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VIVI O MORTI? - MORTI DICONO I TESTIMONI DI GEOVA, VIVI AFFERMA LA BIBBIA

Ultimo Aggiornamento: 05/09/2009 17:19
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05/09/2009 17:19

PARTE     TERZA

 

LA VERITA' SULLA PSYCHE E LO PNEUMA

 

I tdG equivocano con le parole greche psychè e pneuma come fanno con la parola ebraica nefesh. Lo scopo è sempre lo stesso, distruggere cioè la dottrina biblica della sopravvivenza dell'uomo subito dopo la morte e convincere i loro seguaci che la fine dell'uomo è come quella delle bestie.

Per scoprire l'inganno geovista bisogna precisare quali siano nella Bibbia i significati di psychè e di pneuma.

La Psychè come persona

Nella maggior parte dei casi il termine greco psychè corrisponde all'ebraico nefesh ed ha perciò gli stessi signiíìcati che sono: essere vivente, persona, animale, vita. Questi possono essere espressi coi pronomi corrispondenti: io, tu, egli, ella, noi, voi, loro, esso, essa, essi, esse.

L'equivoco o imbroglio geovista, simile a quello che essi fanno abusando dell'ebraico nelesh, può essere espresso nei termini seguenti: la Bibbia dice che la psychè muore, ma la psychè è l'anima, dunque l'anima muore.

Per inoculare il loro errore, i tdG traducono sempre psychè con la parola anima. E' una traduzione infelice, per dirla col gesuita  McKenzie.

 

1 - In Luca 6,9 Gesù domanda- “t lecito in giorno di sabato salvare una vita umana (psychè) oppure perderla?”. Questa è la traduzione dei veri cristiani.

I tdG traducono: “E'  lecito di sabato salvare o distruggere un'anima?”. Questa traduzione è inesatta ed equivoca. Nel testo citato di Luca psychè significa uomo che Gesù vuole curare come fa effettivamente. 1 tdG insinuano che si tratta della distruzione di un'anima!

2 - In Apocalisse 16,3 si legge: “E il secondo versò la sua coppa sul mare; e vi fu sangue come di un morto, ed ogni essere vivente (psychè) morì nel mare” (Garofalo).

1 tdG traducono: “Ogni anima vivente morì nel mare” e si servono di questa inesatta traduzione per provare che l'anima muore come gli animali inferiori. Le parole citate dall'Apocalisse 16,3 si riferiscono a pesci, che muoiono nel mare.

 

3 - Hanno pure scritto: “Il cristiano apostolo Paolo mette in risalto questo fatto quando scrive, in 1 Corinzi 15:45. 11 primo uomo Adamo divenne anima (psyché) vivente'. Adamo, nostro primo padre umano, fu un" anima vivente'. Egli non ebbe qualche ombrosa, invisibile, imponderabile, intoccabile cosa dentro di sé che potesse fuggire dal suo corpo quando mori e che potesse continuare ad esistere come 'anima vivente' in un reame spirituale che fosse proprio così invisibile come si pensa che sia l'anima. umana. No; non secondo il racconto della creazione della Parola di Dio”

La verità:

a) Il cristiano Apostolo Paolo mette in risalto che Dio, nella creazione dell'uomo, diede origine a un “essere vivente umano”, cioè a una persona modellata prima dalla polvere e senza vita (cf. supra p. 8). Nel testo paolino  psychè vuol dire persona come traducono quasi tutte le Bibbie moderne, eccetto naturalmente i tdG.

b) Sì, le Scritture Greche concordano con quel- le ebraiche nel dire che Dio creò una persona o essere vivente umano (nefesh) ". Ma da ciò non segue che questo essere vivente umano non abbia una componente spirituale e immortale o anima (psychè) come abbiamo appreso alla scuola del Maestro Gesù, che è Via, Verità, Vita.

 

4 - Atti 3:23: “In realtà, ogni anima (greco psychè) che non ascolterà quel Profeta sarà completamente distrutta di fra il popolo”

La verità:

Traduzione infelice e settaria: Il senso è che chiunque, ossia qualunque persona non ascolterà quel Profeta, sarà escluso dall'appartenere al Popolo di Dio. Qui non c'entra la morte dell'anima e tanto meno la sua distruzione completa.

La psychè come anima

Quanto detto finora sulla psychè è dottrina biblica e rimane valida. Ma alla scuola di Gesù i veri cristiani hanno imparato a conoscere meglio la psychè: vi è stato un approfondimento e arricchimento di significato. La psychè umana è conosciuta nella sua interezza solo quanto la si concepisce dotata di una dimensione spirituale e immortale.

A questo proposito ripetiamo le belle parole del gesuita McKenzie:

“La novità della fede del Nuovo Testamento non deriva da una nuova idea del nefesh-psychè, ma da una rivelazione radicalmente nuova del significato della vita e della salvezza”.

a)  Gesù ha detto chiaramente che nell'uomo a componente spirituale che è sede della soprannaturale e in quanto tale sfugge alla morte terrena e si proietta nell'aldilà: è immortale. Diceva ai discepoli:

Non temete coloro che uccidono il corpo ma non uccidere l'anima (psychè). Temete, piuttosto, Colui che può far perire e anima (psychè) e corpo nella Geenna”  (,Matteo 10,20, Garofalo).

Oltre dunque alla vita umana, che può essere stroncata dall'uomo, Gesù afferma l'esistenza d'una vita (psychè), che sfugge alla morte terrena. L'uomo  non ha potere su di essa. Continua anche dopo la morte del corpo e può essere gettata  nella Geenna (cf. Luca 12,4)

b) si tratta d'una realtà presente non  di una di futura felicità; di un tesoro già  posseduto che bisogna custodire gelosamente, preservare per la vita eterna, costi quel che costi.

Perciò  diceva Gesù:

“Chi ama la sua vita  (psychè) la perde, e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna” Giovanni 12,24, Garofalo).

Il significato è che esiste nell'uomo una realtà  che bisogna conservare per la vita eterna: nulla vieta di chiamarla anima come parte spirituale e immortale dell'uomo. Per conservarla, è necessario non amarla d'un falso amore, cedendo cioè alle passioni e al peccato, ma di quell'amore vero, che al mondo può sembrare odio, ma di fatto è vero amore

c) I fedeli discepoli di Cristo capirono bene quale tesoro fosse presente nell'uomo e ne fecero oggetto delle loro cure pastorali. Certo Cristo stesso continua ad essere pastore e guardiano delle anime (psychai) (cf. 1 Pietro 2,25), ma ha voluto che anche i suoi rappresentanti fossero responsabili della loro salvezza. Paolo pieno di zelo assicurava i cristiani di Corinto:

“Ora  molto  volentieri  per le vostre anime (psychai) Io spenderei tutto e spenderei anche interamente me stesso” (2 Corinzi 12,15).

Qui san Paolo parla in qualità di ministro di Cristo. La sua generosità verso quei cristiani non aveva come scopo il loro benessere materiale e sociale, ma i loro interessi eterni, la salvezza delle loro anime.

Lo stesso interesse dimostra l'apostolo quando esorta i destinatari della Lettera agli Ebrei di non venire meno davanti alle prove: “Noi però non siamo di quelli che si ritirano a rovina, ma di quelli che credono a salvaguardia dell'anima (psychè)” (Ebrei 10,39). E consiglia loro di obbedire alle loro guide perché esse vegliano per le vostre anime (psychai) come coloro che devono renderne conto (Ebrei 13,17).

Non meno zelante si mostra san Giacomo quando scrive: “Rigettando ogni sozzura ed eccesso cattivo, accogliete con dolcezza la parola in voi seminata, che può salvare le anime (psychai) vostre” (Giacomo 1,21).

Un testo di san Giacomo (5,20)

L'errore:

Giacomo ammette che l'anima muore. In- fatti scrive: “,Colui che converte un peccatore dall'errore della sua via salverà la sua anima dalla morte” (Giacomo 5,20).

La verità: Riportiamo, anzitutto, per intero il testo di san Giacomo:

“Fratelli miei, se qualcuno tra voi avesse errato lontano dalla verità e qualcuno l'avesse avvertito, sappia che chi converte un peccatore dal suo traviamento sal- verà l'anima sua dalla morte e coprirà una moltitudine di peccati” (Giacomo 5,19-20, Garofalo).

Spiegazione:

a) San Giacomo assicura una ricompensa divina allo zelo o amore di colui che riesce a ricuperare dalla cattiva strada un traviato. Questa ricompensa è espressa con le parole: “Salverà l'anima sua dalla morte”. Che cosa dobbiamo intendere per “morte dell'anima”?

Se per anima (greco psychè) s'intende la “persona”, è chiaro che Dio non ha mantenuto mai la sua promessa. Infatti, vi sono stati moltissimi uomini, cristiani e non cristiani, che hanno avvertito e ricuperato tantissimi altri dalla via dell'errore; eppure sono morti! In tantissimi casi Dio non sarebbe stato fedele alle sue promesse. E' impossibile! Egli è “Dio di fedeltà” (cf. Deuteronomio 32,4).

b) San Giacomo dunque aveva in mente l'anima in quanto parte spirituale e immortale dello uomo. Quest'anima può morire in quanto può essere separata da Dio, non distrutta (cf. Matteo 10, 28). Infatti, nella stessa lettera san Giacomo parla del peccato che genera la morte (1,15, cf. 1 Giovanni 5.16). Anche qui non si tratta di morte fisica * distruzione perché molti peccano e continuano a vivere fisicamente. Si tratta invece di quella morte spirituale opposta alla vita che Dio dà all'uomo fedele, virtuoso, collaudato dalle prove come dice lo stesso san Giacomo (cf. 1,12). li pensiero dunque di san Giacomo è che lo zelo o carità del cristiano nel ricuperare il fratello traviato sarà ricompensato mediante la sua salvezza: la sua anima non morrà nel senso che non subirà la morte spirituale, ossia la separazione da Dioper la vita e per l'eternità. Su di lei non avrà potere la seconda morte (cf. Apocalisse 20,6).

c) Una conferma a questa spiegazione si ha da ciò che segue, vale a dire che al cristiano zelante sarà perdonata una moltitudine di peccati. Mediante il perdono dei peccati l'anima è liberata dalla morte spirituale. Il cristiano zelante avrà come ri- compensa la salvezza eterna perché “la carità copre una moltitudine di peccati” (1 Pietro 4,8; cf. Proverbi 10,12).

Lo pneuma (spirito) nell'A.T.

Nella Bibbia dell'Antico Testamento al vocabolo italiano spirito corrisponde l'ebraico rúah e anche nishmat (o nesbamah). Alla base dei due vocaboli vi è l'idea del vento e del respiro o alito come segno di forza invisibile. Così, per esempio, in Genesi 8,1, è detto: “Dio fece passare un vento (rúah) sulla terra e le acque si abbassarono”. Parimenti in Esodo 15,8 leggiamo: “Al soffio delle tue narici (rúah  alito), si accumularono le acque”. Per quanto riguarda l'uomo, che a noi ora inte- ressa, il signìficato della rúah o neshamah (nishmat) appare chiaro dal racconto della creazione di Adamo in Genesi 2,7, che abbiamo già spiegato. Aggiungiamo qui alcune osservazioni:

a)Il soffio divino (rúah) è la fonte di ogni vita sulla terra, anche degli animali (cf. Genesi 6,17; 7,15). Ma nell'uomo è ispirato direttamente da Dio e lo distingue perciò da tutte le creature viventi. Gli animali sono modellati dal suolo, ma non si parla a loro riguardo di forza vitale soffiata direttamente da Dio (cf. Genesi 2,19).  Nell'uomo il soffio vitale è la causa di tutte le attività proprie di una persona, vale a dire non solo di quelle che l'uomo ha in comune con le altre creature viventi, ma soprattutto di quelle specifiche come la sapienza, la scienza, il senso religioso e morale, l'amore del bello ecc. Non si tratta di poteri e di sapienza superiori a quelli degli animali", ma essenzialmente o radicalmente diversi. Gli animali non sono dotati in nessun modo di sapienza o di amore e giustizia. Essi vivono d'istinto. In  virtù del soffio divino solo l'uomo è stato creato a immagine e somiglianza di -Dio (Genesi 1,27), e non trovò sulla terra nessuno che gli fosse simile (cf. Generi 2,20). L'uomo lascia il vuoto intorno a sé in tutto il creato'.

b) Dio, comunque, rimane sempre il padrone del soffio vitale, ossia della vita. Nella Bibbia la morte è vista come il ritiro da parte di Dio del soffio vitale:

 

Se egli riconduce a sé il soffio (rúah)

e ritrae a sé il suo spirito (neshamah),

 muore ogni carne all'istante.

(Giobbe 34,14-15, Garofalo)

Questo però non si deve intendere come un ritorno dell'uomo in uno stato di inesistenza, ma solo come la fìne della vita umana così come noi la vediamo. Quando perciò il sálmista dice:

Esce il suo spirito e torna alla sua terra

 in quel giorno tramontano i suoi piani

 (146,4, Garofalo)

non vuol dire che lo spirito “non produce intelligenza separatamente dal corpo fìsico”, come erro- neamente spiegano i geovisti. Qui l'autore sacro non si pone il problema dell'aldilà. Egli vuol mettere in evidenza la caducità della vita umana (cf supra, p. 23)

Errori ed orrori

1 - Hanno scritto: “Al tempo della creazione di Ada- mo, Dia fece vivere i miliardi delle cellule del suo corpo, perché in esse fosse la forza vitale. Questa attiva forza vitale è ciò che qui si intende con la parola 'spirito' (ru'ahh). Ma perché la forza vitale continuasse ad essere nei miliardi di cellule di Adamo, esse avevano bisogno di ossigeno, e questo doveva essere provveduto mediante la respirazione. Perciò, Dio quindi 'soffiò nelle narici un alito (neshamah) di vita. Allora i polmoni di Adamo cominciarono a funzionare e a sostenere in tal modo col respiro la forza vitale delle cellule del corpo. - Genesi 2:7, Ga” 55.

La risposta:

Si tratta d'una spiegazione settaria della Bibbia. Nel racconto della creazione di Adamo (cf. Genesi 2,7) si parla di un solo atto divino per cui la polvere plasmata e senza nessuna vita cominciò a vivere in modo normale e perfetto. Dio aggiunse il soffio di vita (neshamah) alla polvere inerte e Adamo cominciò a vivere perfettamente. Non vi fu prima lo “spirito” (rúah) e poi il “respiro” (neshamah). Basta leggere il testo biblico. I tdG hanno modificato la Parola di Dio (cf. Apocalisse 22,18).

E' poi assurdo e blasfemo affermare che Dio abbia creato il primo uomo come un bambino anormale, che per respirare ha bisogno di essere sculacciato". Dio ha fatto ogni cosa in modo perfetto. “E Dio vide tutto ciò che aveva fatto, ed ecco, era molto buono” (Genesi 1,31). Solo i tdG possono immaginare Adamo come fisicamente deficiente e solo i loro seguaci possono accettare tali idiozie.

 

2 - Insistono i geovisti: “Da Giobbe 34:14,15 apprendiamo che ci sono due cose che l'uomo (o qualsiasi altra creatura terrena cosciente) deve avere per essere e restare in vita: lo spirito e il respiro. Ivi leggiamo: 'Se egli (Dio) volge il cuore a qualcuno, se raccoglie a sé lo spirito (ebraico, ru'ahh) e il respiro (ebraico, 'neshamah') di lui, ogni carne spirerà, e l'uomo terreno stesso tornerà alla medesima polvere”.

 

La risposta: A tutti gli studiosi seri e coscienziosi della Bibbia è noto il parallelismo poetico, largamente usato specie nei Libri poetici dell'Antico Testamento. Esso consiste nell'esprimere la stessa cosa o idea per mezzo di termini equivalenti (sinonimi).  I geovisti ignorano o fingono di ignorare questa elementare norma di ermeneutica e fanno dire alla Bibbia ciò che essi vogliono. Gli esempi sono innumerevoli, specie nei salmi.

In Giobbe 34,14-15 l'autore sacro applica il parallelismo poetico e dice la stessa cosa con due parole equivalenti, o sinonimi. Non si tratta di due cose, che l'uomo deve avere per essere e restare in vita, ma di una sola cosa, chiamata con due vocaboli equivalenti (rúah e neshamah).

Nel Salmo 1,04,29-30 è detto:

 

Ritrai il loro spirito (rúah),

 muoiono e tornano alla loro polvere;

mandi il tuo spirito (rúah),

 vengono creati e rinnovi la faccia della terra

(Garofalo)

 

Secondo la chiara affermazione del salmista una sola cosa basta per vivere cioè la rúah (soffio di vita), se manca la quale l'essere vivente muore. Non si parla di due cose diverse.

 

3 - L'errore: “Mentre l'anima umana è la persona vivente stessa, lo spirito è semplicemente la forza vitale che permette a tale persona d'essere in vita. Lo spirito non ha nessuna personalità, né può fare le cose che può fare la persona. Esso non può pensare, parlare, udire, vedere e sentire. Sotto tale aspetto, può paragonarsi alla corrente elettrica nella batteria di un'automobile. Quella corrente può incendiare il combustibile che fa produrre al motore energia, accendere i fari, suonare la tromba (...). Ma, senza il motore, i fari, la tromba o la radio, potrebbe la corrente di quella batteria fare alcuna di queste cose? No, poiché è semplicemente l'energia che permette agli apparecchi di funzionare e compiere tali cose.

 

La verità:

a) Come dimostrato precedentemente la Bibbia non dice che bisogna aggiungere lo spirito alla persona vivente perché essa possa pensare, parlare ecc. Al contrario, la Bibbia dice che lo spirito (neshamah) fu aggiunto alla materia inerte e in virtù di questa sola aggiunta essa divenne persona vivente, cioè un essere vivente (nefesli hayydh) capace di pensare, parlare ecc. (cf. Genesi 2,7). Fu dunque lo spirito (neshamah) a conferire alla materia inerte (non alla persona) la sua personalità. Se l'ha conferita, lo spirito ha in se stesso la personalità. Nessuno dà ciò che non ha. A conferma basta ricordare che nella Bibbia gli spiriti (come Dio, angeli, demoni) sono persone, cioè pensano, parlano ecc. senza bisogno di alcun motore.

 

b) Il paragone con l'energia elettrica conferma la spiegazione da noi data ed è contro quella errata dei geovisti. In effetti, l'energia elettrica ha in se stessa tutta la potenzialità, come per dire la personalità. Anche senza il motore può compiere tante cose. Pensate, per esempio, agli effetti dinamici e calorifici d'una scarica elettrica. Il motore senza l'energia non può far nulla; l'energia senza il motore può fare tanto.

Lo spirito dell'uomo nel N.T.

1 - Alla parola ebraica rúah (e anche neshamah) corrisponde nel Nuovo Testamento il greco pneuma, tradotto spirito nella lingua italiana. I significati di pneuma nel N.T. sono molteplici: può indicare realtà impersonali come il vento (Cf. Giovanni 3,8; Ebrei 1,7 ecc.), o il respiro, ossia l'alito (Cf. Giovanni 20,22; 2 Tessalonicesi 2,8 ecc.); e anche persone come gli angeli buoni (Cf. Ebrei 1,14) e cattivi (Cf. Matteo 12,43), soprattutto Dio (Cf. Giovanni 4,24) e in modo specifico la Terza Persona della SS. Trinità (cf. Giovanni 16,13-14) -11.

A noi interessa sapere se nel Nuovo Testamento lo spirito (pneuma) è riferito all'uomo; vogliamo cioè conoscere il significato antropologico di spirito (pneuma) e se sopravviva alla morte dell'uomo.

Eminenti studiosi moderni della Bibbia affermano concordemente e documentano copiosamente che la dottrina veterotestamentaria riguardante la natura dello spirito (rúah, neshamah) fu approfondita ed esplicitata da dotti giudei (i rabbini) sia dentro che fuori la Palestina, anche prima della venuta di Cristo. Questo approfondimento gettò maggior luce sulla natura dello spirito (rúah, neshamah), ossia sull'alito divino immesso nel primo uomo, e confermò la loro fede nella sopravvivenza dell'uomo subito dopo la morte. Lo spirito dell'uomo dopo la morte continua ad esistere in uno stato di felicità o di sofferenza in attesa di riunirsi al corpo nella risurrezione.

“E' dunque chiaro che al tempo di Gesù il giudaismo crede tanto nella risurrezione dell'uomo quanto nella sopravvivenza dell'anima (pneuma) in uno stato intermedio successivo alla morte.

 

Gesù, con la sua divina autorità confermò questa dottrina, e i suoi fedeli discepoli l'hanno insegnata e l'accettano tutti i veri cristiani.

2 - E lo spirito (pneuma) tornò in lei (Luca 8,55,).

 Riferisce san Luca, “Egli (Gesù) disse.- 'Non piangete; essa non è morta, ma dorme'. E quelli, sapendo che era morta, lo deridevano. Ma egli (Gesù) la prese per mano e disse ad alta voce:    'Fanciulla, lèvati!”. E lo spirito (pneuma) tornò in lei Luca 8,52-55).

Sarebbe ridicolo pensare che Gesù abbia rianimata la fanciulla mediante una boccata di ossigeno come pensano i geovisti o con una scarica di energia elettrica. La fanciulla era già morta. L'ossigeno o l'energia elettrica non possono ridare la vita a un morto. Gesù pronunciò solo due parole, diede un ordine: “Fanciulla, lèvati!”. E il medico Luca spiega lo straordinario fenomeno dicendo: “E lo spirito (pneuma) tornò in lei”.

Lo spirito (pneuma), che ritorna, non può essere una nullità, ma qualcosa o qualcuno, che continua ad esistere anche dopo la morte. Qui lo spirito (pneuma) “appare come una parte dell'uomo che sopravvive alla morte”.

 

3 - Padre, nelle tue mani, rimetto lo spirito mio (Luca 23,46).

 

a) Anche Gesù, in quanto vero uomo, aveva lo pneuma come componente spirituale e immortale della sua umanità. Lo afferma chiaramente al punto di morte con le parole: “Padre, nelle tue mani rimetto lo spirito (pneuma) mio” (Luca 23,46). Gesù si serve delle parole del Salmo 31,6, ma ne rivela il significato oggettivo. Rimettere lo spirito nelle mani di Dio significa allo stesso tempo esalare l'ultimo soffio e rimettere, cioè consegnare, a Dio la propria ricchezza, lo stesso essere".

In effetti, Gesù quel giorno, anche in quanto uomo, non fìnì nel nulla, ma andò nell'Ade o regione dei morti, mentre il suo corpo attendeva incorrotto la risurrezione nel sepolcro (cf. Atti 2,31-32; 1 Pietro 3,18-20). E non vi andò solo, ma accompagnato dallo spirito del buon ladrone, al quale aveva detto:       “Oggi sarai con me nel paradiso” (Luca 2,3,43) (pp. 34-3,6). Qui come in Luca 8,55 lo pneuma “appare come una parte dell'uomo che sopravvive alla morte”.

b) A imitazione del suo Maestro anche il primo martire Stefano, prima di chiudere gli occhi alla scena di questo mondo, consegna il suo spirito (pneuma) al Signore Gesù: “Signore Gesù, accogli l'anima mia” (greco pneuma) (Atti 7,59, Garofalo).

il verbo “accogliere” (greco dèchomai) indica l'atto di chi accoglie o riceve qualcuno, per esempio, nella sala di un festino. Lo spirito o anima del martire Stefano al momento della morte terrena non si dileguò nel vuoto del nulla, ma venne accolta dal Signore Gesù nella dimora eterna (cf. Luca 16,91).

In Atti 7,59 come in Luca 8,55 e 23,46 lo spirito “appare come una parte dell'uomo che sopravvive alla morte” ".

 

4 - L'autore della Lettera agli Ebrei afferma e conferma la stessa verità quando invita i suoi lettori a guardare in alto alla Gerusalemme celeste, dove con miriadi di angeli vi sono gli spiriti (pneumata) dei giusti resi perfetti (cf. Ebrei 12,23, Garofalo).

Spiegano i biblisti: “Una certa tradizione ebraica chiama 'spiriti' le anime degli uomini, soprattutto quando sono separate dal corpo. Questi giusti, questi santi (senza limite di numero) sono arrivati alla perfezione nel senso che godono della felicità suprema”  In Ebrei 12,23 pneuma (spirito) sta per anima separata dal corpo'.

 

Obiettano i geovisti: L'anima non è la stessa cosa che lo spirito. Come prova citano 1 Tessalonicesi 5,23 ed Ebrei 4,12.

 

Si risponde: Come già è stato detto, la parola spirito nella Bibbia può avere molteplici significati, di cui uno non esclude l'altro. In Ebrei 4,12 e in 1 Tessalonicesi '5,23 lo spirito (pneuma) è la parte più intima dell'uomo, che non si pone in contrasto con l'anima (psychè), ma ne è l'espressione più elevata.

Paolo afferma che la Parola di Dio penetra e giudica i movimenti del cuore e le intenzioni più segrete (.pneuma) dell'uomo (in Ebrei 4,12) e augura che Dio conservi irreprensibile l'uomo tutto intero, fìn nelle parti più recondite ed elevate del suo essere (pneuma) (in 1 Tessalonicesi 5,23).

Nell'uno e nell'altro testo l'apostolo non mette in dubbio la sopravvivenza dello spirito subito dopo la morte. Egli è sicuro che, morendo, “saremo con Cristo” (cf. Filippesi 1,23;    2 Ccrinzi 5,6-8), non in uno stato di inesistenza.

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