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Trattato della vera Devozione a Maria (di san Luigi Maria Grignon de Montfort)

Ultimo Aggiornamento: 05/09/2009 18:17
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05/09/2009 18:10

Ecco il testo della consacrazione di ODILONE, abate di Cluny:


“O piissima Vergine e Madre del Salvatore di tutti i secoli, a partire da questo giorno e per sempre prendimi al tuo servizioe sii mia avvocata misericordiosa in tutte le vicende della mia vita. Dopo Dio io non ho nulla di più caro di te, e volentieri io mi consegno per sempre al tuo servizio come tuo schiavo”.



160. Il padre Simon de Rojas, dell'Ordine della Trinità, detto anche della redenzione degli schiavi, predicatore del re Filippo III, divulgò questa devozione in tutta la Spagna e la Germania e ottenne da Gregorio XV su istanza di Filippo III, grandi indulgenze per coloro che l'avessero praticata. Il padre de los Rios, dell'Ordine di sant'Agostino, si applicò con la parola e con gli scritti, insieme al suo intimo amico padre de Rojas, a diffondere questa devozione in Spagna e Germania; compose un grosso volume dal titolo Hierarchia Mariana, dove espone con grande pietà ed erudizione, l'antichità, l'eccellenza e la soli­dità di questa devozione. I Padri Teatini, nel secolo scorso, dif­fusero questa devozione in Italia, Sicilia e Savoia.



161. Il padre Stanislao Phalacius, della Compagnia di Gesù, promosse mera­vigliosamente questa devozione in Polonia. Il padre de los Rios, nel suo libro cita­to sopra, riporta i nomi di principi, princi­pesse, vescovi e cardinali di diversi regni, che hanno abbracciato questa devozione. Il padre Cornelio a Lapide, così rac­comandabile per la sua pietà come per la sua profonda scienza, essendo stato incari­cato da diversi vescovi e teologi di esaminare questa devozione, dopo averla analizzata in modo approfon­dito, la lodò in modo degno della sua pietà e diversi altri grandi personaggi seguirono il suo esempio. I Padri Gesuiti, sempre zelanti nel ser­vizio della Santa Vergine, presentarono a nome dei congregazionisti di Colonia un piccolo trattato su questa devozione al duca Ferdinando di Baviera, in quel momento arcivescovo di Colonia, il quale diede la sua approvazione e l'autorizzazione per la stampa, esortando tutti i parroci e i religio­si della sua diocesi a promuovere il più pos­sibile questa solida devozione.



162. Il cardinale de Bérulle, la cui memoria è in benedizione per tutta la Francia, fu uno dei più zelanti nel diffonde­re in Francia questa devozione, malgrado tutte le calunnie e persecuzioni che gli pro­vocarono i critici e i libertini. Lo accusa­rono di novità e di superstizione; scrissero e pubblicarono contro di lui un libello dif­famatorio e si servirono, o piuttosto il demonio per mezzo loro, di mille astuzie per impedirgli di diffondere questa devo­zione in Francia. Ma questo grande e santo uomo non rispose alla loro calunnia se non con la sopportazione, e alle obiezioni con­tenute nel loro libello rispose con un picco­lo scritto, dove li confuta con efficacia, mostrando come questa devozione sia fon­data sull'esempio di Gesù Cristo, sui dove­ri che abbiamo verso di lui e sui voti da noi fatti nel santo battesimo; ed è soprattutto con questa ultima motivazione che egli chiude la bocca ai suoi avversari, mostran­do loro come questa consacrazione alla Santa Vergine e a Gesù Cristo per le mani di lei, non sia altro che una perfetta rinno­vazione dei voti, o promesse del bat­tesimo. Molte belle cose circa questa pratica di devozione si possono leggere nelle sue opere.



163. Nel libro del Boudon si possono leggere i diversi papi che hanno approvato questa devozione, i teologi che l'hanno esa­minata e le opposizioni che ha incontrato e superato, le migliaia di persone che l'hanno abbracciata, senza che mai nessun papa l'abbia condannata, né potrebbe esserlo senza sovvertire i fondamenti del cristiane­simo. E' dunque certo che questa devozione non è nuova, e che se non è molto diffusa è perché è troppo preziosa per essere gustata e praticata da tutti.



164. 2°. Questa devozione è un mezzo sicuro per andare a Gesù Cristo perché la specifica caratteristica della Santa Vergine è di condurci con sicurezza a Gesù Cristo, come quella di Gesù Cristo è di condurci con sicurezza all'eterno Padre. E non creda­no le anime spirituali che Maria possa esse­re loro di impedimento per arrivare all'u­nione divina. Infatti, come è possibile che colei che ha trovato grazia davanti a Dio per tutti in generale e per ciascuno in particola­re, possa diventare un impedimento a un a­nima nel trovare la grande grazia del­l'unione con lui? Sarebbe possibile che colei che è stata tutta piena e sovrabbondante di grazie, così unita e trasformata in Dio, che giunse a incarnar­si in lei, possa impedire a un'anima di esse­re perfettamente unita a Dio? E' vero che la vista delle altre creatu­re, anche se sante, potrebbe forse, per qual­che momento, ritardare l'unione divina; ma non Maria, come ho detto e dirò sempre senza stancarmi. Una ragione per cui così poche anime arrivano alla pienezza dell'età di Gesù Cristo, è che Maria, più che mai madre di Gesù Cristo e Sposa feconda dello Spirito Santo, non è abbastanza formata nei loro cuori. Chi desidera avere il frutto ben maturo e ben formato, deve avere l'albero che lo pro­duce; chi desidera avere il frutto di vita, Gesù Cristo, deve avere l'albero di vita che è Maria. Chi desidera possedere in sè l'ope­razione dello Spirito Santo, deve avere la sua Sposa fedele e indissolubile, la divina Maria, che lo rende fertile e fecondo, come abbiamo detto altrove.



165. Sii dunque convinto che più guarderai Maria nelle tue orazioni, contem­plazioni, azioni e sofferenze, se non con sguardo diretto ed esplicito, almeno in modo generale e impercettibile, e più per­fettamente troverai Gesù Cristo, che è sem­pre con Maria, grande, potente, operante e inafferrabile, e lo è più che in cielo o in altre creature dell'universo. Così, la divina Maria, tutta immersa in Dio, è ben lontana dal divenire un ostacolo per coloro che cer­cano la perfezione nell'unione con Dio; non c'è stata finora, né ci sarà mai creatura che ci aiuti più efficacemente in questa grande impresa, sia per mezzo delle grazie che ti comunicherà a questo scopo, come dice un santo: «Nessuno colmo del pensiero di Dio se non per mezzo tuo», sia per le illusioni e gli ingan­ni dello spirito maligno da cui ella ti pro­teggerà.



166. Là dove c'è Maria, non ci può essere lo spirito maligno; e uno dei segni più infallibili che si è guidati dallo spirito buono, sta nel fatto di essere molto devoti di Maria, di pensare spesso a lei e di par­larne sovente. E' il pensiero di un santo, il quale aggiunge che, come il respiro è un segno certo che il corpo non è morto, così il pensiero frequente e l'invocazione amo­rosa di Maria sono un segno sicuro che l'a­nima non è morta a causa del peccato.



167. Come dice la Chiesa, e lo Spirito Santo che la guida, soltanto Maria ha distrutto tutte le eresie; anche se i critici borbottano, un fedele devoto di Maria non cadrà mai nell'eresia o nell'errore, almeno formalmente; potrà sbagliare materialmente, o scambiare una menzogna per verità, o lo spirito maligno per quello buono, anche se succederà più difficilmente che ad altri; ma presto o tardi si accorgerà del proprio errore e sbaglio materiale, e quando lo saprà, non si osti­nerà affatto a credere e a sostenere ciò che gli era sembrato verità.



168. Chi dunque, senza cadere nell'il­lusione che è facile nelle persone di ora­zione vuole progredire nella via della per­fezione e trovare con sicurezza e in modo perfetto Gesù Cristo, abbracci di gran cuore, «con cuore generoso e animo pron­to»1, questa devozione alla Santa Vergine, che forse non aveva ancora conosciuto. Entri in questo cammino sublime a lui sco­nosciuto e che io gli sto indicando: «Io vi mostro una via migliore di tutte» E' una via tracciata da Gesù Cristo, la Sapienza incarnata, nostro unico capo; pas­sando per essa, i membri non possono sba­gliarsi. E' una via facile, per la pienezza di grazia e di dolcezza dello Spirito Santo che la pervade; camminandovi, non ci si stanca affatto, né si indietreggia. E' una via breve, che ci con­duce a Gesù Cristo in poco tempo. E' una via perfetta, dove non c'è sorta di fango, né di polvere, né la minima sozzura di pecca­to. E' infine una via sicura, che ci conduce a Gesù Cristo e alla vita eterna in modo diritto e sicuro, senza piegare né a destra né a sinistra. Entriamo quindi in questa strada e in essa camminiamo giorno e notte, fino alla pienezza dell'età di Gesù Cristo.



169. SESTO MOTIVO. Questa pratica di devo­zione dà alle persone che la seguono con fedeltà, una grande libertà interiore, che è la libertà dei figli di Dio. Infatti, poiché con questa devozione si diventa schiavi di Gesù Cristo, consacrandosi a lui totalmente come tali, questo buon Signore, come ricompen­sa per la schiavitù d'amore in cui ci si pone: 1°. toglie dall'anima ogni scrupolo e timore servile, capace solo di ripiegarla su se stes­sa, renderla prigioniera e confonderla; 2°. allarga il cuore, con una santa fiducia in Dio e facendoglielo sentire come Padre suo; 3°. le ispira un amore tenero e filiale.



170. Senza fermarmi a dimostrare questa verità con ragionamenti, mi limito a riportare un episodio che ho letto nella vita della Madre Agnese di Gesù, religiosa domenicana del convento di Langeac, in Alvernia, dove mori in concetto di santità nell'anno 1634. Non aveva che sette anni e soffriva già grandi pene di spirito, quando sentì una voce dirle che se voleva essere liberata da tutte le sue pene ed essere pro­tetta contro ogni specie di nemici, doveva al più presto farsi schiava di Gesù e della sua santa Madre. Non appena tornata a casa, si donò interamente a Gesù e alla sua santa Madre come schiava, benché fino ad allora non conoscesse questa devozione; e avendo trovato una catena di ferro, se la cinse ai fianchi e la portò fino alla morte. Dopo quel gesto, tutte le sue pene e gli scrupoli cessarono e si ritrovò in una grande pace e serenità di cuore, tanto che decise di far conoscere questa devozione a molte altre persone, le quali pure si trovarono a fare grandi progressi; tra questi, l'Olier, fonda­tore del Seminario di San Sulpizio, ed altri sacerdoti ed ecclesiastici del medesimo Seminario... Un giorno poi la Santa Vergine le apparve e le mise al collo una catena d'oro, per dimostrarle la gioia che provava nel vederla fatta schiava del suo Figlio e sua; e santa Cecilia, che accompagnava la Santa Vergine, le disse: «Beati i fedeli schiavi della Regina del cielo, perché godranno della vera libertà: nel servire te, consiste la libertà».



171. SETTIMO MOTIVO. Ciò che ancora ci può convincere ad abbracciare questa pratica, sono i grandi benefici che ne rice­verà il nostro prossimo. Infatti con questa pratica di devozione si esercita la carità verso gli altri in modo eminente, donando per le mani di Maria tutto ciò che si ha di più caro, che è il valore soddisfattorio e impetratorio di tutte le nostre buone opere, senza eccettuare il minimo buon pensiero e la più piccola sofferenza; si permette che tutto ciò che si è acquistato e ciò che si acquisterà di meritorio, fino alla morte, sia utilizzato o per la conver­sione dei peccatori, o per la libera­zione delle anime del purgatorio, secondo la volontà della Vergine Santa. Non significa forse questo amare il proprio prossimo in modo perfetto? Non è forse questo l'autentico discepolo di Gesù Cristo, che si riconosce dalla carità? Non è forse questo il mezzo per convertire i pec­catori, senza cadere nella vanità, e di libe­rare le anime del purgatorio, quasi senza fare altro che ciò che ciascuno è tenuto a fare secondo il proprio stato?



172. Per comprendere la grande importanza di questo motivo, bisognerebbe capire quale bene sia convertire un pecca­tore, o liberare un'anima del purgatorio: è un bene infinito, più grande della creazione del cielo e della terra, perché si dà ad un'a­nima il possesso di Dio. Se, con questa pra­tica, non si liberasse, durante tutta la pro­pria vita, che una sola anima dal purgatorio, oppure non si convertisse che un solo pec­catore, non sarebbe forse abbastanza per convincere ogni persona veramente carita­tevole ad abbracciarla? Bisogna inoltre notare che le nostre buone opere, passando dalle mani di Maria, ricevono un aumento di purezza e quindi di merito e di valore soddi­sfattorio e impetratorio, diventando così più capaci di alleviare le anime del purgatorio e di convertire i peccatori, che se non passassero dalle mani verginali e generose di Maria. Il poco che si dona per mezzo della Santa Vergine, libero dalla pro­pria volontà e motivato da una carità disin­teressata, diventa veramente molto potente nel piegare la collera di Dio e nell'attirare la sua misericordia; potrà succedere forse che una persona molto fedele a questa pratica, al momento della sua morte si trovi ad avere liberato, per questo mezzo, molte anime del purgatorio e convertito molti peccatori, sebbene non abbia compiuto che le azioni abbastanza ordinarie del proprio stato. Quale gioia al momento del giudizio! Quale gloria nell'eternità!



173. OTTAVO MOTIVO. Infine, ciò che in certo senso ci convince più efficace­mente ad abbracciare questa devozione alla Santa Vergine, è il fatto che sia un mezzo meraviglioso per perseverare nella virtù ed essere fedele. Infatti, come mai la maggior parte delle conversioni dei peccatori non dura molto? Come mai si ricade così facil­mente nel peccato? Perché la maggior parte dei buoni, invece di progredire di virtù in virtù e acquisire nuove grazie, perdono spesso il poco di virtù e di grazie che pos­siedono? Questa disgrazia succede, come ho detto prima, perché essendo l'uomo così corrotto, così debole e inconstante, si fida di se stesso, si appoggia sulle proprie forze e si crede capace di conservare il tesoro delle proprie grazie, delle virtù e dei meriti. Per mezzo di questa devozione, si affida tutto ciò che si possiede alla Santa Vergine, che è fedele; la si sceglie come depositaria universale di tutti i propri beni di natura e di grazia. Ci si fida della sua fedeltà, ci si appoggia sul suo potere, ci si fonda sulla sua mise­ricordia e carità, affinché ella conservi e aumenti le nostre virtù e i nostri meriti, nonostante il demonio, il mondo e la carne, che compiono ogni sforzo per farceli per­dere. Le si dice, come un bravo figlio a sua madre e un fedele servitore alla sua padro­na: «Custodisci il deposito», mia buona Madre e Padrona, riconosco che per tua intercessione, ho ricevuto finora più grazie da Dio che non meritassi, e so, per mia esperienza negativa, che porto questo teso­ro in un vaso fragilissimo, e che sono trop­po debole e misero per conservarlo presso di me: «Io sono piccolo e disprezzato»; ti prego, ricevi in deposito tutto quanto pos­siedo, e conservamelo con la tua fedeltà e potenza. Se mi custodisci, non perderò nulla; se mi sostieni, non cadrò; se mi pro­teggi, sono al sicuro dai miei nemici.



174. E' ciò che san Bernardo dice in termini espliciti per ispirarci questa pratica di devozione: «Appoggiato a lei non scivo­lerai; sotto la sua protezione non temerai nulla; con la sua guida non ti stancherai; con il suo favore giungerai al porto della salvezza». Anche san Bonaventura sem­bra dire la stessa cosa in termini ancora più precisi: «La Santa Vergine non è soltanto confermata nella pienezza dei santi; ella tiene saldi e conserva i buoni nella loro pienezza, perché non abbia a dimi­nuire; impedisce che le loro virtù vengano dissipate, che i loro meriti periscano, che le loro grazie si per­dano, che i demoni facciano loro del male; e infine impedisce che Gesù Cristo Signore li castighi quando peccano».



175. Maria è la Vergine fedele, che con la sua fedeltà a Dio ripara le perdite provocate da Eva l'infedele con la sua infedeltà, e ottiene la fedeltà a Dio e la perse­veranza a quelli e quelle che si aggrappano a lei. Per questo un santo la paragona a un'àncora salda, che li trattiene e impedisce loro di fare naufragio nel mare agitato di questo mondo, dove tanta gente si perde perché non è aggrappata a questa àncora salda: «Noi leghiamo le anime a te, nostra speranza, come ad un'ancora ferma». A lei maggiormente si sono attaccati i santi che si sono salvati e hanno attaccato gli altri perché perseverassero nella virtù. Beati dunque, e mille volte beati i cristiani che oggi si aggrappano a lei fedelmente e totalmente come ad un ancora salda. La forza della tempesta di questo mondo non li farà sommergere, né andranno perduti i loro tesori celesti! Beati quelli e quelle che entrano in lei come nell'arca di Noè! Le acque del diluvio di peccati, che annegano tanta gente, non nuoceranno loro perché: «Chi compie le mie opere non peccherà»: coloro che sono in me per lavorare alla pro­pria salvezza non peccheranno, ella dice con la Sapienza. Beati i figli infedeli della sventurata Eva, i quali si aggrappano alla Madre e Vergine fedele, che resta sempre fedele e non si smentisce mai, che ama sempre coloro che l'amano: «Io amo coloro che mi amano», non soltanto di un amore affettivo, ma effettivo ed efficace, impe­dendo loro, con una grande abbondanza di grazie, di indietreggiare nella virtù, o di cadere sulla strada, perdendo la grazia del Figlio suo.



176. Questa buona Madre rice­ve sempre, per pura carità, tutto ciò che le si dà in deposito; e quando l'ha rice­vuto una volta in qualità di depositaria, è obbligata a conservarcelo per giustizia, in forza del contratto di deposito; proprio come una persona, alla quale io avessi affi­dato mille scudi in deposito, sarebbe obbli­gata a conservarmeli, in modo che, se per sua negligenza i miei mille scudi andassero perduti, ne sarebbe responsabile per giusti­zia. Ma no! Mai la fedele Maria lascerà perdere per sua negligenza ciò che le si sarà affidato: passerebbero il cielo e la terra, piuttosto che ella fosse negligente e infede­le verso coloro che si fidano di lei.



177. Poveri figli di Maria, la vostra debolezza è estrema, grande la vostra inco­stanza e il vostro fondo è molto guasto. Riconosco: siete tratti dalla stessa massa corrotta dei figli di Adamo ed Eva; ma non scoraggiatevi per questo: consolatevi e gioite; ecco il segreto che vi insegno, un segreto sconosciuto alla maggior parte dei cristiani, anche ai più devoti. Non lasciate il vostro oro e argento nelle vostre casseforti, che sono già state scassinate dallo spirito maligno che vi ha derubato; esse sono troppo piccole e fragili, troppo vecchie per contenere un tesoro così grande e prezioso. Non mettete l'acqua pura e limpida della fonte nei vostri vasi inquinati e infetta­ti dal peccato; se il peccato non c'è più, rimane il suo odore e l'acqua verrà guasta­ta. Non mettete i vostri vini squisiti nelle vostre vecchie botti, che sono state riempi­te di vino cattivo: si rovinerebbero, con il pericolo di spandersi.



178. Anche se voi mi capite, anime fedeli, mi esprimerò in modo più chiaro. Non affidate l'oro della vostra carità, l'ar­gento della vostra purezza, le acque delle grazie celesti, né i vini dei vostri meriti e virtù a un sacco bucato, a un cofano vec­chio e rotto, a un vaso sporco e inquinato come voi siete; altrimenti sarete saccheg­giati dai ladri, cioè i demoni, che cercano e spiano, notte e giorno, il tempo propizio per farlo; altrimenti voi stessi guasterete, con il cattivo odore dell'amore a voi stessi, della fiducia in voi stessi e della volontà vostra, tutto ciò che Dio vi dà di più puro. Mettete, versate nel grembo e nel cuore di Maria tutti i vostri tesori, tutte le vostre grazie e virtù: è vaso spirituale, un vaso d'onore, un vaso insigne di devozione. Dopo che Dio stesso in persona si è rac­chiuso con tutte le sue perfezioni in questo vaso esso è diventato tutto spirituale, dimora spirituale delle anime più spi­rituali; è diventato degno di onore e trono di onore dei più grandi principi dell'eternità; è diventato insigne in devozione, dimora dei più illustri in dolcez­ze, in grazie e virtù; è diventato infine ricco come una casa d'oro, forte come una torre di Davide e puro come una torre d'avorio. 179. Oh! Quanto è felice un uomo che ha dato tutto a Maria, che si affida e si perde in tutto e per tutto in Maria! Egli è tutto di Maria e Maria è tutto per lui. Egli può dire arditamente con Davide: «Maria è fatta per me»; o con il discepolo predilet­to: «L'ho presa per ogni mio bene»; oppure con Gesù Cristo: «Tutte le cose mie sono tue e tutte le cose tue sono mie».



180. Se qualche critico, leggendo queste cose, pensa che qui parlo per esage­razione e spinto da una devozione eccessi­va, ahimè! egli non mi capisce, sia perché è un uomo carnale, che non gusta le cose dello spirito, sia perché è del mondo, che non può ricevere lo Spirito, sia perché è orgoglioso e critico, che condanna e disprezza tutto ciò che non comprende. Ma le anime che non sono nate dal sangue, né da volontà della carne, né da volontà del­l'uomo, ma da Dio e da Maria, mi sapranno comprendere e gustare; ed è anche per que­ste che scrivo qui.



181. Tuttavia, riprendendo il discorso interrotto, dico agli uni e agli altri che la divina Maria, essendo la più disponibile e generosa di tutte le semplici creature, non si lascia mai vincere in amore e generosità; «Per un uovo dò un bove», dice un sant'uo­mo, cioè per il poco che le si dà, ella dona molto di ciò che ha ricevuto da Dio; per­tanto, se un'anima si dona a lei senza riser­va, ella si dona a quest'anima senza riserva; se si ripone in lei tutta la propria fiducia senza presunzione, impegnandosi per pro­pria parte ad acquistare le virtù e a domare le proprie passioni. I fedeli servitori della Santa Vergine dicano dunque arditamente con san Giovanni di Damasco: «Avendo fiducia in te, o Madre di Dio, sarò salva­to; con la tua protezione non avrò nulla da temere; con il tuo aiuto combatterò e metterò in fuga i miei nemicù infatti la devozione per te é un 'arma di sal­vezza che Dio dà a coloro che vuole salva­re».

LA FIGURA BIBLICA DI REBECCA E GIACOBBE



183. Di tutte le verità che ho esposte riguardo alla Santa Vergine e ai suoi figli e servitori, lo Spirito Santo nella Sacra Scrittura ci offre una figura mirabile nella storia di Giacobbe, che ricevette la benedi­zione dal padre suo Isacco, tramite le cure e le risorse di Rebecca sua madre. Eccola come lo Spirito Santo la riferisce. Vi aggiungerò poi la mia spiegazione.



184. Esaù aveva venduto a Giacobbe il suo diritto di primogenitura. Rebecca, madre dei due fratelli, che amava tenera­mente Giacobbe, riuscì diversi anni dopo a fargli avere questo privilegio, con una scal­trezza tutta santa e piena di misteri. Isacco si sentiva molto invecchiato e voleva lascia­re le benedizioni ai suoi figli prima di mori­re; chiamò allora suo figlio Esaù, che amava, e gli ordinò di andare a caccia per procurarsi qualcosa da mangiare, dopo di che, lo avrebbe benedetto. Rebecca però avvertì subito Giacobbe di quello che stava succedendo e gli disse di andare a prendere due capretti dal gregge. Quando egli li ebbe portati alla madre, ella li preparò per Isacco, come sapeva che egli desiderava. Poi rivestì Giacobbe degli abiti di Esau che ella aveva con sè, coprì le sue mani e il collo con la pelle dei capretti, cosicché suo padre, ormai privo della vista, ascoltando la voce di Giacobbe e toccando il pelo delle sue mani, potesse credere che fosse suo fratello Esaù. In effetti Isacco fu sorpreso della sua voce, che credeva essere la voce di Giacobbe, e lo fece avvicinare, toccando il pelo delle pelli di cui si era coperte le mani e disse che effettivamente la voce era quella di Giacobbe, ma le mani erano quelle di Esaù. Dopo aver mangiato, baciò Giacobbe, sentendo l'odore dei suoi vestiti profumati e lo benedì, augurandogli la rugiada del cielo e la fecondità della terra; lo costituì capo di tutti i suoi fratelli e terminò la benedizione con queste parole: «Chi ti maledice sia maledetto e chi ti benedice sia benedetto». Isacco aveva appena detto que­ste parole, che Esaù entrò, portando da mangiare ciò che aveva preso alla caccia, perché suo padre potesse poi benedirlo. Il santo patriarca fu sorpreso da uno stupore incredibile quando si accorse di ciò che era successo, ma invece di ritrat­tare ciò che aveva fatto, lo confermò, per­ché in questo fatto vedeva fin troppo chia­ramente il dito di Dio. Esaù allora scoppiò in grida e lamenti, come annota la Sacra Scrittura, accusando a gran voce suo fratel­lo di aver imbrogliato e chiedendo a suo padre se non avesse per lui almeno una benedizione. I santi Padri osservano a que­sto punto come egli sia la figura di coloro che trovano comodo conciliare Dio con il mondo, volendo godere insieme delle con­solazioni del cielo e di quelle della terra. Isacco fu toccato dalle grida di Esaù e alla fine lo benedì, ma con una benedi­zione terrena e assoggettandolo a suo fratello. Ciò provocò in lui un odio così velenoso contro Giacobbe, che aspettava solo la morte del padre per ucci­derlo. E Giacobbe non avrebbe potuto evi­tare questa morte se sua madre Rebecca non lo avesse protetto con i suoi accorgi­menti e con i buoni consigli che gli diede, e che egli seguì.



185. Prima di spiegare questa storia così bella, bisogna ricordare che secondo tutti i santi Padri e gli interpreti della Sacra Scrittura Giacobbe è la figura di Gesù Cristo e dei veri credenti, mentre Esaù è figura dei non credenti. Per farsene un'idea, basta esaminare le azioni e il comporta­mento dell'uno e dell'altro. 1°. Esaù, il pri­mogenito, era forte e vigoroso nel corpo, accorto e abile nel tirare con l'arco e nel prendere molta selvaggina a caccia. 2°. Egli non stava quasi mai in casa; lavorava fuori e aveva fiducia solo nella propria forza e capacità. 3°. Non si preoccupava molto di piacere a sua madre Rebecca e non faceva nulla per questo. 4°. Era così ingordo e schiavo della gola, che vendette il diritto di primogenitura per un piatto di lenticchie. 5°. Come Caino, era preso da invidia per suo fratello Giacobbe e gli era sempre con­tro.



­186. Ed è questo il comportamento che ogni giorno tengono i cattivi credenti. 1°. Hanno fiducia nella propria forza e nelle loro capacità per gli affari temporali; sono molto forti, abili e avveduti per le cose della terra, ma molto deboli e ignoranti nelle cose del cielo.



187. 2°. Non dimorano mai, o quasi mai, nella loro propria casa, cioè nel loro interiore, che è la casa intima e fondamen­tale che Dio ha dato a ciascuno, per dimo­rarvi sul suo esempio, poiché Dio dimora sempre in se stesso. I cattivi credenti non amano affatto il ritiro, né la spiritualità, e neppure la devozione interiore; piut­tosto essi trattano da bigotti, piccini e rustici, coloro che vivono l'interiorità e il ritiro dal mondo, dedicandosi più all'interiore che all'esteriore.



188. 3°. I cattivi credenti non si inte­ressano per nulla della devozione alla Santa Vergine, Madre dei veri credenti. E' vero: non la odiano espressamente, qualche volta le tributano lodi, dicono di amarla e prati­cano pure qualche devozione in suo onore, ma per il resto non sopportano che la si ami teneramente, poiché essi non nutrono per lei le tenerezze di Giacobbe; trovano a ridire sulle pratiche di devozione alle quali i suoi figli e servitori si attengono fedelmen­te per guadagnarne l'affetto; non credono infatti che questa devozione sia loro neces­saria per salvarsi e pensano che sia suffi­ciente non odiare formalmente la Santa Vergine e non disprezzare apertamente questa devozione; credono di aver meritato le buone grazie della Santa Vergine e di essere suoi servitori, perché recitano e bor­bottano qualche preghiera in suo onore, senza alcuna tenerezza per lei e senza emendare se stessi.

189. 4°. I cattivi credenti vendono il loro diritto di primogenitura, cioè le gioie del paradiso, per un piatto di lenticchie, cioè per i piaceri della terra. Essi ridono, bevono, mangiano, si divertono, giocano e danzano, senza preoccuparsi come Esaù di rendersi degni della benedizione del Padre celeste. In due parole, non pensano che alla terra, non amano che la terra, non parlano e non agiscono che per la terra e per i propri piaceri; per un breve momento di piacere, per un illusorio fumo di onore e per un pezzo di dura terra, gialla o bianca, vendo­no la grazia battesimale, la loro veste di innocenza e l'eredità celeste.



190. 5°. Infine, i cattivi credenti odia­no e perseguitano ogni giorno i veri cre­denti, apertamente o subdolamente; non li possono sopportare, li disprezzano, li criti­cano, li burlano, li offendono, li derubano, li ingannano, li sfruttano, li scacciano, li annientano; mentre essi fanno fortuna, si tolgono ogni piacere, se la passano bene, si arricchiscono, si espandono e vivono a loro agio.



191. Giacobbe, il minore: 1°. Era di costituzione più debole, mite e pacifico e rimaneva abitualmente in casa per guada­gnarsi le buone grazie di sua madre Rebecca, che amava teneramente; se usciva fuori, non era per sua volontà, né per fidu­cia nella propria capacità, ma per obbedire a sua madre.



192. 2°. Egli amava e onorava la sua madre: per questo rimaneva in casa con lei; era contento quando la vedeva; evitava tutto ciò che potesse dispiacerle e faceva invece tutto quello che pensava le piacesse: questo aumentava in Rebecca l'amore che aveva per lui.



193. 3°. Era sottomesso in ogni cosa alla sua cara madre; le obbediva in ogni cosa totalmente, prontamente e senza tarda­re, amorosamente e senza lamentarsi; al minimo cenno della sua volontà, il piccolo Giacobbe correva ed eseguiva. Credeva a tutto ciò che ella gli diceva, senza obiettare: per esempio, quando gli disse di andare a prendere due capretti e di portarglieli, per preparare da mangiare a suo padre Isacco, Giacobbe non replicò che ne sarebbe basta­to uno solo, per preparare da mangiare per una sola volta a un solo uomo; ma, senza controbattere, fece ciò che gli aveva detto.



194. 4°. Aveva una grande fiducia nella sua cara madre: non contava per nulla sulla propria abilità, ma solo sulle premure e la protezione di sua madre; la chiamava in ogni suo bisogno, la consultava in ogni dubbio, per esempio quando le domandò se, al posto della benedizione, non avrebbe piuttosto ricevuto la maledizione di suo padre e quando ella gli disse che avrebbe preso su di sè questa maledizione, egli le credette ed ebbe fiducia in lei.



95. 5°. Infine, egli imitava secondo le sue possibilità le virtù che vedeva in sua madre, e sembra che una della ragioni per cui rimaneva sedentario in casa, era così virtuosa, e per potersi così allontanare dalle cattive compagnie, che corrompono i costumi. Per questo mezzo, egli si rese degno di ricevere la doppia benedizione del suo caro padre.



196. Ed ecco anche la condotta che i veri credenti tengono ogni giorno: sono sedentari in casa con la loro madre, cioè amano il ritiro, vivono l'inte­riore, si applicano all'orazione, ma sull'e­sempio e in compagnia della loro Madre, la Santa Vergine, la cui gloria è tutta interiore e che per tutta la propria vita ha molto amato il ritiro e l'orazione. A volte, certo, appaiono al di fuori, nel mondo, ma è per obbedienza alla volontà di Dio e a quella della loro Madre, per compiere i doveri del loro stato. Per quanto possano apparire grandi le cose che fanno nell'esteriore, essi danno un maggiore valore a quelle che compiono all'interno di se stessi, nel loro interiore, in compagnia della Santa Vergine, perché qui compiono la grande impresa della loro perfezione, di fronte alla quale tutte le altre imprese non sono che dei giochi da bambini. E' per questo che, men­tre a volte i loro fratelli e sorelle si danno da fare per l'esteriore, con molto impegno, industria e successo, tra l'applauso e l'ap­provazione del mondo, essi sanno per illu­minazione dello Spirito Santo che c'è maggior gloria, utilità e soddisfazione nel rimanere nascosti nel ritiro con Gesù Cristo, loro modello, in totale e perfetta sottomissione alla loro Madre, che non nel compiere da se stessi delle meraviglie di natura e di grazia nel mondo, come degli Esaù o cattivi credenti. «Onore e ric­chezza nella sua casa», la gloria per Dio e le ricchezze per l'uomo si trovano nella casa di Maria. Signore Gesù, quanto sono amabili le tue dimore! Il passero ha trovato una casa per abitarvi e la tortorella un nido dove porre i suoi piccoli. Quanto è felice l'uomo che abita nella casa di Maria, dove tu stesso hai stabilito per primo la tua dimora! E' in que­sta casa dei veri credenti che l'uomo riceve solo da te l'aiuto, e dove ha disposto nel proprio cuore delle gradinate e degli scalini per ogni virtù, per salire fino alla per­fezione in questa valle di lacrime. «Quanto sono amabili le tue dimo­re... ».



197. 2°. Essi amano teneramente e onorano sinceramente la Santa Vergine come loro buona Madre e Sovrana. La amano non solamente a parole, ma con i fatti; la onorano, non soltanto esteriormente, ma nel profondo del loro cuore; e come Giacobbe, evitano tutto ciò che le può dispiacere e praticano con fervore tutto ciò che credono possa loro procurare la sua benevolenza. Le portano e le offrono, non due capretti, come Giacobbe a Rebecca, ma ciò che i due capretti di Giacobbe figurano: loro corpo e la loro anima, con tutto ciò che ne deriva, affinché: 1. ella li riceva come una cosa che le appartiene; 2. li uccida e faccia morire al peccato e a se stessi, scorticandoli e spogliandoli della propria pelle e del loro amor proprio e per potere in questo modo piace­re a Gesù, suo Figlio, che non vuole per amici e discepoli che persone morte a se stesse; 3. li prepari secondo il gusto del Padre celeste e per la sua più grande gloria, che ella conosce meglio di ogni altra creatura; 4. di questo corpo e di quest'anima, con le sue cure e la sua intercessione, ben purificati da ogni macchia, ben morti, spogliati e preparati, ne faccia un piatto delica­to, degno del gusto e della benedizione del Padre celeste. Non è forse questo che faran­no i veri credenti, che gusteranno e praticheranno la perfetta consacrazione a Gesù Cristo per le mani di Maria, che noi propo­niamo loro, per testimoniare a Gesù e a Maria un amore fattivo e coraggioso? I falsi credenti dicono spesso di amare Gesù, di amare e onorare Maria, ma non fino ad offrire i loro averi, non fino a sacrificare il loro corpo con i suoi sensi e la loro anima con le sue passioni, come fanno i credenti autentici.



198. 3°. Essi vivono sottomessi e obbedienti alla Santa Vergine, come a loro buona Madre, sull'esempio di Gesù Cristo, il quale, dei trentatrè anni vissuti sulla terra, ne ha impiegati trenta a dare gloria a Dio suo Padre per mezzo di una perfetta e totale sottomissione alla sua santa Madre. Le obbediscono seguendo esattamente i suoi consigli, come il piccolo Giacobbe seguiva quelli di Rebecca, e dice loro: «Obbedisci al mio ordine». O come gli invitati alle nozze di Cana, ai quali la Santa Vergine dice: «Fate quello che mio Figlio vi dirà». Giacobbe, per aver obbedito a sua madre, ricevette la benedizione come per miracolo, poiché normalmente non l'avrebbe dovuta ricevere; gli invitati alle nozze di Cana, per aver seguito il consiglio della Vergine Santa, furono onorati del primo miracolo di Gesù Cristo, che cambiò l'acqua in vino, alla preghiera della sua santa Madre. Così, tutti coloro che fino alla fine dei secoli riceveranno la benedizione del Padre celeste e saranno onorati delle meraviglie di Dio, non riceveranno queste grazie che a motivo della loro perfetta obbedienza a Maria. Gli Esaù, al contrario, perdono la benedizione perché manca loro la sottomissione alla Santa Vergine.



199. 4°. Hanno una grande fiducia nella bontà e nella potenza della Santa Vergine, loro buona Madre; chiedono il suo aiuto continuamente; la guardano come la loro stella polare, per arrivare nel porto sicuro; le confidano le loro pene e necessità con grande apertura di cuore; si attaccano al suo seno di misericordia e di dolcezza, per ottenere il perdono dei loro peccati per mezzo della sua intercessione, o per gustare le sue materne dolcezze nelle angustie e nelle difficoltà. Si gettano perfino, si nascondono e si perdono in modo mirabile nel suo seno amoroso e verginale, per essere infiammati dal puro amore, purificati dalle più piccole macchie e trovarvi in pienezza Gesù, che vi risiede come sul suo trono più glorioso. Oh! Quale gioia! Dice l'abate Guerrico: «Non credere che vi sia più felicità ad abitare nel seno di Abramo che in quello di Maria, poiché il Signore stesso vi ha posto il suo trono». Al contrario, i cattivi credenti pongo­no tutta la loro fiducia in se stessi; come il figlio prodigo, mangiano solo ciò che mangiano i porci; si nutrono solo di terra, come i rospi e, come i mondani, non amano che le cose sensibili ed esteriori, non gustando così per nulla le dolcezze del grembo e del seno di Maria; non sperimentano quel certo appoggio e quella sicura fiducia che i veri credenti provano nei riguardi della Santa Vergine, loro buona Madre. Essi invece amano miseramente la loro fame di esteriorità, come dice san Gregorio, poiché non vogliono gusta­re la dolcezza che è già pronta nell'interno di loro stessi e nell'interno di Gesù e di Maria.



200. 5°. Infine, i veri credenti seguono le vie della Vergine Santa, loro buona Madre, cioè la imitano, ed è proprio in que­sto che sono veramente felici e devoti e posseggono il segno infallibile della loro autenticità, come dice loro questa buona Madre: «Beati coloro che seguono le mie vie», cioè beati quelli che praticano le mie virtù e che camminano sulle tracce della mia vita, con l'aiuto della divina grazia. Essi sono felici in questo mondo, durante la loro vita, per l'abbondanza delle grazie e delle dolcezze che io comunico loro dalla mia pienezza e in più abbondanza che ad altri, i quali non mi imitano così da vicino. Sono felici nella loro morte, che è dolce e tranquilla, e alla quale di solito io sono presente, per condurli io stessa alle gioie dell'eternità. Infine, saranno felici nell'eternità, perché nessuno dei miei buoni servitori, che abbia imitato le mie virtù durante la propria vita, si è mai perduto. I cattivi credenti, al contrario, sono infelici durante la loro vita, alla loro morte e nell'eternità, poiché non imitano affatto la Santa Vergine nelle sue virtù, si accontentano di iscriversi in alcuni casi alle sue confraternite, di recitare qualche preghiera in suo onore, o di compiere qualche altra devozione esteriore. O Vergine Santa, mia buona Madre, quanto sono beati ripeto con i trasporti del mio cuore quanto felici quelli e quelle che seguono fedelmente le tue vie, i tuoi consigli e i tuoi comandi, senza lasciarsi sedurre da una falsa devozione verso di te! Ma quanto sono infelici e sventurati coloro che non osservano i comandamenti del Figlio tuo, abusando della devozione verso di te: «Maledetto chi devia dai tuoi decreti».

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