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PARADISO

Ultimo Aggiornamento: 05/09/2009 16:36
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05/09/2009 16:36

P. Nicola Tornese

CAP. 1

IL PARADISO DI ADAMO

Il giardino dell'Eden

Appena il discorso cade sul paradiso il pensiero corre istintivamente al secondo capitolo della Genesi. Riportiamo almeno in parte il testo biblico:

“Poi Jahve -Dio piantò un giardino (paradiso) nell'Eden, a oriente, e vi collocò l'uomo che aveva modellato. Jahve Dio fece spuntare dal suolo ogni sorta di alberi piacevoli a vedersi e buoni a mangiare, l'albero della vita in mezzo al giardino (paradiso) e l'albero della conoscenza del bene e del male. C'era un fiume che usciva ad irrigare il giardino (paradiso), poi si divideva e veniva a formare quattro bracci...” (Genesi 2, 8-10, Garofalo).

 

Osservazioni:

1 - La parola “paradiso”, che nel testo riportato ricorre tre volte e altre due nel resto del capitolo, corrisponde all'ebraico “gan”. Nella Bibbia greca dei Settanta “gan” fu tradotto col termine “paradèisos” (greco), che deriva dal persiano pari-daiza o paridezza. In italiano diventa “paradiso” e voci analoghe in altre lingue moderne.

Letteralmente “paradèisos” significa “muro di cinta” di un parco o giardino. Poi venne a significare lo stesso parco o giardino. Stando dunque alla lettera, l'autore sacro afferma che Jahve pose la prima coppia umana in un pezzo di terra recintata, con più esattezza in una “villa”, provvista di tutti i conforti, di cui godevano le ville dei re e dei nobili orientali al tempo in cui l'autore sacro mise in iscritto il racconto delle origini dell'uomo.

 

2 - La villa-paradiso era collocata nell'Eden. Che cosa bisogna intendere per Eden?

a) Il grande biblista san Girolamo (347-420 d.C.) definiva l'Eden “orto di delizie” (hortus voluptatum), una terra cioè amenissima, che poteva rendere felice l'uomo. L'ubicazione geografica passava in second'ordine. L'autore sacro intendeva mettere in evidenza la piena felicità dell'uomo e della donna ai primordi dell'umanità, prima del peccato. La determinazione esatta del luogo contava poco o nulla. L'essenziale era far sapere che Adamo ed Eva vivevano un'esistenza esente da qualsiasi dolore e colma di felicità.

b) Tuttavia non pochi autori moderni pensano che Eden indichi una località. I pareri sono molti e diversi. Alcuni hanno voluto identificarla con l'antica Bit Adini, ricordata in 2 Re 19, 12 e in Ezechiele 27, 23. Altri hanno collocato l'Eden a sud della celebre Babilonia, dove l'Eufrate si dirama in vari fiumi o canali. Altri a nord di Babilonia, vicino all'odierna città di Bagdad, nell'Irak. Vi sono alcuni che vanno più a nord, nella regione dell'Armenia, verso l'Ararat. Per questi ultimi il gran fiume, di cui in Genesi 2, 10, indicherebbe la gran massa d'acqua che dai monti dell'Armenia si riversa nella pianura dando origine a molti fiumi. Tra questi l'Eufrate e il Tigri erano i meglio conosciuti.

c) Oggi sono molti gli studiosi della Bibbia che ritengono impossibile (e anche inutile) localizzare l'Eden e il paradiso di Adamo. La preistoria non ha potuto finora stabilire in quale parte del nostro pianeta l'uomo abbia iniziata la sua avventura terrena.

 

3 - Per la maggior parte dei biblisti la spiegazione che più s'impone è la seguente:

a) L'agiografo non ha voluto né potuto indicare  con esattezza il luogo o regione del paradiso primordiale. Si può ritenere che al tempo in cui scriveva, il sito esatto era sconosciuto. Egli prese il suo racconto dalla tradizione popolare e lo trasmise come quella tradizione lo immaginava. Da alcune caratteristiche proprie del racconto.

b) Per la fertilità d'un giardino, specie nel vicino Oriente, c'è bisogno di molta acqua. Questo spiega la presenza di un grande fiume, che nella immaginazione popolare del tempo doveva avere rapporto coi grandi fiumi allora meglio conosciuti, quali erano il Tigri e l'Eufrate, ed altri ancora.

Per abbellire un giardino, oltre all'abbondanza d'acqua, sono necessari molti alberi, che diano ombra e fresco e frutti da rendere amena la vita degli abitanti. Tutto questo costituiva l'ideale della felicità per gli antichi popoli del vicino Oriente.

c) Si può perciò ritenere che la descrizione del giardino-paradiso e delle sue delizie non sia reale e storica, ma piuttosto ideale conforme alla mentalità e alla immaginazione del popolo del tempo. Più che dati storici e geografici nel senso come noi oggi l'intendiamo, l'autore sacro ha voluto trasmettere un insegnamento, ha voluto farci conoscere lo stato di felicità dei nostri progenitori. Questa è certamente storia, ma non nel senso oggi comunemente inteso.

Riassumendo possiamo dire che, a parere della maggior parte degli studiosi moderni, la descrizione del giardino-paradiso, di cui in Genesi 2, 8-10, non ha come scopo indicare una regione geografica determinata, una parte o anche tutto il nostro pianeta. L'autore sacro voleva dare un'idea esatta della condizione o stato di vita di Adamo ed Eva prima del peccato. La localizzazione geografica aveva ed ha un'importanza molto relativa, anche se è fuor di dubbio che la vita dei nostri progenitori, prima del peccato, fosse in perfetta sintonia col nostro pianeta, anzi con tutto il creato (cf. Genesi 1, 28; 2, 19-20; Romani 8, 19-22).

Eden come simbolo di felicità

Una conferma che la descrizione dell'Eden è simbolica e non reale, ci viene da non pochi testi biblici. Sempre che gli autori sacri parlano dell'Eden, pensano meno o affatto a qualche regione del nostro pianeta o a tutta la terra, quanto piuttosto a uno stato di felicità.

I - Già lo stesso autore della Genesi, per dare un'idea della bellezza della valle del Giordano e quindi della felicità di Lot, che l'aveva scelto come sua dimora, paragona quella valle al “giardino di Dio”, ossia al paradiso di Adamo.

“Allora Lot alzò gli occhi e vide la valle del Giordano, ma quale, prima che Jahve distruggesse Sodoma e Gomorra, era tutta un luogo irrigato, fin verso Zoar, come il giardino di Jahve, come la terra d'Egitto” (Genesi 13, 10 Garofalo).

E' scontato che la valle del Giordano non era stata la dimora della prima coppia umana. Ma la sua bellezza con abbondanza d'acqua, d'ombra, di fresco, d'alberi da frutta... richiamava alla immaginazione il “giardino di Dio”, che nessuno aveva mai visto.

2 - Identico linguaggio simbolico in Ezechiele. Per descrivere la condizione felice del re di Tiro prima che fosse colpito dal castigo di Dio, il profeta così si esprime:

“Tu eri un suggello di perfezione, pieno di saggezza e di perfetta bellezza. Tu eri nell'Eden, giardino di Dio, ricoperto d'ogni specie di pietre preziose, rubino, topazio, diaspro...” (Ezechiele 28, 12, Garofalo).

In modo simile è descritta la condizione del faraone prima della sua caduta:

“Lo avevo formato maestoso per il numero dei suoi rami; lo invidiavano perfino tutti gli alberi dell'Eden, che erano nel giardino di Dio (...). A chi, dunque, sei simile? Per splendore e grandezza sei in tutto come uno degli alberi dell'Eden! Ebbene sei precipitato con gli alberi dell'Eden nella regione sotterranea” (Ezechiele 31, 9.16, Garofalo).

L'albero della vita e della conoscenza

Nella descrizione della villa-paradiso, di cui in Genesi 2, 8-10, si fa menzione esplicita dell'albero della vita in mezzo al giardino e dell'albero della conoscenza del bene e del male (cf. Genesi 2, 9). Qual è il significato di queste parole?

1 - Alcuni biblisti ritengono che l'autore sacro avesse in mente due alberi reali. Jahve Dio avrebbe dato ai loro frutti il potere di assicurare una vita senza fine e la conoscenza del bene e del male a chi se ne fosse cibato. Altri, invece, con più ragione, sono del parere che si tratti di alberi simbolici.

a) L'albero della vita serve a indicare il potere di vivere per sempre. L'uomo infatti è, per sua natura, mortale (cf. Genesi 3, 19 e 22). Ma Dio gli aveva dato il dono dell'immortalità, ossia l'esenzione dalla morte quale noi la sperimentiamo. Qui non c'entra il problema della sopravvivenza dell'uomo subito dopo la morte, ossia dell'immortalità dell'anima. L'autore sacro non sì pone questo problema. Sarà risolto in seguito, alla luce di tutta la rivelazione cristiana.

“I progenitori erano sottratti all'impero della morte, non nel senso che già possedessero l'immortalità per costituzione, com'è proprio dei puri spiriti, ma nel senso che avevano la possibilità di non morire.

E quale sarebbe stata la sorte finale loro e dei discendenti, in caso che la fedeltà a Dio li avesse preservati dal tremendo castigo? Possiamo pensare, per analogia con la dottrina della risurrezione (1 Corinzi 15, 35-38), che, dopo un certo numero di anni, il corpo di ogni singolo uomo sarebbe stato sottratto alte leggi biologiche mediante una trasformazione, e trasferito in un mondo migliore”.

b) L'albero della conoscenza del bene e del male è simbolo della facoltà o potere di decidere da se stessi ciò che è bene e ciò che è male. Dio solo ha questo potere E' un attributo divino. Con la sua disubbidienza Adamo ha tentato di usurpare questa prerogativa divina. Il suo peccato fu perciò un attentato alla sovranità di Dio, un peccato di orgoglio .

 

La fede della Chiesa Cattolica

1 - Basandosi su una conoscenza corretta della Bibbia, la Chiesa Cattolica ritiene e insegna che lo stato di felicità originale della creatura umana appartiene alla storia. Ci fu veramente il paradiso di Adamo. Alla sua origine l'uomo fu realmente costituito da Dio in uno stato di giustizia e di integrità anche corporale. Ci fu un tempo in cui l'uomo era libero dal dolore, dalla malattia, dalla morte.

In quel tempo i rapporti tra Dio e l'uomo erano fondati su una comunione filiale. Questa è la fonte della vera felicità per la creatura umana. E i rapporti tra l'uomo e la natura tutta - la terra e il cosmo - erano assai diversi di come lo divennero in seguito al peccato (cf. Romani 8, 19-22). L'uomo era veramente re del creato.

2 - Si può tuttavia ritenere che il modo in cui quella storia è raccontata è diverso da quello con cui oggi si scrive la storia, non è cioè basata su documenti scritti, scoperte geologiche e archeologiche, ricordi personali e simili. Si può ammettere che, nel raccontare quella storia, l'autore sacro abbia usato un linguaggio simbolico, uno stile figurato e popolare.

Il linguaggio figurato riguarda espressioni come Eden, giardino di Dio, albero della vita ecc. Queste immagini figurate fanno parte del linguaggio abituale della Bibbia, appartengono allo stile biblico, e servono a descrivere la felicità dell'uomo alle sue origini.

 

3 - Se così non fosse, ne seguirebbe più d'un assurdo.

- Dovremmo pensare che se Adamo non avesse peccato, tutta l'umanità (miliardi!) doveva essere collocata in uno spazio di terra relativamente piccolo, in un giardino ben recintato!

- Altro assurdo: se si trattasse d'un linguaggio letterale, anche oggi quel giardino di Dio potrebbe essere rintracciato sul nostro pianeta. La Bibbia, infatti, dice che non fu distrutto, ma che Dio, cacciato fuori l'uomo peccatore, “fece dimorare i Cherubini e la fiamma della spada sfolgorante, per custodire la via dell'albero della vita” (Genesi 3, 24, Garofalo).

- E ancora: se si trattasse di senso letterale e quindi di una località geografica ben determinata, dopo la restaurazione operata dal Figlio di Dio l'umanità dovrebbe essere riportata in un piccolo spazio di terra a oriente della Palestina!

Con quale diritto dunque i testimoni di Geova assicurano i loro creduli i seguaci che potranno avere una vita paradisiaca su tutta la terra?

 

CAP. Il

IL PARADISO DEGLI ISRAELITI

L'attesa dei paradiso

Il regno di David  segnò l'epoca del più grande splendore per l'antico Israele. Nella travagliata sto- ria degli Israeliti quell'epoca assurse a simbolo d'una futura età dell'oro, perché Jahve aveva promesso a David un regno stabile per sempre: “Stabile sarà la tua casa e il tuo regno per sempre al mio cospetto. Perciò il tuo trono resterà saldo per sempre” (2 Samuele 7, 16).

E' merito dei profeti, posteriori a David, aver tenuta viva questa speranza, specie durante le grandi catastrofi che si abbatterono sugli Israeliti. Alcune volte, per qualificare questo futuro glorioso, i profeti ricordano il giardino dell'Eden.

Scrive Isaia:

Ebbene Jahve ha pietà di Sion, ha pietà di tutte le rovine; renderà il suo deserto come l'Eden, la sua steppa come il giardino di Jahve. Giubilo e gioia si trovano in essa, inni di lode e melodie musicali!” 1(51, 3, Garofalo; cf. Ezechiele 36, 3-'1,35).

E' evidente che l'Eden o giardino di Dio serve da modello della promessa restaurazione futura, ma la localizzazione del futuro paradiso non è mai situata in Oriente, a nord o a sud di Babilonia, e neppure alle falde del Caucaso, lungo i fiumi dell'Ararat, come forse immaginava l'autore di Genesi 2, 8-10. Tanto meno è estesa a tutta la terra.

Lo sfondo geografico, è sempre la Palestina, l'antico regno di David; anzi alcune volte si restringe alla sola Gerusalemme o al solo monte Sion.

Quale paradiso?

Dall'abbondante letteratura specie dei profeti è facile cogliere gli aspetti fondamentali o caratteristiche del paradiso atteso dagli antichi Israeliti.

- Ricchezza di beni spirituali

a) Una grande comunione con Dio molto simile a quella della prima coppia umana.

“E avverrà in quel giorno - oracolo di Jahve mi chiamerai: “Mio consorte!” ... Allora ti farò mia sposa per sempre: ti farò mia sposa nella giustizia e nel giudizio, nell'amore e nella compassione...” (Osea 2, 18.21, Garofalo).

Nell'approssimarsi della grande tragedia, che fu la distruzione del regno di Giuda (587 a.C.), Geremia consola il popolo dicendo:

“Ecco, verranno giorni - oracolo di Jahve - nei quali con la casa di Israele io concluderò una nuova alleanza. Non conte l'alleanza che conclusi coi loro padri (...). Questa sarà l'alleanza che lo concluderò con la casa di Israele dopo quei giorni - oracolo di Jahve -. Porrò la mia legge nel loro intimo, la scriverò sul loro cuore; sarò loro Dio ed essi il mio popolo” (31, 31-33, Garofalo, cf. Ezechiele 37, 23-27; Isaia 60, 19-20).

b) Comunione coi propri simili.

“Non agiranno più iniquamente né deprederanno in tutto il mio santo monte perché la conoscenza di Jahve riempirà il paese come le acque riempiono il mare” (Isaia 11, 9, Garofalo; cf. Isaia 32, 16-17).

Effetto di questa fratellanza sarà una pace perenne:

“Arco, spada e guerra  manderò in pezzi via dal paese dove li farò risiedere in tranquillità” (Osea 2, 20). “Forgeranno le spade in vomeri, le lance in falci; un popolo non alzerà la spada contro un altro popolo; non impareranno più l'arte della guerra” (Isaia 2, 4, Garofalo; cf. Michea 4, 3-4).

E la pace regnerà anche tra e con gli animali  “Stringerò per essi un patto in quel giorno con le bestie selvatiche, con gli uccelli del cielo e con i rettili della terra” (Osea 2, 20). “Il lupo dimorerà insieme con l'agnello, la pantera si sdraierà accanto al capretto (... ). il leone, come il bue, si ciberà di paglia. Il lattante si divertirà sul nascondiglio dell'aspide; un bambino metterà la mano nel covo dei serpenti velenosi” (Isaia, 11, 6-8, Garofalo).

 

2 - Abbondanza di beni materiali

Una lettura affrettata e superficiale di non poche pagine della Bibbia potrebbe dare l'idea che l'aspetto materialistico e terreno del futuro regno messianico o paradiso prevalga su quello spirituale e morale. Vedremo che non è così. Rimane tuttavia il fatto che questo secondo aspetto è prevalso nell'attesa di molti Israeliti e prevale oggi nella propaganda settaria dei tdG.

a) Straordinaria fertilità della terra.

Fin dall'ottavo secolo a.C. Amos profeta si esprimeva nei termini seguenti:

“Ecco, viene un tempo - oracolo del Signore - in cui chi ara seguirà    il mietitore e colui che pigia l'uva seguirà chi rilancia il seme: le montagne gronderanno mosto ...  Ricostruiranno le città distrutte, vi abiteranno, pianteranno vigne e ne berranno il vino    ...” (9, 13-14, Garofalo; cf. Levitico 26, 5).

Secoli più tardi Gioele ripeteva:

“Avverrà in quel giorno.- i monti stilleranno mosto, per i colli stillerà latte, per tutti i ruscelli di Giuda scorrerà acqua, una fonte uscirà dal tempio di Jahve e irrigherà la valle di Shittim” (4, 18, Garofalo).

Per Ezechiele:

“Queste acque, scorrendo verso la regione orientale, discendono nell'Araba per finire nel mare, nelle acque salate, e le acque ne sono risanate” (47, 8, Garofalo).

In modo alquanto diverso si esprime Zaccaria:

“E avverrà: in quel giorno scorreranno da Gerusalemme acque vive; una metà di esse al mare Orientale e un'altra metà al mare Occidentale. Ce ne sarà nell'estate e nell'inverno” 1(14, 8, Garofalo; cf. Isaia 30, 23-25; 35, 1-2).

Durante l'esilio babilonese (,587-549 a.C.), Ezechiele consolava i deportati assicurando loro un avvenire radioso:

“Benedirò loro e le regioni intorno al mio colle, mandando a tempo opportuno la pioggia, acque apportatrici d'ogni bene, perché l'albero della campagna darà frutto e la terra prodotti (...). Susciterò loro una florida vegetazione e consunti più non saranno dalla fame nel paese” (34, 26-29, Garofalo).

Molto più pittoresco è Isaia che scrive:

“Preparerà Jahve degli eserciti per tutti i popoli su questo monte un convito di carni grasse, un convito di vini grevi, di midolli grassi, di vini raffinati” (25, 6, Garofalo).

E non meno generoso è Geremia:

“Verranno e inneggeranno sull'altura di Sion, affluiranno verso i beni di Jahve, verso il frumento, il mosto e l'olio, verso il frutto del bestiame minuto e del bestiame grosso   Sazierò di grasso l'anima dei sacerdoti, il mio popolo si sazierà dei miei beni” (31, 12-14, Garofalo).

b) Le ricchezze dei popoli affluiranno verso la Città Santa.

“Così dice Jahve: "Il patrimonio d'Egitto e il guadagno di Cush (... ) passeranno a te, saranno tuoi"” (Isaia 45, 14, Garofalo; cf. Isaia 60, 5-11).

“Così dice Jahve degli eserciti: "Ancora un momento; poi scuoterò il cielo e la terra, il mare e il continente. Scuoterò tutte le genti; ricoprirò questa casa gloriosa " - dice Jahve degli eserciti -. " A me appartiene l'argento e a me l'oro"” (Aggeo 2, 6-8, Garofalo).

c) Ottimo stato di salute, lunghezza di vita.

“lo (Jahve) creo cieli nuovi e una nuova terra; non si ricorderà più il passato, non verrà più in mente (... ). lo gioirò di Gerusalemme, godrò del mio popolo. Non si udranno più in essa voci di pianto né grida di angoscia. Non ci sarà più in essa un bimbo che viva solo pochi giorni né un vecchio che non compia i suoi giorni; il più giovane morirà a cento anni; chi non raggiungerà cento anni sarà maledetto” (Isaia 65, 17-20, Garofalo).

E la morte sarà eliminata:

“Egli (Jahve) strapperà in questo monte il velo che velava la faccia di tutti i popoli, e la coltre che copriva tutte le genti; quindi eliminerà la morte per sempre” (Isaia 25, 7-8, Garofalo).

Precisazioni

1 - Ricordiamo anzitutto che non pochi Israeliti, forse la maggior parte di essi, hanno preso alla lettera le promesse dei profeti. Essi si aspettavano un regno davidico o messianico, un paradiso su questa terra.

Quest'attesa divenne più sentita durante i tempi della dominazione straniera, greca o ellenistica prima, sotto Alessandro Magno e i suoi successori, dalla seconda metà del quarto secolo alla metà del primo secolo avanti Cristo. Poi vennero i Romani, che dominarono in Oriente per più di cinque secoli. Molti giudei sognavano l'avverarsi delle profezie messianiche con l'instaurazione d'un paradiso su questa terra, dove essi avrebbero avuto immensi vantaggi materiali, mentre i pagani sarebbero ridotti in schiavitù. Echi di questa attesa si riscontrano anche nei vangeli (cf. Matteo 20, 20-21, Atti 1, 6).

La storia ha seguito un corso diverso come tutti sanno. Il popolo giudaico cessò di essere nazione, prima parzialmente per opera di Tito nel 70 dopo Cristo; poi completamente sotto Adriano nel 134 d.C. Dopo circa due mila anni ha avuto una limitata restaurazione e tutti sanno con quante difficoltà, di cui non è facile vedere la fine.

I tdG, che si qualificano i moderni giudei, seguono anch'essi un'interpretazione fondamentali- sta, ossia materialista, delle profezie sul futuro regno di Dio. Mediante una propaganda bene orchestrata con immagini e fumetti riescono a persuadere - cioè a drogare - gente poco istruitale di limitata intelligenza che Geova darà loro a breve scadenza una terra paradisiaca com'è descritta letteralmente nelle Scritture Ebraiche, ossia nell'Antico Testamento.

 

2 - A giudizio della stragrande maggioranza dei biblisti il linguaggio dei profeti riguardante il futuro regno   di Dio non va preso alla. lettera. Le ragioni sono molteplici.

Anzitutto non bisogna dimenticare che è un linguaggio apocalittico ossia un annuncio di grandiosi eventi futuri, ed è proprio di questo linguaggio servirsi di immagini, di metafore, di simboli quasi sempre iperbolici, cioè non corrispondenti alle realtà oggettive.

Così, per esempio, è una forma iperbolica, e quindi non letterale, che ruscelli di mosto e vino stillino dai monti o che il latte scorra per le colline (cf. ioele 4, 118).

Altro esempio. Se si trattasse d'una descrizione o racconto letterale, dovremmo pensare che il monte Sion sarà trasformato nel futuro in un grande hotel, dove saranno serviti cibi succulenti e bevande squisite a tutti i popoli della terra per tutta l'eternità (cf. Isaia 25, 6).

Oltre a questi ed altri assurdi, vi sarebbero non poche contraddizioni.

Esempi. Mentre Osea (2, 20) assicura che arco e spada saranno ridotti in pezzi, per Isaia (2, 4) le spade diventeranno vomeri e le lance, falci. Secondo Ezechiele (47, 1-12) le acque sgorgano da sotto il tempio di Gerusalemme dirigendosi verso Oriente, verso il Mar Morto; per Zaccaria invece (14, 8) una metà va verso il mare orientale e un" altra metà verso quello occidentale, verso il Mediterraneo. Per altri profeti l'abbondanza di acqua viene direttamente dal cielo. Gli esempi potrebbero continuare.

Gesù Cristo, la Sapienza di Dio (cf. Giovanni 1, 1-3), ci ha aperto il senso delle Scritture (cf. Luca 24, 45) e ci ha fatto sapere che Dio ha preparato una patria celeste per tutti coloro che hanno avuto e hanno fede in Lui (cf. Ebrei 11, 15-16).

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