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PARADISO

Ultimo Aggiornamento: 05/09/2009 16:36
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05/09/2009 16:36

La spiegazione settaria dei tdG

L'errore: Il cervello della setta geovista è del parere che “in nessun modo l'apostolo dice qui che alla pro- pria morte sarebbe immediatamente mutato in spirito per essere eternamente con Cristo”. In Filippesi 1, 21-25 Paolo farebbe riferimento al ritorno di Cristo quando Paolo sarebbe liberato.

La verità. Siamo in presenza d'una manipolazione aberrante o farnetica della Parola di Dio ai fini di speculazioni prestamene settarie. Ecco alcune ragioni:

a) Paolo parla espressamente di morte, della sua morte, come abbiamo dimostrato. Ora è dottrina biblica che al ritorno di Cristo i vivi non morranno. E' Paolo stesso a dircelo (cf. 1 Tessalonicesi 4, 17). Con la sua assurda spiegazione il cervello della setta geovista attribuisce a Paolo una stridente contraddizione: morire e non morire al ritorno di Cristo!

b) Se si trattasse del ritorno del Signore, diventa incomprensibile quanto Paolo aggiunge subito dopo, cioè “il rimanere nella carne è più necessario per riguardo a voi” (Filippesi 1, 24). Infatti, dopo il ritorno del Signore, non ci sarà più bisogno che qualcuno, fosse pure l'apostolo Paolo, rimanga su questa terra per aiutare gli altri a salvarsi. Infatti, dopo il ritorno del Signore, tutti i discepoli di Cristo saranno con Lui (cf. 1 Tessalonicesi 4, 17).

c) A conferma che Paolo parla della morte e non del ritorno del Signore vale il fatto che mentre egli scrive è in prigione e sotto processo, che poteva concludersi con una sentenza di morte. Paolo è sereno perché sa che qualunque cosa succeda “Cristo sarà glorificato nel mio corpo sia per la vita sia per la morte” (Filippesi 1, 20). Egli dunque parla di morte, non di 'ritorno del Signore.

d) Concludiamo con tre testimonianze di grandi biblisti:

“L'essere con Cristo presuppone un immediato congiungimento con Lui dopo la morte e ancora prima della risurrezione dei corpi e del giudizio universale. Altrimenti non si vede come Paolo avrebbe preferito morire subito”.

Le espressioni usate qui da san Paolo dimostrano chiaramente che il cristiano morendo in Cristo non deve attendere il giudizio finale per salire al Cielo.

“Questo testo prova chiaramente che Paolo non considerava l'unione con Cristo nell'altra vita come differita fino al tempo del ritorno di Cristo alla fine del mondo (fino alla parusìa): le anime dei giusti, che muoiono prima del glorioso ritorno del Signore, possono prendere presto possesso della beatitudine. Identico insegnamento in 2 Corinzi 5, 6-8”.

L'esilio e la patria

Sì, identico insegnamento in 2 Corinzi 5, 6-8:

Facciamoci dunque coraggio e, consci che, dimorando in questo corpo, siamo esuli, .lontani dal Signore - camminiamo infatti al luce della fede e non della visione - facciamoci coraggio e preferiamo piuttosto sloggiare da questo corpo per andare nella patria, presso il Signore”.

Spiegazione:

a) San Paolo poco prima del testo riportato (versi 2 e 4) esprime il desiderio che il ritorno del Signore (la parusìa) lo trovi ancora in questa vita. Tuttavia non esclude che la parusìa sia ritardata ed egli morrà prima. Questo pensiero in qualche modo lo rattrista perché la morte spoglia l'uomo di qualcosa che lo completa, cioè della dimora o tenda terrestre, che è il corpo (verso 4).

b) Ma che cosa avverrà se la morte sopraggiunge prima della parusìa? Paolo afferma che la morte, di per sé non desiderabile, pone tuttavia termine all'esilio terreno e dà inizio alla nostra dimora presso il Signore (verso 8). Per questo motivo la morte può essere anche desiderata: “Preferiamo piuttosto sloggiare da questo corpo per andare nella patria, presso il Signore”.

c) Non vi può essere dubbio che qui san Paolo insegna in modo chiaro che subito dopo la morte l'anima è introdotta nella visione di Dio: vivrà di visione non più di fede. Se così non fosse, sarebbe irrazionale il desiderio di Paolo di esulare dal corpo, cioè morire. In effetti non si desidera mai uno stato peggiore, ma sempre uno migliore.

“Il senso è che le anime dei giusti, subito dopo la morte, senza aspettare la parusìa, saranno ammesse alla presenza di Dio e alla sua visione, dalla quale avranno una felicità totale. Questa concezione supera quella ebraica dello Sceol, dove le anime sarebbero rimaste fino alla risurrezione finale”.

E' questo il Paradiso dei veri cristiani.

d) Si noti infine che qui Paolo non parla solo di sé, ma di tutti quelli che dimorano nel corpo, che sono ancora esuli dal Signore, che camminano per fede. Raccomanda perciò a tutti di vivere sempre in modo da essere bene accetti al Signore, “poiché tutti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, affinché ciascuno raccolga, in ragione delle azioni compiute, ciò che ha meritato quand'era nel corpo, o il bene o il male” (2 Corinzi 5, 10).

 

II - Natura del Paradiso

Una patria migliore, quella celeste

Nel Nuovo Testamento, alla scuola di Gesù, che è la Sapienza divina (Giovanni 1,1), non si parla mai di un paradiso su questa terra come promette con ossessiva pertinacia il cervello della setta geovista. L'affascinante messaggio che arriva da Brooklyn, N. Y., è che quanti seguono ciecamente gli ordini del Corpo Direttivo “potranno vivere per sempre su una terra paradisiaca”.

Ma la Bibbia non dice così. Il Paradiso che Gesù promette ai suoi veri discepoli è di natura immensamente più elevata, assai più degno dell'uomo fatto da Dio a sua immagine e somiglianza.

Che cos'è il Paradiso dei credenti in Cristo? Un'informazione abbastanza chiara l'abbiamo nella Lettera agli Ebrei:

“Nella fede morirono tutti costoro, senz'avere conseguite le cose promesse, ma avendole visto solo e salutato da Iontano, e avendo riconosciuto d'essere pellegrini e forestieri sulla terra. Coloro, infatti, che parlano così mostrano chiaramente di cercare una patria. E, certo, se avessero fatta menzione di quella onde erano usciti, avrebbero avuto opportunità di ritornarvi.Ora, invece, essi aspirano a una migliore, cioè celeste: per questo di loro non si vergogna Iddio, di chiamarsi loro Dio; poiché ha preparato per essi una città” (Ebrei 11, 13-16, Garofalo).

Spiegazione:

a) Può darsi che al tempo in cui l'autore ispirato scrisse la Lettera agli Ebrei vi fossero alcuni cristiani provenienti dal Giudaismo, che aspettassero un paradiso su questa terra. Ma l'autore ispirato scrisse proprio per correggere questo errore. Non era stata questa la speranze nei fedeli credenti

In Jahve prima di Cristo. Erano stati centinaia di migliaia!

b) Esaltando la fede di quei credenti, l'autore ispirato afferma che essi avevano ben capito le promesse divine.   Dio non prometteva loro un futuro migliore su questa terra, una patria terrena. Se questo era il   caso, avrebbero potuto averla. o riaverla. Ma essi non si curarono di questo. Al contrario, capirono che Dio avrebbe dato loro una patria ben diversa, assai migliore, quella celeste. Vi credettero e con questa speranza morirono, affrontando anche il martirio.

c) Ciò che caratterizza questa patria celeste non è l'abbondanza di beni materiali, cibi e bevande.. , ma qualcosa di molto migliore. Perché la patria celeste è la città dove Iddio non si vergogna di chiamarsi loro Dio. Questo vuol dire che la felicità della patria celeste - del Paradiso dei veri cristiani - consiste soprattutto nella comunione con Dio, col Padre celeste, fonte di ogni gioia.

Il Paradiso come Cielo

Non è dunque la terra il Paradiso dei veri cristiani. Nella Bibbia è chiamato “patria celeste” o semplicemente “cielo” o “cieli” (cf. Filippesi 3, 20; 2 Corinzi 12, 2). Su questa parola “cielo” o “cieli” bisogna fare una precisazione.

Nella Bibbia sia dell'Antico che del Nuovo Testamento “cielo” o “cieli” può avere due significati. Uno è quello spaziale e corrisponde alla volta celeste, ossia all'universo stellato. L'altro è quello religioso o sacro, che qui c'interessa.

Nel significato sacro “cielo” o “cieli” equivale alla “dimora” di Dio (cf. Salmi 2, 4.11, 4; 1 Re 22, 19; Matteo 5, 16; 6, 9 ecc.). Diciamo subito che la parola “dimora” di Dio non va presa in senso letterale, come fanno i tdG ". Se così fosse, non si capirebbe perché la Bibbia dica: “I cieli e i cieli dei cieli non possono contenere Dio” (1 Re 8, 27; cf. Giovanni 4, 20-24).

“Cielo” come dimora di Dio indica la trascendenza di Dio, ossia la diversità e superiorità del suo modo di essere rispetto al modo di essere dell'uomo su questa terra, in questa vita. In altre parole, “cielo” come dimora di Dio vuol dire che Dio non è circoscritto da dimensioni spaziali. I suoi rapporti con lo spazio non sono come quelli della creatura umana su questa terra, in questa vita. Dio non è legato a spazio e a luogo. E' come il pensiero che  è dovunque, senza essere circoscritto da un dove.

Alla luce di  queste considerazioni, possiamo intuire che cosa intenda la Bibbia quando promette ai giusti - a tutti i giusti - il cielo come futura dimora (cf. Filippesi 3, 20; Ebrei 11, 16 ecc.). Essa vuol farci intendere che il nostro modo di essere in Paradiso non sarà condizionato dallo spazio. Il Paradiso è un modo di essere diverso e immensamente superiore al nostro modo di essere su questa terra.

Il Paradiso come Vita

Per darci qualche idea del nostro futuro modo di essere in Paradiso la Bibbia del Nuovo Testamento si serve di varie immagini. Una di esse è quella della vita. “Questa è appunto la volontà del Padre mio che chiunque vede il Figlio e crede in lui, abbia la vita eterna ed io lo risusciterò nell'ultimo giorno” (Giovanni 6, 40; cf. 1 Giovanni 5, 11-12).

Riflettendo sul concetto di vita è facile capire che, negativamente, esso comporta tutto ciò che si oppone appunto alla vita. Il grande Agostino illustra questo aspetto negativo della vita paradisiaca con una delle sue magistrali pennellate: saremo liberi (latino vacàbimus). Il Paradiso dei veri cristiani è una totale liberazione. Liberi da tutto ciò che appesantisce questa nostra vita terrena e ci fa soffrire nel fisico e nel morale. Liberi dalla malattia, dalla vecchiaia, dalla morte. Liberi da tutto ciò che può appesantire il nostro spirito: liberi dalle ingiustizie, dalle persecuzioni, dall'odio, dalla vendetta  ... Liberi dal vuoto che spesso fa soffrire la parte più intima di noi stessi: l'ansia, l'affanno, la paura, l'ignoranza    ...

“E tergerà ogni lacrima dai loro occhi, e la morte non sarà più, né lutto né grido né dolore saranno più; perché le cose di prima sono passate” (Apocalisse 21, 4).

Il Paradiso come Banchetto

Ma la vita, positivamente, è soprattutto gioia, possesso di tutto ciò che rende l'uomo felice. L'immagine che la Bibbia usa spesso per farci intuire in qualche modo questa pienezza di vita è quella del banchetto, specialmente del banchetto nuziale. Gesù fa sua questa immagine usata già dai profeti.

“Voi, poi, mi siete rimasti fedeli nelle mie prove, e io dispongo per voi un regno, come il Padre ha disposto per me, affinché mangiate e beviate alla mia tavola, nel mio regno, e sediate sui troni per giudicare le dodici tribù d'Israele” (Luca 22, 28-30, Garofalo).

A questa mensa saranno invitati tutti i popoli della terra:

“Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno, e si adageranno a mensa nel regno di Dio” (Luca 13, 29, Garofalo).

Sempre con riferimento alla gioia dei giusti nel Paradiso leggiamo nell'Apocalisse:

“Scrivi: beati i chiamati al banchetto delle nozze dell'Agnello” (Apocalisse 19, 9).

 

Spiegazione:

 a) E' chiaro anzitutto che qui è usato un linguaggio simbolico. Se si trattasse d'un linguaggio letterale, dovremmo pensare a, un interminabile festino nuziale per celebrare le nozze d'un agnello con milioni e miliardi di creature umane (cf. Apocalisse 19, 7-'8).

b) Il simbolo del banchetto ha lo scopo di dare l’idea d'una immensa gioia comunitaria. Questo è conforme al contesto culturale del popolo della Bibbia. Presso gli Ebrei era fortemente sentito il senso della solidarietà. La gioia vera si aveva nello stare insieme, nell'amicizia, nella comunione di vita. Il banchetto, quello nuziale in modo particolare, esprime assai bene questo senso di gioia piena e di felicità.

Lo stare insieme di persone che si amano con tutto il cuore senza preoccupazione alcuna né limiti di tempo costituisce il Paradiso dei veri cristiani:  “Hai messo più gioia nel mio cuore di quando abbondano vino e frumento” (Ps. 4, 8).

Nel convito nuziale la gioia degli sposi non è dovuta   tanto alla abbondanza e squisitezza di cibi e bevande, quanto piuttosto alla loro conseguita unione.

c) Vale la pena ricordare l'invito del Padrone al servo buono e fedele. Il Padrone non dice: “Vieni a mangiare e a bere con me!” Egli esprime il suo invito dicendo: “Entra nella gioia del tuo Padrone” (Matteo 25, 21). La gioia che il Padrone offre è quella del banchetto nuziale (cf. Matteo 8, 11). Gesù è lo sposo (,cf. Matteo 9, 15; Apocalisse 19, 7-9); i giusti, cioè l'immensa folla dei suoi discepoli, sono simboleggiati nella sposa (cf. Apocalisse 19, 7).

d) Sì, la gioia del Paradiso dei veri cristiani consiste nella compagnia dei giusti, di tutti i giusti, ossia delle creature umane purificate dall'amore di Dio. Vedremo e staremo per sempre con le persone a noi care: parenti, amici, conoscenti. Vedremo i nostri genitori, la nostra cara mamma, i fratelli, le sorelle, lo sposo, la sposa, i figli, riuniti tutti per sempre non tanto dal vincolo del sangue, ma dall'amore, che scaturisce dall'amore di Dio. Vedremo anche quelli che furono i nostri nemici, i nostri persecutori e carnefici, purificati dal fuoco che emana dal Sangue di Cristo, per sempre, perché l'odio e la vendetta e la crudeltà saranno cose passate,

“Vidi poi un nuovo cielo e una nuova terra, perché il cielo e la terra di, prima erano scomparsi e il mare non c'era più” (Apocalisse 21, 1).

“Non si ricorderà più il passato, non verrà più in mente, perché si godrà e si gioirà sempre di quello che sto per creare, e farò di Gerusalemme una gioia, del suo popolo un gaudio” (Isaia 65, 17).

Gioia  di tutti, riconciliati nell'amore, tutti cittadini della Gerusalemme celeste, abitanti per sempre nella dimora di Dio:

“E udii una voce grande proveniente dal trono che diceva: Ecco la dimora di Dio con gli uomini; e dimorerà con essi, ed essi saranno i suoi popoli, e Dio stesso sarà con essi” (Apocalisse 21, 3, Garofalo).

Uguali agli angeli

Com'è possibile - dirà qualcuno - essere pienamente felici senza i piaceri o le gioie del sesso?

1 - La risposta della Bibbia, nel Nuovo Testamento. è chiara e non lascia alcun dubbio.

“Gesù rispose loro: I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito, ma coloro che saranno ritenuti degni dell'altro mondo e della risurrezione dei morti non prendono moglie né marito; e nemmeno potranno più morire, perché sono uguali agli angeli, e sono figli di Dio, essendo figli della risurrezione” (Luca 20, 34-36; cf. Matteo 22, 29-30; Marco 12, 24-25).

- Gesù distingue una situazione terrena, valida per i figli di questo mondo, con le esigenze e le leggi volute da Dio Creatore, da una situazione valida per i figli dell'altro mondo, voluta anch'essa dallo stesso Dio. Se quella è fonte di legittimo piacere, anche questa sarà fonte di gioia. Non vi sarà più sofferenza per il mancato appagamento d'un istinto che non esiste più, che anzi è stato sublimato ed appagato da un amore infinitamente superiore.

 

2 - Possiamo avere qualche idea di come sarà possibile questo?

L'esperienza umana dice che l'uomo e la donna possono essere pienamente felici anche senza i pia- ceri del sesso. Il bambino e la bambina trovano la loro felicità nell'amore dei genitori e forse anche nel giocattolo e nel dolce. Sono felici senza attività sessuale.

A misura che passano gli anni e si avanza nell'età adulta, anche per l'uomo e la donna i piaceri del sesso non hanno più valore (cf. 1 Re 1, 1-4). Nell'età avanzata l'uomo e la donna trovano la loro gioia nella compagnia e nell'affetto di figli e nipoti, di parenti ed amici. Il sesso è cosa del passato.

“Quando verrà ciò che è perfetto, l'imperfetto sparirà. Quando ero bambino, parlavo da bambino e da bambino pensavo e ragionavo; ma dacché son diventato uomo, mi sono disfatto di ciò che era infantile” (1 Corinzi 13, 10-11, Garofalo).

Dov'è il Paradiso?

1 - Abitualmente noi diciamo che è in cielo o nei cieli perché questo è il linguaggio abituale della Bibbia. Parlando alle folle, e non solo a un piccolo gregge, Gesù diceva: “Accumulatevi tesori nel cielo, dove né tignola né ruggine consumano” (Matteo 6, 20; cf. Marco 10, 21; Luca 1,2, 33). San Paolo esortava tutti i cristiani a cercare le cose di lassù “Pensate alle cose di lassù, non a quella della terra” (Colossesi 3, 1-2), perché in cielo è la nostra patria (cf. Filippesi 3, 20).

Abbiamo già spiegato come “cielo” in senso religioso equivale a modo di essere, diverso dal modo di essere in questa vita. Tuttavia non si può prescindere dall'idea che il modo di essere dei beati in Paradiso debba pure avere una certa localizzazione. Tanto più che in nessuna parte della Bibbia è detto che l'attuale cosmo, terra compresa, sarà annientato, finirà nel nulla, in senso assoluto. La Bibbia ripete sempre che cielo e terra saranno rinnovati, non distrutti,(cf. lsaia 65, 17; 66, 22; 2 Pietro 3, 12-13; Apocalisse 21, 1). Come dunque pensare o immaginare la localizzazione dei beati rispetto al cosmo che, benché rinnovato, sarà sempre una realtà?

E' utile precisare che la localizzazione dei beati, di cui parliamo, è indipendente dalla idea o immane che l'uomo qui sulla terra si possa fare del cosmo. Questa immagine è mutata dal tempo in cui fu scritta la Bibbia e può ancora mutare. La rotondità della terra fu scoperta solo nel secolo XVI dopo Cristo; e l'immensità dell'universo e la sua mobilità è frutto della scienza moderna e contemporanea. Gli Ebrei non avevano questa conoscenza della terra e del cosmo.

Rimane comunque il fatto che il cosmo, compresa la terra, può e deve essere pensato come dimora di Dio e dei beati, qualunque possa essere la visione che ha o avrà la scienza fisica ed astronomica. L'affermazione biblica conserva sempre il suo valore.

 

2 - Alla luce di queste osservazioni il dove dei beati in Paradiso deve essere pensato come il loro rapporto col cosmo, terra compresa. Alcuni testi biblici ci possono aiutare a farci qualche idea di questo futuro rapporto della creatura umana rispetto al cosmo, cioè del dove del Paradiso.

Analizziamo un testo di san Paolo molto significativo:

“Ritengo, infatti, che le sofferenze del tempo presente non reggono il confronto con la gloria che dovrà manifestarsi in noi. La stessa intera creazione anela, in ansiosa attesa, alla manifestazione gloriosa dei figli di Dio; quella creazione che è stata sottomessa alla vanità non perché l'abbia voluto lei, ma per volontà di colui che l'ha sottomessa sostenuta tuttavia dalla speranza che essa pure, la creazione, verrà affrancata dalla schiavitù della corruzione per partecipare alla libertà della gloria dei figli di Dio. Sappiamo, infatti, che tutta la creazione fino al momento presente geme e soffre i dolori del parto” (Romani 8, 18-23, Garofalo).

Spiegazione:

a) San Paolo descrive lo stato o condizione di tutto il creato in seguito al peccato dell'uomo. E' uno stato di frustrazione, di mancato raggiungimento del fine per cui Dio l'ha creato, che è quello di essere dominato dall'uomo, re del creato.

Ora, invece, a causa del peccato, l'uomo è condizionato dalla natura. Più che dominarla è spesso dominato. Con la sua caduta morale o peccato l'uomo è stato ridotto a una condizione contraria alla sua primitiva vocazione. E' uno stato di schiavitù rispetto alla natura.

b) Ma le cose cambieranno. La creazione tutta verrà affrancata dal suo stato di corruzione per partecipare anch'essa alla libertà della gloria dei figli di Dio. Questo vuol dire che, a motivo della restaurazione operata da Cristo, il rapporto tra l'uomo redento e l'intero cosmo sarà ristabilito secondo il primitivo disegno di Dio. L'uomo sarà di nuovo, in una forma reale, il re del creato, terra compresa. Non sarà più soggetto ai limiti e alle impotenze in cui oggi si trova.

Il cosmo rimane. L'universo fisico - cielo e terra - saranno la dimora di Dio e degli uomini salvati. Ma muteranno i rapporti rispetto all'intero cosmo. L'uomo potrà spaziare in tutto l'universo senza bisogno di motori e di fonti di energia. Vale anche per l'uomo beato ciò che santa Teresa d'Avila diceva di Dio: “Il cielo è là, dov'è Dio, e quindi può essere dovunque”.

 

3 - Una conferma a queste nostre osservazioni ci vien data dal modo di essere di Cristo subito dopo la morte e dopo la sua risurrezione.

Appena spirato sulla croce, Cristo va nell'Ade per annunciare la redenzione ai miliardi di morti che l'attendevano. Né lui né loro appaiono condizionati dallo spazio o dal tempo.

Non diversa è la condizione del Cristo Risorto. Scompare dalla vista dei discepoli (cf. Luca 24, 21); entra a porte chiuse (cf. Giovanni 20, 19.26); è elevato in alto sotto lo sguardo attonito dei discepoli (cf. Atti 1, 2.9).

Sì, veramente Cristo è primizia di quelli che si sono addormentato nel sonno della morte (cf. 1 Corinzi 15, 20).

 

CAP. IV

IL PARADISO DEI TESTIMONI DI GEOVA

Premessa

“Sfortunatamente il mondo è pieno di gente disposta a farsi turlupinare in cambio di un pezzettino di paradiso artificiale e di quella droga a buon mercato che si chiama illusione! E La Torre di Guardia ha degli stabilimenti specializzati per produrla”.

lo condivido appieno (da anni!) questo giudizio espresso di recente dal Dr. Sergio Pollina (Siracusa), un ex testimone di Geova. Sì, la società geovista produce e inietta incessantemente droga paradisiaca su gente disposta a farsi turlupinare.

Che cosa dice? Strumentalizzando settariamente alcuni testi biblici promette un prossimo paradiso a quanti supinamente la seguono e informa con assoluta sicumera sul dove, e sul come potranno vivere per sempre una vita paradisiaca, a condizione di diventar schiavi della setta in questa vita. Ma si tratta di droga a buon mercato, non di sano cibo spirituale prodotto dalla Bibbia. Cerchiamo di vederci chiaro.

Il “dove” dei paradiso geovista

1 - L'errore: Vi dicono che il paradiso sarà su questa terra. Infatti “Gesù disse: Tu sarai con me in paradiso - Luca 23: 43” 30.

La verità:

a) Notate, prima di tutto, che i tdG citano Luca 23, 43 in una forma mutilata, cioè corrotta. Secondo il testo critico originale Gesù disse: “In verità ti dico, oggi sarai con me in paradiso”.

b) Nella Bibbia la parola “paradiso” non significa MAI “terra”, cioè tutta la terra. In Genesi “paradiso” vuol dire “giardino”, Al limite, Gesù prometteva al buon ladrone di collocarlo nel “giardino” di Adamo, immaginato dallo scrittore sacro in una regione del vicino Oriente (cf. supra, pp. 5-6).

c) Nel Nuovo Testamento paradiso vuol dire “terzo cielo” come dimora di Dio (cf. 2 Corinzi 12, 2-3), ossia una regione diversa dalla terra. Parimenti in Apocalisse 2, 7 “paradiso di Dio” non corrisponde alla terra, ma allo stato di immortalità che Dio dà ai giusti.

d) Gesù dice al buon ladrone: “Oggi sarai con me in paradiso”. Il dono che Gesù fa al buon ladrone è di “essere con lui”. Gesù non risiede su questa terra, ma in cielo (cf. Apocalisse 5, 6. 13; Filippesi 3, 20; Atti 7, 55-5,6 ecc.). Stare con Gesù e risiedere su questa terra sono due cose contraddittorie.

 

2 - L'errore: I tdG prometono un paradiso su questa terra perché nel Salmo 371 27 è detto: “I giusti stessi possederanno la terra, e risiederanno su di essa per sempre.

La verità:

a) Leggendo il Salmo 37 tutto intero com'è doveroso, si deduce che la terra, di cui ivi si parla, non è il paradiso, ma un pezzo di terra di Canaan, l'odierna Palestina (cf. supra, p. 22). il senso è che Jahve darà al giusto un pezzo di terra, donde potrà ricavare di che vivere e vestirsi, mentre il malvagio sarà spogliato dei suoi beni, cioè della sua proprietà terriera. Per la maggior parte degli antichi Ebrei la proprietà terriera costituiva il bene SOMMO.

- Questa era l'attesa per gli antichi Ebrei. Ma il Figlio di Dio ci ha aperto il senso delle Scritture (cf. Luca 24, 45). Anche se ha usato le stesse espressioni del Salmista (cf. Matteo 5, 5), ci ha rivelato il loro pieno significato. La terra promessa ai giusti, a tutti i giusti, è la patria o città celeste (cf. Ebrei 11, 14-16), la dimora di Dio con gli uomini (cf. Apocalisse 21, 1-3). San Luca, nel testo parallelo a Matteo 5, 5, non parla di terra (cf. Luca 6, 20).

 

3 - L'errore: I  tdG dicono che Gesù parla della terra come paradiso quando “insegnò ai suoi discepoli a pregare: "Padre nostro che sei nei cieli ( ... ). Si compia la tua volontà, come in cielo, anche sulla terra Il” 32. Cf. Mat. 5 : 5: 6: 9,10.

La verità:

a) Nulla di vero in tutto questo. La preghiera che Gesù insegna vale per i suoi discepoli finché sono su questa terra, in questa vita. Solo in questa vita l'uomo può non fare la volontà di Dio. Gesù fa chiedere al Padre celeste che ciò non avvenga. Nel testo parallelo Luca non parla di terra (,cf.Luca 11, 2-4).

b) Notate che Gesù dice: “Si compia la tua volontà”, cioè ora, al presente. In effetti, nella nuova terra tutti faranno la volontà di Dio, “ma per i vili e gl'increduli, gli abietti e gli omicidi, gl'immorali, i fattucchieri, gli idolatri e per tutti i mentitori è riservato lo stagno ardente di fuoco e di zolfo” (Apocalisse 21, 8).

c) Notate pure come nella stessa preghiera Gesù fa chiedere il pane quotidiano (Matteo 6, 11). Se la terra di cui Gesù parla, fosse la terra paradisiaca, questa preghiera non avrebbe senso. Infatti i tdG vi assicurano che in quella terra vi sarà abbondanza di cibi e bevande, fiumi di latte e di miele... Ancora una volta i geovisti si menano la zappa sul piedi!

 

4 - Aggiungono i geovisti: “In armonia con ciò, Efesini 1: 9: 11 spiega il proposito di Dio " di radunare di nuovo tutte le cose nel Cristo, le cose nei cieli e le cose sulla terra”.

La verità:

a) Nel testo citato san Paolo non parla affatto di una terra come paradiso. Il suo pensiero è che Dio ci ha fatto conoscere che < sotto l'unico capo, Cristo, vengano armonicamente riunite tutte le creature, comprese quelle che sono nei cieli, cioè gli angeli”. Lo stesso insegnamento si ha in Filippesi 2, 9-11.

b) A conferma vale il fatto che subito dopo (versi 11-14) Paolo specifica che le cose sulla terra sono i Giudei e i pagani. Sia gli uni che gli altri, avendo creduto in Cristo, sono fatti credi e hanno la speranza del Regno futuro, ma non si trovano ancora su una terra paradisiaca.

Il “come” dei paradiso geovista

L'errore: Possiamo distinguere due tempi.

a) In un primo tempo “il re-sacerdote Gesù Cristo e i regnanti sacerdotali con lui associati (i 144.000 unti o santi) hanno il compito di portare tutto il genere umano nell'unità di Geova Dio”. I governanti celesti impiegheranno anche rappresentanti terrestri che saranno fermi nel sostenere la giustizia di Geova.

In parole più chiare, tutti dovranno accettare supinamente la volontà del Corpo Direttivo anche a costo della vita. Vi saranno perciò morti e feriti, vedove e orfani di guerra, case e città ridotte in rovina. Qualunque oppositore sarà stritolato.

b) In un secondo tempo, il progresso di questa giustizia, recherà anche benedizioni materiali. Ci sarà l'adempimento letterale delle parole profetiche! di Isaia 25, 6: “E Geova degli eserciti per certo farà per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto di piatti ben oleati”. E' chiaro che, trattandosi di un adempimento letterale, tutti i popoli andranno a banchettare a Gerusalemme, sul monte Sion!

La verità:

Contro questo aberrante abuso della Parola di Dio ricordiamo alcune verità bibliche:

a) “Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di Lui” i(Giovanni 3, 17).

“lo, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me” (Giovanni 12, 32).

“Dio, nostro salvatore, vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità. Uno solo, infatti, è Dio e uno solo il mediatore fra Dio e gli uomini, l'uomo Cristo Gesù, che ha dato se stesso in riscatto per tutti” (1 Timoteo 2, 4-6).

b) “Il regno di Dio non è questione di cibo o di bevanda, ma giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo” (Romani 14, 17).

“Sta scritto infatti: Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano” (1 Corinzi 2, 9).

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