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Innamoriamoci della Sacra Scrittura! Essa ha per Autore Dio che, con la potenza dello Spirito Santo solo, è resa comprensibile (cf. Dei Verbum 12) attraverso coloro che Dio ha chiamato nella Chiesa Cattolica, nella Comunione dei Santi. Predisponi tutto perché lo Spirito scenda (invoca il Veni, Creator Spiritus!) in te e con la sua forza, tolga il velo dai tuoi occhi e dal tuo cuore affinché tu possa, con umiltà, ascoltare e vedere il Signore (Salmo 119,18 e 2 Corinzi 3,12-16). È lo Spirito che dà vita, mentre la lettera da sola, e da soli interpretata, uccide! Questo forum è CONSACRATO ALLO SPIRITO SANTO e sottolineamo che questo spazio non pretende essere la Voce della Chiesa, ma che a Lei si affida, tutto il materiale ivi contenuto è da noi minuziosamente studiato perchè rientri integralmente nell'insegnamento della nostra Santa Madre Chiesa pertanto, se si dovessero riscontrare testi, libri o citazioni, non in sintonia con la Dottrina della Chiesa, fateci una segnalazione e provvederemo alle eventuali correzioni o chiarimenti!
 
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...E VOI CHI DITE CHE IO SIA?

Ultimo Aggiornamento: 05/09/2009 17:11
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05/09/2009 17:10

Unigenito e Primogenito

Alla luce di questa dottrina biblica appare chiaro quale sia il significato esatto sia di Unigenito che di Primogenito, detti del Figlio di Dio.

a) Unigenito (monoghenès) letteralmente non indica il modo in cui uno viene all'esistenza. In- fatti, anche altri generati, se ci fossero, verrebbero all'esistenza allo stesso modo.

Unigenito dice soltanto che vi è uno solo, senza pari. Il Verbo è detto Unigenito (cfr. Giovanni 1, 14) non per il modo in cui sarebbe venuto alla esistenza, cioè perché sarebbe stato creato direttamente da Geova senza intermediario. Questo è un grosso errore geovista. Il Verbo non è stato creato in nessun modo. Egli è Eterno e Creatore di tutto.

E' detto Unigenito perché Unico, senza pari. Se fosse una creatura, sarebbe imparentato con le creature. Non sarebbe Unigenito.

b) Primogenito (cfr. Colossesi 1, 15), nell'uso biblico, non indica la priorità nel tempo (= essere nato prima), bensì la preminenza, la superiorità, la dignità impareggiabile.

Così, ad esempio, Israele è chiamato da Jahve “figlio primogenito” non perché fu creato prima degli altri popoli, ma perché eletto da Dio a essere superiore agli altri popoli (cfr. Deuteronomio 7, 6-8; Romani 9, 1-5).

Parimenti Davide, benché fosse il più giovane tra i figli di Jesse (cfr. 1 Samuele 16, 10-13), fu costituito primogenito, ossia il più grande tra i re della terra (cfr. Salmo 89, 28).

Il Cristo è detto Primogenito perché superiore a tutto il creato: Egli è “il Primo'   l'Alfa, il Principio” cioè la Causa di tutte le cose.

Proverbi 8, 22-36

Ripetiamo con fermezza e chiarezza: in nessuna parte della Bibbia è detto che il Figlio di Dio sia stato creato. Generato non creato, professano i veri cristiani. Creato non generato, ripetono gli eretici.

Nello sforzo di provare questo loro errore i tdG fanno uso del libro dei Proverbi, cap. 8 verso 22, dov'è detto: “Jahve mi creò fin dall'inizio del suo potere, prima delle sue opere, fin d'allora” (Garofalo). E spiegando male questo versetto, dicono: la sapienza, di cui si parla, è il Figlio di Dio. Dunque egli è stato creato da Geova.

Dov'è la verità?

Per conoscerla, bisogna leggere e spiegare il verso citato (v. 22) nel suo intero contesto, non isolatamente; bisogna capirlo nel suo nesso con quanto l'autore sacro dice fino alla fine del capitolo. Da questa accurata lettura si ne ricava quanto segue:

a) La sapienza, di cui si parla nel verso 22, è la sapienza creata, ossia l'armonia del cosmo, dell'universo ordinato, che si rivela soprattutto nell'uomo. L'autore sacro, mediante un artificio letterario, fa parlare tale armonia( o sapienza) come se fosse una persona e afferma la sua origine divina- “Jahve mi creò fin dall'inizio del suo potere”, ossia ha fatto ogni cosa con ordine o sapienza, non a caso.

b)  Subito  dopo l'autore sacro dalla sapienza creata assorge a quella increata, di cui dice: “Dall'eternità fui stabilita (…) Non c'erano ancora abissi: io fui concepita; (…) prima delle colline io ero nata ( ... ). lo stavo accanto a lui come architetto” (Proverbi 8, 23.24.25.30).

Qui dunque si parla di una Sapienza che esiste fin dall'eternità, concepita, nata, non creata, e come tale sussiste in Dio quale idea operante (architetto) di tutta la creazione. E' lo stesso Dio che crea l'universo sapientemente armonizzato.

San Giovanni nel Prologo si riferisce alla Sapienza inarcata, che ha dato esistenza e vita a tutte le cose. Ciò che egli leggeva nel libro dei Proverbi servi a fargli capire la natura del Logos, che sussiste in Dio, eterno ed onnipotente come Lui, e dal quale ha avuto origine tutto l'universo.

Tre sofisma geovisti

Il chiaro insegnamento biblico, specialmente quello dei Prologo di san Giovanni, non piace ai tdG. L'evangelista distrugge irrimediabilmente la loro storiella della creazione preumana del Figlio di Dio. Perciò contro quanto dice san Giovanni puntano le loro batterie. Vogliamo analizzare alcuni dei loro botti.

Primo: sull'eternità del Verbo hanno scritto:

“Non è possibile che ci fosse anche un tempo in cui la Parola (il Verbo) non esisteva e il Padre era solo? Questo è sottinteso da Giovanni 1, 1: 'In principio era la Parola'. E' molto diverso dal dire: 'La Parola sempre esistette'. In se stessa la parola principio dà l'idea di qualche tempo passato”.

La risposta:

Non è vero che la parola “principio” in se stessa dìa l'idea di qualche tempo passato. In se stessa la parola “principio” dà l'idea di qualche tempo futuro. Chi comincia guarda verso il futuro, non verso il passato. Il passato può anche non esistere.

Facciamo un esempio. Il principio d'una costruzione (d'una casa, d'un ponte, d'una strada e simili) dà l'idea del futuro, non del passato. La costruzione che qualcuno vuole fare non ha passato, ha solo futuro. Nel passato c'è solo l'ingegnere, l'architetto, che non è parte della costruzione.

Allo stesso modo, se noi pensiamo al principio della creazione di tutte le cose, non ha senso parlare di passato. Allora non c'era passato. C'era solo tempo futuro perché il tempo comincia con la creazione. Quel “principio assoluto” non dà l'idea d'un tempo passato. E' perciò errato dire che “in se stessa la parola principio dà l'idea di qualche tempo passato”.

- San Giovanni parla appunto dell'inizio di tutte le cose create, chiamate alla esistenza dalla Parola o Verbo. In quell'inizio non c'era passato, c'era solo futuro. In quell'inizio senza passato la Parola era. Questo equivale a dire che la Parola esisteva prima del tempo, prima di tutta la crea- zione. La Parola è fuori del tempo. E' eterna.

Secondo: sulla Onnipotenza creatrice del Verbo hanno detto:

“E' questa la prova che la Parola fosse il Creatore? Noi Perché no? Perché la creazione fu compiuta per mezzo di lui. La Parola fu perciò lo strumento di Dio per compiere le opere creative”.

La risposta:

Nel vangelo di Giovanni (1, 3 testo greco) non sta scritto: “Dio creò tutte le cose per mezzo di lui”. Il testo originale, così com'è uscito dalla penna dell'autore ispirato, dice: “Tutte le cose sono state create per mezzo (o per opera) di lui”. Questo modo di esprimersi è ben diverso dal precedente.

Nel primo caso - così come affermano i tdG travisando il pensiero dell'evangelista - la Parola sarebbe uno strumento passavo maneggiato da Dio. La Bibbia non dice questo.

Nel secondo caso - così come dice effettiva- mente la Bibbia - la Parola è soggetto agente della creazione. Soggetto agente vuol dire che la Parola fu la causa Prima, ossia il Creatore in senso assoluto ed indipendente di tutte le cose.

- Una conferma è data dalla Lettera agli Ebrei 2, 10. Parlando di Dio, l'autore ispirato dice: “Per il quale e per mezzo del quale sono tutte le cose” (testo greco). Se l'espressione “per mezzo del qua- le”, indicasse lo strumento della creazione, Dio dovrebbe dirsi strumento della creazione.

Terzo: sulla divinità della Parola dicono i geovisti:

“In che senso la Parola è Dio? La risposta a questa domanda si capisce considerando, com'è usato nella Bibbia il termine Dio”. Poi spiegano: nel Salmo 8, 5 gli angeli sono chiamati dèi (elo-him). Così pure alcuni uomini (cfr. Salmo 82, 1-6). Nell'uno e nell'altro caso dio significa un potente, ossia una creatura potente. Perciò anche in Giovanni 1, 1, theòs (Dio) detto della Parola, significa una creatura potente (un dio).

La risposta:

a) Si tratta d'un sofisma, ossia d'un piccolo imbroglio. Per evidenziarlo diciamo con parole chia- re ciò che i geovisti dicono con parole. confuse:

Nella Bibbia alcune volte il termine elo-him è usato col significato di creatura potente. Dunque in Giovanni 1, 1 deve significare una creatura potente.

Questa conclusione è falsa. Infatti, ritorcendo l'argomento, possiamo dire:

Nella Bibbia “il più delle volte” elo-him sìgnifica Dio Jahve: 1570 volte contro 200 con significato di creatura potente. Dunque in Giovanni 1, 1 deve significare Dio Jahve. La statistica è in nostro favore con peso schiacciante.

b) Noi tuttavia non leggiamo la Bibbia con metodi settari, ma con rispetto e serietà. Nel caso presente diciamo:

- L'ebraico elo-him, come pure il greco theòs e l'italiano Dio o dio, possono essere usati con due significati: alcune volte col senso di creatura potente; il più delle volte in senso proprio di Dio. Onestà esige che il vero significato sia precisato caso per caso secondo il contesto, e non arbitrariamente.

- Nei testi citati (Salmi 8, 5; 82, 1-6) e in altri appare chiaro dal contesto che elo-him significa una creatura potente. Non così in Giovanni 1, 1, dove la Parola (o Verbo o Logos), qualificata come Theòs (Dio), è presentata come Eterna e Creatrice di tutte le cose. Sono due attributi esclusivi di Dio. Dunque il termine Theòs detto della Parola non può avere il senso di creatura potente, ma quello dell'unico Dio, Eterno ed Onnipotente.

 

 

IL CRISTO TERRENO

Scrivono i tdG:

 “Gesù è Dio? Lasciamo che sia la Parola di Dio a ,chiarire le cose (... ) Gesù non pretese mai d'essere Dio. Quando gli Ebrei lo accusarono di essersi fatto Dio, egli li corresse dicendo: 'Sono Figlio di Dio'” (Giovanni 10: 33-36, CEI).

La nostra risposta:

 Sì, lasciamo che sia la Parola di Dio a chiarire le cose. Citiamo anzitutto ciò che segue a quel 'Sono Figlio di Dio'. I geovistí tralasciano il contesto e spiegano il testo in modo errato, settario. Gesù dunque continuò dicendo:

“Se non faccio le opere di mio Padre non credetemi; ma se io le faccio, anche se non credete a me, credete alle opere, affinché sappiate e conosciate che il Padre è in me e io nel Padre. Cercavano, dunque, di prenderlo ,di nuovo, ma egli sfuggì alle loro mani” (Giovanni 10, 37-39, Garofalo).

Ha prima agito

Per capire correttamente le parole di Gesù ricordiamo anzitutto che in Lui era presente la Sapienza divina: “E il Verbo (greco Logos = Sa- pienza) si è fatto carne (= uomo) ed ha dimorato in mezzo a noi” (Giovanni 1, 14). In quanto tale, Gesù seguì una pedagogia o metodo educativo divino, per aprire la mente e il cuore degli uomini alla inaudita rivelazione della sua identità: Dio- con-noi! (Emmanuele, cfr. Matteo 1, 23).

Se nell'ambiente ebraico dove visse, avesse detto 'io sono Dio', avrebbe certamente provocato una reazione di incredulità forse insanabile. Egli fece in modo che gli uomini retti arrivassero a porsi la domanda: Chi è costui? e dare la risposta adeguata.

A tal fine ha prima agito e poi parlato (Atti 1, 1). Perciò la sua sfida: “Anche se non credete a me, credete alle opere”.

Quali opere?

“Minacciò il vento e disse al mare: " Taci! Calmati!" e il vento cadde e si fece grande bonaccia (... ). E dicevano tra loro: " Chi è costui che anche il vento e il mare gli ubbidiscono?"” (Marco 4, 39-40, Garofalo).

Senza dubbio, davanti a un fatto così meraviglioso, quegli uomini di Galilea dovettero ricordare istintivamente le parole del Salmista sulla potenza di Jahve:

Tu fai tacere il fragore del mare

il fragore dei suoi flutti (Ps. 65, 8, CEI).

In un'altra circostanza a un uomo paralizzato Gesù disse: “Ti sono rimessi i tuoi peccati”.

“Gli scribi e i farisei si misero a ragionare tra sé: Chi è costui che dice bestemmie? Chi può rimettere i peccati se non Dio' solo?  Ma Gesù, conosciuti i loro ragionamenti disse loro: Che cosa è- più facile, dire: Ti sono rimessi i peccati" o dire: "Levati e cammina?". Ebbene, affinché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati... - disse al paralitico - dico a te: Levati, prendi il tuo lettuccio e vattene a casa tua". All'istante quegli si levò sotto i loro occhi, prese il suo giaciglio e se ne andò a casa, glorificando Dio” (Luca 5, 20-25, Garofalo).

E fece ancora di più: ha risuscitato i morti: “Giovinetto, dico a te: Alzati! E il morto si levò a sedere e incominciò a parlare” (Luca 6, 6-10).

“Gridò a gran voce: Lazzaro, vieni fuori! E il morto uscì” (Giovanni 11, 43-44).

Vana contestazione

L'errore:

I tdg sono dei parere che Gesù con le parole di Giovanni'101 37-39, voleva solo 'dire che fosse Geova a operare i miracoli per mezzo del Figlio. I miracoli fatti da Gesù attesterebbero solo il sostegno divino. Non dice forse Pietro che era Dio a operare i miracoli per mezzo di Gesù? (cfr. Atti 2, 22) 35.

La verità:

a) Notate, prima di tutto, che nel testo riportato da Giovanni 10, 37-39 Gesù non dice: “perché sappiate e conosciate che il Padre opera in me”. Egli dice tassativamente. “Il Padre è (greco estìn)  in me e io (sono) nel Padre”. Non si tratta dunque d'un sostegno esteriore, ma d'una presenza divina intima e dinamica. In un'altra occasione Gesù aveva detto: “Il Padre mio opera sempre e anch'io opero” (Giovanni 5, 17). Egli si appropriava la stessa attività o potenza operativa del Padre, “facendosi uguale al Dio” (Giovanni 5, 18).

b) In Atti 2, 22 non è detto che Cristo faceva i miracoli col sostegno di Dio. San Pietro vuol dire che nell'uomo Gesù l'unico Dio si era rivelato mediante i miracoli. In Lui la divinità era presente e operante. Questo appare chiaro da Atti 10, 38 dove, parlando ancora delle opere prodigiose di Cristo, lo stesso apostolo Pietro le spiega dicendo “perché Dio era con lui” e non solo operava per mezzo di lui.

Poi ha parlato

E disse cose che nessun uomo aveva mai detto prima di lui:

“Tutti onorino il Figlio come onorano il Padre, Chi non onora il Figlio non onora il Padre che lo ha mandato” (Giovanni 5, 23).

Quale uomo, fosse pure il più illustre rappresentante di Dio, può avere la pretesa di essere onorato come lo stesso Dio?

Prima della Passione incoraggiava i discepoli dicendo:

“Qualunque cosa chiederete in nome mio lo farò, affinché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi domanderete qualche cosa nel mio nome, io la farò” (Giovanni 14, 13-14).

E poco dopo affermava: “Qualunque cosa domanderete al Padre, egli ve la darà nel mio nome” (Giovanni 16, 23).

Nel concedere favori e grazie Gesù, il Figlio di Dio, si colloca allo stesso livello del Padre. Ciò che il Padre fa, lo può fare anche il Figlio. In effetti, tutto ciò che è del Padre è anche del Figlio: “Tutto ciò che ha il Padre è mio” (Giovanni 16, 15). E di nuovo: “Tutto ciò che è mio e tuo, e ciò che è tuo è mio” (Giovanni 17, 10).

Figlio di Dio: in che senso?

In che senso dunque va presa la dichiarazione di Gesù di essere “Figlio di Dio”? Per capirlo interroghiamo sempre la Parola di Dio.

a) Ricordate, prima di tutto, che in tutti e quattro i vangeli sta scritto che l'accusa determinante della condanna a morte dì Gesù fu il fatto che egli si era detto Figlio dì Dio: “Noi abbiamo una legge e secondo questa legge deve morire per- ché si è fatto Figlio di Dio”

Ora chi conosce discretamente la Bibbia sa che chiamarsi figlio di Dio non è una bestemmia e tanto meno costituisce un reato punibile con la morte. Infatti tutti gli Israeliti erano figli di Dio (Deuteronomio 14, 1; Osca 2, 1). Dovevano tutti dirsi bestemmiatori? Tutti degni della pena di morte? E se essi no, perché Gesù sì?

b), La risposta a questa legittima domanda  ci è data dal vangeli, dov'è, attestato che Gesù si disse Figlio di Dio in un modo unico, particolare, non come gli altri, tanto da apparire un bestemmiatore.

Leggiamo in san Giovanni (5, 16-18):

“Per questo i Giudei cominciarono a perseguire Gesù perché faceva tali cose di sabato. Ma Gesù rispose loro: Il Padre mio, opera sempre ed anch'io opero'. Proprio  per questo i Giudei cercavano di ucciderlo perché non soltanto violava il sabato, ma chiamava Dio suo Padre facendosi, uguale a Dio (greco: al Dio)”.

Gesù non corregge l'interpretazione dei Giudei, anzi la conferma, appellandosi alla sua uguaglianza col Padre in autorità, potenza ed onore: “Quello che fa il Padre, anche il Figlio lo fa” (Giovanni 5, 19). Perciò “tutti onorino il Figlio come onorano il Padre” (Giovanni 5, 23). Com'è possibile che un puro uomo o una creatura anche spirituale pretenda di agire come Dio ed essere onorata come Lui? La verità è che Gesù non si considerava Figlio di Dio come gli altri, angeli compresi, ma come uno che ha la stessa natura, gli stessi poteri, gli stessi diritti dell'unico Dio. Gesù si faceva uguale al Dio (Giovanni 5, 18).

c) Racconta san Marco:

“Di nuovo il sommo sacerdote lo interrogò dicendogli: 'Sei tu il Cristo, il Figlio di Dio benedetto?'. Gesù rispose: 'Io lo sono!'. E vedrete il Figlio dell'uomo seduto alla destra della Potenza e venire con le nubi del cielo. Allora il sommo sacerdote, stracciandosi le vesti, disse: 'Che bisogno abbiamo di testimoni? Avete udito la bestemmia; che ve ne pare?'. Tutti sentenziarono che era reo di morte” (Marco 14, 61-64).

Spiegano gli esegeti:

“Proclamarsi Figlio di Dio nel significato dei testi giudaici antichi non era una bestemmia. Ma, parlando contemporaneamente di sedersi alla destra di Dio e di venire con le nubi, Gesù rivendica la dignità divina e pub essere accusato di ledere le prerogative divine” .

Dunque, Figlio di Dio riferito a Gesù il Cristo, può avere un solo significato, che è - quello della sua stessa natura divina col Padre.

lo e il Padre siamo uno (Giovanni 10, 30)

Le cose dette fin qui, seguendo fedelmente la Parola di Dio, non convincono i tdG. Essi insistono ,dicendo: “I Giudei non hanno capito bene il pensiero di Gesù. Egli non voleva farsi uguale all'Onnipotente Iddio” .

Rispondiamo sempre con la Bibbia:

 “I Giudei gli si fecero attorno e dicevano: 'Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente'. Gesù rispose loro: 'Ve l'ho detto e non credete perché non siete mie pecore. .Le mie pecore ascoltano la mia voce e lo. le conosco ed esse mi seguono. Nessuno le rapirà dalla mia mano. Il Padre mio che me le ha date è più grande di tutti, e nessuno può rapirle dalla mano del Padre mio. Io e il Padre siamo uno” (Giovanni 10, 24-30).

Analizziamo questo testo:

- I Giudei rivolgono a Gesù una precisa do- manda: “Dicci chiaramente chi sei”. A Lui era ,offerta un'occasione assai propizia per dissipare l'equivoco pericoloso per la sua vita. Gesù poteva spiegare che egli era solo un profeta, un figlio Dio come tutti gli altri...

- No! Gesù ribadisce la stessa pretesa, affermando la sua uguaglianza, anzi la perfetta unità, con Colui che è più grande di tutti: lo e il Padre siamo uno (Gv. 10, 30). Fate attenzione al modo ,di esprimersi di Gesù. Egli non dice: “lo sono più grande di tutti”. Ha preferito dire: Il Padre è più grande di tutti, e poi aggiungere: lo e il Padre siamo uno come per dire: vi è perfetta unità tra l'Unico Dio - mio Padre - e me, suo proprio Figlio (Romani 8, 32).

- Dire che il Padre è più grande di tutti equivale a dire che il Padre è onnipotente. Se Padre e Figlio sono uno, ciò significa che anche il Figlio è Onnipotente. Gesù non ha voluto mettere in risalto la perfetta unione di volontà o di proposito con il Padre, ma l'unità sostanziale di natura, su cui si basa la Onnipotenza.

- Nessuna rettifica da parte di Gesù. Vi è piuttosto una nuova più chiara conferma della sua pretesa di essere uguale a Dio. E identica è pure la reazione da parte dei Giudei che vogliono lapidarlo perché ha bestemmiato: “Tu che sei uomo, ti fai Dio” (Giovanni 10, 33).

Una sola cosa come noi (Gv. 17, 11-22)

Se vi capita di dover discutere coi tdG, sappiate che appena voi spiegate Giovanni 10, 30: “lo e il Padre siamo una cosa sola” così come noi l'abbiamo spiegato e come lo spiegano i grandi studiosi della Bibbia, saltano meccanicamente a Giovanni 17, 11-21, dove Gesù dice:

“Padre Santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato perché siano una cosa sola come noi (...). Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me; perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa    sola  (...). Perché siano come noi una cosa sola. lo in loro e tu in me perché siano perfetti nell'unità.”

Su queste parole di Gesù i tdG fanno il seguente ragionamento:

“Ovviamente i fedeli   discepoli di Gesù non potevano mai diventare parte di un Dio Trino. Comunque, potevano essere uno nel proposito e nell'attività”. Dunque  - concludono i geovisti - anche Giovanni 10, 30 significa che tra Cristo e Dio vi è solo una unione di proposito, non già una unità sostanziale. In altre parole, Cristo sarebbe una cosa sola col Padre in quanto - come puro e bravo uomo - faceva la volontà di Dio.

La nostra risposta:

- Leggendo come si deve le parole citate da Giovanni 17, 11-21 appare chiaro che Gesù non parla dell'unione dei fedeli discepoli con Dio, ma di quella tra loro. Egli non dice: “Perché siano una sola cosa con Te”, ma “Perché siano una sola cosa, cioè perfetti nell'unità tra di loro”. Non vi è nessuna richiesta perché i fedeli discepoli diventino parte di un Dio Trino. Questa è una pura invenzione e distorsione biblica dei tdG.

- Gesù chiede che l'unione dei fedeli tra loro abbia come base o motivo e come modello l'unione tra Lui e il Padre: “Perché tutti siano una sola ,cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in Te, siano anch'essi in noi una sola cosa”. (Giovanni 17, 21). Quel in noi indica appunto il motivo della desiderata unione dei fedeli tra loro e anche il modello, che è appunto l'unione esistente tra Padre e Figlio.

- Questo modo di esprimersi è perfettamente conforme alla Scrittura. Gesù stesso aveva detto: “Siate perfetti com'è perfetto il Padre vostro celeste” (Matteo 5, 37; cfr. Levitico 14, 2). E san Paolo scriveva ai fedeli di Efeso: “Fatevi imitatori di Dio come figli carissimi” (Ef. 5, 1).

Ovviamente né Cristo né Paolo si aspettavano che i fedeli discepoli fossero perfetti come Dio e, imitassero in tutto e per tutto l'Onnipotente. Avrebbero chiesto l'assurdo!

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