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Libro sulla Fiducia (di padre Thomas de Saint Laurent)

Ultimo Aggiornamento: 05/09/2009 21:18
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05/09/2009 21:15

SECONDO



Natura e caratteristiche

della fiducia




La fiducia è una ferma speranza



Con quella concisione che reca l'impronta del suo genio, san Tommaso definisce la fiducia: "una speranza fortificata da una solida convinzione" 1. Affermazione profonda, che ci limiteremo a commentare in questo capitolo.

Soppesiamo attentamente i termini impiegati dal Dottore Angelico. La fiducia, egli scrive, è "una speranza"; non la speranza ordinaria, comune a tutti i fedeli; una caratteristica specifica la distingue: è una speranza fortificata.

Si noti bene: la differenza non è di natura, ma solo di grado di intensità. Le luci incerte dell'alba e quelle abbaglianti del sole a mezzogiorno fanno parte della stessa giornata. Così, la fiducia e la speranza appartengono alla stessa virtù: l'una non è che il pieno sviluppo dell'altra.

La speranza comune vien persa con la disperazione; essa può tollerare, tuttavia, una certa inquietudine. Ma quando raggiunge quella perfezione che le fa mutare il nome in quello di "fiducia", la sua sensibilità diviene delicata. Essa non sopporta più l'esitazione, per quanto leggera la si immagini. Il minimo dubbio la diminuirebbe e la ricondurrebbe al livello della semplice speranza.

Il Regale Profeta sceglieva con cura le sue espressioni, quando chiamava la fiducia "una supersperanza" 2: si tratta infatti di una virtù elevata al massimo della sua intensità. E il padre Saint-Jure, uno dei più stimati autori spirituali del secolo XVII, vedeva giustamente in essa una speranza "straordinaria ed eroica" 3.

La fiducia non è dunque un fiore comune. Essa cresce sulle cime e non si lascia cogliere che dai generosi.





Essa è fortificata dalla fede



Proseguiamo in questa nostra analisi.

Quale forza sovrana fortificata la speranza, al punto di renderla inespugnabile agli assalti delle avversità?... La fede.

L'anima fiduciosa conserva nella sua memoria le promesse del Padre celeste; ella le medita profondamente. Sa che Dio non può mancare alla sua parola e da qui trae la sua imperturbabile sicurezza. Se il pericolo la minaccia, la circonda, perfino la abbatte, essa conserva sempre la sua serenità. Malgrado l'imminenza del pericolo, ripete la parola del Salmista: "Il Signore è la mia luce e la mia salvezza; che mai posso temere? Il Signore protegge la mia vita; che mai mi farà tremare?" 4.

Esistono, tra la fede e la fiducia, intimi rapporti, strettissimi legami di parentela. Per usare l'espressione di un teologo moderno, è nella fede che va trovata "la causa e la radice" della fiducia 5. Ora, quanto più la radice affonda nella terra, tanto più da essa trae il suo alimento; più vigoroso crescerà lo stelo, più opulenta sarà la fioritura. Così la nostra fiducia si sviluppa nella misura in cui diviene più profonda la nostra fede.

Le Sacre Scritture riconoscono la relazione che unisce due virtù. La stessa parola "fides" non designa forse l'una e l'altra, a seconda dei casi, nella penna degli scrittori sacri?





La fiducia è incrollabile



Le considerazioni precedenti saranno forse sembrate troppo astratte. Era tuttavia necessario che vi ci soffermassimo: da esse dedurremo le caratteristiche della vera fiducia.

La fiducia, scrive il padre Saint-Jure, è "ferma, stabile e costante, in un grado così eminente che nulla al mondo può, non dico abbatterla, ma neppure farla vacillare" 6.

Immaginare gli eccessi più angosciosi nell'ordine temporale, le difficoltà più insormontabili nell'ordine spirituale: esse non altereranno la pace dell'anima fiduciosa. Catastrofi impreviste potranno ammucchiare attorno ad essa le rovine della sua felicità; quest'anima, più padrona di se stessa del saggio antico, rimarrà imperterrita: "Impavidum furient ruinae" 7.

Essa si rivolgerà semplicemente a Nostro Signore; in Lui si appoggerà con tanta maggior sicurezza, quanto più essa si sentirà privata di ogni aiuto umano. Pregherà con ardore più vibrante, e nelle tenebre della prova proseguirà il suo cammino, aspettando in silenzio l'ora di Dio.

Una tale fiducia è rara, senza dubbio. Ma se essa non raggiunge questo minimo di perfezione, non merita il nome di fiducia.

Sublimi esempi di questa virtù si trovano del resto nelle Sacre Scritture e nelle vite dei Santi. Colpito nella sua fortuna, nella famiglia e nella stessa carne, Giobbe, ridotto all'estrema indigenza, giaceva su un mucchio di letame. I suoi amici, la stessa moglie rendevano più acuto il suo dolore con la crudeltà delle loro parole. Eppure egli non si lasciava abbattere; nessun mormorio si mescolava ai suoi lamenti. Egli era sostenuto dal pensiero della fede: "Quand'anche il Signore mi togliesse la vita, diceva, continuerò ancora a sperare in Lui" 8. Fiducia mirabile, che Dio ricompensò magnificamente. La prova ebbe fine: Giobbe recuperò la salute, guadagnò una fortuna più considerevole e visse un'esistenza più prospera di quella precedente.

Durante un viaggio, san Martino cadde nelle mani di alcuni ladri. I banditi lo depredarono; si accingevano a ucciderlo, quando improvvisamente, toccati dal pentimento o colpiti da un misterioso timore, contro ogni aspettativa, lo misero in libertà. Fu chiesto più tardi all'illustre vescovo se nell'incombenza di questo pericolo avesse provato qualche timore. Egli rispose: "Nessuno. Sapevo che l'intervento divino è tanto più vicino, quanto più lontani sono i soccorsi umani".

La maggior parte dei cristiani non imita purtroppo questi esempi. Mai essi i avvicinano così poco a Dio, quanto nel tempo della prova.

Molti non lanciano quel grido di soccorso che il Signore attende per venir loro in aiuto. Funesta negligenza! "La Provvidenza - diceva Luigi di Granada - si riserva di risolvere essa stessa le difficoltà straordinarie che si presentano nella vita, mentre lascia alle cause seconde il compito di risolvere le difficoltà ordinarie" 9. Ma è necessario reclamare l'aiuto divino. Questo aiuto, Dio ce lo accorda con gioia. "Lungi dal pensare alla nutrice da cui succhia il latte, il bambino le è al contrario di sollievo" 10.

Altri, nelle ore difficili, pregano ardentemente, ma senza costanza. Se non vengono esauditi immediatamente, piombano da una speranza esaltata in un irragionevole abbattimento. Essi non conoscono le vie della Grazia. Dio ci tratta come bambini: qualche volta fa il sordo a causa della gioia che prova nel sentirci invocarlo. Perché scoraggiarsi così presto, quando bisognerebbe invece pregarlo con maggiore insistenza?

La dottrina insegnata da san Francesco di Sales non è diversa: "La Provvidenza rimanda il suo aiuto soltanto per suscitare la nostra fiducia. Se il nostro Padre celeste non ci accorda sempre ciò che gli domandiamo, lo fa per tenerci vicino a lui e darci l'occasione di insistere presso di lui con amorosa violenza, come fece ben vedere a quei due pellegrini di Emmaus, con i quali si trattenne solo verso la fine del giorno e quando essi lo costrinsero" 11.





Essa non si fonda che su Dio



Fermezza incrollabile: tale è dunque il primo carattere della fiducia. La seconda qualità di questa virtù è ancora più perfetta. "Essa porta l'uomo a far poco conto dell'aiuto delle creature: sia dell'aiuto che può trarne da se stesso, dal suo spirito, dal suo giudizio, dalla sua scienza, dalla sua destrezza, dalle sue ricchezze, dal suo credito, dai suoi amici, dai suoi parenti e da tutto ciò che ha; sia dell'aiuto che può aspettarsi dagli altri, che siano Re, principi e, in generale, qualsiasi altra creatura, perché egli sente e conosce la debolezza e la vanità di ogni aiuto che provenga dalle creature umane. Egli le considera come realmente sono, e come santa Teresa a buon diritto le considera simili al ramo secco del ginepro, che si rompe appena lo si carica di qualcosa" 12.

Questa teoria non procederà forse da un falso misticismo? Non condurrà per caso al fatalismo, o almeno ad una pericolosa passività? Perché moltiplicare i nostri sforzi per superare le difficoltà, se tutti gli appoggi sono destinati a spezzarsi nelle nostre mani? Incrociamo allora le braccia, aspettando l'intervento divino!

No, Dio non vuole che ci addormentiamo nell'inerzia. Egli esige che noi lo imitiamo. La sua perfettissima attività non ha limiti, egli è l'atto puro. Dobbiamo agire, dunque; ma solo da Lui dobbiamo aspettarci l'efficacia della nostra azione.

Aiutati ché il Cielo ti aiuterà. Ecco l'economia del piano provvidenziale.

All'opera! Si faccia del nostro meglio, ma con lo spirito e il cuore rivolti verso l'alto. "Invano vi leverete prima della luce del giorno" 13: se il Signore non ci mette la mano, non concluderete niente.

Infatti la nostra impotenza è radicale. "Senza di me non potete fare niente", dice il Salvatore 14.

Nell'ordine soprannaturale, questa impotenza è assoluta. Ascoltate bene l'insegnamento dei teologi.

Senza grazia non si può osservare per molto tempo e nel loro insieme i comandamenti di Dio.

Senza la grazia non possiamo avere una buona intenzione, non possiamo formulare neppure la più breve preghiera; senza di essa non possiamo neppure invocare con devozione il Nome di Gesù.

Tutto ciò che possiamo realizzare nell'ordine soprannaturale ci viene unicamente da Dio 15.

Nello stesso ordine naturale, è sempre Dio a darci il buon esito.

San Pietro aveva lavorato tutta la notte. Egli era resistente alla fatica e conosceva a fondo i segreti del suo rude mestiere. Tuttavia aveva solcato invano le onde tranquille del lago: non aveva preso niente. Ma ecco che riceve il Maestro nella sua barca e lancia le sue reti in nome del Salvatore: allora ottiene una pesca miracolosa e le maglie della rete si rompono per il numero di pesci ...

Seguendo l'esempio dell'Apostolo, lanciamo le nostre reti con pazienza instancabile; ma attendendo solo da Nostro Signore una pesca meravigliosa.

"In tutto ciò che dovete fare - diceva sant'Ignazio di Loyola - ecco la regola delle regole da seguire: affidatevi a Dio, agendo come se il successo di ogni cosa dipendesse interamente da voi e in nulla da Dio; ma, pur impiegando tutti i vostri sforzi per il buon risultato, non contate su di essi e procedete come se tutto dovesse essere fatto da Dio Solo e nulla da voi" 16.





Si compiace della mancanza di soccorsi umani



Non scoraggiarsi quando svanisce il miraggio delle speranze umane, non contare se non sull'aiuto del Cielo, non è già un'alta virtù? Con le sue ali vigorose, la vera fiducia si slancia però verso regioni ancora più sublimi; giunge ad esse per mezzo di una specie di sublimazione dell'eroismo; essa tocca finalmente il grado più alto della sua perfezione.

Questo grado "consiste nel rallegrarsi quando ci si vede privati di ogni soccorso umano, abbandonati dai propri parenti, dai propri amici e da tutte le creature, che non vogliono o non possono aiutarci, che non possono né darci un consiglio né aiutarci con il loro talento e il loro credito, che non hanno alcun mezzo di venire in nostro soccorso" 17.

Quale profonda saggezza viene rivelata da tale gioia in circostanze così crudeli! Per intonare il cantico della gioia sotto i colpi che dovrebbero naturalmente infrangere il nostro coraggio, bisogna conoscere a fondo il Cuore di Nostro Signore; bisogna credere perdutamente alla sua pietà misericordiosa e alla sua onnipotente bontà; bisogna avere l'assoluta certezza che egli sceglie per i suoi interventi l'ora delle situazioni disperate.

Dopo la sua conversione, san Francesco d'Assisi disprezzò i sogni di gloria che per qualche tempo lo avevano abbagliato. Egli fuggiva le riunioni mondane, si ritirava nei boschi per dedicarsi lungamente all'orazione, faceva abbondanti elemosine. Questo cambiamento spiacque al padre del giovane santo, che portò suo figlio davanti all'autorità diocesana, rimproverandogli di dissipare i suoi beni. Allora, in presenza del vescovo meravigliato, Francesco rinunziò all'eredità paterna e abbandonò perfino i vestiti ricevuti dalla sua famiglia: si spogliò di tutto. Poi, vibrando di una felicità sovrumana, esclamò: "Ora, o mio Dio, potrò chiamarti più giustamente di prima: Padre Nostro che sei nei cieli".

Ecco come agiscono i santi.

Anime colpite dalla prova, non mormorate nell'abbandono in cui siete ridotte. Dio non vi domanda un'allegria sensibile, impossibile alla nostra debolezza. Solamente, rianimate la vostra fede, riprendete coraggio e, secondo l'espressione cara a san Francesco di Sales, sforzatevi di rallegrarvi nel "fondo ultimo dell'anima".

La Provvidenza vi sta dando il segnale da cui si riconosce la sua ora: essa vi ha privato di ogni appoggio. E' il momento di resistere all'inquietudine della natura. Siete arrivati a quel punto dell'officio interiore in cui si deve cantare il magnificat e far fumigare l'incenso: "Rallegratevi sempre nel Signore; ve lo ripeto rallegratevi: il Signore è vicino" 18.

Seguite questo consiglio e vi troverete bene. Se il Divino Maestro non si lasciasse commuovere da una tale fiducia, non sarebbe più quello che i Vangeli ci mostrano compassionevole, colui che era scosso da un fremito doloroso alla vista delle nostre sofferenze.

Nostro Signore diceva ad un'anima privilegiata: "Se io sono buono per tutti, sono buonissimo verso coloro che hanno fiducia in me. Sai quali sono le anime che approfittano di più della mia bontà? Quelle che prima di tutto hanno fiducia ... Le anime fiduciose rubano le mie grazie" 19





Note:



1 - "Est enim fiducia spes roborata ex aliqua firma opinione" (San Tommaso d'Aquino, Summa Theologica, II-IIae, q. 129, art 6 ad 3).

2 - In verba tua supersperavi (Ps. CXVIII, 43)

3 - J.B. Saint-Jure, S.J., De la connaissance et de l'amour de Jésus Christ, De Guyot, Lyon-Paris, 1850, t. III, p. 3

4 - Dominus illuminatio mea et salus mea; quem timebo? Dominus vitae meae; quo trepidabo? (Ps, 26, 1)

5 - "Itaque quatenus fides est causa et radix hujus fiduciae, potest accipi fides pro fiducia causaliter, ut quando S. Jacobus ait: Postulet in fide nihil haesitans (Jac, I, 6). Ibi enim et aliis similibus locis fides aut simpliciter ponitur pro fiducia aut intelligitur quidem fides dogmatica, sed in quantum roborat spem" (C. Pesch S.J., Praelectiones dogmaticae, Herder, Friburgi B., 1909-1925, vol. VII, p. 51, nota 2).

6 - Saint-Jure, op. XXX, cit., III, p. 3.

7 - Orazio, Odi, libro III, ode terza

8 - Etiamsi occiderit me in ipso sperabo (Job, XII, 15).

9 - Luigi di Granada, Primo sermone per la seconda Domenica dopo l'Epifania.

10 - Ibidem.

11 - Petits Bollandistes, t. XIV, p. 542.

12 - J.B. Saint-Jure, op. cit., t. III, p. 3.

13 - Vanum est vobis ante lucem surgere (Ps CXXVI, 2)

14 - Sine me nihil potestis facere (Gv, XV, 5).

15 - Sufficientia nostra ex Deo est (II Cor, III, 5).

16 - R.P. Xavier de Franciosi, L'Esprit de Saint Ignace, Nancy, Le Chevallier, 1887, p. 5.

17 - J.B. Saint-Jure, op. cit., t. III, p. 4.

18 - Gaudete in Domino semper: iterum dico, gaudete: Dominus prope est, Phil., IV, 4 e 5.

19 - Suor Benigna Consolata Ferrero, Lione Roudil 1920, pp. 95, 96. Questa vita è stata pubblicata con l'imprimatur dell'arcivescovo e le dichiarazioni prescritte dei decreti di Urbano VIII.

Suor Benigna Consolata Ferrero (1885-1916) fu religiosa nel monastero della Visitazione di S. Maria a Como e ha lasciato numerosi scritti, in parte inediti. Ne è stata introdotta la causa di beatificazione. Cfr. La breve vita della Serva di Dio, Como, Casa Divina Provvidenza 1939, p. 98 [n.d.t.].





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