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Innamoriamoci della Sacra Scrittura! Essa ha per Autore Dio che, con la potenza dello Spirito Santo solo, è resa comprensibile (cf. Dei Verbum 12) attraverso coloro che Dio ha chiamato nella Chiesa Cattolica, nella Comunione dei Santi. Predisponi tutto perché lo Spirito scenda (invoca il Veni, Creator Spiritus!) in te e con la sua forza, tolga il velo dai tuoi occhi e dal tuo cuore affinché tu possa, con umiltà, ascoltare e vedere il Signore (Salmo 119,18 e 2 Corinzi 3,12-16). È lo Spirito che dà vita, mentre la lettera da sola, e da soli interpretata, uccide! Questo forum è CONSACRATO ALLO SPIRITO SANTO e sottolineamo che questo spazio non pretende essere la Voce della Chiesa, ma che a Lei si affida, tutto il materiale ivi contenuto è da noi minuziosamente studiato perchè rientri integralmente nell'insegnamento della nostra Santa Madre Chiesa pertanto, se si dovessero riscontrare testi, libri o citazioni, non in sintonia con la Dottrina della Chiesa, fateci una segnalazione e provvederemo alle eventuali correzioni o chiarimenti!
 
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IMMAGINI E SANTI

Ultimo Aggiornamento: 05/09/2009 16:57
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05/09/2009 16:57

PARTE TERZA

ERRORI E VERITA'

Contro l'uso delle immagini

1 - L'errore:

“Mostrando che le immagini come ausili per la devozione gli dispiacevano, Dio diede agli Israeliti la sua legge che ne proibiva l'uso. Cambiò attitudine Dio con l'inizio del cristianesimo? No, perché la Bibbia mostra che i cristiani evitarono similmente l'uso delle immagini”.

La verità:

a) Dio non mostrò che gli dispiacessero le immagini come ausili per la devozione. Semmai è vero il contrario. Egli ha voluto che le arti figurative aiutassero gli Israeliti per la devozione. “Mo- sè chiamò tutti gli artisti, nel cuore dei quali Jahve aveva messo la saggezza ( .. ) Bezaleel (uno dei loro) fece la Dimora con figure di cherubini artisticamente lavorati” (Esodo 36, 2-8).

b) La legge data da Dio agli Israeliti non proibiva l'uso delle immagini decorative utili alla devozione, ma le immagini e le statue degli idoli pagani. La Chiesa Cattolica ha sempre distrutto gli idoli pagani, ma ha favorito le arti figurative per la devozione e la conoscenza della vera adorazione. Così Dio comandò a Mosè.

c) Nei testi biblici citati dai tdG (Esodo 20: 4, 5; Deuteronomio 7: 25; Levitico 26: 1; Atti 17, 29) si parla solo e sempre di idoli o divinità pagane. I tdG travisano il pensiero degli autori sacri e profanano la Parola di Dio.

 

2 - L'errore:

“Seguendo il consiglio dell'apostolo Giovanni di 'guardarsi dagli idoli', camminarono "per fede, non per visione". Riposero la loro completa fiducia nell'invisibile Iddio” (1 Giovanni 5: 21; 2 Corinzi 5: 7) 18.

 

La verità:

a) Seguendo il consiglio dell'apostolo Giovanni, i primi cristiani e i veri cristiani d'ogni tempo hanno distrutto le immagini e le statue degli idoli pagani oppure le hanno conservate nei musei. Mai hanno prestato loro una religiosa attenzione. Hanno sempre posto la loro attenzione all'invisibile Dio e alla sua Immagine, cioè, a Gesù Cristo, il Dio-con-noi (cfr. Colossesi 1, 15; Matteo 1, 23).

Giovanni nel testo citato (1 Giovanni 5, 21) si riferisce solo agli idoli pagani, non alle immagini permesse da Dio agli Israeliti per la sua vera adorazione.

b) Anche errato è l'uso o l'abuso che i tdG fanno delle parole di san Paolo: “camminare per fede, non per visione” (2 Corinzi 5, 7). In questo testo san Paolo non parla affatto dell'uso delle immagini né per negarlo, né per affermarlo. Egli si riferisce solo ai due modi o stati della nostra esistenza e della nostra conoscenza del Signore. Il primo modo è quello della vita presente, paragonabile alla condizione dell'esule, che conosce le bellezze della sua patria solo indirettamente (per fede). L'altro modo è quello di chi sta in patria e vede direttamente (per visione), faccia a faccia (cfr. 1 Corinzi 12, 12) il volto delle persone care. Se al primo modo di conoscenza aiutino le immagini o no, san Paolo né lo afferma né lo nega. I tdG fanno violenza al testo paolino, travisando settariamente il pensiero dell'Apostolo.

c) Degno di nota e di grande biasimo è il fatto che i tdG si comportano in modo del tutto opposto a ciò che affermano. Essi fanno quello che rimproverano ai veri cristiani, riempiendo di immagini i loro libri e riviste. Vogliono che i loro seguaci abbiano la visione di ciò che la setta promette nel mondo che ha da venire. Due pesi e due misure, ipocritamente.

d) Vi è di peggio. In una loro recente pubblicazione danno l'immagine dei terribile Geova, raffigurato come un sovrano seduto su un trono. Eppure in un'altra loro pubblicazione ci dicono che “nessuna immagine di Dio è possibile”!. La Bibbia dice: “A chi potreste paragonare Dio e quale immagine mettergli a confronto?” (Isaia 40,18).

 

3 - L'errore:

“L'adorazione "relativa" con l'uso di 'ausili' fisici per la devozione', è contraria al principio cristiano di adorazione. Giov. 4: 24. "Dio è Spirito e quelli che l'adorano devono adorarlo con spirito e verità”.

La verità:

a) Insistere che nella venerazione delle immagini si tratta di “adorazione” equivale a usare un linguaggio volutamente errato, cioè calunnioso. I cattolici adorano solo Dio Uno e Trino, non le ìmmagini e i Santi, neppure quelle dell'Uomo-Dio, ossia di Gesù Cristo, la Seconda Persona della Santissima Trinità. L'uso di ausili fisici, come le immagini e le statue, può aiutare all'adorazione “in spirito e verità”. I tdG fanno largamente uso di immagini per portare alla conoscenza e alla adorazione di Geova.

b) Nel linguaggio cristiano la venerazione delle immagini è detta relativa. Questo vuol dire che l'oggetto diretto della venerazione non sono le immagini e le statue, ma il Santo in esse raffigurato. Ogni persona intelligente e normale capisce che gli atti di venerazione non sono rivolti alla carta o alla tela o al legno o al marmo, di cui le immagini e le statue sono fatte. Noi non veneriamo la materia delle immagini e delle statue, ma i nostri fratelli gloriosi in paradiso, raffigurati nelle immagini e nelle statue.

c) Facciamo un esempio. Quando voi baciate la foto d'una persona cara - sarà il vostro bambino vivo o morto, la vostra mamma ecc. - pensate forse con quel gesto di fare atto di omaggio alla carta della foto? Forse il vostro affetto si ferma alla carta? Sarebbe sciocco pensarlo! Solo gli sciocchi lo pensano. Oggetto del vostro gesto affettuoso è la persona cara lontana o morta, ma resa in qualche modo vicina, presente e come viva mediante l'immagine.

Facciamo un esempio. Leggendo la Bibbia nessuno pensa di fermarsi alla carta e ai caratteri, che compongono il libro. La carta e ancora più i caratteri sono mezzi o ausili fisici con cui veniamo a conoscenza di Dio Spirito e delle realtà sopra sensibili. Noi tuttavia teniamo caro il libro, carta e caratteri, e facciamo gesti di devozione verso di essi perché è un ausilio per entrare in relazione e adorare Dio in spirito e verità.

Contro la venerazione dei Santi

1 - L'errore:

“E' proibito inchinarsi in adorazione (?) dinnanzi a uomini o anche ad angeli come rappresentanti di Dio - Atti 10,25-26; Apocalisse 22,8-9”.

La verità:

a) E' stato sempre detto e ripetuto che i cattolici si inchinano in adorazione solo davanti a Dio, Uno e Trino: Padre, Figlio e Spirito Santo. Attribuire ai cattolici l'adorazione di uomini o di angeli o, peggio ancora, di statue ed immagini, è una grossa menzogna, una volgare calunnia. Può essere creduta dagli ignoranti, ossia dalla maggior parte dei tdG, non da persone oneste e amanti della verità.

Alcuni gesti come l'inchino, il bacio, piegare il ginocchio e anche offrire incenso e fiori, non sono necessariamente segni di adorazione. Possono essere e sono di fatto gesti di venerazione quando fatti davanti ad immagini e statue. Questa è l'intenzione dei cattolici, che fanno questi gesti. Voler interpretarli come segni di adorazione significa malignare e calunniare.

b) In Atti 10, 25-26 è detto: “Allorché Pietro entrò, Cornelio gli si fece incontro e gli si gettò ai piedi per adorarlo. Pietro lo rialzò dicendogli: Alzati, perché sono un uomo anch'io”.

Questo testo non prova nulla contro la venerazione cattolica dei Santi. E' una strumentalizzazione settaria dei tdG. Infatti, nel caso del centurione, che era un pagano, il gettarsi ai piedi di Pietro era un gesto dì adorazione. Giustamente Pietro interviene per impedire quel gesto. Nulla di tutto questo nei gesti dei cattolici davanti a immagini e statue. Sono solo segni di venerazione. L'Apostolo Pietro non si dichiara contro la venerazione, ma contro l'adorazione di creature.

c) In Apocalisse 22, 8-9 leggiamo: “Ed io, Giovanni, son colui che ha udito e guardato queste cose. E dopo aver udito e guardato, mi prostrai per adorare dinnanzi ai piedi dell'angelo che m mostrava queste cose. E mi dice: "Vedi di non farlo! Sono un compagno di servizio, tuo e dei fratelli tuoi i profeti e di coloro che conservano le parole di questo libro. A Dio rivolgi l'adora- zione"” (Garofalo).

Parimenti in Apocalisse 19, 10 è detto:

“lo (Giovanni) mi prostrai dinnanzi ai suoi piedi per adorarlo. E mi dice: "Vedi di non farlol Sono un compagno di servizio, tuo e dei tuoi fratelli che hanno la testimonianza di Gesù. A Dio rivolgi l'adorazione"” (Garofalo).

Nell'uno e nell'altro caso è chiaro che Giovanni crede di scorgere nell'angelo una potenza o manifestazione di Dio, perciò vuol prostrarsi in adorazione. L'angelo lo distoglie dichiarandosi una creatura. Ciò che qui è impedito non è la venerazione dei Santi, ma l'adorazione di creature. L'uno e l'altro testo sono strumentalizzati settariamente dal tdG.

 

2 - L'errore:

“In molti luoghi c'è l'usanza di riservare giorni in onore di "santi", o persone famose, morti e vivi. Piace ciò a Dio? La Bibbia ci avverte di non rendere onori idolatrici a creature, per cui le feste che tendono in tale direzione non sono in armonia con la volontà di Dio (Atti 10: 25; 14: 11-15; Romani I. 25; Rivelazione 19; 10).

 

La verità:

a) Sì, a Dio piace l'usanza di onorare i Santi o persone famose. Infatti l'autore della Lettera agli Ebrei esorta a ricordare i campioni della fede dell'antichità, le persone famose (cfr.   Ebrei 11, 32) perché il loro ricordo è uno sprone per deporre il peccato che ci assedia e correre con perseveranza in avanti tenendo fisso lo sguardo su Gesù (cfr. Ebrei 12, 1-2). Siamo anche esortati dalla Bibbia a fare l'elogio degli uomini illustri, che1per i loro meriti non vanno dimenticati (cfr. Siracide 44, 1 ,e 1 0).

 

b) I testi citati da Atti 10, 25; 14, 11-15 e dalla Apocalisse 19, 10 non hanno nulla a che vedere con la venerazione cattolica dei Santi. Riguardano solo pratiche idolatriche giustamente condannate dalla Bibbia. Anche in Romani 1, 25 Paolo condanna l'idolatria dei pagani, non la venerazione de i Santi cristiani. I tdG fanno sempre violenza ai testi biblici per inoculare i loro funesti errori. Si tratta d'una truffa continuata ai danni di chi non ha discernimento.

 

3 - L'errore:

“Inoltre, le feste in memoria degli "spiriti dei morti" si basano in effetti sulla falsa dottrina dell'immortalità dell'anima”.

 

La verità:

Che la dottrina dell'immortalità dell'anima sia falsa, lo affermano i tdG e gli atei materialisti, non la Bibbia. La Bibbia insegna che i credenti in Cristo dopo la morte sono con Lui (cfr. Giovanni 17, 24; 2 Corinzi 5, 8,; Filippesi 1, 23), che chiunque vive e crede in Lui non morrà mai (cfr. Giovanni 11, 26), che le anime o spiriti sono arrivati alla perfezione (cfr. Ebrei 12, 23) e intercedono per noi (cfr. Apocalisse 6, 9-10).

 

4 - L'errore:

“Idoleggiare gli uomini è disapprovato da Dio. Atti 12: 21.23 "In un dato giorno Erode rivestì la veste reale e si mise a sedere sul tribunale e pronunciava loro un discorso pubblico. A sua volta il popolo riunito gridava: 'Voce di un dio e non d'un uomo!' Istantaneamente l'angelo di Geova lo colpì, perché non diede la gloria a Dio; ed essendo roso dai vermi, spirò”.

 

La verità

a) Venerando i grandi amici di Dio quali sono i Santi, i cattolici non idoleggiano uomini malvagi come un re Erode Agrippa, che aveva perseguitato la Chiesa, fatto decapitare Giacomo, uno degli Apostolì, e messo Pietro in prigione per compiacere i Giudei (cfr. Atti 12, 1-3).

b) Dio disapprovò l'adulazione blasfema di quella plebaglia perché veramente quegli uomini insensati volevano far capire a Erode che essi lo tenevano in conto di un dio. In effetti, Erode si compiacque di quella adulazione e l'angelo del Signore lo colpì a morte.

c) Stando così le cose, appare chiaro al di là d'ogni possibile dubbio come i tdG strumentalizzano settariamente il testo di Atti 12, 21-23, dando ad esso un significato che non ha. Si tratta d'una ennesima profanazione della Parola di Dio.

Contro l'intercessione dei Santi

1 - L'errore:

“La preghiera deve essere rivolta a Geova in nome di Gesù, il solo mediatore” (1 Timoteo 2. 5) 21.

La verità:

a) Amore e fedeltà alla Scrittura esigono anzitutto che sia portato per intero il testo di san Paolo, citato solo in parte dai tdG e da altri settari.

 

Eccolo:

“Raccomando, dunque, innanzi tutto, che si facciano suppliche, preghiere, intercessioni, rendimenti di grazie per tutti gli uomini, per i sovrani e per tutti quelli costituiti in autorità, perché noi possiamo condurre una vita quieta e tranquilla in tutta pietà e dignità. Questo è bello e gradito al cospetto di Dio salvatore nostro, il quale vuole che tutti gli uomini si salvino e arrivino alla conoscenza della verità. C'è infatti un solo Dio e un solo mediatore tra Dio e gli uomini, un uomo, Cristo Gesù, il quale diede se stesso in riscatto per tutti” (1 Timoteo 2,1-6, Garofalo).

b) Come appare chiaro dalle parole citate, san Paolo dà istruzioni al discepolo Timoteo circa il. comportamento dei cristiani. Egli vuole che Timoteo faccia pregare i fedeli per tutti gli uomini, facciano cioè intercessioni. Paolo perciò insegna la dottrina della intercessione. Aggiunge poi che la preghiera per gli altri, ossia l'intercessione, è una cosa bella e gradita a Dio perché tale preghiera o mediazione farà sì che i lontani possano avere piena conoscenza del vero Dio e dell'unico mediatore Gesù Cristo. Dio avrà riguardo alla preghiera dei credenti per aprire gli occhi alla verità e salvare coloro che non credono.

c) Rimane sempre vero che Gesù Cristo è l’unico mediatore tra Dio e gli uomini. Lui ha offerto se stesso per liberare gli uomini dalla schiavitù del peccato. Ma è pur vero che i fedeli possono e devono collaborare con le preghiere e le opere buone a che Cristo sia conosciuto e possa applicare la sua mediazione a tutti gli uomini. L'intercessione e mediazione dei fedeli è secondaria e subordinata a quella di Cristo. Ma Dio nella sua bontà ha disposto che anche i fratelli possano concorrere alla salvezza dei fratelli e degli increduli. Questo insegna san Paolo, questo ha sempre insegnato e insegna la Chiesa Cattolica.

 

2 - L'errore:

Quando la Bibbia parla di intercessione fa sempre e solo riferimento ai cristiani ancora viventi sulla terra, mai alle preghiere di coloro che sono morti.

 

La verità:

a) San Giovanni nell'Apocalisse vede le anime di coloro che furono uccisi per la Parola di Dio, ossia dei  martiri, gridare a gran voce: “Fino a quando, o Sovrano santo e verace, non scendi in giudizio e non vendicherai il nostro sangue?” (Apocalisse 6, 9-10). Questo vuol dire che le anime già nello stato di gloria intercedono presso Dio per i loro fratelli ancora sulla terra perché siano aiutati nella lotta per la fede.

b) Nel linguaggio simbolico dell'Apocalisse i Santi in cielo, con le loro preghiere, riempiono di profumi vasi d'oro, che salgono continuamente al trono dell'Agnello (cfr. Apocalisse 5, 8). In altre parole, essi compiono una funzione mediatrice a favore della Chiesa militante sulla terra: “E salì il fumo dell'incenso con le preghiere dei santi, dal- la mano dell'angelo, a Dio” (Apocalisse 8, 4). E' sempre Dio che salva mediante l'Agnello (Gesù Cristo), ma le preghiere dei Santi anche dopo la loro morte possono aiutare alla salvezza degli altri.

 

APPENDICE

IL TITOLO DI PADRE NELLA BIBBIA

L'errore

Un impegno particolare è messo in opera dai tdG per gettare discredito sui membri del clero cattolico, e in generale su tutti i ministri del culto. Nessuno è risparmiato, neppure il Santo Padre. Buona parte della propaganda geovista è dedicata alla denigrazione e alla calunnia!

Non è difficile capire che alla base di questa campagna denigratoria vi è la persuasione che i ministri di Dio - col loro zelo e la loro scienza - siano l'ostacolo principale alla diffusione dei loro nefasti errori. Da qui la reazione astiosa e pervicace degli attivisti della società geovista.

Un  caso particolare della calunniosa propaganda dei tdG è l'uso distorto che essi fanno delle parole di Gesù riferite in Matteo 23, 9, dove leggiamo:

“E non chiamate nessuno padre vostro sulla terra; uno solo, infatti, è il Padre vostro, il Ce- leste”.

Commentando erroneamente questo testo e avendo di mira i ministri del culto i tdG scrivono:

“I seguaci di Crìsto non si rivolgono agli uomini con i titoli religiosi 'rabbino’ un titolo religioso”,padre' o 'capo' …..'Padre' non è un titolo religioso.

Non è necessaria una conoscenza profonda del la Bibbia per evidenziare quanto sia superficiali e antiscritturale la spiegazione che della frase da Matteo 23, 9 danno i tdG. Basta infatti porre attenzione al contesto dove quella frase è collocata e ricordare come nella Bibbia il titolo di    “padre” è legittimamente rivolto agli uomini, specialmente ai ministri del culto, senza violare nessun comanda divino. Questo appunto ora vogliamo fare.

 

I - Il contesto di Matteo 23, 9.

Facciamo notare ancora una volta che l'autentico significato dei testi biblici deve essere ricavata dal loro contesto. I tdG spesso e volentieri dimenticano o tralasciano il contesto e fanno dire alla Bibbia ciò che essi vogliono, a danno sempre de meno accorti.

Dal contesto di Matteo 23, 9 risulta inequivocabilmente che Gesù voleva solo correggere l'abuso che i membri della sinagoga facevano del titolo d padre; ma non intendeva affatto abolire il retti uso di quel titolo. Il pensiero di Gesù è il seguente :

I discepoli di Cristo  - contrariamente al comportamento dei farisei - non devono pretendere titoli onorifici. Devono fuggire la vanagloria, la superbia, l'arroganza. “Il più grande tra voi sia vostro servo” (Matteo 23, 11). L'ufficio di guida, che alcuni di loro devono esercitare (cfr. 1 Tessalonicesi 5, 12; Ebrei 13, 17), va fatto con umiltà e con spirito di servizio.

Gesù parla di disposizione interiore, più che di uso di titoli. Siano o non siano chiamati con titoli, i suoi discepoli, a differenza dei farisei, devono coltivare l'umiltà. Non devono avere pretese di onorificenze. Non devono servirsi vanitosamente dell'autorità, ma servire umilmente in virtù della autorità ricevuta.

Questo e non altro è l'autentico significato delle parole di Gesù: una lezione di umiltà! Egli era venuto a correggere ciò che era storto (Marco 1, 3).

 

Il - L'uso scritturistico del titolo di “padre”.

Gesù non intendeva affatto escludere che le guide della comunità ecclesiale nutrissero il nobile sentimento della paternità spirituale verso coloro che devono essere istruiti e diretti.

1 - San Paolo esorta i cristiani ad essere imitatori di Dio precisamente nella bontà e nell'amore (Efesini 5, 1). E quale maggiore imitazione di Dio vi può essere in chi è chiamato a dirigere gli altri se non quella della paternità divina? San Paolo era modello di questa imitazione.

a) Sono ben note le parole di Paolo ai fedeli di Corinto:

“Vi scrivo queste cose come a figli carissimi. Potreste infatti avere diecimila maestri (pedagòghi), ma non certo molti padri in Cristo, perché sono io che vi ho generato in Cristo Gesù mediante il Vangelo” (1 Corinzi 5,14-15).

Paolo si considera e si chiama padre di coloro che egli ha generato spiritualmente in Cristo. Forse l'apostolo non era a conoscenza delle parole di Gesù in Matteo 23, 9? Chi oserebbe attribuire a lui tale ignoranza? E allora come mai non ha avuto alcuna difficoltà ad attribuirsi il titolo di padre?

b) Né fu la sola volta che egli - Paolo - manifestò questo nobile sentimento di paternità spi- rituale. Scrivendo ancora ai Corinzi dice:

“Ecco, sono pronto a venire da voi per la terza volta, e non vi sarò di peso; ché non cerco le cose vostre, ma voi. Infatti non è dovere dei figli accumulare tesori per i genitori, ma dei genitori per i figli” (2 Corinzi 12,14).

Commenta la Bibbia di Salvatore Garofalo:

“Paolo non vuol ricevere dai Corinzi, ma vuole dare come un buon padre”.

Anche coi cristiani della Galazia l'apostolo aveva usato lo stesso linguaggio: “Figliuoli miei, che io di nuovo partorisco nel dolore finché non sia formato Cristo in voi” (Galati 4, 19).

E con identico affetto paterno Paolo chiama figlio lo schiavo Onèsimo, che egli aveva convertito e generato a Cristo nelle catene (Filèmone 10).

c) Dopo tante ripetute dichiarazioni d'una paternità spirituale da parte di Paolo, doveva essere naturale, spontaneo, giusto e doveroso che i suoi figli spirituali lo considerassero e lo chiamassero padre senza pensare minimamente di andare contro la volontà del Signore. Lo hanno fatto?

Possiamo legittimamente supporlo. Paolo stesso li esorta e vuole che si comportino così. Scrisse ai Corinzi: “lo parlo come a figli; rendeteci il contraccambio, aprite anche voi il vostro cuore” (2 Corinzi 6, 13). E qual era il contraccambio se non quello di nutrire verso di lui un sincero sentimento di figliolanza spirituale e di chiamarlo padre? (Cfr. 2 Corinzi 12, 15).

d) Nel vano tentativo di indebolire e negare questo insegnamento biblico i tdG scrivono:

“Paolo si paragonò a un genitore, ma non fu mai chiamato "padre Paolo"”.

Si risponde: L'obiezione dei tdG poggia sul vuoto non ha una base, è inconsistente. Infatti per poter affermare che l'apostolo non fu mai chiamato “padre Paolo”, i tdG dovrebbero avere ed esibire i documenti, ossia eventuali scritti dei cristiani di Corinto diretti a Paolo, dai quali risultasse che essi mai lo chiamino “padre”. Ma dove sono questi documenti? E senza documenti, senza prove valide, come si può asserire una cosa? La affermazione dei tdG è una pura invenzione.

Al contrario, dalle Lettere paoline risulta che i rapporti dei cristiani verso Paolo fossero basati sul sentimento della figliolanza spirituale.

2 - Ma vi è molto di più. Ciò che dicono i tdG è antiscritturale. Infatti Gesù non volle abolire la Scrittura (Matteo 5, 17-18).

Ora nella Scrittura il retto uso del titolo di padre è- largamente diffuso.

Ecco alcuni esempi: - Nel libro dei Giudici 17, 9-10 e 18-19 leggiamo: “Micha gli domandò: "Donde vieni?" "Sono Levita da Betlemme di Giuda" gli rispose. "Viaggio per stabilirmi dove troverò". "Rimani con me", gli disse Micha, "sii per me padre e sacerdote e io ti darò dieci scicli d'árgento, un corredo di vesti e il vitto"” (17,9-10).

“Ma il sacerdote disse loro: "Che cosa fate?"

"Taci", gli dissero, "mettiti la mano sulla bocca e vieni con noi. Tu sarai per noi padre e sacerdote"” (18,19).

Per ben due volte è detto che alcuni Israeliti danno al sacerdote il titolo di padre. Non vi è nessuna condanna di un tale modo di esprimersi.

- David chiama padre Saul perché questi è il legittimo sovrano finché è in vita: “Non tenderò la mano sul mio signore, poiché egli è l'unto di Jahve e mio padre” (1 Samuele 24, 11-12).

- Anche i re di Israele chiamano padri i profeti, ossia gli uomini di Dio, loro guide spirituali: “Ora Eliseo cadde malato di quella malattia, per cui sarebbe morto. Josh, re di Israele, scese da lui e scoppiò in lacrime al suo cospetto gridando. "Padre mio, padre mio! Carro di Israele e suoi cavalli” (2 Re 13, 14).

 

3 - Circa l'uso del titolo di padre noi abbiamo una preziosa notizia dal santo vescovo e martire Ireneo (secondo secolo). Egli spiega l'origine dei titoli di padre e di maestro usati allora nella Chiesa, nel modo seguente: “Quando uno riceve l'insegnamento da un altro è chiamato padre”.

L'informazione, che dà Ireneo, è della massima importanza. Infatti, nella sua opera Contro le eresie egli riporta gli insegnamenti degli Apostoli così come li aveva ricevuti dal martire Policarpo, suo maestro. Policarpo a sua volta era stato discepolo diretto di san Giovanni Apostolo e di altri immediati discepoli del Signore. Di questi suoi maestri Policarpo riporta le cose udite, che poi sant'Ireneo ha messo per iscritto.

Non vi può essere perciò dubbio alcuno che anche l'uso del titolo di padre dato ai maestri della vita spirituale risalga agli insegnamenti apostolico. D'altra parte, dire insegnamento apostolico è lo stesso che dire insegnamento scritturale. Il titolo di padre - salvo gli abusi condannati dal Signore - è in perfetta armonia con la Scrittura.

 

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