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PURGATORIO

Ultimo Aggiornamento: 05/09/2009 16:38
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05/09/2009 16:37

P. Nicola Tornese

PARTE PRIMA

LA DOTTRINA CATTOLICA SUL PURGATORIO

La Chiesa Cattolica ha sempre creduto e crede nell'esistenza del purgatorio ed ha ripetutamente confermato questa dottrina con dichiarazioni esplicite nel presente e nel passato, specie in tempi di contestazione. Tuttavia la stessa Chiesa ha fatto e fa di tutto affinché questa verità sia capita nel suo esatto significato contro eventuali abusi in teoria e pratica di gente scriteriata.

Cominciando dai tempi a noi più vicini, vogliamo ricordare i principali documenti del Magistero cattolico sulla esistenza e sulla natura del purgatorio.

Epoca contemporanea

1 - Papa Paolo VI, nella Professione di Fede formulata in occasione dell'Anno della Fede (1967 - 1968), celebrato nel mondo cattolico per commemorare il decimonono centenario del martirio dei santi Apostoli Pietro e Paolo, ha detto:

“Crediamo che le anime di tutti coloro che muoiono nella grazia di Dio - sia quelle che devono essere ancora purificate col fuoco del Purgatorio, sia quelle che, come il buon ladrone, sono ricevute in Paradiso da Gesù subito dopo di essersi separate dal corpo - costituiscono il Popolo di Dio dopo la morte”.

 

2 - Appena tre anni prima, vale a dire nel novembre 1964, lo stesso Paolo VI coi Padri del Concilio Ecumenico Vaticano II, avevano promulgata la Costituzione Dogmatica sulla Chiesa (Lumen  Gentium), che contiene chiari ed espliciti riferimenti al purgatorio.

a)   Nel n. 49, trattando dei tre stadi o condizioni in cui i credenti in Cristo possono trovarsi, il Concilio dice:

“Fino a che il Signore non verrà nella gloria e tutti gli angeli con lui (cf. Matteo 25, 31) e, distrutta la morte, non gli saranno sottomesse tutte le cose (cf. 1 Corinzi 15, 26-27), alcuni dei suoi discepoli sono pellegrini sulla terra, altri passati da questa vita, stanno purificandosi, e altri godono della gloria”.

b) Nel paragrafo o numero seguente (n. 50) lo stesso Concilio ricorda ed approva l'antichissima usanza dei fedeli di pregare per i defunti:

“La Chiesa dei viatori riconoscendo benissimo questa comunione di tutto il Corpo Mistico di Gesù Cristo, fin dai primi tempi della religione cristiana coltivò con grande pietà la memoria dei defunti perché siano assolti dai peccati (cf. 2 Maccabei 12, 46), e ha offerto per loro anche suffragi”.

c) Finalmente la stessa Costituzione (n. 51) ricorda ed esorta:

“Questa veneranda fede dei nostri maggiori circa il vitale consorzio con i fratelli che sono nella gloria celeste o ancora dopo la morte stanno purificandosi, questo Sacrosanto Concilio la riceve con pietà e nuovamente propone i decreti dei Sacri Concili Niceno II, Fiorentino e Tridentine. E insieme, con pastorale sollecitudine esorta tutti quelli a cui spetta, perché, se si fossero infiltrati qua e là, abusi, eccessi o difetti, si adoperino per toglierli o correggerli e tutto ristabiliscano per una più piena lode di Cristo e di Dio”.

Osservazioni:

a) I documenti del Magistero cattolico finora citati e quelli che citeremo in seguito si basano su singoli testi biblici, che saranno spiegati nella seconda parte di questo opuscolo. Tuttavia ci piace far notare fin d'ora che la dottrina cattolica del purgatorio è vista ed inserita in quella più vasta della Chiesa come Popolo di Dio (Paolo VI) e Corpo Mistico di Cristo (Vaticano II). La fede cattolica basata sulla Bibbia insegna che vi è continuità tra la vita presente e quella dopo la morte. Vivi e morti sono cittadini della “Città Santa”, che scende dal cielo (cf. Apocalisse 21, 2) e al Cielo ritornerà (cf. Apocalisse 22, 17). Tra i cittadini della Gerusalemme celeste e quelli della Gerusalemme terrestre vi è uno scambio di beni e di aiuti, che si chiama “comunione dei santi” (cf. 1 Corinzi 12, 12-26). Vedi infra p. 28.

b) In effetti, questo stato di cose durerà fino alla seconda venuta del Signore, vale a dire per     tutto il tempo della storia umana, che nell'ottica cristiana si chiama “tempo della Chiesa”.Dopo che tutte le potenze del male saranno sottomesse “cf. 1 Corinzi 15, 25-28), vi sarà solo la Chiesa celeste o Regno di Dio nella sua fase definitiva ed eterna. E i figli di Dio “regneranno nei secoli dei secoli” (Apocalisse 22, 5). Anche il purgatorio sarà tra le cose passate.

Tempo della Riforma

Nella grande crisi della cristianità, che ebbe come principale protagonista Martin Lutero (1483 - 1546), la Chiesa Cattolica al Concilio di Trento riaffermò la sua dottrina sul purgatorio negata dai riformatori.

a) Ribadì anzitutto la dottrina della soddisfazione secondo cui, dopo ricevuto il perdono dei peccati e la grazia della giustificazione che rimette la pena eterna, rimane sempre il reato di pena temporale, che deve essere riparato mediante opere soddisfattorie o in questa vita o nel in purgatorio per poter essere ammessi alla gioia piena dei beati.

b) In modo specifico e diretto il Tridentino confermò la fede nell'esistenza del purgatorio nei termini seguenti:

“La Chiesa Cattolica, ammaestrata dallo Spirito Santo per mezzo della Sacra Scrittura e attraverso l'antica tradizione dei Padri, ha insegnato nei sacri Concili, e, recentemente in questo Sinodo ecumenico, che esiste il purgatorio e che le anime in esso trattenute vengono aiutate dai suffragi dei fedeli, e specialmente dal Sacrificio dell'altare (...). Ordina ai vescovi di procurare diligentemente che la sana dottrina circa il purgatorio trasmessa dai santi Padri e dai sacri Concili sia creduta dai fedeli cristiani, conservata e predicata in ogni parte”.

Osservazioni:

a) Il Tridentino ha inserito la dottrina del purgatorio in quella più ampia della giustificazione. Basandosi sulla Scrittura ha ricordato che, rimessi i peccati personali, rimane da scontare la pena dovuta appunto per i peccati. Così ha fatto Davide, per volere divino, dopo il suo peccato (cf. infra). Il Concilio precisa che questa pena può essere soddisfatta o nella vita presente o dopo la morte.

Questa possibilità di purificarsi dopo la morte costituisce un elemento fondamentale o componente della dottrina sul purgatorio.

b) Il secondo elemento o componente di questa dottrina consiste nella possibilità, da parte dei vivi, di aiutare mediante suffragi le anime dei defunti. Il Tridentino esorta le guide qualificate delle comunità ecclesiali, cioè i vescovi, a vigilare affinché sia predicata questa sana dottrina sul purgatorio, correggendo ed eliminando eventuali esagerazioni ed abusi specie nella pratica dei suffragi.

c) Degno di nota è il fatto che i vescovi cattolici riuniti a Trento, assieme ad esperti in Sacra Scrittura e a teologi, erano convinti di poter proporre la dottrina sul purgatorio perché “ammaestrati dallo Spirito Santo per mezzo della Sacra Scrittura e attraverso l'antica tradizione dei Padri”. La dottrina cattolica sul purgatorio ha un sicuro fondamento nella Parola di Dio contenuta nella Bibbia e conservata nel tempo mediante l'insegnamento e l'approfondimento dei campioni della fede (i Padri) e i sacri Concili.

Il Concilio di Firenze (1439-1445)

Qualche secolo prima del Tridentino un altro Concilio, a Firenze, aveva insegnate le stesse verità. Citiamo dal cosiddetto Decreto per i Greci:

“In più, se (i defunti), avendo fatto veramente penitenza, morirono nell'amore di Dio prima di aver soddisfatto con frutti degni di penitenza per i peccati di commissione o di omissione, le loro anime, dopo la morte, vengono purificate con pene purgatorio; e, per essere liberate da queste pene, giovano loro i suffragi dei fedeli vivi, cioè i sacrifici della Messa, le preghiere, le elemosine ed altri atti di pietà che, secondo le istruzioni della Chiesa, sogliono essere compiuti da alcuni fedeli in favor di altri fedeli”.

Osservazioni:

Il Concilio di Firenze propone la dottrina comune a tutta la Chiesa sia orientale che occidentale, insegnando ciò che poi ripeteranno i vescovi a Trento e al Vaticano II. In particolare:

a) Afferma l'esistenza del purgatorio, vale a dire di uno stato intermedio tra la vita presente e la gloria dei beati, avente come scopo la purificazione delle anime di coloro che, morti in grazia o amicizia con Dio, devono soddisfare per i loro peccati personali.

b) Ricorda la possibilità e l'utilità dei suffragi in aiuto delle anime dei defunti. Tra i suffragi dà la precedenza all'offerta del Sacrificio della Messa, a cui possono aggiungersi altri atti di pietà come preghiere, elemosine, sofferenze volontarie o subite ...

c) E menziona, anche se di passaggio, la dottrina della comunione dei santi, secondo cui, alcuni fedeli possono compiere opere di suffragio a favore di altri fedeli. E’ chiaro che il riferimento riguarda i fedeli defunti, ossia quei membri del Corpo Mistico di Cristo che si trovano nello stato intermedio tra la vita presente e la gloria del paradiso.

Conclusione

Riepilogando l'insegnamento della Chiesa Cattolica sul purgatorio così com'è stato proposto in più occasioni dal Magistero ecclesiastico possiamo dire che esso contiene due verità fondamentali:

La prima.  Il peccato attuale o personale esige un'adeguata penitenza dopo che è stato perdonato da Dio. Qualora questa penitenza non è stata soddisfatta in modo esauriente in questa vita, Dio dà al peccatore la possibilità di soddisfarla dopo la morte. Esiste dunque uno stato o condizione e modo di essere dopo la morte, in cui l'uomo può e deve purificarsi, ossia soddisfare per la pena dovuta per i suoi peccati. E’ uno stato intermedio tra la morte e la gloria o gioia piena del paradiso. Nel comune linguaggio dei cattolici è detto purgatorio.

La seconda.  I cristiani ancora pellegrini sulla terra possono aiutare i loro fratelli, che hanno lasciato questa vita, nell'opera di purificazione dovuta per i loro peccati mediante atti di pietà, soprattutto col Sacrificio della santa Messa.

Esortando i vescovi perché procurino che la sana dottrina sul purgatorio sia creduta dai fedeli, il Tridentino mostra certamente la viva preoccupazione che i suffragi non siano pensati e fatti come se fossero atti di magia. Devono scaturire da una vera pietà congiunta a una genuina bontà. Dopo tutto è sempre Dio che giudica sul valore purificatorio di quegli atti. In altre parole, il valore purificatorio dei suffragi è proporzionato al loro valore o carica intrinseca, se cioè sono atti di vero amore di Dio e dei prossimo, emananti dalla conversione del cuore, e non piuttosto gesti di una devozione superficiale o di usanze sociali o peggio ancora di vanitoso esibizionismo. Se così non fosse, sarebbe facile e comodo liberarsi e liberare dal purgatorio a suon di quattrini. “Non basta strapparsi le vesti, bisogna cambiare il cuore!” (Gioele 2, 13).

 

PARTE SECONDA

BIBBIA E PURGATORIO

Premessa

Giustifica la Bibbia la dottrina dei purgatorio così com'è insegnata dalla Chiesa Cattolica? La risposta a questa domanda deve essere affermativa. Perciò noi vogliamo interrogare la Sacra Scrittura su questo argomento, analizzare cioè alcuni testi biblici nei limiti concessi da un opuscolo. Vogliamo ragionare facendo uso corretto delle Scritture.

Precisiamo ancora una volta che due sono gli elementi o componenti essenziali della dottrina sul purgatorio.

Primo: La volontà o bontà di Dio concede al peccatore, dopo il perdono delle colpe, la possibilità di offrire un'adeguata soddisfazione per la sua completa purificazione. Nulla d'impuro può entrare nella celeste Gerusalemme (cf. Apocalisse 21, 27).

Secondo: La stessa volontà salvifica o bontà di Dio ha disposto che anche i membri del Corpo Mistico o cittadini del Regno ancora su questa terra possono aiutare coi suffragi i loro fratelli nella purificazione dopo la morte.

Peccato e soddisfazione

Dio perdona sempre i peccati al peccatore pentito, ma esige un'adeguata soddisfazione. Insegnamento biblico.

 

Antico Testamento

1 - La sorte di Mosè. Uomo di Dio, servo di Jahve fu certamente Mosè. Ma in qualche circostanza della sua vita non era stato senza macchia al cospetto del Signore. Una volta aveva parlato da stolto, con poca saggezza (cf. Numeri 20, 1-12; Salmo 105, 32-33). A motivo di questa stoltezza:

“Jahve allora disse a Mosè e ad Aronne: "Poiché non avete creduto in me riconoscendomi santo agli occhi dei figli di Israele, perciò non introdurrete quest'assemblea nel. la terra che io ho assegnato loro” (Numeri 20, 12; cf. Deuteronomio 1, 37).

Ciò che Dio aveva predetto, si avverò alla fine della vita del grande condottiero. Mosè salì sul monte Nebo e Jahve gli mostrò tutta la terra:

“Jahve gli disse: "Questa è la terra che ho giurato ad Abramo, a Isacco e a Giacobbe, dicendo: Alla tua posterità io la concederò. Te l'ho fatta vedere con i tuoi occhi, ma tu non c'entrerai” (Deuteronomio 34, 4).

Spiegazione:

a) Senza dubbio Mosè fu e rimase un grande amico di Dio (cf. Ebrei 11, 23-28; Siracide 45, 1-6), il più grande profeta dell'antichità. Solo Gesù, la Sapienza divina fattasi presente nel figlio di Maria, sarà superiore a lui (cf. Atti 3, 22-24).Dio perdonò a Mosè il suo peccato, che forse dovette consistere in qualche mancanza di fiducia in Jahve (cf. Numeri 20, 10). Il peccato, comunque, fu perdonato. Mosè apparirà agli Apostoli sul monte Tabor circonfuso di gloria assieme ad Elia, quale testimone qualificato della divinità di Gesù (cf. Matteo 17, 1-9; 1 Pietro 1, 16-19).

b) Tuttavia Dio non esentò Mosè dalla legge della soddisfazione dopo ottenuto il perdono dei peccato. Jahve non concesse a Mosè di entrare da trionfatore nella terra promessa. Fu certamente un modo di soddisfare per la colpa commessa, senza essere comunque escluso dalla gloria e dalla gioia degli amici di Dio nella patria celeste (cf. Ebrei 11, 13-16).

 

2 - Il peccato di Davide. Quest'uomo, benché scelto da Dio per essere il primogenito, ossia il più potente tra i re della terra (cf. Salmo 88, 26), si macchiò d'un duplice delitto: si appropriò della moglie di Uria, suo fedelissimo soldato, e poi lo fece uccidere a tradimento per coprire il suo crimine vergognoso (cf. 2 Samuele 12, 1-12).

Ma David si pentì sinceramente del suo peccato e pianse amaramente (cf. Salmo 50).

“Disse Davide a Nathan: "Ho peccato contro Jahve" Nathan rispose a Davide: "Anche - Jahve perdona il tuo peccato: tu non morirai; tuttavia, poiché hai osato oltraggiare - Dio liberi - Jahve con questa azione, anche il figlio che ti fu generato, morirà certamente” (2 Samuele 12, 13-14, Garofalo).

Il bambino che la moglie di Urìa aveva generato a Davide s'ammalò gravemente e dopo poco morì (cf. 2 Samuele 12, 15-19).

 

Spiegazione.

a) E’ degno di nota, prima di tutto, che il male fatto ad Urìa è considerato come un atto di grave offesa a Dio, cioè come un peccato, una grave colpa morale. Davide si pente e chiede perdono a Dio: “Pietà di me, o Dio, nel tuo grande amore (...). Sono colpevole e lo riconosco...” (Salmo 50, 1-5). Dio perdona a Davide il peccato. Davide continua ad essere il primogenito dei re della terra, l'unto di Jahve.

“Il Signore perdonò a Davide i suoi peccati ed esaltò per sempre la sua potenza. Sì impegnò con lui per la successione reale, gli assicurò un regno glorioso in Israele” (Siracide 47, 11).

b) Ma il pentimento ed il perdono non cancellarono ogni traccia del male commesso. Sarebbe stato troppo comodo!! A Davide viene inflitta una pena gravissima, che come un fuoco brucia l'intimo del suo essere. Non è il bambino a essere castigato! E’ il padre che subisce il castigo nella perdita del figlioletto tanto amato.

Commenta la Bibbia di Salvatore Garofalo:

“Si noti come, anche rimessa la colpa, rimanga da scontare la pena, più o meno grave: solo la soddisfazione libera completamente dal reato”.

Alle stesse conclusioni si arriva analizzando il racconto biblico del censimento ordinato da Davide (cf. 2 Samuele 24, 1-17; 1 Cronache 21, 1-117).

 

Nuovo Testamento

1 - Nel Nuovo Testamento non è assente l'idea della soddisfazione nel senso che il peccatore possa riacquistare l'amicizia con Dio e la salvezza mediante la sofferenza. Caso tipico può essere quello dell'incestuoso di Corinto (cf. i Corinzi 5, 1-5). Al colpevole non è negata la salvezza. Paolo afferma esplicitamente che il suo intervento e il giudizio di condanna hanno come scopo “che il suo spirito possa ottenere la salvezza nel giorno del Signore”.

Tuttavia al colpevole deve infliggersi una grave pena espiatoria, che non comporta solo l'espulsione dalla comunità dei fedeli, ma anche la consegna a satana perché lo colpisca con malattie e altre pene corporali. La punizione o sofferenza ha per fine la salvezza eterna del peccatore.

 

2 - Neppure manca nel Nuovo Testamento l'idea circa la possibilità d'una purificazione dopo questa vita, dovuta a causa del peccato, e quindi l'esistenza del purgatorio o di uno stato intermedio tra la morte e la gioia del paradiso. Non pochi biblisti vedono questa idea e quindi un valido fondamento della dottrina cattolica del purgatorio in alcune espressioni di san Paolo ai fedeli di Corinto. Riportiamo prima le parole dell'Apostolo:

“Ora, se si costruisce su questo fondamento con oro, argento, pietre preziose, legname, fieno, stoppia, l'opera di ognuno si renderà manifesta. Il giorno del giudizio la farà conoscere, dato che esso si ha da rivelare col fuoco, e il fuoco stesso proverà la qualità dell'opera di ciascuno. Se l'opera di chi ha costruito sussisterà, egli ne riceverà la mercede; se l'opera di qualcuno sarà consumata dal fuoco, egli la perderà; quanto a lui, però, sarà salvo, ma come attraverso il fuoco” (1 Corinzi 3, 12-16, Garofalo).

Spiegazione:

a) San Paolo fa qui alcune considerazioni sul lavoro di coloro che predicavano il Vangelo, ossia che intendevano edificare la Chiesa. A Corinto non tutto andava per il meglio: vi erano gelosie e contese (cf. 1 Corinzi 3, 3-5). L'Apostolo esprime il suo pensiero con l'immagine delle costruzioni e dei costruttori. Alcuni usano materiale pregiato e resistente come marmo, pietre preziose e simili, altri, materiale scadente come legno, fieno, stoppia. Il materiale pregiato rappresenta la predicazione genuina del Vangelo, la costruzione sul fondamento che è Cristo; quello scadente indica l'opera dei predicatori facili ad errori ed eresie.

b) Come prova della solidità o meno della costruzione, della validità o meno della predicazione, per Paolo vale il giudizio di Dio, che sarà manifesto nell'ultimo giorno mediante il fuoco (cf. 2 Tessalonicesi 1, 8; 2 Pietro 3, 7).Mediante il fuoco sarà verificata la qualità del lavoro apostolico, la solidità della costruzione: quella buona resisterà e l'operaio avrà la sua mercede; quella cattiva sarà distrutta. Che cosa avverrà dell'operaio o predicatore infedele o scriteriato?

c) Egli sarà salvo, dice Paolo, ma come attraverso il fuoco. La sua sorte non sarà la distruzione come per la sua opera, ma la salvezza, non senza però qualche danno personale, non senza qualche scottatura come chi fugge da un incendio improvviso. L'operaio o predicatore infedele subirà una pena personale prima di conseguire la salvezza.

“Molti teologi vedono qui, non a torto, una prova implicita della esistenza del purgatorio; infatti, benché l'Apostolo non parli direttamente di esso e tanto meno della pena del purgatorio, tuttavia suppone chiaramente la possibilità che dopo la morte una eventuale imperfezione dell'opera del predicatore possa essere espiata mediante qualche sofferenza o pena”.

d) A conferma vale la considerazione specificamente biblica secondo la quale il giudizio finale termina solo con la felicità o condanna degli uomini (cf. Matteo 25, 46; Giovanni 5, 28-29). Se Paolo concede la salvezza anche agli operai evangelici non privi di imperfezioni, si può dedurre che essi saranno ammessi alla vita eterna - saranno salvi - mediante una purificazione dopo la morte. Nella Città Santa Gerusalemme, ossia nel Regno di Dio nella sua fase definitiva “non entrerà tutto ciò che è impuro né chi compie abominazione o menzogna” (Apocalisse 21, 27).

Buona cosa è pregare per I morti

Anche l'altro elemento costitutivo della dottrina cattolica sul purgatorio, vale a dire la possibilità di aiutare i defunti nella loro purificazione, di suffragarli, non è- privo d'una valida base o giustificazione biblica. La Bibbia approva la pia pratica di offrire sacrifici per i defunti e non condanna altre pie pratiche fatte con l'intenzione di beneficiare l'anima di chi è passato all'altra vita. Esamineremo due testi biblici, di cui uno appartiene all'Antico Testamento e l'altro al Nuovo.

 

Antico Testamento

Un sacrificio offerto per i morti. Assai noto è un testo del Secondo Libro dei Maccabei, che dice:

“Il giorno seguente gli uomini di Giuda andarono, quando già tale azione si imponeva con urgenza, a raccogliere i corpi dei caduti per inumarli presso i loro parenti nei sepolcri dei loro padri. Essi trovarono sotto la tunica di ogni morto oggetti sacri agli idoli di Jamnia, che la legge interdice ai Giudei. Così fu palese a tutti il motivo per cui erano morti. Tutti, allora, benedicendo le opere del Signore giusto che rende manifeste le cose occulte, accorsero a pregare, supplicando che il delitto commesso venisse completamente perdonato. Allora il forte Giuda esortò la moltitudine a conservarsi senza colpe, vedendo coi propri occhi ciò che era successo per il peccato di coloro che erano caduti. Dopo aver raccolto quasi duemila dracme d'argento secondo la possibilità di ognuno, le inviò a Gerusalemme perché fosse offerto un sacrificio per il peccato. Questa fu una buona e nobile azione, perché ispirata dal pensiero della risurrezione. Infatti, se non avesse sperato che coloro che erano morti sarebbero risorti, sarebbe stato superfluo e vano pregare per i morti. Inoltre egli pensava alla magnifica ricompensa riservata a coloro che si addormentano nella pietà. Santo e pio pensiero! Perciò egli fece compiere un sacrificio espiatorio per i morti affinché fossero assolti dal peccato” (2 Maccabei 12, 3946), Garofalo).

 

Spiegazione:

1.   - I fatti:

a) L'episodio qui narrato si colloca nella guerra d'indipendenza degli Ebrei contro i popoli vicini e l'ellenismo (i Greci), sotto la guida dì Giuda Maccabeo durante la prima metà del Il sec. a.C. in una battaglia Giuda sconfigge Gorgia, governatore dell'Idumea, la regione situata a sud della Palestina; ma perde sul campo di battaglia un certo numero di soldati.

b) A battaglia finita, nel compiere il pio ufficio della sepoltura, gli uomini di Giuda trovano sotto la tunica dei soldati uccisi alcuni oggetti sacri a divinità pagane, di cui i morti si erano impossessati, violando la legge giudaica che proibiva una tale cosa (cf. Deuteronomio 7, 25-26).

c) Giuda considera la morte di quei soldati come un castigo di Dio per tale loro colpa; ma era convinto che quei combattenti si erano addormentati nella pietà (verso 45). Erano infatti caduti combattendo per una nobile causa. Pensò tuttavia che avessero bisogno di essere purificati.

Compresi da tale sentimento, Giuda e i suoi soldati accorsero a pregare e anche a far pregare per i compagni caduti. Fece una colletta di quasi duemila dracme d'argento e la inviò a Gerusalemme perché fosse offerto, un sacrificio espiatorio affinché i soldati caduti in battaglia fossero purificati dal peccato.

 

2. - Le idee

a) Dal racconto risulta abbastanza chiaro che tra gli Ebrei al tempo dei Maccabei (11 sec. a.C.) vi era la convinzione sulla possibilità di essere purificati dal peccato anche dopo la morte e così fatti degni della risurrezione tra i giusti. Questo è uno degli elementi costitutivi della dottrina cattolica sul purgatorio.

b) Ma è soprattutto chiaro che i vivi possono contribuire alla purificazione dei defunti. Ne è indicato anche il modo, cioè preghiere e sacrifici. Giuda e i suoi uomini sono convinti che il sacrificio espiatorio era offerto perché fosse eliminato ciò che separava l'uomo da Dio.

c) L'autore sacro loda il gesto di  Giuda  e  dei  suoi  compagni con la semplice esclamazione : “Santo e pio pensiero!”. Questo basta per dire che siamo qui in presenza d'una dottrina ispirata da Dio e non già frutto di speculazioni più o meno emotive o, peggio, di superstizione. Qui abbiamo in sostanza la dottrina del purgatorio come insegnata dalla Chiesa Cattolica e non si può negare che abbia una solida base nella parola di Dio.

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