Matteo 6, 6-12) e se la confessione delle proprie colpe si fa direttamente a Dio (a Geova) (cf. Salmo 32, 5), perché gli anziani delle “sale del regno” costringono i fratelli della setta geovista a confessare i loro peccati (o supposti tali) davanti a tribunali di uomini costituiti da uomini? Non sarebbe più logico lasciare a Geova il processo e la sentenza? Ma è un'illusione trovare Iogica nei comportamenti della società Torre di Guardia!

5 - L'errore:

“Quando si fa un torto al prossimo, o lo si riceve, la riconciliazione, o perdono, avviene tra offensore ed offeso (cf. Matteo 5: 23, 24; 18, 15; Luca 17: 3; Efes. 4: 32)”.

La verità:

 a) In tutti i testi citati dai tdG si parla solo della riconciliazione tra due o più cristiani tra loro: si raccomanda di riconoscere il proprio torto, di chiedere perdono al fratello offeso, di perdonare, di essere benevoli ecc. Ma non è detto nulla contro il potere di rimettere i peccati dato da Dio alla sua Chiesa.

b) La strumentalizzazione, che ne fanno i tdG per negare la dottrina biblica del Sacramento della Penitenza, contiene un grosso errore di fondo, vale a dire che l'offesa fatta al fratello non riguarda Dio. Dio non c'entrerebbe. Sarebbe una cosa da aggiustarsi tra offeso e offensore. Ma questa è una eresia! Infatti l'offesa fatta al prossimo è sempre offesa fatta a Dio: è sempre peccato contro Dio. Dei dieci comandamenti dati da Dio a Mosè (cf. Esodo 20, 2-17) ben sette riguardano offese fatte al prossimo. Sarebbe assurdo dire che in tutti questi casi basta una riconciliazione tra offensore ed offeso per avere il perdono di Dio. I tdG scrivono questi grossolani errori pur di negare alla Chiesa Cattolica il potere di rimettere i peccati.

6 - L'errore:

“Simon Mago, di cui in Atti 8, 22, non è assolto da Pietro, ma da Dio”.

La verità:

a) Il mago non aveva né voleva avere le condizioni necessarie per essere assolto da Pietro. Questi infatti gli dice: “Ti vedo chiuso in fiele amaro e in lacci di iniquità” (Atti 8, 23). Scosso dal rimprovero di Pietro il mago ha solo paura di essere colpito dai castighi divini. Perciò dice a Pietro: “Pregate voi per me il Signore perché non mi accada nulla di ciò che avete detto” (Atti 8,1 24).

b) In tutto questo testo di Atti 8, 20-24 non è detto che Dio abbia assolto il mago. E tanto meno è detto che Pietro non l'abbia potuto assolvere in nome di Gesù, se avesse mostrato i segni di un vero pentimento.

7 - L'errore:

“Nelle Lettere a Timoteo e a Tito non troviamo tra le mansioni dei vescovi e dei presbiteri quella di confessare. Non c'è una sola parola di Paolo che mostri che egli considerasse l'assolvere dai peccati come un ufficio del ministero cristiano”.

La verità:

a) Timoteo fu discepolo e compagno di Paolo nei suoi viaggi missionari (cf. Atti 17, 14ss.; 18, 5; 19, 22; 20, 4). Fu incaricato d'una speciale missione a Tessalonica (cf. 1 Tessalonicesi 3, 2-6) e Corinto (cf. 1 Corinzi 4, 17; 16, 10; 2 Corinzi 1, 9). Prima di ricevere questi incarichi era stato approvato da Paolo e dai presbiteri (cf. 1 Timoteo 1, 18; 4, 14; 2 Timoteo, 1, 6). Fu richiesto da Paolo di dirigere la chiesa di Efeso (cf. 1 Timoteo 1, 3). Questi particolari sono sufficienti per essere certi che Timoteo conosceva assai bene come guidare una comunità e non c'era bisogno che Paolo gli ripetesse tutta la dottrina cristiana in uno o due scritti aventi uno scopo piuttosto pastorale che dottrinale.

Anche Tito, benché in modo alquanto diverso, è discepolo e compagno di Paolo nel lavoro apostolico. Ebbe anche lui incarichi di responsabilità a Corinto (cf. 2 Corinzi 2, 13; 7, 6). Fu lasciato a Creta, dov'è indirizzata appunto la Lettera a Tito, con l'incarico di regolare ciò che rimaneva da fare (cf. Tito 1, 5). Possiamo affermare con certezza che anche Tito conosceva bene tutto l'insegnamento di Paolo, compreso quello riguardante la riconciliazione con Dio (cf. 2 Corinzi 5, 18-20), anche se Paolo nel breve scritto che è la Lettera a Tito, non parla di questo ministero>.

b) Notiamo pure che la difficoltà mossa dai negatori della Confessione poggia su un principio assai labile: a loro avviso in ogni scritto della Bibbia dovremmo avere tutta la dottrina predicata da Cristo e dagli Apostoli. Questo principio è falso. Se fosse vero, dovremmo negare tante verità che si trovano nei vangeli e non in san Paolo e viceversa. Oppure tante verità di cui Paolo parla in una Lettera, ma non ne parla in un'altra. Un esempio. Nelle Lettere a Timoteo e Tito, Paolo non parla della Cena del Signore e del comando di rinnovarla (cf. 1 Corinzi 11, 17-27). Dunque Gesù non celebrò la Cena Pasquale né diede ordine di fare lo stesso in sua memoria! Gli esempi sono molti. Questo dimostra come i contestatori della dottrina della Chiesa Cattolica sono spesso molto superficiali nelle loro affermazioni. “Accertatevi d'ogni cosa” ammonisce san Paolo (1 Tessalonicesi 5, 21).

c) Anche se nelle Lettere Pastorali non vi è esplicita menzione del potere di rimettere i peccati, non mancano tuttavia vive esortazioni a convertire, ossia riconciliare i peccatori con Dio (cf. 1 Timoteo 1, 15-16). Timoteo, in armonia con le profezie che sono state fatte a suo riguardo, fondato su di esse, deve combattere la buona battaglia, a fine di ricuperare i traviati (cf. 1 Timoteo 1, 18-19). Il modo Paolo non lo dice esplicitamente, ma si può supporre che Timoteo sapeva come comportarsi in simili casi, ricordando come si era comportato Paolo a Corinto (cf. 1 Corinzi 5, 1-5).

d) In 1 Timoteo 5, 20 Paolo scrive: “Quelli poi che risultino colpevoli riprendili alla presenza di tutti”. Anche se non si parla esplicitamente di “peccati perdonati”, si tratta pur sempre di mancanze, "colpe", che devono essere riparate, e Timoteo non deve restare passivo, ma deve intervenire per ristabilire il giusto modo di agire cristianamente. Naturalmente si suppone che i "colpevoli", si pentano, chiedano perdono, siano riconciliati e cambino vita, adottando un comportamento coerente con il Vangelo. E certamente Timoteo esercita un potere su coloro che si comportano male nella comunità.

8) L'errore:

Con riferimento a Matteo 18, 15-17 i tdG hanno scritto:

“In questioni che implicano gravi violazioni della legge, uomini responsabili nella congregazione avrebbero dovuto emettere un giudizio e decidere se un trasgressore doveva essere "legato" (considerato colpevole) oppure "sciolto" (assolto). Significa questo che il cielo avrebbe seguito le decisioni di esseri umani? No (...). In effetti, è irragionevole pensare che le decisioni di un essere umano imperfetto possano essere vincolanti per coloro che sono nei tribunali celesti. E’ molto più ragionevole dire che i rappresentanti nominati da Cristo avrebbero seguito le sue istruzioni per mantenere pura la sua congregazione. Avrebbero fatto questo prendendo decisioni basate su principi già stabiliti in cielo”.

La verità:

a) Prendiamo atto anzitutto che i tdG ammettono, con riferimento a Matteo 18, 15-17, che nella congregazione vi sono uomini responsabili che possono e devono emettere un giudizio e decidere se un trasgressore deve essere "legato" (considerato colpevole) oppure "sciolto". Questo è appunto quello che fanno gli uomini responsabili nella Chiesa Cattolica (vescovi, sacerdoti) applicando il comando del Signore di "legare" (considerare colpevoli) oppure di "sciogliere" (assolvere). Dunque Dio ha dato a degli uomini il potere di rimettere o di ritenere i peccati (cf. Matteo 9, 8; 18, 18; Giovanni 20, 22-23).

b) Fin qui nulla da dire in contrario. Ma quel che segue è solo un cumulo di stupidità. In effetti, mai nessun cattolico ha detto o pensato che gli uomini responsabili nelle congregazioni o rappresentanti nominati da Cristo emettono decisioni vincolanti per coloro che sono nei tribunali celesti. La Chiesa Cattolica ha sempre insegnato e insegna che i ministri della confessione seguono fedelmente e coscienziosamente le istruzioni ricevute da Cristo per mantenere pura la sua Chiesa. Dire il contrario, è solo ignoranza (nella base) e malafede (nei capi).

c) A conferma basta ricordare che la Chiesa Cattolica, prima di concedere a un suo ministro la facoltà di confessare (= emettere cioè un giudizio sul comportamento morale di un fratello), si assicura che il ministro abbia seguito i regolari corsi di studio delle varie discipline religiose per conoscere bene le istruzioni date da Cristo per la guida della sua Chiesa. Tali corsi durano quattro o cinque anni. Inoltre tali ministri sono obbligati ad aggiornarsi continuamente soprattutto nella scienza morale per conoscere sempre meglio, con fedeltà alla Bibbia, le istruzioni date da Cristo circa il rimettere o ritenere i peccati.

d) In virtù della loro preparazione scientifica i confessori interpretano nei singoli casi una decisione già presa nel cieli, vale a dire decidono caso per caso se è conforme alle istruzioni date da Cristo ritenere "legato" o "sciolto" un peccatore. Il giudizio o decisione emessa dal confessore - essere umano imperfetto - segue, non precede il giudizio emesso nei cieli; è vincolata, non vincolante, dai tribunali celesti, cioè da Dio, che ha parlato mediante il suo unico Figlio, Gesù Cristo, Dio-con-noi (cf. Matteo 1, 23), Potenza e Sapienza di Dio  (1 Corinzi 1, 24).

Ripetiamo: gli uomini responsabili nella vera Chiesa di Gesù Cristo, che è la Chiesa Cattolica, seguono nel ministero del Sacramento della Penitenza la direttiva proveniente dal cielo. Dire che essi impongono al cielo le loro decisioni equivale a dire e ripetere un'infame calunnia.

 

9) L'errore:

“La confessione non produce alcuna tendenza a cercare di evitare il peccato nel futuro”, dice Ramona, che come cattolica si è confessata da quando aveva sette anni”.

La verità:

a) E’ lecito domandare: Chi è questa Ramona? Potrebbe dirci l'anonimo scrittore della Torre di Guardia dove, quando,  come si confessava? Potrebbe dirci ancora se la testimonianza d'una persona ignota, sconosciuta, forse mai esistita, può servire di norma generale, valere per tutti i casi? E se è una pura invenzione a scopo di propaganda settaria ! ! !

b) L'autore di questo opuscolo amministra il Sacramento della Confessione da circa 30 anni in uno dei Santuari Mariani più frequentati d'Italia.

Viene gente da ogni parte del mondo appunto per fare una buona confessione. Posso dire che tra migliaia di casi non ho trovato nessuna Ramona. Ho ascoltato ed ascolto centinaia, migliaia di confessioni con la gioia di aver visto e di vedere tanti, tantissimi uomini e donne, giovani d'ambo i sessi tornare gioiosi alla Casa del Padre, a perseverare e crescere in essa. Tra questi anche non pochi reduci dall'amara esperienza fatta tra gli schiavi della società torre di Guardia.

Lode a Dio nel più alto dei cieli

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