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PURGATORIO

Ultimo Aggiornamento: 05/09/2009 16:38
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05/09/2009 16:38

Il fuoco del purgatorio

1 - La Chiesa Cattolica ha sempre affermata l'esistenza del purgatorio, ossia la sopravvivenza dell'uomo subito dopo la morte in uno stato di attesa e di purificazione prima di essere ammesso nella Casa del Padre. Ha anche insegnato ed insegna l'utilità e il valore dei suffragi. Tuttavia è stata ed è d'una sobrietà significativa quando si tratta di specificare in che cosa consiste la pena o purificazione delle anime del purgatorio.

 

2 -  E’ vero che non pochi libri cattolici, specie nel passato, con tanto di imprimatur e non poche immagini e raffigurazioni, presentano il purgatorio come una fornace ardente piena di anime sofferenti. Ma questa letteratura o arte piuttosto popolare non fa autorità e va spiegata nel contesto storico-culturale che la produsse: un purgatorio o un inferno tutto fuoco e fiamme è roba del passato.

A onor del vero, se leggiamo la Bibbia in modo superficiale, come fanno i tdG, potremmo parlare di fuoco reale. Un fuoco inestinguibile brucerà i ribelli contro Dio (cf. Isaia 66, 24; Marco 9, 48-49). In un lago di fuoco sarà gettato il diavolo col mostro e  il profeta per essere tormentati per sempre (cf. Apocalisse 20, 10); e la stessa sorte toccherà a coloro che non furono trovati iscritti nel libro della vita (cf. Apocalisse 20, 15). E' facile dire che il fuoco in questo caso è simbolo dello stroncamento eterno, del ritorno nella non-esistenza, come spiegano i tdG. Ma non sembra facile convincere chi ha ancora una mente sana come possano essere “tormentati giorno e notte per i secoli dei secoli” (Apocalisse 20, 10), coloro i quali non esistono più.

 

3 - Questo realismo biblico spiega e giustifica in parte le rappresentazioni di un purgatorio (e d'un inferno) tutto fiamme e zolfo, tanto care a scrittori, predicatori e artisti del passato. La Chiesa Cattolica, comunque, non ha mai definito l'esistenza di un fuoco letterale nel purgatorio e nell'inferno. Al contrario non sono mai mancati anche nel passato e non mancano al presente studiosi cattolici della Bibbia, profondi conoscitori del suo linguaggio, delle sue immagini ecc., i quali danno al fuoco biblico non un significato puramente simbolico di distruzione assoluta, ma neppure un senso letterale. Danno tuttavia all'immagine del fuoco un significato reale (che è ben diverso dal senso letterale), in conformità all'insegnamento globale della Bibbia. La Bibbia infatti si spiega con la Bibbia. Lo dicono pure i tdG, ma altra cosa è dire, altra cosa fare. Qual è questo significato?

4 – E’ insegnamento biblico che Dio salva l’uomo per vie dell'amore, non del terrore. “Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il Figlio suo Unigenito affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia la vita eterna” (Giovanni 3, 16). I frutti salvifici della morte di Cristo, sono applicati all'uomo mediante il battesimo, che ci dà una nuova vita, che non conosce tramonto, e poi la risurrezione del corpo. E’ l'assimilazione dell'uomo a Gesù Cristo, Via, Verità e Vita (Romani 6, 3-7; Giovanni 3, 5; 14, 6; Filippesi 3, 20-21).

 

5 - La vita dei cristiani, anzi dell'uomo, deve essere una risposta all'amore di Dio. In effetti, l'o- pera di Dio mediante il Figlio non è una bacchetta magica, che cambia d'un colpo la vita di chi crede, distruggendo ogni egoismo e trasformando in un istante la natura umana. Cristiani non sì nasce, ma si diventa. Dio vuole che l'uomo risponda al suo amore con l'amore verso di Lui e verso il prossimo. L'impegno di questa risposta dura tutta la vita, fino alla morte, ultimo atto di amore se offerta a Dio con amore. Con la morte giunge per il cristiano il tempo beato di conseguire lo scopo della vita: vivere nell'amore con Dio e i suoi simili.

 

6 - Ma ecco, per colpa dell'uomo, questa vita beata è resa impossibile o piuttosto ritardata per- ché nulla d'impuro può coesistere con la santità di Dio e la bellezza della celeste Gerusalemme (cf. Apocalisse 21, 27).

Che cosa avverrà allora? Il fuoco dell'attesa. E’  un fuoco d'amore che spinge verso la vita beata, ma la spinta è come rallentata da residui di egoismo, di peccato. E’ come uno sposalizio rimandato, come un'attesa bruciante di un incontro tra persone che si amano, tra genitori e figli, tra amici sinceri, come l'attesa del prigioniero che sconta la pena per il suo reato.

E’ sempre un amore che brucia e allo stesso tempo purifica. E l'amore sarà più forte, più bruciante, quando l'uomo, al di là delle barriere di questa vita, capirà che c'è un Padre che l'attende, una comunità di santi, una vita senza lacrime, senza lutto né grida né dolore perché le cose di prima sono passate (cf. Apocalisse 21, 4).

Dov'è il purgatorio?

Non è raro che domande di questo genere vengono rivolte anche da persone d'una certa cultura a chi dovrebbe saper rispondere: dov'è il purgatorio?

Prima di tentare una risposta, su base biblica, vogliamo fare due precisazioni. La prima: la do- manda potrebbe essere formulata in modo diverso e più completo: Dove sono i morti? La seconda: ricordiamo, sempre con riferimento alla Bibbia, che la Rivelazione è stata fatta da Dio progressivamente, ed ha trovato il suo compimento nei fatti e nei detti di Gesù (cf. Matteo 5, 17; Ebrei 1, 1-2).

1 - Prima di Cristo, ossia nell'Antico Testamento; vi è o vi era una geografia dell'aldilà in termini piuttosto precisi. Gli Ebrei, e non solo essi, immaginavano che i morti, tutti i morti, andassero in una regione chiamata Sceol (in greco Ade), situata al di sotto dell'oceano, al centro della terra.

A cominciare dal V 'secolo a.C., dopo l'esilio babilonese, sempre presso gli Ebrei, vi fu un certo cambiamento,. nello Sceol o Ade, collocato al centro della terra, andavano i malvagi, mentre ai giusti era assegnato un luogo in alto chiamato paradiso, e situato in qualche regione elevata della terra, oppure in alto nei cieli.

 

2 - Nel Nuovo Testamento continua in parte la stessa mentalità: i peccatori sono collocati nella massima profondità della terra, “nel cuore della terra” (Matteo 12, 40), mentre al giusti è assegnato il paradiso, un luogo di felicità in alto, chiamato anche in modi diversi.- seno di Abramo (cf. Luca 16, 22), cielo (Filippesi 3, 20), tempio di Dio (Apocalisse 7, 15) ecc.

Tuttavia questa mentalità geografica viene superata, anzi radicalmente trasformata alla luce de- gli insegnamenti e della vita di Gesù. I discepoli dei Risorto sanno che i morti non sono più nel- l'Ade, ma con Gesù, col Signore. San Paolo esprime questa certezza (cf. Filippesi 1, 23).Il suo “essere col Signore” ripete la promessa fatta da Cristo al buon ladrone: “Oggi sarai con me in     paradiso” (Luca 23, 43).

L'aspetto geografico scompare ed emerge una nuova concezione, quella di uno stato o modo di essere: il paradiso consiste nella compagnia, anzi comunione di vita con Cristo, subito dopo la morte. Tale espressione - comunione con Cristo - rivela la mentalità specificamente cristiana sullo stato intermedio tra la morte e la futura risurrezione dei corpi

 

3 - Dov'è il purgatorio? Abbiamo ora alcuni elementi per rispondere a questa domanda, sempre su base biblica. Ricordiamo, prima di tutto, che il purgatorio nella concezione cattolica non va immaginato come un luogo di fuoco e di fiamme, ma va pensato come una esclusione temporanea un penoso rinvio del paradiso, dell'essere col Signore. Le anime del purgatorio sono anime che hanno raggiunto la salvezza, anime gloriose, alle porte del paradiso. Vanno perciò pensate vicine a Cristo.

Dov'è Cristo? La risposta che dà la Bibbia. “in cielo” (Marco 16, 19), “al cospetto di Dio” (Ebrei 9, 24) ecc., non indica affatto un luogo sia pure alto nei cieli, ma la sua trascendenza, vale a dire un modo di essere libero   dai condizionamenti di questa vita, “dalla carne e dal sangue” (1 Corinzi 15, 50). Paradossalmente, egli è dovunque, senza essere in un luogo.

Come lui anche le anime di coloro che sono morti nel Signore, e a questo numero appartengono le anime del purgatorio: esse perciò vanno pensate in un modo di essere libero dai condizionamenti del nostro mondo fisico-geografico. Il tempo e lo spazio non le riguarda. Non sono più soggette alla carne e al sangue (senso biblico). Paradossalmente, possono essere dovunque, senza essere in un luogo. Dopo tutto non è il luogo, come noi legati ai sensi lo immaginiamo, che fa una persona felice. E’ qualcosa che trascende la materia, lo spazio, il tempo.

La sofferenza o fuoco che purifica le anime del purgatorio non è la loro lontananza fisico-geografica dal Signore, ma piuttosto il non essere ancora ammessi alla perfetta comunione con Lui.

Errori e verità

L'errore:

“La New Catholic Encyclopaedia ammette che la dottrina del purgatorio si basa sulla tradizione, non sulle Sacre Scritture”.

La verità:

La New Catholic Encyclopaedia afferma che la dottrina del purgat1orio affonda le sue radici negli insegnamenti di Gesù e degli Apostoli. I tdG citano la New Catholic Encyclopaedia solo in parte. E’ un inganno a danno , degli ignoranti. L'abbiamo già detto sopra.

L'errore:

“Nessuno sa con certezza cosa succede in purgatorio”.

La verità:

La Chiesa Cattolica insegna con certezza l'esistenza del purgatorio, ma lascia alla libertà degli studiosi l'approfondire la natura delle pene (del fuoco). L'una cosa non esclude l'altra come vorrebbero far intendere i tdG.

L'errore:

“Non  c'è purgatorio  perché  l'anima non  sopravvive alla morte - Ezec. 18 : 4 e 20; Giac. 5: 20”.

La verità:

a) In Ezec. 18, 4 e 20 si parla di nefesh, ossia di essere vivente umano (persona), non di anima, ossia di: componente spirituale e immortale dell'uomo. Ezechiele parla della morte della persona, ossia della fine della vita terrena. Egli non fa nessun riferimento alla sopravvivenza dell'uomo né per negarla né per affermarla. Nella Bibbia vi sono numerose testimonianze sulla sopravvivenza dell'uomo alla morte del corpo.

b) In san Giacomo 5, 20 non è questione della morte dell'anima in senso di mancata sopravvivenza alla morte del corpo. San Giacomo afferma solo che chi riconduce un peccatore sulla retta via, assicura la salvezza anche della propria anima, ossia libera la propria anima dalla morte spirituale (cf. Apocalisse 20, 6). Infatti, la conversione del peccatore copre una moltitudine di peccati (Giacomo 5, 20). “Qui è in primo piano la "morte" spirituale ed eterna, come in Giacomo 1, 15 e abitualmente in Paolo (cf. Romani 5, 12-21; 6, 23; 8, 2)”.

L'errore:

“Secondo la Bibbia il mezzo con cui si può ottenere la purificazione dei peccati è il sangue di Cristo” (cf. 1 Giovanni 1, 7-9; Apocalisse 1, 5).

La verità:

Nessun cattolico ha mai detto che la purificazione dei peccati avvenga indipendentemente dal sangue di Cristo. Tutti siamo salvi in virtù di quel sangue. Tuttavia l'uomo è chiamato a fare penitenza affinché quel sangue gli rimetta i peccati (cf. 1 Corinzi 5, 5).

Anche la sofferenza delle anime del purgatorio, qualunque essa sia, in tanto è efficace in quanto Cristo dà ad essa un valore purificatorio: “Cristo Gesù, che è morto, anzi, che è risuscitato, sta alla destra di Dio e intercede per noi” (Romani 8, 34; cf. Ebrei 7, 25).

L'errore:

Chi è morto, è ormai libero dal peccato (Romani 6, 7). Dunque dopo la morte non vengono inflitte altre punizioni per il peccato.

La verità:

San Paolo dice che chi è morto non può più peccare, ma non dice affatto che dopo la morte non possa purificarsi dai peccati commessi durante la vita.

 

PARTE QUARTA

I LIBRI DEUTEROCANONICI

Differenze di Bibbie

1 - La Bibbia venduta dai tdG differisce essenzialmente dalla Bibbia dei cattolici e di tutti i veri cristiani. Non credete ai tdG quando vi dicono il contrario. Non dicono la verità. Si tratta d'un inganno.

Stando così le cose, è bene ripetere per amore della verità che la Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture, ossia la Bibbia dei tdG, è una falsa Bibbia, una traduzione infedele dei testi originali, degli scritti cioè degli autori ispirati

2 - Vi è poi una differenza quantitativa, matematica, tra la Bibbia dei cattolici e la falsa Bibbia dei tdG, che consiste nel numero dei libri. In effetti, la Bibbia dei tdG, nella sua prima parte o Antico Testamento, contiene sette libri in meno rispetto a quella dei cattolici. Essi sono: Tobia, Giuditta, Sapienza, Ecclesiastico (o Siracide), I e II Maccabei, Baruc, Lettera di Geremia.

Questi sette libri assenti nella Bibbia geovista e presenti in quella dei cattolici sono detti dèuterocanònici. Perciò la Bibbia dei cattolici, nella sua prima parte e Antico Testamento, contiene 46 libri o scritti, mentre quella falsa dei tdG ne ha solo 39. La differenza tra le due Bibbie è evidente, matematica.

Tra i dèuterocanònici vi è anche il Il Maccabei, e poiché in questo libro si trova una  solida base per la dottrina cattolica del purgatorio (cf. 2 Maccabei 12, 39-45, supra), crediamo di fare' cosa gradita e utile ai lettori, se ricordiamo brevemente le ragioni per cui la Chiesa Cattolica considera come ispirati e perciò parte essenziale della Bibbia anche i sette libri dèuterocanònici.

Giustificazione

1 - La parola  dèuterocanònici deriva dal greco dèuteros   secondo) e kanon (-- norma, regola, canone).Chiamando dèuterocanònici i sette libri sopra elencati non si vuol dire che, essi siano secondi, cioè inferiori agli altri libri della Bibbia, in quanto a dignità, cioè a ispirazione. Sotto questo aspetto sono uguali agli altri, 39 libri. Solo si vuol dire che la Chiesa Cattolica li riconobbe conte ispirati in un secondo tempo rispetto agli altri. In altre parole, poiché vi erano alcuni dubbi nei loro riguardi, la Chiesa volle prima accertarsi come esorta l'apostolo (cf. 1 Tessalonicesi 5, 21) sull'origine dei dèuterocanònici. Quando poi ha avuto prove sicure sulla loro natura o dignità di libri ispirati, li dichiarò parte del canone o regola della fede.

Perché?

 

2 - La ragione fondamentale è il fatto che i dèuterocanònici sono inclusi nella Bibbia detta dei Settanta. Ora tale Bibbia fu largamente usata dai primi cristiani, dagli Apostoli ed Evangelisti, ed è citata abbondantemente nei libri ispirati del Nuovo Testamento.

“La versione dei LXX (Settanta), diffusa tra tutti i Giudei del mondo greco-romano, fu in mano ai banditori del Vangelo un efficace strumento di conquista, prima fra i Giudei stessi, poi anche fra i pagani. La Bibbia dei Settanta fu l'alleata del Vangelo”.

“Delle 350 citazioni dell'Antico Testamento nel Nuovo si calcola che circa 300 corrispondono ai Settanta. La Bibbia dei Settanta è la fonte principale di queste citazioni. Non si citano i libri dèoterocanònici, benché di essi si trovino echi”.

Da questo innegabile fatto storico possiamo e dobbiamo dedurre almeno due conclusioni:

La prima. Se la Chiesa del tempo degli apostoli ha fatto largo uso della Bibbia dei Settanta, che conteneva anche i libri detti in seguito dèuterocanòníci, è segno evidente che questi libri erano ritenuti dagli Apostoli ed Evangelisti come ispirati, cioè come Parola di Dio. La vera Chiesa di Cristo di ogni tempo può e deve fare altrettanto.

La seconda. I Giudei, ai quali gli Apostoli ed Evangelisti annunciavano il Vangelo, non avevano nessuna difficoltà ad accettare la Bibbia dei Settanta tutta intera, considerando come ispirati anche i dèuterocanònici. Questo è segno evidente che anche tra i Giudei vi era la convinzione che i dèuterocanònici potevano essere considerati parte integrante della Bibbia. La Chiesa, che è il vero popolo di Dio (cf. Galati 6, 16), può continuare a fare lo stesso.

Origine della Bibbia dei LXX

Un po' di storia circa l'origine della Bibbia dei Settanta può far maggior luce sulla questione che stiamo trattando.

1 - La Bibbia detta dei Settanta (LXX) o la Settanta è la prima traduzione in lingua diversa - la lingua greca - dei libri tenuti sacri dagli Ebrei e scritti quasi tutti in ebraico. Venne fatta in Egitto, ad Alessandria, tra il terzo e secondo secolo a.C., ed è perciò detta anche Alessandrina.

Al tempo di questa traduzione, l'elenco dei libri sacri degli Ebrei non era ancora così determinato e chiuso come avvenne dopo (cf. infra, p. 63). Gli esperti in materia ritengono che vi erano più edizioni - almeno tre - delle Scritture ebraiche. Una di queste (canone lungo) conteneva anche i dèuterocanònici; in un'altra (canone breve) erano assenti. Dietro la traduzione dei Settanta vi è il canone lungo.

 

2 - E' pure storicamente accertato che i traduttori dei Settanta, nel fare il lavoro di traduzione, non agirono in modo indipendente dalle autorità religiose di Gerusalemme. Sembra anzi che proprio le autorità religiose della Palestina abbiano mandato ad Alessandria alcuni dotti rabbini per il lavoro di traduzione a beneficio dei loro correligionari residenti fuori a Palestina.

A cose fatte, non risulta che le autorità religiose di Gerusalemme abbiano mai contestato la traduzione dei Settanta, che pure conteneva i dèuterocanònici come parte integrante della Bibbia. Tra le due comunità - quella della Palestina e quella di Alessandria - intercorsero sempre buoni rapporti, specie in materia di libri sacri. Comune era la fede se non la patria; comune anche la fonte della fede, benché differisse il numero dei libri ritenuti sacri. Questi buoni rapporti non si potrebbero spiegare se gli alessandrini avessero ritenuto sacri alcuni libri ripudiati da Gerusalemme. In materia di Scritture gli Ebrei erano piuttosto rigidi e intransigenti.

 

3 - Due ricordi storici confermano quanto detto finora.

a) Ai tempi di Gesù e della Chiesa nascente vi era a Gerusalemme una sinagoga per gli Ebrei alessandrini (cf. Atti 6, 9). Ora è risaputo che nelle sinagoghe, al centro del culto, vi era la lettura della Bibbia (cf. Luca 4, 16-21). Nella sinagoga di Gerusalemme per gli alessandrini era certamente letta e spiegata la Bibbia dei Settanta, che conteneva anche i dèuterocanònici. Non consta che le autorità religiose di Gerusalemme abbiano proibita o contestata questa lettura.

b) Una notizia, che leggiamo nel vangelo di Giovanni, indica chiaramente che i Giudei della Palestina, non meno di quelli della diaspora (= dispersione), non ignoravano i dèuterocanònici, anzi si ispiravano ad essi per il loro culto. Nel capitolo decimo di Giovanni, versetto 22, è detto che ricorreva in quei giorni la festa della Dedicazione. Questa festa era celebrata, allora come oggi, dalla comunità ebraica in tutto il mondo. E’ detta in ebraico “festa dellHanukkah”. Orbene, della istituzione di questa festa si parla solo nei dèuterocanònici e precisamente in 1 Maccabei 4, 36-59, e 2 Maccabei 1, 1-2.19; 10, 1-8. Durante questa festa era letto tutto intero il primo libro dei Maccabei. E’ difficile Spiegare questo fatto senza ammettere che ai tempi di Gesù tutti gli Ebrei ritenevano come sacri anche i dèuterocanònici.

Possiamo concludere questo paragrafo dicendo che ci fu un tempo in cui i sette libri detti in seguito dèuterocanònici facevano parte delle Sacre Scritture. Che cosa avvenne dopo?

Origine della Bibbia ebraica

1 - Oltre alla Bibbia dei Settanta, abbiamo oggi la Bibbia in ebraico, quella a cui generalmente si riferiscono le traduzioni moderne del Vecchio Testamento quando si qualificano come traduzioni dai testi originali. Come ha avuto origine la Bibbia ebraica? A che epoca risale la sua edizione?

Come già abbiamo accennato, al tempo in cui fu fatta la traduzione dei Settanta il canone o elenco ufficiale delle Scritture ebraiche non era ancora determinato e chiuso come avvenne dopo. Vi erano più edizioni o elenchi (o canoni) di libri che gli Ebrei ritenevano sacri, vi era cioè una certa elasticità circa il numero dei libri ispirati. Ma questo atteggiamento subì un mutamento verso la fine del primo secolo dopo Cristo, o secondo altri, durante la prima metà del secondo. Perché?

 

2 - Com'è risaputo, nel 70 dopo Cristo Gerusalemme fu occupata e in parte distrutta dai Romani. Israele in quanto nazione cessò di esistere. Rimaneva solo la religione come eredità comune e vincolo di un popolo disperso. Per conservare e rinsaldare sempre più questa unità, i rabbini o capi religiosi degli Ebrei, che godevano grande autorità presso il popolo, decisero di stabilire in modo preciso e definitivo quali fossero i libri sacri o Scritture e quali no, per i discendenti di Abramo e di Mosè. Usando criteri a noi purtroppo ignoti, ma che certamente non potevano essere quelli critico- scientifici dell'epoca del Rinascimento, dei manoscritti allora esistenti ne scelsero alcuni e distrussero le copie non conformi ad essi. Diedero così luogo a quello che si suol chiamare un textus receptus (= testo accettato), ossia alla Bibbia ebraica oggi in nostro possesso, escludendo altri elenchi o edizioni che consideravano meno autorevoli.

“Dopo la caduta di Gerusalemme (.a 70 d.C.), distrutto il tempio e con esso cessato il sacerdozio, i farisei conquistarono facilmente il primato spirituale sui correligionari. Ma esageratamente attaccati a quelle che essi si vantavano di chiamare "tradizioni dei padri", pare che abbiano voluto sottoporre ad un esame scrupoloso i libri sacri per assicurarsi se tutti realmente "macchiassero le mani", cioè fossero canonici, e se non fosse il caso di "nascondere" qualcuno, cioè escluderlo dalla lettura sinagogale”.

 

3 - Questa sorte toccò ai dèuterocanònici. Perché?

Tra i criteri non certamente critico-scientifici gli studiosi di storia biblica ne enumerano soprattutto tre:

a)   Il primo sembra essere stato il fatto che i dèuterocanònici erano di composizione recente e non rispecchiavano perciò appieno le “tradizioni dei padri”.

b)   Il secondo perché non scritti in lingua ebraica.

c)   Il terzo perché erano inclusi nella Bibbia dei Settanta usata largamente dai cristiani. Il rifiuto della Bibbia dei Settanta in odio ai cristiani che se l'erano appropriata, trascinò con sé il rifiuto definitivo dei dèuterocanònici.

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