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UOMINI DI SERIE "B" - IL PARADISO TERRESTRE DEI TESTIMONI DI GEOVA

Ultimo Aggiornamento: 05/09/2009 17:22
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05/09/2009 17:22

PARTE TERZA

 

LA VERITA'

Vera nozione della comunità cristiana

La nozione della vera Chiesa di Cristo che ci dà la Bibbia non è certamente quella inventata dalla orgogliosa fantasia di Rutherford e pubblicizzata dalla propaganda geovista. Alla luce della Sacra Scrittura noi possiamo facilmente cogliere i seguenti tratti caratterizzanti la vera Chiesa di Cristo.

 

a) Sostanziale uguaglianza

Vista nella sua intima natura la comunità dei credenti in Cristo gode di una sostanziale uguaglianza. Mediante la fede e il battesimo tutti i credenti in Cristo sono insigniti della stessa dignità di figli di Dio (cfr. Giovanni 1, 12-13; 1 Giovanni 5, 1). Tutti sono fatti partecipi della natura divina (cfr. 2 Pietro 1, 4).

Di tutti i suoi discepoli, provenienti da ogni tribù e lingua, popolo e nazione, Cristo, immolandosi sulla croce, ha fatto un regno di sacerdoti, " e regneranno sopra la terra " (Apocalisse 5, 10). E già prima san Pietro aveva detto di tutti i battezzati:

"Voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le sue opere meravigliose…" (1 Pietro 2, 9).

In nessuna parte della Bibbia è detto che sia Giovanni nell'Apocalisse, sia Pietro nella sua Prima Lettera avessero in mente i cristiani del loro tempo, che sarebbero tutti del numero 144.000. No, Giovanni e Pietro si riferiscono a tutti i redenti dal sangue di Cristo di ogni tempo.

- Dio ha voluto che la sua Chiesa o comunità di credenti in Cristo godesse d'una perfetta unità. Consapevole di questa verità san Paolo poteva dire ai cristiani della Galazia:

"Tutti voi infatti siete figli di Dio per la fede in Cristo Gesù, poiché quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo (…). Tutti voi siete uno in Cristo Gesù" (Galati 3, 26-28).

 

- Perciò la vera Chiesa di Cristo è paragonata a un ovile (cfr. Giovanni 10, 1-16). Nell'ovile la sola differenza sostanziale è tra pastore e gregge; ma i componenti del gregge sono uguali per natura, siano essi pecore, capri o agnelli.

Altra immagine della vera Chiesa di Cristo è quella della casa (cfr. 1 Timoteo 3, 15), nella quale abita la famiglia di Dio (cfr. Efesini 2, 19-22). Ora i membri o componenti della casa o famiglia sono per natura tutti uguali, anche se diversi per età e per funzioni: tutti hanno la dignità di creature umane, sia i genitori che i figli. La differenza esiste solo tra i componenti della famiglia e il cagnolino, l'uccellino, il cavallo.

 

- Identico è pure il nutrimento per tutti i membri della famiglia di Dio. "Noi, pur es

sendo molti, siamo un solo corpo: tutti infatti partecipiamo dell'unico pane" (1 Corinzi 10, 17 greco). Tutti i discepoli di Cristo hanno diritto di partecipare alla Cena del Signore e nutrirsi del suo Corpo e del suo Sangue. E' chiaro che san Paolo ha in mente qui tutti i discepoli di Cristo, non già un numero ristretto di privilegiati.

 

- In effetti, l'altra immagine pure paolina della Chiesa è quella del corpo (umano). "Noi tutti fummo battezzati in un solo Spirito, per costituire un solo corpo" (1 Corinzi 12, 13). Ora come tutte le membra del corpo umano, anzi tutte le cellule, formano un solo organismo, sostanzialmente uno, così i fedeli in Cristo (cfr. 1 Corinzi 12, 12). Non vi è differenza sostanziale tra le varie parti del corpo umano, tra le centinaia di lilioni di cellule che lo costituiscono: tutte hanno la stessa natura, anche se funzioni diverse.

Come dunque unica è l'origine della vera Chiesa di Cristo, ossia la fede e il battesimo, così pure unica è la dignità e la natura di tutti i suoi membri.

 

- Infatti, a tutti i credenti in Cristo è stato dato lo Spirito (cfr. Giovanni 7, 39); tutti sono guidati dallo Spirito (cfr. Romani 8, 14); per tutti lo Spirito è caparra della futura eredità (cfr. Efesini 1, 13-14).

 

b) Identica eredità

- In realtà, tutti i membri della vera Chiesa di Cristo, dell'unico Popolo di Dio, del corpo di Cristo sono avviati verso un'unica terra promessa.

Nel battesimo, che unisce a Cristo tutti i battezzati, san Paolo vede già avverata questa futura glorificazione:

" Ma Dio, da morti che eravamo per i peccati, ci ha fatto rivivere in Cristo. Con Lui ci ha anche risuscitati e ci ha fatto sedere nei cieli (Efesini 2, 4-6).

L'Apostolo si riferisce qui a tutti i battezzati, a tutti i credenti in Cristo.

Altrove san paolo è ancora più esplicito:

"Se siamo figli, siamo anche eredi. Eredi di Dio, coeredi di Cristo, se veramente partecipiamo alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria" (Romani 8, 17).

 

- Partecipare alla gloria di Cristo vuol dire essere rinati " a una eredità incorruttibile (…) riservata nei cieli per voi, che per la forza di Dio siete custoditi, mediante la fede, in vista della salvezza pronta ormai per essere rivelata nell'ultimo tempo " (1 Pietro 1, 4-5).

La condizione che sia san Paolo che san Pietro mettono per conseguire l'eredità nei cieli, non è l'appartenenza al numero dei 144.000, ma essere figli di Dio e conservare la fede in Cristo. Ora sono figli di Dio tutti quelli che accolgono la Parola di Dio (cfr. Giovanni 1, 12-13; 1 Giovanni 5, 1), ossia che aderiscono a Cristo mediante la fede.

Perciò ancora san Paolo poteva scrivere ai cristiani di Efeso: "Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza a cui siete stati chiamati per la vostra vocazione" (Efesini 4, 4).

E ancora: "Se con Lui perseveriamo, con Lui anche regneremo" (2 Timoteo 2, 12).

 

c) Diversità di funzioni

La fondamentale e sostanziale uguaglianza in dignità e natura, e la comune eredità di gloria con Cristo nei cieli non contrastano col fatto che nella vera Chiesa di Cristo vi siano funzioni o servizi diversi. Già l'immagine di organismo o corpo umano applicata da san paolo alla Chiesa comporta questa diversità di funzioni senza vanificare l'uguaglianza di natura. Non vi è differenza di natura tra le varie parti dello stesso organismo, benché abbiano funzioni diverse per il bene comune.

- Alla sua vera Chiesa Cristo….

"ha donato alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e dottori, per preparare i santi, (ossia i credenti al ministero), per la costruzione del corpo di Cristo" (Efesini 4, 11-12; cfr. 1 Corinzi 12, 28-30).

In nessuna parte della Bibbia è detto che l'assegnazione di queste funzioni è stata data da Cristo solo a una categoria di privilegiati. I criteri sono chiaramente indicati nella Bibbia.

Nella scelta dei Dodici Apostoli prima (cfr. Marco 3, 13-19; Luca 6, 12-16) e dei settantadue discepoli dopo (cfr. Luca 10, 1-16) non si ha nessun cenno a una loro appartenenza al numero dei 144.000. La Bibbia dice solo che essi erano dei “piccoli” (Luca 10, 21), ossia i più umili socialmente, ma grandi nella fede e nella disponibilità per l’opera della salvezza iniziata da Cristo (cfr. 1 Corinzi 1, 26-30):

 

- Dopo l’Ascensione del Signore la distribuzione degli uffici o servizi o ministeri ha come fonte lo Spirito Santo, che li distribuisce a ciascuno come vuole (cf. 1 Corinzi 12, 11; Atti 20, 28); ma lo Spirito si serve di persone concrete e visibili per questa scelta. I criteri seguiti da queste persone ignorano completamente un’immaginaria appartenenza al numero dei 144.000.

Così, per esempio, nella scelta di Mattia, che prendesse il posto del ministero del traditore, il gruppo degli elettori non esige che il candidato sia del numero dei 144.000, ma solo che sia stato alla sequela di Gesù “per tutto il tempo in cui dimorò tra noi il Signore Gesù (…) e divenga testimone della risurrezione” (Atti 1, 21-22).

- Anche Paolo ebbe cura di affidare il governo delle varie chiese ad altre persone (cf. Atti 14, 23). Non consta che egli si sia mai preoccupato di indagare e di sapere se queste persone fossero del numero dei 144.000. Unica sua preoccupazione erano che fossero persone forti nella fede, capaci di ammaestrare gli altri, pronti a soffrire come buoni soldati di Cristo Gesù (cf. 2 Timoteo 2, 1-3), e conoscessero bene le Sacre Lettere (cf. 2 Timoteo 3, 15; Tito 1, 5-9; 1 Timoteo 3, 1-12):

- Si, nella cera Chiesa di Cristo nessuno è escluso da qualsiasi servizio o funzione o ministero anche il più alto. Non vi è una classe di predestinati al governo e all'amministrazione, e una di sudditi o pecore destinate all'ubbidienza per il tempo e l'eternità. Nella vera Chiesa di Cristo chiunque può arrivare ad essere papa o vescovo o pastore o ministro.

- Infine è da ricordare che la diversità di servizi o ministeri o funzioni caratterizza la Chiesa solo nella presente fase terrena. Dopo la restaurazione finale, col ritorno del Signore, ogni diversità sostanziale scomparirà. Dio sarà tutto in tutti (cf. 1 Corinzi 15, 28).

L'Agnello sarà l'unico pastore (cf. Apocalisse 7, 17). Tutte le cose saranno fatte nuove.

 

d) Vera fraternità

Alla luce di questo chiaro insegnamento biblico si rivela in tutta la sua bellezza l'affermazione di Gesù:" Voi siete tutti fratelli (…) Uno solo è il vostro Padre, quello celeste " (Matteo 23, 8-9).

Gesù poteva dire questo perché aveva insegnato che tutti isuoi discepoli sono figli di Dio in base al battesimo e alla fede e a una nuova rinascita (cf. Giovanni 1, 12; 3, 5: 1 Giovanni 5, 1 ecc.); tutti sono chiamati alla stessa eredità: " Se siamo figli, siamo anche eredi " (Romani 8, 17).

Commenta sant' Agostino:

"Quando dico fratelli, quando dico sorelle, è chiaro che intendo parlare di una sola e medesima eredità".

Con questo richiamo alla paternità di Dio, Gesù condanna ogni atteggiamento discriminatorio tra i suoi discepoli. Cosa direste di un padre sulla terra che privilegiasse solo alcuni dei suoi figli? Che non desse a tutti la stessa eredità? Non lo chiamereste debole e ingiusto? Non ripugna alla coscienza morale un tale comportamento?

Com'è possibile che ci sia in Dio, nel Padre celeste ed universale, ciò che è disordine nell'uomo? Chi attribuisse a Dio una condotta discriminatoria e razziale, farebbe un'offesa alla sua paternità, modello di ogni paternità (cf. Efesini 3, 15). Il Dio della Bibbia è un Dio imparziale, senza favoritismi (cf. Romani 2, 11; 1 Pietro 1, 17).

I 144.000 (Apocalisse 7, 4; 14,1)

Davanti a tanta evidenza deve qualificarsi come una grossolana distorsione la spiegazione che i tdG danno di alcuni testi scritturistici per puntellare la loro pretesa di una classe di privilegiati destinata al comando nel tempo e nell'eternità. Psseremo ora in rassegna i principali testi biblici distorti e strumentalizzati dalla intellighenzia geovista, e primo tra tutti il testo di Giovanni nell'Apocalisse.

Scrisse Giovanni:

" E udii il numero dei segnati col sigillo: centoquarantaquattromila segnati col sigillo da ogni tribù dei figli d'Israele" (Apocalisse 7, 4, Garofalo).

E ancora:

" E vidi : ed ecco l'Agnello ritto sul monte Sion e con esso centoquarantaquattromila, che hanno il suo nome e il nome del Padre suo scritto sulle loro fronti. E udii una voce dal cielo come voce di acque molte e come voce di tuono grande, e la voce che udii era come di arpisti arpeggianti sulle loro arpe. E cantano come un canto nuovo davanti al trono e davanti ai quattro viventi e agli anziani. E nessuno poteva imparare il canto, all'infuori dei centoquarantaquattromila, i quali sono stati riscattati dalla terra. Questi sono coloro che non si sono macchiati con donne: sono infatti vergini…(Apocalisse 14, 1-4; Garofalo).

A parere dei geovisti, nei centoquarantaquattromila sarebbe stato rivelato a Giovanni il numero matematico della classe dei privilegiati, dei santi o dei unti, destinati a regnare in terra e in cielo.

La verità

Questa spiegazione geovista è sbagliata. A Giovanni non fu rivelato un numero matematico e chiuso di privilegiati signori della terra e del cielo.

Perché?

 

a) Senso allegorico, non letterale

La prima ragione è che nei testi citati dell'Apocalisse (7, 4 e 14, 1-4) hanno un senso allegorico o simbolico, non letterale. In questa spiegazione sono concordi tutti i grandi biblisti di ogni tempo. Il senso allegorico s'impone, altrimenti dovremmo ammettere almeno tre inammissibili conseguenze.

La prima: Seguendo il senso letterale, si dovrebbe ammettere che tutti i 144.000 siano ebrei, ossia di razza ebraica, scelti in egual numero dalle dodici tribù di Israele secondo la carne cioè storico. Ma questa conseguenza è inammissibile. Tutti infatti, perfino i tdG, affermano che i 144.000 sono tratti da tutto il genere umano, non solo cioè di razza o sangue ebraico.

La seconda: Attenendosi al senso letterale, bisognerebbe ammettere che i 144.000 siano tutti vergini. Di fatto, la maggior parte dei santi o unti della setta geovista sono sposati, generando figli e figlie. La verità è che il modo di parlare di Giovanni è simbolico. Infatti, come tutti sanno, nello stile biblico l'evitato rapporto con le donne sta a simboleggiare la fuga dall'idolatria o l'integrità e purezza della fede.

La terza: spiegando letteralmente Apocalisse 14, 1, i 144.000 dovrebbero essere collocati sul monte Sion, ossia a Gerusalemme, in Palestina. Ma ci avvertono i geovisti: "l'Agnello a cui si fa riferimento è, per certo, Gesù Cristo; e questo monte Sion non è sulla terra, ma in cielo dove si trova Gesù" . Dunque "monte Sion" va preso in senso simbolico, non letterale (cf. infra, p. 50), e così pure l'Agnello.

La nostra analisi potrebbe continuare. Il risultato sarebbe che Giovanni avrebbe usato un linguaggio simbolico in tutte le sue espressioni, eccetto in quella dei 144.000. Appare assurdo che in un contesto interamente simbolico debba essere intesa in sanso letterale una sola espressione.

 

b) Sulla terra, non in cielo

Vi è, poi un altro grave errore nella spiegazione dei tdG. Essi collocano i 144.000 in cielo, spiegando simbolicamente monte Sion, come già si è detto.

Ma Giovanni non dice questo. I 144.000 sono sulla terra. In effetti, nella prima visione (cf. Apocalisse 7, 14) lo scenario terreno è minuziosamente descritto: si parla di terra (4 volte), di mare (3 volte), di venti, di piante. E' la terra, questa nostra terra, sconvolta, in balia d'una imminente calamità, dalla quale rimarranno illesi i segnati col sigillo, ossia i figli dell'Israele di Dio (cf. Galati 6, 16), che sono tutti i discepoli di Cristo.

Nella seconda visione (Apocalisse 14, 1-4) i 144.000 sono pure collocati sulla terra, precisamente sul "monte Sion". Nel linguaggio profetico "il monte Sion" è visto come il centro simbolico della comunità messianica - del nuovo Israele - su questa terra (cf. Gioele 3, 5; 14, 17).

A questa comunità sulla terra si fa sentire una voce che viene dal cielo (Apocalisse 14, 2). Il canto celeste è percepito e capito dai 144.000 che sono sulla terra, ossia dalla comunità dei salvati che sono sulla terra.

 

c) Una schiera innumerevole

A motivo di tanti errori ed incongruenze in cui cadono i tdG, possiamo dire con certezza che il numero dei 144.000 non indica una quantità limitata e matematicamente chiusa, bensì una schiera innumerevole.

In effetti, san Giovanni, per indicare questa immensa schiera, si serve di numeri simbolici, che sono 12 e 1000. Il 12 era considerato un numero sacro (12 erano le tribù di Israele), mentre il 1000 serviva a simboleggiare una quantità considerevole, una moltitudine (cf. 2 Pietro 3, 8).

 Per indicare una moltitudine sacra, di gente cioè segnata col sigillo divino, san Giovanni si serve della cifra 144.000 che è il quadrato di 12 per 1000 (12x12x1000).

Altri propongono interpretazioni diverse. Ma tutti convengono nel dire che si tratta di numeri simbolici.

Il servo fedele ed accorto (Matteo 24, 45-51)

Oltre ad Apocalisse 7, 4-7 e 14, 1-4 finora analizzata, i tdG strumentalizzano anche la parabola del servo fedele ed accorto:

"Chi, dunque, è quel servo fedele ed accorto che il padrone ha messo a capo dei suoi domestici perché dia loro il cibo a suo tempo? Beato quel servo se il padrone, alla sua venuta, lo troverà occupato. In verità vi dico: gli affiderà tutti i suoi beni. Ma se è un servo malvagio che dice in cuor suo: "Il mio padrone tarda", e si mette a picchiare i servi dei suoi compagni, a mangiare e bere con gli ubriaconi, il padrone del servo verrà nel giorno in cui quello non l'aspetta e nell'ora che quello non conosce, e lo punirà severamente, facendogli subire la sorte degli ipocriti; là sarà il pianto e lo stridor dei denti" (Matteo 24, 45-51, Garofalo; cf. Luca 12, 35-48; Marco 13, 33-37)

A parere dei tdG, "il servo fedele ed accorto" sarebbe la classe dei 144.000, a cui Geova avrebbe affidato il compito di distribuire il cibo spirituale, ossia di insegnare, di governare, di amministrare gli averi della congregazione. Ma la Bibbia non dice così.

La verità

a) In questa parabola, come nelle altre, Gesù non parla d'una classe di privilegiati. Egli tratta unicamente e ripetutamente della vigilanza che tutti i suoi discepoli devono avere, e della loro fedeltà al proprio dovere, nell'attesa della sua venuta per il giudizio finale. A tal fine, Gesù porta come esempio la vigilanza del padrone di casa per non essere colto all'improvviso dal ladro (cf. Matteo 24, 42-44;Luca 12, 39-40), oppure quella dei servi o delle vergini che aspettano lo sposo (cf. Luca 12, 35-38; Matteo 25, 1-2) oppure quella dell'uomo che affida i suoi beni ai propri servi (Matteo 25, 14-30).

Il servo fedele ed accorto non è simbolo d'una classe di privilegiati, ma di colui - di ogni discepolo di Cristo - che si preoccupa di fare il suo dovere nell'attesa del ritorno del suo padrone: fare il suo dovere, qualunque esso sia.

 

b) Nel testo parallelo di san Luca (cf. Luca 12, 41-48) la parabola è introdotta da una domanda di Pietro:

"Disse allora Pietro: "Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?" (Luca 12, 41).

La parabola, a cui Pietro si riferisce, è quella del padre di famiglia che vigila contro un'eventuale ladro (cf. Luca 12, 39-40). Questa domanda introduce, o forse crea un passaggio, al brano seguente, cioè alla parabola del servo fedele ed accorto. In altre parole, la domanda di Pietro dà occasione a Gesù di precisare il suo pensiero nei termini seguenti: quello che costituisce un dovere per tutti (vigilanza e fedeltà), vale a maggior ragione, per chi nella comunità ha il peso della responsabilità.

 

c) A conferma vale il fatto che "il servo fedele ed accorto" ha l'incarico di dare il cibo a suo tempo "ai servi suoi compagni" (greco conservi, Mt. 24, 49). Dunque egli non rappresenta una categoria a parte, ma uno dei tanti, uno di tutta la servitù, aventi tutti un unico Padrone (= il Signore Gesù). Che se poi si vuole vedere in questi suoi compagni la classe dei 144.000, ne segue che il cibo a suo tempo va dato solo a loro, e non agli altri. Infatti è volontà del padrone che dia cibo e abbia rispetto per i suoi conservi.

 

d) In san Luca la parabola del "servo fedele ed accorto" si conclude con due versetti che ne fanno capire meglio il significato (cf. Luca 12, 47-48). Gesù insiste che il monito alla vigilanza e alla fedeltà è per tutti, sia per quelli che conoscono bene la volontà del padrone, ossia le guide della comunità, sia per quelli che non la conoscono, perché " a chi molto fu dato, molto sarà domandato" (Luca 12, 48).

Lo scopo dunque della parabola o delle parabole non è quello di indicare chi sia il Corpo Direttivo e tanto meno un numero di privilegiati ristretto a 144.000, ma di inculcare a tutti i credenti in Cristo il senso della vigilanza e della fedeltà al proprio dovere, qualunque esso sia, nell'attesa del ritorno del Signore. Il quale scruta i beni ed i cuori e retribuirà a ciascuno secondo le proprie opere (cf. Apocalisse 2, 23).

Uomini di Serie B

Dopo, o piuttosto sotto, la classe dei 144..000, la intellighenzia geovista colloca quella delle "altre pecore", che comprende tutti coloro che sono disposti a ubbidire ciecamente al Corpo Direttivo con la speranza di continuare ad ubbidire in un paradiso su questa terra in un prossimo futuro sempre rimandato. A fare questa scoperta fu - come abbiamo detto - il secondo presidente Joseph Franklin Rutherford. Scrivono i geovisti:

"vi fu il 31 maggio 1935, una rivelazione di verità relativa alle 'altre pecore'. Essa indicò che la 'grande folla', vista dall'apostolo san Giovanni diciannove secoli fa e descritta in Rivelazione 7, 9-17, doveva essere formata dalle 'altre pecore', la cui chiamata è alla vita eterna in un paradiso globale qui sulla nostra terra".

La verità

Riportiamo anzitutto il testo di Apocalisse 7, 9-17):

"Dopo ciò vidi: ed ecco una folla numerosa, che nessuno poteva computare, d'ogni gente e tribù e popolo e lingua: ritti davanti al trono e davanti all'agnello, ravvolti in vesti bianche, e con palme nelle mani. E gridano a gran voce dicendo: "La salvezza appartiene al Dio nostro seduto sul trono e all'agnello!" E tutti gli angeli stavano ritti intorno al trono e agli anziani e ai quattro viventi; e si prostrarono davanti al trono sulle loro facce e adorarono Dio dicendo: Amen. La benedizione, la gloria, la sapienza, il ringraziamento, l'onore, la potenza e la forza al Dio nostro per i secoli dei secoli. Amen.

E uno degli anziani mi rivolse la parola dicendo: "Questi, ravvolti in vesti bianche, chi sono e donde vennero?" (…) E disse a me: "Questi sono coloro che vengono dalla grande tribolazione (…). Perciò sono davanti al trono di Dio, e lo servono giorno e notte nel suo tempio, e colui che siede sul trono dimorerà sopra di essi. Non soffriranno più la fame (…) poiché l'agnello che è verso il mezzo del trono sarà il loro pastore…" (Garofalo).

 

Spiegazione:

a) La folla numerosa vista da Giovanni va collocata in cielo, non sulla terra. La prima ovvia ragione è che essi sono "ritti davanti al trono e davanti all'Agnello". Il trono, di cui qui si parla, è il trono di Dio, che si trova in cielo (cf. Isaia 66, 1; Matteo 5, 34; 23, 22 ecc.). Anche l'Agnello, ossia il Figlio di Dio immolato per la nostra salvezza, è asceso al cielo (cf. Efesini 4, 8-10; Ebrei 9, 24 ecc.). Dunque i componenti della "folla numerosa) dimorano in cielo alla presenza di Dio e dell'Agnello.

 

b) La seconda ragione è che per loro "la grande tribolazione" è passata. Solo sulla terra essi hanno potuto affrontare tribolazioni, persecuzioni, e anche il martirio. Tutte queste cose accompagnano la vita sulla terra. Nella celeste Gerusalemme non vi è nulla di tutto questo (cf. Apocalisse 21, 4).

Una nuova rivelazione

Per puntellare la distorsione della Parola di Dio operata da Rutherford nel 1935, il suo successore Frederick Franz nel 1981, ossia 46 anni dopo, ebbe una nuova rivelazione. Geova ha mostrato ai veggenti di Brooklyn, N.Y. che 2la grande folla" vista da Giovanni in Apocalisse 7, 8 e seguenti deve essere collocata nella parte esterna del tempio, che sarebbe la terra.

La verità

a) Notate, prima di tutto, che l'autore ispirato ha usato la parola naòs, che vuol dire "parte interna del tempio", il "Santo dei Santi", dov'era collocata la presenza di Dio. Altrove invece lo stesso Giovanni usa la parola ieron che vuol dire "tempio in generale", compresa la parte esterna (cf. Giovanni 2, 14; cf. Matteo 21, 12). La "folla numerosa" so trova nel naòs, ossia nella parte interna, nel santuario, non nel ieron.

 

b) E' pure detto che "la folla numerosa" "presta servizio notte e giorno"; ora il servizio sacro si svolgeva all'interno del santuario. I protagonisti di questo servizio sacro, ossia i componenti la "folla numerosa", hanno come sede la parte interna, non quella asterna del tempio.

 

Infine è detto che l'Agnello "sarà loro pastore". Dunque anche l'Agnello dovrebbe essere collocato sulla terra in mezzo alle altre pecore, e non già nel cielo coi 144.000, come insegnano i tdG.

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