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Libro sulla Fiducia (di padre Thomas de Saint Laurent)

Ultimo Aggiornamento: 05/09/2009 21:18
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05/09/2009 21:15

CAPITOLO TERZO


La fiducia in Dio e le

nostre necessità temporali






Dio provvede alle nostre necessità temporali



La fiducia, come abbiamo visto, è una speranza comune a tutti i fedeli se non per il suo grado di perfezione. Essa si esercita dunque sugli stessi oggetti di questa virtù, ma per mezzo di atti più intensi a più vibranti.

Come la speranza ordinaria, la fiducia attende dal Padre celeste tutti gli aiuti necessari per vivere santamente in terra e meritare la beatitudine del Paradiso.

Essa attende, in primo luogo, i beni temporali, nella misura in cui questi ci conducono al nostro fine ultimo.

Niente di più logico: non possiamo andare alla conquista del cielo allo stesso modo dei puri spiriti; siamo composti di un corpo e di un'anima. Questo corpo, che il Creatore ha formato con le sue mani adorabili, è il compagno inseparabile della nostra esistenza terrena, e lo sarà poi del nostro destino eterno, dopo la resurrezione universale. Non possiamo prescindere dalla sua assistenza nella lotta per la conquista della vita beata.

Ora, per sostenersi, per assolvere pienamente al proprio compito, il nostro corpo ha molteplici esigenze. E' conveniente che la Provvidenza le soddisfi: essa lo fa magnificamente.

Dio si incarica di venire in aiuto alle nostre necessità temporali, e vi provvede abbondantemente. Egli ci segue con uno sguardo vigile e non ci lascia nel bisogno. Anche se siamo circondati dalle più angosciose difficoltà materiali, dunque, non preoccupiamoci. Aspettiamoci dalla mano divina, con tranquilla sicurezza, il necessario al sostentamento della nostra vita.

"Perciò vi dico - dichiara Salvatore - non siate troppo solleciti per la vostra vita, di quel che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, né di ciò di cui vi vestirete.

"Non affannatevi su come trovare il cibo per sostentarvi ed i vestiti per coprirvi. Non vale forse la vita più del nutrimento e il corpo più del vestito?

"Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, non mietono e non raccolgono nei granai; eppure il vostro Padre celeste li nutre. Non valete voi molto più di loro?

"E perché inquietarvi tanto per il vestito?

"Considerate come crescono i gigli del campo: essi non lavorano, né filano. Tuttavia vi dico che neppure Salomone, in tutto il suo splendore, fu mai vestito come uno di essi. Se dunque Dio riveste così l'erba del campo, che oggi c'è ma che domani viene gettata nel fuoco, quanto più vestirà voi, o uomini di poca fede?

"Non vogliate dunque preoccuparvi dicendo: Cosa mangeremo? Oppure: Cosa berremo? Di che ci vestiremo? Sono infatti i pagani che cercano queste cose. Il vostro padre sa di cosa avete bisogno.

"Cercate in primo luogo il regno di Dio e la sua giustizia, e il resto vi sarà dato in sovrappiù" 1.

Non basta dare un'occhiata di sfuggita a questo discorso di Nostro Signore. Occorre soffermarvisi lungamente per cercarne il significato profondo ed impregnarsi bene della sua dottrina.





Lo fa in modo conforme alla situazione di ciascuno



Queste parole vanno forse prese alla lettera e intese nel loro senso più stretto? Dio ci dona forse solo lo stretto necessario - il tozzo di pane secco, il bicchiere d'acqua, il lembo di stoffa - di cui la nostra miseria non può fare a meno?

No, il Padre celeste non tratta i suoi figli con avara parsimonia. Crederlo, sarebbe bestemmiare la sua infinita Bontà; sarebbe, se così posso esprimermi, misconoscere le sue abitudini. Nell'esercizio della sua Provvidenza, come nella sua opera creatrice, Dio manifesta infatti una certa prodigalità.

Quando lancia i mondi attraverso gli spazi, Egli trae dal nulla migliaia di astri. Nella Via Lattea, questa immensa spiaggia non corrisponde a una stella?

Quando nutre gli uccelli, li invita all'opulento banchetto della Natura. Egli offre loro il grano che gonfia le spighe, i semi di ogni sorta che maturano sulle piante, le bacche che l'autunno tinge di rosso nei boschi, le messi che il lavoratore affida al solco. Quale scelta infinitamente varia per queste umili bestiole!

Quando crea i vegetali, con che lieve grazia riveste i loro fiori! Cesella le loro corolle come gioielli preziosi, versa nei loro calici profumi penetranti, tesse i loro petali con una seta così brillante e delicata che gli artifici della tecnica non ne eguaglieranno mai la bellezza.

E quanto all'uomo, il suo capolavoro, il fratello adottivo del suo Verbo Incarnato, Dio non si mostrerà di una generosità ancora più prodiga? Diventerebbe forse avaro solo nei nostri confronti? Questo non è possibile di certo.

Consideriamo dunque come verità indiscutibile che la Provvidenza provvede largamente ai bisogni temporali degli uomini.

Senza dubbio, vi saranno sempre sulla terra dei ricchi e dei poveri. Mentre gli altri devono lavorare e praticare una saggia economia. Ma il Padre celeste fornisce a tutti i mezzi per vivere con una certa agiatezza, secondo la condizione in cui li ha stabiliti.

Torniamo al paragone usato da Gesù. Dio ha rivestito il giglio di splendore, ma questa veste bianca e profumata era reclamata dalla natura del giglio. Più modestamente è stata abbigliata la violetta; Dio le ha donato tuttavia quanto conveniva alla sua natura specifica. E questi due fiori sbocciano dolcemente al sole, senza che manchino di nulla.

Così si comporta Dio con gli uomini. Egli ha collocato alcuni nelle classi più alte della società ed altri in una condizione meno brillante: agli uni come agli altri dà però il necessario perché mantengano con dignità il loro rango.

Mi si obietterà forse l'instabilità delle condizioni sociali. Nella crisi attuale non è più facile decadere piuttosto che innalzarsi o anche solo mantenere il proprio livello sociale?

Senza dubbio. Ma la Provvidenza proporziona esattamente il suo aiuto ai bisogni di ciascuno: a grandi mani procura grandi rimedi. Ciò che ci viene tolto dalle catastrofi economiche, possiamo riguadagnarlo con la nostra industriosità e il nostro lavoro. Nei casi, molto rari, in cui la nostra attività personale si trova ridotta all'impotenza, abbiamo il diritto di aspettarci dall'alto un intervento straordinario.

Generalmente, almeno è quel che penso, Dio non crea i "decaduti". Egli vuole, al contrario, che progrediamo, che cresciamo, che ci eleviamo saggiamente. Se qualche volta permette un decadimento, non lo vuole con una decisione antecedente all'azione del nostro libero arbitrio.

Il più delle volte, il declino sociale proviene dalle nostre colpe, personali o ereditarie. Sono conseguenze naturali della pigrizia, della prodigalità, delle passioni. Ma l'uomo, anche se decaduto, può risollevarsi e, con l'aiuto della Provvidenza, riconquistare per mezzo dei suoi sforzi la condizione perduta.





Non preoccuparsi per il futuro



Dio provvede ai nostri bisogni. "Non inquietatevi", dice il Salvatore. Qual'è il senso esatto di questo consiglio?

Dobbiamo dunque, per obbedire alla direttiva del Maestro, trascurare completamente la cura dei nostri affari temporali? Che la Grazia domandi a alcune anime la stretta povertà ed un totale abbandono alla Provvidenza, non ne dubitiamo affatto. Bisogna constatare tuttavia la rarità di tali vocazioni. Gli altri, comunità religiose o individui, possiedono dei beni che devono gestire convenientemente.

Lo Spirito Santo loda la donna forte che ha amministrato con saggezza la propria casa. Ce la mostra, nel libro dei Proverbi, mentre si alza di buon'ora, per assegnare ai domestici il loro compito quotidiano, e mentre lavora con le proprie mani. Niente sfugge alla sua vigilanza. I suoi familiari non hanno niente da temere: troveranno, grazie alla sua previdenza, il necessario, il gradevole e perfino un certo lusso moderato. I suoi figli la proclamano basta e il marito ne canta le virtù 2.

La Verità in persona non avrebbe lodato così magnificamente questa donna, se ella non avesse compiuto il suo dovere.

Non inquietarsi significa dunque, pur occupandosi ragionevolmente dei propri affari, non lasciarsi angustiare dalle oscure prospettive del futuro e contare, senza esitazioni, sull'aiuto della Provvidenza.

Non inganniamoci: una tale fiducia suppone una grande forza d'animo. Occorre evitare un doppio scoglio, il troppo e il troppo poco. Chi per negligenza si disinteressa dei suoi affari, non può, senza tentare Dio, aspettarsi dal Cielo un aiuto straordinario. Chi assegna alle preoccupazioni materiali il primo posto nei suoi pensieri, chi fa conto meno su Dio che su se stesso, si inganna forse anche più gravemente: egli defrauda l'Altissimo del posto che gli spetta di diritto nella nostra vita. In medio stat virtus: tra questi due estremi sta il dovere.

Quando ci si è occupati saggiamente dei propri affari, angustiarsi per il futuro è misconoscere la Potenza e la Bontà di Dio.

Durante i numerosi anni in cui san Paolo l'eremita visse nel deserto, un corvo gli portava ogni giorno un mezzo pane. Ora un giorno sant'Antonio si recò a visitare l'illustre eremita. I due solitari parlarono a lungo, dimenticandosi di bere e di mangiare, assorti nelle loro pie conversazioni. Ma la Provvidenza pensava a loro: il corvo venne come al solito, portando però questa volta un pane intero!

Il Padre celeste ha creato l'universo intero con una sola parola: avrebbe dunque qualche difficoltà nel soccorrere i propri figli nel momento del bisogno?

San Camillo de Lellis si era indebitato per soccorrere i suoi malati poveri. I suoi religiosi erano allarmati. "Non bisogna mai dubitare della Provvidenza", diceva loro il Santo per tranquillizzarli. "E' così difficile a Nostro Signore darci un poco di quei beni temporali di cui ha colmato gli Ebrei e i Turchi, che sono i nemici della nostra fede?" 3. La fiducia di Camillo non fu delusa: un mese dopo uno dei suoi benefattori, morendo, gli lasciò una notevole somma.

Inquietarsi per il futuro è una sfiducia che offende Dio e provoca la sua indignazione.

Quando gli Ebrei, fuggendo dall'Egitto, si videro perduti nel mezzo del deserto, dimenticarono i miracoli di Javeh in loro favore. Ebbero timore e mormorarono: "Dio potrà mantenerci nel deserto? ... Potrà dare del pane al suo popolo?" Queste parole irritarono il Signore. Egli lanciò contro di loro il fuoco del cielo; la sua collera cadde contro Israele "perché essi non avevano avuto fede in Dio e non avevano sperato nel suo aiuto" 4.

Nessuna vana inquietudine: il Padre veglia su di noi.





Cercare in primo luogo il regno di Dio e la sua giustizia



"Cercate dunque in primo luogo il regno di Dio e la sua giustizia, e il resto vi sarà dato in sovrappiù".

E' così che il Salvatore conclude il suo discorso sulla Provvidenza. Conclusione consolante che racchiude una promessa condizionata: non dipende che da noi beneficiarne.

Su questo punto conviene di nuovo soffermarsi per meditare le parole del Maestro.

Una questione si pone necessariamente: dove si trova questo regno di Dio che dobbiamo cercare prima di tutto? "Esso è in voi" risponde il Vangelo. Regnum Dei intra vos est 5.

Cercare il Regno di Dio, significa dunque innalzare a Dio un trono nella nostra anima; è sottomettersi interamente al suo sovrano dominio. Pieghiamo tutte le nostre facoltà sotto lo scettro misericordioso dell'Altissimo! La nostra intelligenza si ricordi continuamente della sua presenza; la nostra volontà, il nostro cuore si slancino frequentemente verso di Lui con atti di carità ardente e sincera. Praticheremo allora quella giustizia che nel linguaggio della Scrittura significa perfezione della vita interiore. Seguiremo allora alla lettera il consiglio del Salvatore; cercheremo il regno di Dio.

"E il resto ci sarà dato in sovrappiù".

C'è qui una specie di patto bilaterale: da parte nostra dobbiamo lavorare per la gloria del Padre celeste; da parte sua, il Padre si impegna a sovvenire ai nostri bisogni. Gettate dunque le vostre preoccupazioni nel Cuore del Maestro; eseguite il patto che vi propone; egli manterrà la sua parola, veglierà su di voi e vi nutrirà 6.

"Pensa a me - dice il Signore a santa Caterina da Siena - e io penserò a te". E qualche secolo più tardi, nel monastero di Paray-le-Monial, promette a santa Margherita Maria di fare riuscire le imprese di coloro che si sarebbero mostrati particolarmente devoti al suo Sacro Cuore.

Beato il cristiano che si conforma a questa massima del Vangelo! Egli cerca Dio e Dio si cura dei suoi interessi con la sua onnipotenza: di cosa potrebbe mancare? 7.

Egli pratica le solide virtù interiori ed evita così i disordini, le mancanze, i vizi che sono le cause più comuni degli insuccessi e della rovina.





Pregare per i nostri bisogni temporali



La fiducia, come stiamo descrivendola, non ci dispensa dalla preghiera. Nelle nostre necessità temporali non è sufficiente aspettare l'aiuto di Dio; bisogna anche chiederglielo.

Gesù Cristo ci ha lasciato nel Pater un modello perfetto di preghiera. Dunque bisogna che chiediamo il nostro pane di ogni giorno: Panem nostrum quotidianum da nobis hodie.

Non trascuriamo forse spesso questo grande dovere? Che imprudenza e follia! Ci priviamo così, per leggerezza, della protezione celeste, la sola sovranamente efficace. I Cappuccini, si dice, non muoiono mai di fame, perché recitano pianamente il Padre Nostro. Imitiamoli, e l'Altissimo non ci lascerà mancare il necessario.

Dobbiamo dunque domandare il nostro pane quotidiano. E' un obbligo che ci impongono la fede e la carità verso noi stessi. Possiamo però aumentare le nostre pretese e domandare la ricchezza?

Niente vi si oppone, sempre che la nostra preghiera si ispiri a ragioni soprannaturali e che restiamo sottomessi alla Volontà di Dio. Il Signore non ci proibisce di esprimergli i nostri desideri; Egli ama, al contrario, che ci comportiamo filialmente con lui. Non aspettiamoci tuttavia che egli si spieghi a tutte le nostre fantasie: la sua Bontà glielo vieta. Egli sa qual'è il nostro bene; ci concederà i beni della terra solo se essi dovessero servire alla nostra santificazione.

Abbandoniamoci dunque interamente alla Provvidenza e recitiamo la preghiera del Saggio: "Non datemi né la povertà né la ricchezza. Datemi solamente ciò che mi sarà necessario per vivere, affinché la ricchezza non mi tenti a negarvi dicendo: Chi è mai il Signore?, o che, costretto dall'indigenza, non rubi e non bestemmi il Nome del mio Dio" 8.



Note:



1 - Mt VI, 25-26, 28-33.

2 - Pv XXI, 10-28.

3 - Petits Bollandistes, t. VIII, 18 juillet.

4 - Ps LXXVII, 19-22.

5 - LcXVII, 21

6 - Jacta super Dominum curam tuam, et Ipse te enutriet (Ps, LV, 25).

7 - Dominus regit me, et nihil mihi deerit (Ps, XXII, 1).

8 - Pv, XXX, 8-9.



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