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PURGATORIO

Ultimo Aggiornamento: 05/09/2009 16:38
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05/09/2009 16:38

Nuovo Testamento

Con riferimento alle preghiere o suffragi per i defunti molti studiosi della Bibbia vedono un fondamento di tale dottrina in una pia pratica in uso al tempi di san Paolo nella comunità cristiana di Corinto. Ce ne dà notizia lo stesso Apostolo che scrive:

“Altrimenti, che cosa farebbero quelli che vengono battezzati per i morti? Se davvero i morti non risorgono, perché si fanno battezzare per loro?” (1 Corinzi 15, 29).

Spiegazione:

a) San Paolo tratta della certezza della risurrezione dei morti, di tutti i morti, per convincere alcuni cristiani di Corinto che ne dubitavano (cf. 1 Corinzi 15, 12). L'Apostolo prende lo spunto da una pratica religiosa in uso presso quella comunità, vale a dire “il battesimo per i morti”. Da parte sua Paolo non disapprova tale pratica, anche se non sembra approvarla esplicitamente. Egli vuol far solo riflettere quel dubbiosi che tale pratica sarebbe inutile e incomprensibile, se non ci fosse risurrezione dei morti. Infatti il battesimo è caparra di risurrezione (cf. Romani 6, 3-5).

b) Che cosa era questo “farsi battezzare per i morti”? La spiegazione più comune è che si trattava del battesimo ricevuto  da  una persona ancora viva a favore di un defunto - di un catecumeno - morto senza battesimo: era un'azione vicaria, fatta cioè al posto di un altro, in vece sua, e a suo vantaggio. Inoltre, e forse principalmente, si voleva aiutare il defunto con un rito di suffragio.

c) In questa spiegazione condivisa dalla stragrande maggioranza dei biblisti è implicita l'idea che i vivi possono aiutare i defunti, cioè suffragare le loro anime. Questo è l'essenziale. Vi è qui una conferma della convinzione già chiara fin dai tempi dei Maccabei: pregare per i morti è un pensiero santo e belle (cf. 2 Maccabei 12, 45).

Una spiegazione settaria

L'errore:

Ai tdG non garba la spiegazione che di Corinzi 15, 29 danno quasi tutti i biblisti, cattolici e non cattolici. E’ troppo scomoda per loro perché comporta non solo l'utilità dei suffragi, ma anche la sopravvivenza dell'uomo subito dopo la morte. Per i geovisti, l'uomo con la morte ritorna in uno stato di non-esistenza; a loro dire, la morte dell'uomo è come quella del cane. Per distruggere la verità biblica traducono 1 Cor. 15, 29 arbitrariamente, in modo del tutto diverso dai veri cristiani:

“Altrimenti che faranno quelli che si battezzano allo scopo di (essere) dei morti? Se i morti non saranno destati, perché sono anche battezzati allo scopo di (essere) tali?” (Traduzione del Nuovo Mondo).

Per gettare poi un po' di polvere negli occhi, gli anonimi traduttori della Bibbia geovista aggiungono:

“La versione della "Traduzione del Nuovo Mondo" è grammaticalmente corretta, e concorda con i suddetti versetti biblici”.

 

La verità:

a) Notate, prima di tutto, come la traduzione geovista di 1 Cor. 15, 29 è completamente diversa da quella di tutti i traduttori della Bibbia, cattolici e non cattolici. Si ha qui una prova incontestabile di quanto sia menzognera l'affermazione dei tdG quando dicono che la loro Bibbia è la stessa di quella dei cattolici.

b) In secondo luogo, la traduzione geovista di 1 Cor. 15, 29 è scorretta perché contraria alla lettera e allo spirito del testo paolino:

- Contraria alla lettera, ossia grammaticalmente errata, perché nel testo originale non vi è il verbo essere. I geovisti l'hanno aggiunto abusivamente per ben due volte. San Paolo ha scritto: “si fanno battezzare per i morti” (testo greco); non già “allo scopo di essere morti”. Parimenti: “perché si fanno battezzare per essi” (testo greco); non già “allo scopo di (essere) tali”.

- Contraria allo spirito, ossia contraria a tutto l'insegnamento di san Paolo circa l'efficacia del battesimo. Infatti, secondo san Paolo, il battesimo cristiano non è conferite> “allo scopo di essere morti”, bensì allo scopo di essere vivi. Il battesimo, dato in nome di Gesù o della SS.ma Trinità, di- strugge il peccato, cioè la morte, e dà una nuova vita (cf. Atti 2, 38; Romani 6, 3-6; Colossesi 2, 12-13; Giovanni 3, 3-7). Dire perciò, come fanno i geovisti, che “si battezzano allo scopo di essere morti”, equivale a capovolgere l'insegnamento della Bibbia, commettendo un madornale errore.

c) Per coprire il loro inganno i geovisti dicono che “le uniche altre scritture che menzionano la morte in relazione col battesimo si riferiscono a un battesimo che l'individuo stesso riceve, non a un battesimo in favore d'un altro, d'una persona morta”.

Si tratta d'un inganno, d'una scappatoia. Infatti anche in 1 Corinzi 15, 29 si parla dello stesso battesimo, di cui si parla in tutto le altre Scritture. Ma si aggiunge che si tratta di un battesimo vicario, in favore d'un defunto. E anche questa è Scrittura

La comunione dei santi

a) Nel riaffermare la dottrina cattolica sul purgatorio, il Concilio Vaticano Il fa esplicita menzione di un'altra dottrina - quella della Chiesa come “comunione dei santi” - e in base a questa dottrina ricorda che “fin dai primi tempi della religione cristiana la Chiesa dei viatori coltivò con grande pietà la memoria dei defunti e "poiché santo e salutare è il pensiero di pregare per i defunti perché siano assolti dai loro peccati" (2 Maccabei 12, 46), ha offerte per loro anche suffragi.

b) La dottrina della “comunione dei santi” è in- segnata esplicitamente da san Paolo. E’ utile perciò fare una breve analisi di essa in rapporto alla dottrina sul purgatorio. Scrisse l'apostolo:

“Poiché, a quel modo che il corpo è uno, sebbene abbia molte membra, e che tutte le membra del corpo, pur essendo molte, formano un solo corpo, così pure il Cristo. E infatti, in un solo Spirito noi tutti, Giudei o Greci, schiavi o liberi, fummo battezzati per formare un solo corpo; e tutti bevemmo di un unico Spirito.

Ora, il nostro corpo non è composto di un membro solo, ma di molte membra (...).'Iddio ha composto il corpo in modo da dare maggior onore a ciò che manca, affinché non vi sia divisione nel corpo, ma le membra siano vicendevolmente sollecite del bene comune. Così se un membro soffre, soffrono con esso tutte le membra, e se un membro è onorato, tutte le membra ne gioiscano con esso. Ora voi siete il corpo di Cristo e, ciascuno per la sua parte, sue membra” (1 Corinzi 12, 12.24-27).

 

Spiegazione:

a) San Paolo si serve dell'immagine del corpo (umano) per mettere in luce la solidarietà che deve regnare nella comunità dei credenti, cioè nella Chiesa. In virtù del battesimo e dell'effusione dello Spirito tutti i battezzati, di qualunque provenienze sociale, sono diventati membra di uno stesso corpo San Paolo chiama Cristo questa nuova comunità non certamente il Cristo storico, ma il Cristo in quanto Salvatore, che una volta disse: “Quanto , me, allorché sarò innalzato da terra tutti attirerò a me” (Giovanni 12, 32). Lui Capo e Redentore e quanti credono in Lui, quanti sono attirati da Lui, formano una nuova umanità detta con linguaggio cattolico “Corpo mistico di Cristo”.

b) Come nel corpo umano tutte le membra col lavorano al bene comune, anche se con funzioni diverse, così nel Corpo Mistico. “Così, se un membro soffre, soffrono con esso tutte le membra”.

Questa solidarietà trae la sua origine e la sua efficacia dal battesimo, che dà ai rinati da acqua e da Spirito (cf. Giovanni 3, 5) una nuova vita, una nuova linfa vitale, che anima tutte le membra del Corpo Mistico nel tempo e nell'eternità. Il vincolo che lega i discepoli di Cristo non conosce soluzioni di continuità. “Chiunque vive e crede in me, noi morirà mai” (Giovanni 11, 26).

c) Su questa base biblica, noi siamo certi che i nostri fratelli defunti non sono tornati in uno stato di non-esistenza. Lasciamola ai tdG questi macabra visione. La vita non è stata loro tolta, ma solo mutata. Anche se alcuni di loro devono ancor purificarsi, essi sono membra vive della Gerusalemme celeste.

Tra loro e noi ancora viatori sulla terra esiste il vincolo soprannaturale, che ci fa tutti membra del Corpo Mistico di Cristo. Tra noi e loro vige la legge della solidarietà, della comunione dei santi, vale a dire dello scambio reciproco dei beni e degli aiuti: “Se un membro soffre, soffrono tutte le membra”, e tutte le membra possono e devono alleviare le sofferenze del membro che soffre.

In questa magnifica dottrina dell'Apostolo Paolo la Chiesa Cattolica giustamente vede affermata la sua fede nell'esistenza del purgatorio e soprattutto nella possibilità dei suffragi per i suoi figli defunti perché siano assolti dai loro peccati e liberati dalle pene del purgatorio .

Sì, tutti quelli che sono di Cristo, avendo lo Spirito Santo, formano una sola Chiesa e sono tra loro uniti in Lui (cf. Efesini 4, 16). L'unione quindi dei viatori coi fratelli morti nella pace di Cristo, non è minimamente spezzata, anzi, secondo la perenne fede della Chiesa, è consolidata dalla comunione dei beni spirituali. Parola di Dio!

 

PARTE TERZA

TRADIZIONE E PURGATORIO

Cose da non dimenticare

a) A chiusura del suo vangelo san Giovanni ha scritto:

“Vi sono, poi, molte altre cose fatte da Gesù, le quali, se si scrivessero una per una, ritengo che neppure il mondo potrebbe contenere i libri che si dovrebbero scrivere” (Giovanni 21, 25, Garofalo; cf. Giovanni 20, 30-31).

Dunque non fu intenzione degli evangelisti mettere per iscritto tutti i detti e i fatti di Gesù.

Da parte sua san Paolo ricordava ai cristiani di Tessalonica:

“Dunque, o fratelli, state saldi e seguite fedelmente le dottrine che vi abbiamo trasmesse sia a viva voce che per lettera” (2 Tessalonicesi 2, 15, Garofalo).

Dunque san Paolo aveva trasmesso ai cristiani anche dottrine a viva voce (tradizioni, testo greco) e voleva che fossero seguite fedelmente.

b) Lo stesso Paolo, non molto prima di morire, scrisse al discepolo Timoteo:

“0 Timoteo, custodisci il deposito che ti confido, schiva le vuote chiacchiere profane e le diatribe della pretesa gnosi  che molti promettono, ma naufragando nella fede” (1 Timoteo 6, 20 Garofalo).

A giudizio dei biblisti, deposito vuol dire la sana dottrina dei Vangelo in tutta la sua interezza. Certo la Scrittura è una parte preponderante del deposito. Ma non tutti gli elementi del deposito originale (parole e opere di Gesù) sono stati esplicitamente e formalmente consegnati allo scritto.

La catechesi o insegnamento orale e la vita stessa delle comunità cristiane, a cominciare dal- l'età apostolica, hanno conservato e trasmesso il deposito in una forma più ricca e più viva dello scritto. Gesù aveva assicurato che lo Spirito Santo avrebbe introdotto i suoi discepoli a tutta intera la verità (cf. Giovanni 16, 12-13; 14, 25-26).

Questa fedele custodia del deposito e la sua esplicitazione sotto la guida della Spirito Santo costituisce la Tradizione ecclesiale, che non ha nulla che vedere con le tradizioni degli antichi, giustamente condannate da Gesù (cf. Matteo 7, 8-13).

Tradizione e dottrina sul purgatorio

a) Alla luce di questa retta comprensione dei deposito, noi possiamo dire che le numerose ed esplicite testimonianze della Tradizione sul purga- torio non sono qualcosa di nuovo e di distaccato dagli insegnamenti di Gesù e degli Apostoli, ma si connettono sostanzialmente alla Buona Novella, ossia al Vangelo, annunciato all'umanità dal Figlio di Dio.

La New Catholie Encyclopaedia, trattando del purgatorio, osserva:

“Il Nuovo Testamento mostra come i discepoli di Gesù erano familiari col suo insegnamento sul peccato e sul giudizio (cf. Matteo 12, 32.36; 16, 27; Luca 7, 47; 12, 47-48). Le sue parole fecero approfondire il sentimento della santità di Dio, infiammando la loro speranza nella sua misericordia e li indussero a pregare per i morti. Egli insegnò loro le grandi verità sulla morte e sul giudizio, e nulla fa credere che solo quelli esenti da qualsiasi macchia sarebbero liberati dall'inferno” (cf. Matteo 8, 12; Luca 12, 20:16, 22; Giovanni 9, 4; 11, 9; 12, 25).

 

Osservazioni:

a) Gli autori della New Catholie Encyclopaedia notano espressamente come gli insegnamenti di Gesù sulla santità di Dio e la sua misericordia indussero i discepoli a pregare per i morti. Dunque coloro che erano stati in diretto contatto col Maestro e familiari col suo insegnamento sul peccato e sul giudizio credevano nell'efficacia della preghiera a vantaggio dei defunti. La dottrina dei suffragi faceva parte della fede e della prassi degli immediati discepoli di Gesù. Era contenuta nel deposito della fede.

b) Gli stessi autori notano ancora come il Maestro “insegnò ai discepoli le grandi verità sulla morte e sul giudizio e nulla fa credere che solo quelli esenti da qualsiasi macchia sarebbero liberati dall'inferno”. Qui vi è una chiara allusione all'esistenza del purgatorio nell'insegnamento di Gesù. Infatti, se nulla fa credere che solo gli esenti da qualsiasi macchia di peccato sarebbero liberati dall'inferno, tutto fa credere che anche altri, ben- ché non esenti da macchie di peccati, avrebbero conseguita la salvezza. Come? Mediante una purificazione dopo la morte concessa dalla misericordia di Dio, grazie anche alle preghiere dei fedeli.

c) Quando dunque la stessa New Catholic Encyclopaedia scrive che “in ultima analisi, la dottrina cattolica del purgatorio si basa sulla tradizione, non sulle Sacre Scritture”, non intende assolutamente escludere la dottrina cattolica del purgatorio dal deposito della fede.

La verità è che la New Catholie Encyclopaedia afferma chiaramente che la dottrina cattolica sul purgatorio affonda le sue radici negli insegnamenti di Gesù e degli Apostoli. 1 discepoli immediati di Gesù hanno recepito calorosamente l'insegnamento del Maestro sulla misericordia di Dio, che si estende anche dopo la morto dell'uomo, e lo hanno trasmesso mediante la Tradizione ecclesiale. Numerosi documenti risalenti ai primi tempi del cristianesimo ce lo attestano.

Riportiamo ora alcuni documenti di questa Tradizione cominciando dalla pia pratica di pregare per i morti.

La preghiera per i defunti

Questa devota usanza è largamente testimoniata da antichissimi documenti cristiani.

1 - Le catacombe, come tutti sanno, erano soprattutto cimiteri cristiani. Sulle tombe dei morti si leggono spesso espressioni significative, frasi augurali, invocazioni di preghiere:

“La tua anima sia nella gioia!”. “Dio renda felice il tuo spirito!”. “Vi esorto, o fratelli, di pregare quando venite qui: scongiuro voi tutti che leggete: pregate per me peccatore”.

 

2 - L'epitaffio d'Abercio. E’ la regina delle iscrizioni cristiane, uno dei più antichi documenti lapidari, che ricorda tante verità care ai cattolici: la celebrazione dell'Eucaristia o Santa Messa, la grandezza e la fede della Chiesa di Roma, “un popolo che porta un luminoso sigillo”, ecc.

A noi interessa soprattutto la testimonianza sull'efficacia della preghiera per i defunti, che comporta chiaramente la fede nella sopravvivenza dell'uomo dopo la morte e la possibilità di aiutare i defunti mediante la preghiera. In altre parole, l'iscrizione di Abercio testimonia la fede della primitiva Chiesa nell'esistenza del purgatorio. Ecco le parole di Abercio:

“Queste cose dettai direttamente io Abercio, quando avevo precisamente settantadue anni di età. Vedendole e comprendendole, preghi per Abercio”.

a) Chi era Abercio? Un cristiano, forse vescovo di leropoli, nell'antica Frigia o Asia Minore (vicino Oriente). Aveva viaggiato in quasi tutto l'impero romano, compresa Roma. Prima di morire compose di proprie mani l'epitaffio o iscrizione per sua tomba.

b) A giudizio degli esperti", l'epitaffio fu composto nella seconda metà del secondo secolo Era Cristiana. Tenendo presente che Abercio, quando lo scrisse, aveva settantadue anni di età, ne segue che dovette nascere a principio del secondo secolo o anche prima. Al tempo della sua nascita era forse ancora vivo san Giovanni ed erano certamente in vita moltissimi, che avevano appreso la fede direttamente dagli Apostoli. La dottrina di Abercio affonda le sue radici e si ricollega all'insegnamento apostolico.

c) Di questo insegnamento, appreso e trasmesso da Abercio, facevano parte tante verità preservate fedelmente nella Chiesa Cattolica: tra queste l'efficacia delle preghiere per i defunti. Se Abercio chiede che si preghi per lui dopo la sua morte, è segno evidente che aveva appreso nella sua educazione cristiana risalente agli Apostoli “non essere superfluo e vano il pregare per i morti” (2 Maccabei 12, 44).

 

            3. – Tertulliano, vissuto tra la seconda metà del secondo secolo e la prima del terzo, enumera minuziosamente quasi tutte le pie pratiche, di cui era intessuta la vita del cristiano; parla del battesimo, dell'Eucaristia, del digiuno ecc. E ricorda anche le preghiere di suffragio: Nel giorno anniversario facciamo preghiere per i defunti”.

Altrove scrive:

“La moglie sopravvissuta al marito offre preghiere per la gioia di suo marito nei giorni anniversari della sua morte”.

 

4 - Sant'Agostino (354-430) è molto esplicito. Rifacendosi al libro dei Maccabei (2 Maccabei 12, 43), il grande pensatore cristiano Agostino scrive:

“Nei libri dei Maccabei leggiamo che fu offerto un sacrificio per i morti. Ma anche se nelle Scritture Antiche non si dicesse nulla di questa cosa, abbiamo una non piccola testimonianza autorevole di tutta la Chiesa, che getta piena luce su questa pia pratica. In tutta la Chiesa infatti, nelle preghiere che i sacerdoti offrono a Dio sull'altare (S. Messa) trova spazio anche il ricordo dei morti (commendatio mortuorum)”.

E altrove:

“Non si può negare che le anime dei defunti possono essere aiutate dalla pietà dei loro cari ancora in vita, quando è offerto per loro il sacrificio del Mediatore (la S. Messa), oppure mediante elemosine”.

 

5 - Riportiamo ancora una testimonianza (tra le tante!), quella di sant'Efrem (306-373). Egli appartiene alla Chiesa d'Oriente ed è detto il profeta dei Siri, arpa dello Spirito Santo. Di lui scrisse san GiroIamo: “Giunse a tanta fama che in alcune chiese i suoi scritti erano letti pubblicamente subito dopo la Scrittura”.

Questo grande maestro di vita cristiana lasciò scritto nel suo testamento:

Nel trigesimo della mia morte, ricordatevi di me, fratelli, nella preghiera. I morti infatti ricevono aiuto dalla preghiera fatta dai vivi (...). Se infatti gli uomini di Matatìa, che avevano la verità rivelata da Dio (cf. 2 Maccabei 12, 38-46), con le offerte espiarono i peccati di quelli che erano caduti in guerra in uno stato di colpa, quanto più i sacerdoti del Figlio coi santi sacrifici e le preghiere possono espiare i peccati dei defunti”.

Possibilità di purificarsi

1 - Tertulliano, verso il principio del secondo secolo, nel suo scritto che ha per titolo De anima (Sull'anima) ammette che l'anima, dopo la morte, possa purificarsi:

“Noi riteniamo che quella prigione di cui parla il Vangelo (cf. Matteo 5, 26) corrisponda agli inferi (regione del morti), dove deve essere pagato il debito fino all'ultimo centesimo in attesa della risurrezione”.

 

2 - San Cìpriano, nato a Cartagine verso l'anno 210 e morto martire (14 settembre 258), insegnava la stessa dottrina di Tertulliano:

“Altra cosa è non uscire dalla prigione finché non si sia pagato l'ultimo centesimo, altra cosa ricevere subito la mercede della fede e della virtù; altra cosa purificarsi dal peccato con lungo dolore e fuoco, altra cosa aver scontato tutti i peccati con la penitenza”.

 

3 - Origene (185-254) fu prima di tutto un grande biblista, il più grande forse che l'antichità cristiana abbia conosciuto. Fu l'uomo della Scrittura per eccellenza. Conosceva bene il greco e l'ebraico e poteva così penetrare il vero senso della Parola di Dio.

Alla scuola della Bibbia Origene insegnò che con la morte l'uomo non torna in uno stato di non-esistenza: tutte le creature umane, non soltanto alcune privilegiate, continuano a vivere subito dopo la morte in uno stato di gioia o anche di sofferenza (i peccatori). Origene insegnò pure che dopo la morte Dio dà al peccatori la possibilità di purificarsi e conseguire così la gioia eterna:

“Anche i buoni - afferma Origene - sono imperfetti e pertanto tutti i giusti saranno provati con il fuoco; questa prova è da ritenere come un battesimo di fuoco (baptismus ignis), che purificando l'anima dai difetti inevitabili della vita terrena, la renderà degna del Cielo”.

E’ vero che Origene insegnò cose che la Chiesa Cattolica non accetta; ma occorre tuttavia ammettere che, studiando o scrutando le Scritture con intelligenza ed amore, fu un grande assertore della dottrina cattolica della possibilità di purificarsi dopo la morte, ossia del purgatorio.

 

4 - Sant'Agostino, oltre all'utilità dei suffragi, insegnò pure in modo esplicito e senza le esagerazioni di Origene, la natura espiatoria del purgatorio.

“Le pene temporali alcuni le subiscono in questa vita soltanto, altri dopo la morte, altri sia in questa vita che nell'altra, tuttavia sempre prima del giudizio finale. Non tutti infatti subiranno le pene eterne dopo quel giudizio, se dopo la morte hanno subìto pene temporali”.

Conclusione: Scrittura e Tradizione

1 - Chi scrive le pagine di questo opuscolo con- divide ciò che si legge in una Enciclopedia della Bibbia:

“La Bibbia non parla esplicitamente del "Purgatorio ma l'Antico Testamento vi ci prepara mediante il concetto, sempre più preciso, di responsabilità personale e con I' idea, così frequente, che bisogna espiare una pena dopo la remissione dei peccati” (cf. Numeri 20, 12, 2 Samuele 12, 13-14).

E ancora:

“Il Nuovo Testamento non contiene nessun insegnamento diretto sul purgatorio. Ma vari testi si spiegherebbero perfettamente alla luce del secondo Libro dei Maccabei”.

Accetto pure le seguenti precisazioni, con cui l'Enciclopedia Cattolica inizia il suo studio sul purgatorio:

“La Bibbia non parla esplicitamente del purgatorio, ma contiene testi che ne suggeriscono l'idea. Il concetto di una responsabilità personale, che divenne sempre più chiaro con il progresso della Rivelazione, congiunto coli quello diffuso nel Vecchio Testamento (cf. Sapienza 10, 2; Numeri 20, 12), secondo cui, rimesso il peccato, rimane una pena temporale da scontare, è un importante presupposto della dottrina del purgatorio. Se a questa esplicita concezione del Vecchio Testamento si associa l'idea neo. testamentaria di una personale partecipazione dei singoli alla propria salvezza, soprattutto nell'economia penitenziale, non è difficile rilevare che, se qualche testo biblico insinua il fatto di un prolungamento ultraterreno di tale economia, il pensiero cristiano, guidato dalla Chiesa, poteva, in qualche momento del suo sviluppo, dedurre l'esistenza di quello stato intermedio tra inferno e paradiso, che da secoli è chiamato purgatorio”.

 

2 – E’ questo un linguaggio chiaro, onesto, equilibrato. La Sacra Scrittura, al di là d'ogni possibile dubbio, contiene elementi anche se indiretti sulla esistenza e la natura di uno stato intermedio tra paradiso ed inferno, che da secoli si chiama purgatorio. L'Antico Testamento ci ha preparato a questa dottrina; il Nuovo Testamento, sulla linea dell'Antico, contiene testi che si spiegano perfettamente solo alla luce di questa dottrina.

Basato su questi elementi, il pensiero cristiano guidato dallo Spirito Santo (cf. Giovanni 14, 26), nell'ambito della Chiesa (cf. 2 Pietro 1, 21), ha esplicitato e formulato la dottrina del purgatorio. Questa è la Tradizione ecclesiale intesa nel suo esatto significato. La Tradizione ecclesiale conserva quello che Gesù e gli Apostoli hanno insegnato.

La dottrina cattolica del purgatorio si basa dunque sulla Scrittura esplicitata fedelmente dalla comunità dei credenti sotto la guida dello Spirito Santo. E’ perciò dottrina rivelata da Dio e va accettata da ogni vero cattolico.

Va perciò rigettata come superficiale e settaria l'insinuazione dei tdG secondo cui la dottrina del purgatorio si basa solo sulla tradizione intesa come insegnamenti di uomini, e non sarebbe insegnamento biblico. I geovisti arrivano a questa errata conclusione, strappando dal loro contesto alcune espressioni di autori cattolici e corrompendo il loro pensiero. Ma questa è disonestà.

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